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Anno IV - N° 3 - Settembre 2004

Recensioni




Cahn R.

La fine del divano?
(traduzione dal francese di E. Spano)
Ed. Borla Roma, 2004 - Pag. 213, euro 19,00

Recensione di Arnaldo Novelletto



Non a caso questo libro compare nella collana “La mente adolescente”, da me diretta, che ha già fatto conoscere al lettore italiano due opere precedenti dell’autore: “Adolescenza e follia” (1991) e “L’adolescente nella psicoanalisi” (1998).
La profonda consonanza che l’A.R.P.AD. ha riscontrato tra le proprie opzioni teoriche e quelle di Cahn si è tradotta nella nomina a membro onorario tributatagli nel 2003 per i suoi meriti nel campo dell’adolescenza. Ma questa sua nuova opera travalica quell’ambito e si estende autorevolmente alla clinica psicoanalitica generale per affrontare il problema fondamentale di applicazione clinica che oggi la psicoanalisi non può più evitare, se vuole scongiurare il rischio, già incombente, di una fatale estinzione sul piano terapeutico.
Mi riferisco ovviamente al contributo che la psicoanalisi potrebbe dare alla terapia della patologia narcisistica attraverso la differenziazione degli interventi possibili, così da offrire oltre all’unica ed originaria forma di cura (la cosidetta “cura tipo” a non meno di quattro sedute settimanali sul divano) una gamma più vasta di psicoterapie.
Di fronte a questo bivio che ad alcuni sembra epocale, Cahn, forte della revisione teorica fatta in una sua monumentale relazione al Congresso degli Psicanalisti di Lingue Romanze del 1991 (Del soggetto”) ne travasa le parti più determinanti e attuali nelle pagine di questo suo libro.
Il concetto di soggettivazione (che viene a sostituirsi a quello che fino a poco tempo fa era chiamato “sviluppo del Sé”) viene da lui correlato sul piano teorico alle principali coordinate del campo psicoanalitico classico, a cominciare dal ruolo dell’oggetto esterno fino agli aspetti precipui della relazione terapeutica: le indicazioni terapeutiche, il setting, la matrice pulsionale, il gioco di transfert/controtransfert ecc..
Riallacciandosi fondamentalmente al concetto di Sé winnicottiano, Cahn ha oltrepassato l’opproccio empirico con cui l’utore inglese era giunto a stabilire il carattere transizionale dell’incontro soggetto-oggetto, e l’ha inquadrato in un modello metapsicologico ben più articolato, in senso rigorosamente freudiano.
Il processo di soggettivazione viene così da lui riorganizzato in un percorso evolutivo che a partire dalla nascita si svolge in uno stato di dipendenza ontologica del soggetto dall’oggetto, comprende la fase winnicottiana dell’holding e quella Bioniana della reverie, fino ad accompagnare “consustanzialmente” il soggetto a munirsi di una capacità di simbolizzazione autonoma del proprio lavoro psichico e della propria esperienza personale.
Corrispondentemente, sia nell’adolescente che nell’adulto con strascichi narcisistici irrisolti (la patologia oggi più frequente) l’analista, piuttosto che sulla sua interpretazione dovrà contare sulla sua capacità di facilitare il lavoro psichico transizionale, l’addove l’ambiente primario è venuto meno, per difetto o per eccesso, al proprio compito soggettivante, così da consentire ai due componenti della coppia analitica d’incontrarsi in quell’area intermedia in cui le due categorie psichiche dell’interiore (soggettivo) e dell’esterno possa riprendere lo sviluppo incompiuto.
La cura psicoanalitica classica, o “cura tipo”, applicata a pazienti con questo tipo di carenza strutturale , può rischiare di mantenerli “fuori soggetto”, favorendo addiruttura soluzioni pseudoterapeutiche di falso-Sé. Di conseguenza la psicoterapia faccia a faccia, erroneamente sottovalutata da certa psicoanalisi ufficiale, può rivelarsi con i pazienti narcisistici, per tutta la durata o anche solo in certe fasi del trattamento, un sussidio più efficace dell’analisi sul divano.
Naturalmente ciò è subordinato alla condizione che l’analista sia formato per usare questa tecnica salvaguardando la massima aderenza alla metapsicologia freudiana, ed è a questa esigenza che Cahn dedica la parte più ricca e valida del libro, piena di affascinanti resoconti clinici e del prezioso contrappunto teorico reso possibile da una enorme esperienza.
Con quest’opera Cahn controbatte nella maniera più convincente lo stucchevole narcisismo dell’oro puro della psicoanalisi privilegiato rispetto al rame della psicoterapia, e gli contrappone un ben più arguto aforisma, preso in prestito da un valente analista, Pierre Fedida: “Una psicoterapia è sempre una psicoanalisi complicata”.



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