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CINECITTÀ: CITTÀ NEL CINEMA




CINECITTÀ: CITTÀ NEL CINEMA
di Gherardo Amadei e Diletta Fiandaca

Uno
Classificare è costruire "un ordinamento in basi a criteri determinati per fini particolari", è formare "una ripartizione in raggruppamenti come operazione d'ordine scientifico" (Devoto, Oli, 1995): se tali operazioni sembrano aver a che fare più con il mondo della cognizione che con quello degli affetti e delle emozioni è pur indubbiamente vero (anche in virtù del principio secondo cui un insieme è fondamentalmente altro della semplice somma delle sue componenti) che ci sono delle forti emozioni che prendono sostanza al solo ascolto di una sequenza di nomi ordinata in modo da costituire quasi uno speciale raggruppamento, la cui fondazione è senz'altro da ricondurre a quella passione, od ossessione, a costruire ordinamenti, a formare ripartizioni, che accompagna l'evolversi, ontogenetico e filogenetico, dell'uomo e che Michel Foucault (1966, p.5) ha definito come "la pratica millenaria del Medesimo e dell'Altro".
Le norme che regolano l'organizzazione di una classificazione possono rispondere alle più difformi e segrete forme di una volontà organizzatrice anche misteriosa, come ad esempio quella sottesa ad una certa enciclopedia cinese di cui narra un testo di Jorge Luis Borges (citato dallo stesso Foucault nella prefazione a Le parole e le cose) in cui sarebbe scritto che "gli animali si dividono in a) appartenenti all'imperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati, d) maialini di latte, e) sirene, f) favolosi, g) cani in libertà, h) inclusi nella presente classificazione, i) che si agitano follemente, j) innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello, l) et caetera, m) che fanno l'amore, n) che da lontano sembrano mosche"...
Il piacere conseguente allo stupore che insorge all'ascolto di questa sequenza di voci non è che uno dei possibili stati d'animo ingenerati da una successione di nomi, ordinati secondo una logica, più o meno manifesta, può determinare.
E non si tratta, si badi, di stati emotivi volatili, destinati a sfuggire nel momento stesso in cui si determinano: infatti essendo legate a forti impressioni, conservate nelle memorie di una persona, quando tali emozioni vengono suscitate non è poca cosa disperderle, anzi si vorrebbe quasi che fosse il mondo attorno, la realtà dei fatti, ad allontanarsi per lasciar spazio e tempo e affetti al ricordo...
Va anche detto che non sono neppure reazioni emotive generiche, ma al contrario hanno a che fare con un'area nettamente delimitata nel mondo interno di una persona: perché questo accada, la successione di nomi capace di una operazione così sofisticata e specifica deve essere del tutto precisa come quella del DNA, poiché un errore nella sequenza altererebbe la totalità del messaggio.
Ognuno di noi, mi auguro, conosce questi trigger, che consentono di ritrovare continuità e coerenza del sé, attraversando in tal modo quel tempo che, talora, non sembra aver a che fare "soltanto" con altri anni ma con altre vite...
Talune successioni di nomi costituiscono un raggruppamento dalla caratteristiche del tutto private: Agostoni, Amadei, Belloni, Borzini, Brizzi, Crollari, Daidone, Dell'Oca, Manai, Margotti, Pepe, Sozzani, Stefanini, Tonon, Zorzoli...
Altre sequenze, come quelle ricercate e ritrovate in Je me souviens da George Perec (1978), fanno parte di memorie non essenziali, banali, comuni se non a tutti perlomeno a molti: "mi ricordo le automobili americane: le "De Soto", le "Studebacker", le "Pontiac", le "Oldsmobile", le "Chevrolet", le "Packard" oppure "mi ricordo le tre eroine delle Girls di George Kukor: Taina Egg, Mitzi Gaynor e la moglie di Rex Harrison, Kay Kendall" oppure "mi ricordo la Liegi-Bastogne-Liegi, la Bordeaux-Parigi, la Parigi-Brest-Parigi, la Parigi-Camembert, la Milano-Sanremo" oppure "mi ricordo i quattro moschettieri del tennis: Borotra, Cochet, Brugnon e Lacoste" oppure...
Il protagonista di Alta Fedeltà, romanzo generazionale di Nick Hornby (1995), è solito organizzare ben ordinate successioni di canzoni, come i cinque possibili migliori "primi solchi" delle facciate A: "Janie Jones dei Clash da The Clash; Thunder Road di Bruce Springsteen, da Born to Run; Smell like teen spirits dei Nirvana, da Nevermind; Let'get it on di Marvin Gaye, da Let's get it on; Return of the grevious angel di Gram Parsone, da Grevious Angel".
C'è che si alza in piedi ascoltando di fila i nomi di Sarti, Burnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso.
E molti sanno che per quattro nomi come John, Paul, George e Ringo non servono i cognomi...
A creare, ricreare, emozioni speciali può essere la semplice elencazione dei titoli anche solo dei primi film di un regista che è stato capace di catturare il profumo della vita ("I 400 colpi", "Tirate sul pianista", "L'amore a vent'anni", "Jules e Jim", "Fareneheit 451", "Baci Rubati"...) oppure dei libri che hanno accompagnato una stagione della vita: "Il Giro del mondo in ottanta giorni", "Ventimila leghe sotto i mari", Michele Strogoff", "Dalla terra alla luna", "Viaggio al centro della terra"...
L'emozione che certo susciterebbe il ricordo di un determinato compagno di scuola, di una specifica canzone, di un giocatore di calcio, di un certo film o libro, viene del tutto travalicata se a quei singoli nomi vengono accostati altri singoli nomi che intrattengono però con i precedenti, e tra di loro, una relazione particolare e assoluta, capace di creare una trama ordinata e coerente, che trasforma l'affetto per "un singolo mondo" in quello per "un universo"...
Il legame interno che trasforma dunque una semplice elencazione in un raggruppamento unitario, dotato di un proprio senso autonomo, può dunque essere pubblico o privato, esplicito o implicito ma se tale legame esiste, per una persona o per centomila, le singole voci di quella sequenza hanno la capacità di rinviare ad un insieme che le travalica e che costituisce la fonte di un particolare stato emotivo. Enunciare, ad esempio, i titoli di tutti i film interpretati da James Dean o i titoli di tutti gli episodi in cui Romy Schneider è stata Sissi ("L'amore di una grande regina", "La principessa Sissi", "Sissi, la giovane Imperatrice", "Destino di un'Imperatrice") diventa immediatamente una "voce" di una classificazione ed è in grado di suscitare maggiori emozioni rispetto ad evocare una serie casuale di film (a meno che non sia presente uno psicoanalista che potrebbe considerare comunque significativa tale libera associazione di titoli ed individuare una linea rossa che sottilmente li unisce, restituendo così al soggetto che ha enunciato quella serie "casuale" di titoli una sorta di ipotesi interpretativa costruita sulla individuazione di un tema centrale ricorrente fra tutti: così facendo la formula "dimmi i primi 10 film che ti vengono in mente" potrebbe essere considerata alla stregua di un test proiettivo...).

Due
Talvolta un interesse per un oggetto, per un tema fa creare una nuova classificazione, ad esempio le città che esistono solo nelle rappresentazioni filmiche, le "cinecittà".
Alphaville, la Città di Smeraldo, Seahaven, Metropolis...
Ma poi viene subito voglia di barare, perché altrimenti come si riuscirebbe a fare una "puntata" (nel senso di una "voce" di questa rubrica, di un breve viaggio, di una scommessa sulla validità dell'argomento scelto, di ...altri sensi?) su New York dal momento che New York esiste (e resiste, per fortuna...). E sarebbe francamente insensato non parlare di New York in un contesto, come appunto quello di questa rubrica, in cui ci si ripromette di parlare di cinema, anche solo per il motivo che è la città forse più filmata nell'intera storia del cinema...Ed oltre a questo si potrebbe agevolmente sostenere che la città di Allen non è quella di Scorsese e non è quella dell'ultimo Kubrick ma neppure è quella sommersa di Artificial Intelligence o quella penitenziaria di Fuga da N.Y. (queste ultime due appartenenti ad una particolare categoria di cinecittà, quelle "post-catastrofi").
Visioni realistiche ma fortemente personalizzate, trasformazioni apocalittiche, interpretazioni rimodellanti (la N.Y.C. "gotica" di Spider-Man) trasformano a pieno diritto una città in una cinecittà (e ne consentono l'inserimento in una delle diverse categorie). Perciò oltre alla "Città-che-non-c'è", anche una città esistente, dalle coordinate geograficamente definite, è a pieno titolo una cinecittà quando non è più semplice paesaggio o quasi casuale sfondo di storie ma diventa essa stessa storia, diviene immagini ed emozioni, film.
Ma il gioco e le riflessioni che ci si ripromette di sviluppare si chiariranno forse meglio strada facendo...strada di città, naturalmente...
Iniziando da Corruscant, il pianeta-città di Star Wars.

BIBLIOGRAFIA

DEVOTO, G., OLI, G.C. (1995) Il dizionario della lingua italiana. Le Monnier, Firenze

FOUCAULT, M. (1966) Le parole e le cose. Tr. It. (1967) Rizzoli, Milano

HORNBY, N. (1995) Alta Fedeltà. Tr. It. (1998) Guanda, Parma

PEREC, G. (1978) Mi ricordo. Tr. It. ((1988) Bollati Boringhieri, Torino



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