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Rivista

Medicina Psicosomatica

Organo Ufficiale della Società Italiana di Medicina Psicosomatica



N Sonino*, L Soldani**, C Rafanelli**, GA Fava**

* Istituto di Semeiotica Medica, Università di Padova, Padova
** Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna, Bologna e Department of Psychiatry, State University of New York at Buffalo, Buffalo, NY, USA.

VALIDAZIONE DI UN NUOVO INDICE CLINICO PER LA VALUTAZIONE DELLO STRESS IN AMBITO MEDICO

A SIMPLE INSTRUMENT FOR ASSESSING STRESS IN CLINICAL PRACTICE

Pubblicato su: Medicina Psicosomatica, Vol.43, n.1, 1998
(Società Editrice Universo, Roma)

Lavoro finanziato dalla Ricerca Sanitaria Finalizzata "Disturbi da stress in ambito internistico" (545 - 01 - 91), Regione Veneto.



Dalla nascita della medicina psicosomatica come disciplina scientifica, è andata via via crescendo la consapevolezza dell'importanza che i fattori psicosociali rivestono nell'eziopatogenesi delle malattie somatiche. In particolare, il concetto di multifattorialità restituisce dignità ad una branca della medicina messa a dura prova da concezioni ormai logore ed infruttuose, come quella relativa alla psicogenesi delle malattie somatiche. Superate certe visioni di tipo deterministico che intravedevano nei conflitti psichici irrisolti la "causa" di alcune malattie psicosomatiche, il concetto di base della medicina psicosomatica odierna è che un insieme di fattori, (biologici, psicologici, sociali) siano in grado di influenzare l'insorgenza, il decorso e l'esito di ogni malattia, e non solo delle malattie cosiddette "psicosomatiche". Per avere un quadro completo della malattia in atto occorre dunque tenere conto di tutti i fattori possibilmente coinvolti, soppesando il contributo relativo di ciascuno di essi. Per questo si rendono necessari, anche in ambito internistico e nella medicina di base, strumenti che consentano di quantificare le variabili psicosociali, considerando che molte patologie non riconoscono una causa organica specifica e vengono pertanto classificate come disturbi funzionali, secondo una procedura "per esclusione" che lascia spesso perplessi. In effetti, la somatizzazione definita come "tendenza a sperimentare e comunicare il malessere psicologico sotto forma di sintomi fisici e a richiedere per essi l'attenzione del medico" (1), è ormai divenuta un fenomeno clinico piuttosto diffuso.
Se si vuole comprendere appieno l'importanza che i fattori stressanti rivestono nell'insorgenza, decorso ed esito delle malattie, occorre fare riferimento alla definizione che del fenomeno stress hanno dato Lazarus e Folkman (2): "lo stress psicologico è caratterizzato dal fatto che l'individuo percepisce le sfide che l'ambiente gli pone come troppo gravose ed eccedenti le sue risorse, come fattori in grado di mettere a rischio il suo benessere" (p.19). Secondo questa ormai celebre definizione, la precondizione affinché si produca il fenomeno stress è che il soggetto sia in relazione con l'ambiente e che vi sia da parte sua una sopravvalutazione dell'evento (3) unitamente ad una sottovalutazione delle proprie capacità di farvi fronte. Queste operazioni cognitive che l'individuo compie nell'elaborare le informazioni relative all'evento stressante producono uno stato di allarme nell'organismo e pertanto una sensazione di precarietà e di diminuito benessere. L'impatto stressogeno di un evento non è quindi determinato esclusivamente dalle condizioni oggettive, ma anche dal modo in cui il soggetto valuta se stesso in rapporto all'evento (4). Da ciò segue che anche eventi marginali possono essere valutati soggettivamente come gravosi ed eccedenti le proprie capacità di adattamento (3), costituendo quindi un'importante fonte di stress e contribuendo all'insorgenza di disturbi affettivi (5).

Queste considerazioni segnalano semplicemente un'esigenza, quella di integrare e di tenere conto sia delle caratteristiche obiettive (aspetti oggettivi) della situazione stressante, sia del modo di elaborare l'informazione da parte del soggetto (aspetti soggettivi). Diventa quindi fondamentale il metodo di raccolta delle informazioni da parte del clinico. L'intervista si è rivelata il metodo più valido e attendibile (6) e consente al clinico di sondare il significato che un determinato evento riveste per quel dato paziente. Esistono alcuni svantaggi in questo metodo di raccolta delle informazioni, primo fra tutti l'elevato grado di complessità dello strumento che impone la necessità di un training specifico. Inoltre, il considerevole dispendio di tempo che la somministrazione di un'intervista comporta, ne limita fortemente l'uso nella pratica clinica.
Se l'individuazione del metodo ottimale di raccolta delle informazioni è uno specifico campo di indagine nell'ambito della ricerca sugli eventi stressanti, non è però prerogativa di questo settore. Anche nel campo dei disturbi psicologici, gli sforzi maggiori vengono compiuti nel tentativo di mettere a punto strumenti di sempre più facile impiego, idonei a rilevare il disagio psichico in ambito medico dove i disturbi psicologici vengono frequentemente sottodiagnosticati. Almeno il 50% dei pazienti di medici di base, che presentano disturbi psichici frequenti come l'ansia o la depressione, finisce per non ricevere alcuna diagnosi e/o non viene inviato ad alcuno specialista (7).
In alternativa all'intervista, che rimane comunque il migliore metodo disponibile (8), è comune il ricorso a questionari di autovalutazione, basati sull'attribuzione di un punteggio. Il punteggio assegnato al paziente viene poi confrontato con dei valori cut-off oltre i quali si colloca l'ambito della patologia (8). Anche questo metodo di raccolta dei dati non è esente da limitazioni; in particolare, l'operazione di attribuzione dei punteggi ingenera un certo ritardo nel comunicare i risultati del test al paziente (9), privando sia il paziente che il clinico dell'opportunità di chiarire o rettificare le risposte date al questionario. Un valido esempio di questionario di autovalutazione è la Screening List for Psychosocial Problems (SLP), messa a punto da Kellner (10) e costituita da 118 item relativi ad alcuni problemi e sintomi in ambito psichiatrico. La SLP è stata ampiamente validata (10) e si è dimostrata in grado di discriminare tra gruppi diversi, anche nella versione italiana (11). Essa è inoltre sensibile ai cambiamenti.

Lo strumento da noi elaborato ed oggetto di validazione nel presente studio riprende alcuni item della SLP ed è in larga misura basato su principi clinimetrici. La clinimetria, definita nel 1982 dall'epidemiologo Alvan R. Feinstein come "disciplina medica finalizzata allo sviluppo e validazione delle valutazioni cliniche" (12), applica i metodi quantitativi alla raccolta ed analisi di informazioni relative a fenomeni clinici, quali gravità della malattia, andamenti sintomatologici, effetti della comorbilità, successione temporale dei sintomi e loro rapidità di progressione, capacità funzionale, qualità della vita. Per la raccolta ed analisi delle informazioni la clinimetria si avvale di indici clinimetrici. Il termine "indice clinimetrico" si riferisce ad una serie di informazioni cliniche che è espressa in una scala di categorie (12). Le informazioni possono riguardare la presenza/assenza di una particolare diagnosi, la gravità di una malattia, la prognosi, o altri fenomeni clinici. La raccolta dati in clinimetria avviene attraverso due canali (l'autovalutazione e l'eterovalutazione), ma più spesso attraverso entrambe le forme. La scelta tra autovalutazione ed eterovalutazione dipende in larga misura dal tipo di fenomeno che si intende indagare. Ad esempio, volendo raccogliere informazioni in merito alla qualità di vita, l'autovalutazione può essere una scelta appropriata, mentre può non esserlo qualora si vogliano raccogliere dati sui sintomi di una malattia.
I principi ispiratori della clinimetria differiscono notevolmente da quelli della psicometria (8;12), in particolare per quanto concerne la ricerca dell'omogeneità tra gli items di una stessa scala, principio fondamentale della psicometria. Le stesse proprietà che conferiscono ad un indice un elevato punteggio di omogeneità, recano infatti spesso con sé una ridondanza di attribuzioni, che riducono la sua capacità di individuare uno stato alterato (12), e sono pertanto ritenute indesiderabili in clinimetria, dove la completezza delle aree psicologiche suscettibili di cambiamento è di gran lunga più importante di una loro eventuale omogeneità.
Sulla scorta delle indicazioni clinimetriche dunque, l'indice oggetto di questa indagine è caratterizzato da brevità, semplicità e facilità d'impiego ed è quindi particolarmente adatto a setting ambulatoriali. Esso si compone di una parte autovalutativa ed una eterovalutativa (basata sull'osservatore): la parte autovalutativa deve essere integrata dal giudizio del clinico, che così raccoglie informazioni sui fattori psicosociali implicati nella malattia.

METODI

Lo strumento

Lo Psychosocial Index (PSI) è costituito da una parte autovalutativa (Appendice I) e da una parte eterovalutativa (Appendice II). La parte autovalutativa comprende 55 items; 38 dei quali sono stati tratti dalla SLP di Kellner, avendo cura di eliminare ogni fonte di ridondanza. Gli item tratti dalla SLP sono i seguenti: item 1-20; item 37-54.
Le domande dalla 21 alla 30 sono state tratte da uno strumento già ampiamente validato: il Wheatley Stress Profile (13), allo scopo di completare la lista degli eventi stressanti già contenuta nella SLP, con item relativi allo stress quotidiano, allo stress lavorativo e a quello interpersonale.
Gli item dal 31 al 36 sono stati tratti da un altro strumento ben validato, le Ryff's Scales of Psychological Well-being, un questionario costituito da 84 item relativi a 6 aree del benessere: autonomia, padronanza ambientale, crescita personale, relazioni interpersonali positive, scopi di vita, autoaccettazione (14). Infine, abbiamo introdotto una semplice domanda diretta sulla qualità di vita - secondo le indicazioni di Gill e Feinstein (15) - .
La maggior parte delle domande che compongono lo PSI sono domande chiuse che prevedono risposte dicotomiche del tipo "sì/no" (9-20; 22-36); alcune domande richiedono risposte specifiche (1-8 e 21), mentre altre (37-54) richiedono risposte graduate secondo una scala Likert da 0 a 3 (da "no per niente" a "moltissimo"); un unico item (55) ha 5 possibilità di risposta.
Sulla base delle risposte date dal paziente al questionario, il clinico deve fornire una valutazione relativa a 4 dimensioni: lo stress, il disagio psicologico, il comportamento di malattia e il benessere (Appendice II). Nel compiere questa valutazione, il clinico può attribuire un diverso peso agli item, in base ai principi clinimetrici (12).
La valutazione relativa allo stress avverrà pertanto sulla base delle risposte dalla 13 alla 30, il benessere sulla base delle risposte dalla 31 alla 36 + l'item 55, il disagio psicologico sulle base delle risposte dalla 37 alla 51, e il comportamento di malattia sulle risposte dalla 52 alla 54.

Raccolta dei Dati

Lo PsychoSocial Index è stato somministrato ad un gruppo di 34 pazienti ambulatoriali di sesso femminile, con un età media di 35.7 anni (DS = 10.9). Le pazienti, esaminate presso l'Istituto di Semeiotica Medica dell'Università di Padova, presentavano tutte un disturbo medico funzionale. I sintomi lamentati erano di varia natura: cardiovascolari, gastrointestinali, globus, irregolarità mestruali, lieve iperprolattinemia, manifestazioni cutanee, fatica, vertigini e cefalea. La somministrazione dello PSI è avvenuta dopo che un'approfondita visita medica e i relativi accertamenti avevano escluso la presenza di una patologia organica.
La valutazione delle 4 dimensioni psicosociali è stata effettuata da un internista e parallelamente, ma indipendentemente, da uno psicologo che ha compiuto la valutazione unicamente sulla base delle risposte fornite dalle pazienti al questionario.

Validazione dello strumento e metodi statistici

Una volta completata la raccolta dati e la fase di valutazione delle 4 dimensioni psicosociali, abbiamo provveduto a validare unicamente la parte eterovalutativa dello strumento, dato che la parte autovalutativa è costituita da items provenienti da strumenti già ampiamente validati.
Per valutare il grado di accordo (attendibilità) tra le valutazioni compiute dall'internista e quelle compiute dallo psicologo, abbiamo utilizzato il metodo dei Coefficienti di Correlazione Intraclasse (CCI) (16). I normali coefficienti di correlazione sono infatti inadeguati per determinare l'accordo inter-rater (tra valutatori), in quanto indicano una tendenza più che una concordanza.

RISULTATI

Tutti i coefficienti di correlazione intraclasse sono risultati superiori allo 0.80; quindi è possibile affermare che il grado di accordo tra i due valutatori nel valutare le pazienti del nostro campione, relativamente alle 4 dimensioni comprese dall'indice, ha raggiunto livelli più che soddisfacenti.
Più in particolare, i coefficienti di correlazione intraclasse sono risultati i seguenti:
stress: 0.88, benessere: 0.94, disagio psicologico: 0.89, comportamento di malattia: 0.90.

DISCUSSIONE

Lo PsychoSocial Index è uno strumento in larga misura destinato a popolazioni mediche che può essere utilizzato come mezzo per uno screening sintomatologico da approfondire durante il colloquio con il paziente, facilitando in questo la stessa valutazione medica. Attraverso un rapido esame delle risposte, lo PSI consente al clinico di esprimere un giudizio in merito a 4 dimensioni: lo stress, il benessere, il disagio psicologico (compresi i disturbi del sonno), il comportamento di malattia. La valutazione delle 4 variabili psicosociali avviene, a differenza della SLP, in maniera diretta, senza il ricorso a punteggi di cut-off che presentano gli inconvenienti sopracitati, in particolare il ritardo nel comunicare al paziente i risultati.
Il nuovo indice, che fa riferimento a principi clinimetrici (12), consente al clinico di assegnare un peso diverso ai vari item, in netto contrasto con la psicometria che invece tende ad attribuire lo stesso peso a tutti gli item di una scala, non tenendo conto del fatto che i sintomi (item) non hanno tutti la stessa rilevanza, né da un punto di vista prognostico, né da un punto di vista terapeutico (12). Inoltre, il giudizio complessivo che il clinico è chiamato a formulare per ognuna delle 4 aree di interesse, non è vincolato al punteggio numerico eventualmente assegnato ai diversi item. La rapidità con cui il clinico prende visione delle risposte date dal paziente ai vari item, senza l'obbligo di attribuire necessariamente un punteggio, produce immediatamente un altro vantaggio: la possibilità di chiarire insieme al paziente il significato personale delle sue risposte.

Le dimensioni psicosociali comprese nello PSI hanno una notevole rilevanza clinica. In particolare, per quanto riguarda la valutazione dello stress, vengono presi in considerazione sia gli aspetti oggettivi, sia la percezione soggettiva della situazione stressante da parte del soggetto. Oltre agli eventi stressanti di maggiore entità, come i cambiamenti di vita, l'indice tiene conto degli eventi minori della vita quotidiana (1-7). La valutazione relativa al livello di stress sperimentato dal paziente può essere fatta congiuntamente alla valutazione relativa alla capacità di coping e al sostegno sociale di cui il soggetto dispone, aspetti questi compresi nella più vasta categoria del benessere. Il concetto di benessere si sovrappone in parte a quello di qualità di vita, senza, tuttavia, risentire dei problemi di definizione che interessano quest'ultimo (15, 17). L'area del disagio psicologico raccoglie al suo interno i disturbi del sonno, la somatizzazione, l'ansia, la depressione e l'irritabilità, aspetti sintomatologici con un'evidente rilevanza pratica non solo nell'ambito della medicina interna, ma anche della consultation-liaison psychiatry. Il comportamento abnorme di malattia - una modalità persistente e inadeguata di percepire, sperimentare, valutare il proprio stato di salute e di rispondere ad esso, comprese l'ipocondria e le preoccupazioni somatiche (18) - riguarda un altro aspetto fondamentale della somatizzazione e della relazione medico-paziente.
Sebbene lo PsychoSocial Index possa generare dei punteggi autovalutativi, non lo si considera destinato ad un tale uso, ma come mezzo per identificare lo stress e il disagio in popolazioni mediche. Esso permette al clinico di acquisire maggiore consapevolezza del livello di stress al quale un paziente è sottoposto, facilitando la diagnosi di disturbo funzionale, che solitamente viene posta solo dopo aver escluso un fattore organico. Lo PSI rappresenta uno strumento preliminare per la messa a fuoco di aree problematiche nella vita del paziente, aree che necessitano di ulteriore esplorazione per mezzo di domande specifiche che consentano di approfondire l'indagine e di pervenire a decisioni diagnostiche e terapeutiche, oppure di inviare il paziente ad uno specialista.

RIASSUNTO

I metodi per valutare il ruolo dei fattori stressanti nell'aumentare la vulnerabilità alle malattie sono spesso molto complessi, richiedono un training specifico e sono difficili da usare nella pratica clinica. Abbiamo pertanto messo a punto un breve indice, di facile impiego, in grado di fornire informazioni accurate e particolarmente adatto ad essere usato in setting ambulatoriali. Lo PsychoSocial Index (PSI) è stato in larga parte derivato da strumenti ampiamente validati, come la Screening List for Psychosocial Problems di Kellner e consente di formulare, sulla base delle risposte fornite dai pazienti, un giudizio relativamente a 4 dimensioni psicosociali: lo stress; il benessere; il disagio psicologico; il comportamento di malattia. Lo PSI è stato somministrato a 34 pazienti di sesso femminile con disturbi medici funzionali. I questionari compilati sono stati valutati da un internista e da uno psicologo, indipendentemente. Il grado di accordo inter-rater è stato calcolato attraverso il coefficiente di correlazione intraclasse. I coefficienti di correlazione intraclasse sono risultati rispettivamente pari a 0.88 per la scala dello stress; 0.94 per la scala del benessere; 0.89 per la scala del disagio psicologico; 0.90 per la scala relativa al comportamento di malattia, suggerendo pertanto un eccellente accordo inter-rater. Un aspetto peculiare dello PsychoSocial Index è il diverso peso che può essere attribuito agli item, in base ai principi clinimetrici. Il clinico ha quindi la possibilità di esprimere un giudizio globale relativamente all'area considerata, senza essere vincolato dal punteggio numerico assegnato al paziente nelle varie scale. Si auspica che lo PSI possa fornire un valido contributo alla ricerca e alla pratica in medicina psicosomatica.

SUMMARY

Methods to assess the role of stress factors in increasing vulnerability to medical conditions are often rather complex, require specific training and are difficult to use in clinical practice. We attempted to develop a short index tailored to busy clinical setting, which would be easy to use while providing adequate individual information. This Index (Psychosocial Index) was largely derived from well established methods, such as Kellner's Screening List for Psychosocial Problems. On the basis of patients self-report of items, the clinician is asked to rate 4 dimensions of their life: stress, well-being, psychological distress, illness behaviour. Questionnaires of 34 female patients with functional medical disorders were first rated by an internist and blindly afterwards by a psychologist.
Agreement between the two raters was evaluated by the intraclass correlation coefficient. It was 0.88 for stress, 0.94 for well-being, 0.89 for psychological distress, 0.90 for illness behaviour, thus suggesting excellent inter-rater concordance. As a distinctive feature, rating in the Psychosocial Index may put differential emphasis on items, according to clinimetric principles. The clinician is therefore allowed to express a global judgment for the specific area of concern that is not linked to the numerical score of self-reported items. It is hoped that this Psychosocial Index (PSI) may provide a new input to psychosomatic research and practice.

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