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A. M. P.
SEMINARI 1998 - '99
Gilda Sabsay Foks

La voce. Uno studio psicoanalitico


INTRODUZIONE

L'interesse per il linguaggio è ampiamente conosciuto ed è motivo di ricerca di diverse branche della scienza. Mi riferirò alla voce come parte espressiva della comunicazione. Il nostro interesse psicoanalitico ci porta ad investigare per comprendere meglio quegli elementi che servono alla comunicazione. Freud, in "Analisi profana", quando descrive ciò che si deve fare con un paziente dice:

- Si lascia parlare
- Si ascolta
- Gli si parla
- Lo si lascia ascoltarsi

Sentir parlare, e parlare ed ascoltare, costituiscono un insieme indivisibile che racchiude senz'altro tutta la forza che la magia di tale atto aveva nell'antichità. Dapprima l'atto, poi il verbo. Vale a dire: dapprima l'azione -esperienza emozionale e dopo la sua verbalizzazione. A questo punto mi viene in mente una digressione: "Dimmi con che voce parli e ti dirò chi sei" ed anche un brano da' Amleto citato da Freud. Il re ha inviato due cortigiani per indagare e strappare ad Amleto il segreto della sua malinconia; Amleto li respinge. Allora portano sulla scena qualche flauto; Amleto ne prende uno e l'offre ad uno di questi intrusi invitandolo a suonare. Il cortigiano si scusa accennando alla sua totale ignoranza di quell'arte e Amleto esclama: "Guarda che povera opinione hai di me. Tu mi vuoi suonare, hai la presunzione di conoscere i miei registri, pretendi estrarre il più intimo dei miei segreti, vuoi fare che io suoni dal più grave al più acuto dei miei toni e vedi qui questo piccolo organo, capace d'eccellenti voci e d'armonia che tu non puoi fare suonare e giudichi che mi puoi suonare più facilmente che un flauto. Non, impollini il nome dello strumento che vuoi, per quanti sforzi tu non faccia mai ne ricaverai il più piccolo suono". (Atto III, scena 2).

Cito questo brano per il suo singolare significato e perché la comunicazione con i pazienti presenta le stesse difficoltà cui fa accenno Amuleto.
La linguistica studia il segno linguistico che è costituito da due aspetti: il significante (la serie di suoni) che fa l'unità, e il significato (l'idea). Alcuni chiamano il significante materia o sostanza, e il significato espressione.
La voce corrisponde al significante, quindi: è un mezzo di comunicazione che c'informa di qualcosa in più di ciò che è espresso con le parole. Vale a dire che non è soltanto uno strumento di comunicazione, ma comprende anche ciò che è comunicato; cioè la voce in se stessa può essere un affetto, una fantasia.
Noi sappiamo che attraverso il linguaggio verbale trasmettiamo le idee, le esperienze, i ricordi; ma quelle esperienze rimangono avvolte dal linguaggio stesso che utilizziamo per comunicarle. In questo caso, il linguaggio potrebbe essere una barriera della quale non ci possiamo liberare per penetrare nella cosa in sé: esperienza emozionale trasmessa. Il significante è un modo d'accesso all'esperienza emozionale che sottintende l'idea.

IL SENSORIALE

Quando si emette la voce, la reazione dell'uditore (sia dello stesso soggetto sia di un oggetto esterno) dà origine a diverse reazioni che determinano le qualità delle voci, fredde, calde, dure, molli, soavi, avvolgenti, taglienti, che feriscono, che mordono o dolci, amare, stucchevoli. Tutte esprimono chiaramente l'articolazione della voce con l'audizione e il tatto, con il gusto, forse con l'olfatto, cioè con le primitive significazioni orali e tattili e forse prenatali (voci che producono letargo).
Sappiamo che per dominare il linguaggio il bambino percorre le stesse tappe di sviluppo della razza umana in tempi predeterminati. Il suono contiene le fantasie più primitive, in quanto il linguaggio è un'acquisizione più tardiva. La voce, come suono, ci avvicina più al processo primario che il linguaggio strutturato, il quale dipende invece dal processo secondario.

La voce, come il gesto, appartiene a ciò che chiamiamo il linguaggio non verbale (forse potremmo dire il contenuto dell'idea), con la differenza che la voce sarebbe l'elemento non verbale che appare sempre insieme il verbale.
Il gesto sarebbe una forma intermittente d'enfatizzazione mentre la voce sarebbe un gesto costante. Su questo "gesto" si esercita un certo controllo. Questo controllo è in intima relazione con le radici della personalità. In questo senso, ricordiamo l'etimologia della parola "personalità", che proviene da "per sonare", ed aveva a che fare con una maschera del teatro greco, usata per caratterizzare un personaggio che emetteva un tipo speciale di voce. Dunque, se si analizza e interpreta con attenzione il controllo speciale che l'individuo esercita attraverso la voce, si riuscirà spesso ad aver accesso a fantasie inconsce della personalità, di fronte alle quali si oppongono considerevoli resistenze, molto di più in quanto il controllo è più inconscio.

RELAZIONE OGGETTUALE

Se vogliamo arricchire queste, osservazioni dobbiamo fare riferimento ad un fatto già sottolineato da diversi autori. Si tratta di considerare i meccanismi di proiezione e introiezione, in questo caso in connessione con la voce e con la funzione d'emissione e ricezione dei suoni vocali.
L'identificazione proiettiva e introiettiva sono meccanismi che tendono ad annullare la distanza tra soggetto e oggetto. La voce può essere al servizio dell'identificazione proiettiva o introiettiva ed essere utilizzata allora per eliminare la distanza con l'oggetto, vale a dire come uno strumento della tendenza alla fusione. D'altra parte, la voce introiettata, che può essere vissuta come oggetto in sé, di solito è il bersaglio delle pulsioni aggressive o delle pulsioni erotiche del soggetto ricettore.
C'è una connessione, come abbiamo già anticipato, fra questi concetti e la funzione di emissione e ricezione dei suoni vocali. In questo senso, vogliamo sottolineare l'importanza attribuita alla funzione visuale come strumento al servizio dei meccanismi proiettivi e introiettivi. Pensiamo che l'emissione e l'audizione della voce hanno caratteristiche che si assomigliano a quelle del processo percettivo visuale, ma hanno anche alcune differenze. E sono queste differenze alle quali vorremmo fare riferimento.

Una di queste differenze fondamentali consiste nella distanza sulla quale ogni organo può esercitare il suo dominio. La percezione visuale, come l'auditiva, è di tipo distale. Tuttavia, in quanto a lontananza, l'auditiva non comprende la distanza che può comprendere la visuale. D'altra parte, la percezione visuale, richiede più intenzionalità e direzione, che l'auditiva, che è più diffusa.
La voce penetra generalmente attraverso un complesso in cui predominano le percezioni auditive, ma in cui possono agire anche le percezioni tattili.
La voce può essere usata, allora, per eliminare la distanza fra emissore e ricettore. Da una parte, tanto la voce che si emette dentro dell'altro (proiezione) e la reciproca, può rappresentare un oggetto in sé. Il modo più frequente di stabilire il contatto fra due individui avviene attraverso la voce. Questo fatto potrebbe avere, fra le altre, questa spiegazione: l'audizione è una delle funzioni più precise per captare il mondo esterno e allo stesso tempo di più ampio respiro. Dunque, la capacità di produrre con la voce in un individuo è maggiore ancora che con i gesti. (mi riferisco agli stimoli visuali).

Alvarez de Toledo ci ha parlato di una delle fantasie ascritte alla voce: i suoni "hanno il gran vantaggio per l'onnipotenza infantile di essere prodotti dallo stesso soggetto e, posteriormente, quando il mondo interno e il mondo esterno si differenziano e si separano, la voce, per la sua condizione di provenienza interna e d'azione esterna, di ascoltarsi fuori e dentro, è un luogo in cui l'identità del soggetto con il mondo, l'identità mondo esterno-mondo interno, può continuare ad esistere".
Questa profonda osservazione è in connessione con qualcosa che già abbiamo sottolineato: l'importanza dei meccanismi di proiezione e introiezione in relazione con la voce. Non torneremo su questo punto, già sufficientemente chiarito. Invece, vorrei enfatizzare un'altra delle caratteristiche del suono vocale che è anche in relazione con l'affermazione della Dott. Ssa Alvarez de Toledo. Si tratta della relazione fra la voce e il corporeo e l'incorporeo.

RELAZIONE CON IL CORPOREO

Sebbene la voce sarebbe un elemento corporeo per la sua origine nell'organismo attraverso la vibrazione delle corde vocali, e per la sua natura, già che costituisce una vibrazione dell'area secondo certe onde, può essere vissuta, e così succede in parecchie situazioni, come un elemento incorporeo, per la relazione (errata ma valida nell'inconscio) fra il corporeo e la sua rappresentazione visuale. Questa doppia caratteristica della voce corporeità reale/incorporeità fantasticata, permette di arricchire la comprensione della citazione precedente d'Alvarez de Toledo e di quella che si citerà a continuazione della stessa autrice: "Quando il mondo interno e il mondo esterno si separano, quando gli oggetti libidinosi passano al mondo esterno, la voce emessa e recepita permette di conservare la primitiva identità perduta, e gestire gli oggetti esterni come quelli interni, e riuscire ad avere gratificazioni e proteggersi contro l'ansia. La voce di una persona, della madre, non è soltanto la madre, ma è anche la madre dentro. È di facile osservazione il significato della voce come latte che penetra per l'udito, e quando si riattivano i vissuti primari, è sentita in modo molto concreto, intenso e fisicamente gratificante.

TRANSFERT-CONTROTRANSFERT

Adesso torniamo sull'argomento già trattato: la relazione fra la voce e le relazioni d'oggetto. Se esaminiamo i concetti sulla fantasia inconscia e il mondo degli oggetti che si trovano in interrelazione fra di loro, in questa fantasia potremmo considerare un aspetto importante della voce nella relazione transferale-controtransferale. Infatti, è solito che gli oggetti che il paziente ha introiettato hanno una caratteristica definita con rispetto alla sua voce o alle loro voci, che possono essere parecchie. Nel caso degli schizofrenici è tipico il vissuto di stare ascoltando le voci, le quali corrispondono in realtà a quelle degli oggetti del suo mondo interno.

In termini generali, quest' osservazione, sebbene non così chiaramente osservabile come nel caso delle allucinazioni uditive degli psicotici, è ugualmente valida. Per questo è interessante cogliere il tipo di voce che il paziente emette quando fa qualche racconto o commento, perché il tipo di voce permetterebbe di scoprire il punto di vista di ciò che si racconta, vale a dire, l'oggetto con il quale si può essere identificato quando fa il suo racconto o il suo commento. Nei casi in cui si commentasse un episodio pieno di vicende vitali con una voce di sfiducia e d'amarezza, potremmo pensare che il paziente si è identificato con un oggetto invidioso e aggressivo contro tutta questa situazione, e che questa identificazione lo ha portato ad integrare gli oggetti dissociati (l'oggetto aggredito e l'oggetto aggressore per esempio) espressi uno attraverso l'elemento verbale di tale segno linguistico, e l'altro attraverso l'elemento non verbale di quello stesso segno. Vale a dire che il paziente al parlare cosi si presenta suddiviso in due o più.

Finora abbiamo parlato delle identificazioni intrapsichiche del paziente, manifestate attraverso la voce. Tuttavia c'è un altro aspetto importante, che è come questi percepisce la voce del terapeuta. In questo caso, come in quello dell'emissione della voce, la schizofrenia ci rivela la possibilità estrema. Bryce Boyer ci riferisce per esempio il caso dei pazienti schizofrenici che nella prima fase del trattamento, si angosciano se durante la seduta si producono silenzi che per loro sono lunghi. Si riesce a stabilire la calma transitoria in questi pazienti senza che il terapeuta abbia bisogno di parlare; soltanto è necessario che produca suoni, che possono non essere necessariamente vocali. Ma anche nel caso in cui il deteriorio della personalità è minore, l'importanza della voce emessa dal terapeuta è evidente, e diventa campo importante di proiezioni e introiezioni.

FENOMENO DEL DOPPIO. IL PERTURBANTE

Oltre a queste, altre considerazioni dell'importanza della voce nel transfert-controtransfert possono essere rilevanti. Sono quelle che si riferiscono alla possibile fantasia basica che in termini di suoni vocali può stabilirsi nelle sedute.

FENOMENO DEL DOPPIO

In termini del rapporto analitico, si dovrebbe considerare che siccome non esiste più contatto corporale permesso tra terapeuta e paziente che il fatto di darsi la mano all'inizio e alla fine della seduta, la voce diventerebbe l'elemento più importante di contatto reciproco, in un livello che potrebbe essere definito corporeo. In questa stessa misura potrebbe apparire come vissuto basico sottinteso alla situazione descritta, quello dell'unione successiva o simultanea delle voci, la sua interazione, equivarrebbe ad un contatto speciale fra i corpi. Potrebbe parlarsi allora di una fantasia d'unione, il cui livello di fissazione sarebbe determinato a livelli arcaici dalla proiezione predominante delle imago interne che il paziente fa sull'analista madre-seno, padre-pene, materie fecali, ecc., dalle proiezioni delle imago dell'analista sul paziente. Cosi potrebbe accettarsi che questa relazione, configurata dall'unione o successione delle voci nello spazio, corrispondesse, secondo ciò che abbiamo potuto osservare, a fantasia ad un livello utero-fetale, ad un livello orale, ad un livello di coito incestuoso molto primitivo, e con derivati più progressivi a livello anale e uretrale.

IL PERTURBANTE

Il silenzio, rispetto a questa fantasia specifica di coito incestuoso, sarebbe una forma di controllo del paziente, in quanto l'emissione dei suoni equivarrebbe a ricreare e agire nel transfert quella fantasia di carattere perturbante. Si potrebbe costruire in questo caso una correlazione: quanto maggiore è il silenzio maggiore è la difficoltà nell'accettare questa fantasia edipica primitiva persecutoria.
Condivido con Alvarez de Toledo l'idea che l'individuo nella sua primitiva identità farebbe una correlazione fra tutti i buchi del corpo in uno schema corporale molto primitivo dove ci sarebbe un solo buco, schema che sarebbe rappresentato da una vescicola tonda con un buco di comunicazione attraverso la quale espellerebbe e riceverebbe dal suo mondo che in questo periodo è egli stesso, gli elementi del mondo esterno.

PROTOSCHEMA CORPOREO

In questo protoschema si possono concepire e articolare le correlazione sensoriali cosi peculiari registrabili nell'audizione, e questo come strumento essenziale di captazione dell'inconscio; cosi le fantasie collegate a tutto ciò che a che fare con voce meritano l'attenzione dell'analista. Queste determinano un tipo speciale d'identificazione proiettiva e di rapporto oggettuale, le quali se non sono colte e interpretate adeguatamente, possono come qualsiasi altra, provocare gravi perturbazioni nel rapporto analitico e danneggiare le possibilità di successo di un trattamento.
Perciò bisogna considerare con maggiore attenzione le possibilità che offre ciò che abbiamo già esposto.

Abbiamo detto che rispetto all'intreccio o successione delle voci, esisterebbe una fantasia basica di rapporto tra oggetti molto primitivi. Le sfumature di ambedue le voci potrebbero indicare l'aspetto predominante di questa fantasia della "bipatia" che è il rapporto analitico. In questo modo, quando le particolarità della voce del terapeuta e del paziente, tono, sfumature, ecc. sono molto simili si potrebbe parlare di una situazione d'indiscriminazione tra analista e paziente, nella quale l'analista rimane identificato massicciamente col paziente, per non sentire, ad esempio, l'impotenza di non poter superare il "muro" che li separa, e diventa cosi, transitoriamente, un oggetto interno in più del paziente (autismo transferale).

Per il contrario, quando la voce di uno dei membri equilibra i tratti molto accentuati dell'altro mediante i suoi tratti opposti (acuta, grave, alta, bassa, opaca, vivace, ecc.) si potrebbe parlare di una situazione in cui c'è una dissociazione tra due aspetti del paziente, uno dei quali proiettato e assunto dall'analista (simbiosi transferale). In tutti e due i casi si potrebbe sottolineare il bisogno del paziente che gli si parli in questo modo (ci sarebbe allora una collusione con i suoi tentativi di controllo onnipotente), possiamo accettare che in alcune circostanze tale situazione corrisponde al controtransfert utile dal momento che soltanto cosi il paziente può introiettare le interpretazioni che gli sono somministrate e nella misura in cui si sia una certa accettazione dell'analista come oggetto indipendente, questo permetterà di modificare la relazione. Al contrario, può darsi che un cambiamento molto repentino nella voce è rifiutato, aggredito, svalutato, evitato, a seconda dei casi per l'intensa persecuzione che provoca la libertà dell'analista di fronte al tentativo di controllo onnipotente del paziente, attraverso un'intensa identificazione proiettiva.

A queste possibilità di analisi si aggiungono molto altre nelle quali la voce ha una funzione significativa, ad esempio la voce come elemento che circonda, percorre e penetra nel corpo dell'analista e analizzato il cui contenuto corporeo e tattile si può verificare clinicamente.

ESEMPI CLINICI

Presenterò un esempio concreto in cui si possono osservare alcune delle caratteristiche sottolineate fin qui. Si tratta di un paziente con alcuni anni di trattamento.

All'inizio si è manifestata una mancanza di discriminazione tra il suo mondo interno e quello esterno come se egli fosse assente, ciò veniva evidenziato molto chiaramente attraverso la voce con la quale stabiliva una considerevole distanza rispetto al materiale che lui stesso portava.
Le difficoltà per iniziare la modificazione del suo mondo interno diminuirono quando analizzammo la sua voce, le cui caratteristiche erano del tutto inconsce per il paziente. Allora attraverso le diverse fasi del trattamento egli è potuto uscire dal suo stato di non discriminazione tra l'interno e l'esterno (autismo) e alla fine sono emerse fantasie molto regressive ad un livello di fissazione prenatale in cui conservava un rapporto con la madre dove la voce appariva come un elemento interno, e perciò non c'era il bisogno di emetterla (da qui la mancanza di emozione e la svalutazione della voce "verso l'esterno"). Queste fantasie a livello prenatale che mostravano la presenza di un oggetto in letargo, continuarono ad apparire e furono modificate a posteriori, durante il trattamento, nel transfert e il paziente passò dall'autismo ad un rapporti in cui io apparivo come la rappresentante del mondo esterno (simbiosi).

Il cambiamento del paziente fu evidente anche a livello della voce che riacquistò il suo valore in quanto emetterla di fronte a me era, nella sua fantasia, come prima emetterla "verso dentro", verso i suoi oggetti interni, nella sua precedente regressione a livello prenatale.
D'altra parte, conviene sottolineare che mediante lo studio delle registrazioni delle sedute si avvertiva che la mia voce produceva in alcune occasioni certi effetti nel paziente, per esempio, mobilitazioni delle sue difese che non dipendevano dal contenuto delle interpretazioni ma piuttosto pensiamo dall'urto con un elemento che il paziente riconosceva come esterno. Ma anche qui ci sono stati cambiamenti poiché a volte come è stato possibile constatare nelle verbalizzazioni posteriori, il paziente sentiva la mia voce come molto stridente (difesa maniacale), o come "spenta, uguale alla mia" (sprofondare nella melanconia davanti alla fantasia di non avere cura).

Questo dovrebbe corrispondere nel controtransfert ai tentativi frustrati tramite i quali io cercavo di superare il "muro" difensivo del paziente, con l'aggiunta di qualcosa che io non avevo avvertito: a volte, non solo la mia voce assomigliava molto alla sua, altre volte si differenziava molto. Vale a dire che pretendendo io di superare il "muro" contribuivo a creare a volte una situazione di autismo o di simbiosi transferale. L'analisi e l'elaborazione di fantasie così primitive permisero al paziente l'acquisizione di funzioni e difese dell'Io meno primitive e una progressiva integrazione della sua personalità. Ciò nonostante quando qualche fattore destabilizzante minaccia la struttura della sua personalità un po' fragile, appare come segnale di allarme il timbro della sua voce, che diventa nuovamente opaca come all'inizio ed assente.
Così la modificazione della sua voce è una specie di segnale che indica il futuro inizio di una regressione e a volte permette di prevederla e superarla in modo più soddisfacente.

Tutto il valore che attribuisco all'interpretazione della voce e alle fantasie contenute in quella, acquisisce il significato di riscattare la nostra capacità di formulare un'interpretazione e di penetrare di più nel contenuto latente, forse nelle tracce acustiche più che verbali classiche, già che Freud nell' "Io e l'Es" fa riferimento al riscatto delle tracce mnestiche.
Penso che nell'Io esista una stretta correlazione tra fonazione e audizione, funzioni che fanno parte in realtà di un apparato fono-auditivo. Queste ipotesi sembrano coincidere con quelle di altri autori.
L'Io realizza un transfert libidinale su questo apparato, il quale tende all'articolazione, regolazione e modulazione della voce, come oggetto che deve essere creato.

Ricordiamo che le attività dell' Io iniziano con la percezione degli stimoli e finiscono con la scarica motrice e ghiandolare. Questo costituisce, in sintesi, il concetto delle due polarità dell'Io, la percettuale e la motrice.
Continuando questo schema, potremmo esaminare da un altro punto di vista l'attività egoica della fonazione-audizione.
Si potrebbe affermare che, esistendo un transfert libidinale sull'apparato fonatore, si crea una tensione che tende alla scarica per evitare il dispiacere. In questo caso, l'apparato della fonazione come apparato muscolare realizzerebbe la scarica della tensione.
Il sistema fonatore sarebbe in questo caso una parte della funzione dell'Io coerente.

Freud sottolineò l'importanza della fonazione come scarica quando sostiene che nel lattante "le magnitudini di stimolazione raggiungono proporzioni molto spiacevoli, senza trovare un profitto psichico che li domini, né alcuna derivazione. In questo caso appare l'angoscia come reazione, che nel lattante appare adeguata già che la derivazione della scarica verso i muscoli dei sistemi respiratori e boccali fa accorrere la madre, così come prima ha dovuto intensificare l' attività polmonare nel tentativo di sopprimere gli stimoli interni".

Fenichel ha affermato, che "prima di diventare la parola un mezzo pratico di comunicazione, le attività degli organi di fonazione hanno avuto una funzione soltanto libidinale e di scarica", funzione che, secondo me, si collega con altre, di acquisizione posteriore. Con questa scarica della tensione tramite l'apparato fonatore, si stimolerebbe l'apparato uditivo come apparato percettivo.
Questo apparato, a sua volta, tenderebbe a realizzare delle correzioni nella fonazione già emessa ed a provocare nuove tensioni che sarebbero scaricate attraverso nuove fonazioni e così via.
Questo sistema di costante correzione ed apprendimento serve anche di sollievo dovuto alla scarica, ed arricchisce le funzioni dell'io, in particolare se si aggiunge l'esperienza di percezione delle fonazioni delle altre persone e l'esperienza dell'audizione della propria voce da parte degli altri.

Per capire l'importanza di questo sistema fono-auditivo basta indicare due fatti: uno, della teoria psicoanalitica e l'altro dell'osservazione quotidiana.

Nella teoria psicoanalitica si è sottolineato molto spesso come la parola, in quanto stimolo auditivo, costituisce la base del Super-io. Le parole dei genitori sono incorporate per via dell'udito. Per questa ragione gli ordini del Superio sono, in genere verbalizzate. Penso che quando si fa riferimento al carattere acustico della formazione del Super-io si dovrebbe enfatizzare lo stimolo della voce, già che molte volte , specialmente per il bambino è più importante il come si dice qualcosa, il tono della voce ecc., di quello che si dice. Ciò sembra essere confermato dal fatto che si parli della " voce della coscienza" quando si fa riferimento al Super-io.
Così, si può vedere l'importanza del sistema fono auditivo nella formazione del Super-io.
L'impatto ricevuto ascoltando la propria voce contribuisce, insieme allo stimolo della voce dei genitori, a introiettare una relazione intrapsichica Io-Super-io.
Uno dei quadri dell'opera di Mussorgsky-Ravel, "Quadri di una esposizione", descrive questa relazione Io-Super-io: impone ad ogni voce musicale un ritmo, una tonalità, un timbro ecc., presentando così in un modo magistrale il dialogo tra un ebreo povero, piagnucoloso ed un altro ricco e potente.

Rispetto all'osservazione quotidiana, mi riferirò ad un fatto facilmente verificabile in una nurserie di neonati, sottolineato da Piaget.
Questi " neonati" in parecchie occasioni possono calmarsi soltanto quando sentono piangere gli altri bambini. Se questi smettono di piangere loro hanno bisogno di piangere a loro volta. Sembrerebbe che questa esperienza di un pianto in comune emesso e soprattutto ascoltato avesse un ruolo molto complesso nella primitiva strutturazione delle funzioni dell'Io, nelle quali respirare (sopravvivere), piangere e sentire piangere sarebbero equiparabili.
Un resto di questa primitiva equiparazione potrebbe essere alla base degli investimenti libidinali e delle rappresentazioni successive dell'apparato fono-auditivo e del suo funzionamento.

In ampia misura, perché ci sia un funzionamento adeguato, nella vita adulta gli investimenti trasferiti su questo apparato devono rispettare certi limiti; sotto i quali c'è l'indifferenza verso ciò che è vocalizzato o ascoltato, e sopra questi limiti il processo fonazione-audizione diventa un circuito chiuso, di caratteristiche narcisistiche patologiche. Non si prende in considerazione l'altra persona e per quello diminuiscono le possibilità di apprendimento e di arricchimento dell'io. C'è un interessamento nella fonazione e nell'audizione in sé come scarica di tensioni. La voce diventa un oggetto creato mediante l'equivalente di un coito molto primitivo,di caratteristiche ermafrodite, nel quale la fonazione acquisisce tratti attivi e invece l'audizione tratti passivi. L'Io funziona in un circuito chiuso, affascinato dalle sue possibilità di ricreare se stesso onnipotentemente in questo oggetto suoni vocali che si esauriscono nello stesso momento che si creano.

Questa situazione assomiglia alla masturbazione; non si tratta della masturbazione che porta all'apprendimento dei propri organi sessuali (che significa un passo antecedente del coito eterosessuale) ma di quella stereotipata la quale tende ad escludere costantemente gli altri e il coito eterosessuale, quindi ad impoverire la crescita dell'Io. Propongo di denominare "narcisismo tanatico" questo tipo di atteggiamento narcisistico patologico che ha una caratteristica basica masochistica, per differenziarlo da un atteggiamento narcisistico di carattere libidinale dove predomina una quantità più adeguata di transfert di investimenti sull'Io che si equilibra armonicamente con il transfert di investimenti sull'oggetto.

Questo atteggiamento narcisistico tanatico, a livello della fonazione-audizione, può esprimersi in alcuni pazienti come un "letargo parlante", utilizzando qui il concetto di letargo nel senso attribuito da F.Cesio. In altri casi può esprimersi come un apparente accettazione di altri oggetti, ma quando si osservano con attenzione alcune caratteristiche della voce del soggetto, si può verificare che tale accettazione cela un intenso rifiuto in quanto l'oggetto è soltanto considerato come parte di tale circuito narcisistico. A livello della fonazione-audizione, questa accettazione apparente dell'oggetto si esprime in modo peculiare: si accetta l'altro come equivalente di uno dei due poli dell'Io, nella sua attività narcisistica: la motrice ossia la fonazione o la percettuale, ossia l'audizione.

Dunque l'altra persona è accettata dall'Io quando funziona in questo modo, se è vissuta come la sua propria audizione, oppure come la sua propria fonazione, in altre parole, come il suo udito o come la sua voce.
In una persona narcisistica tanatica, l'udito e la voce, hanno caratteristiche diverse da quelle usuali. Infatti essi non funzionano come un apparato di stimolazione reciproca, correzione e arricchimento (vale a dire, al servizio di una capacità ogni volta più grande di fonare e ascoltare), ma sono dissociati e allora, mentre la voce costituisci risultato di un apparato "creatore", idealizzato, l'udito rappresenta la parte passiva, denigrata, invidiosa che attacca e critica ciò che è stato creato dall'apparato fonatore del proprio individuo. Perciò fra fonazione e audizione viene costituita un tipo molto primitivo di scena primaria sadomasochista. È solito che nella stessa persona ci sia la situazione inversa: ossia il caso della persona la cui audizione onnipotentemente svaluta la"povera"e "debole"voce che emette il soggetto;si potrebbe dire che neanche la ascolta.

Quando predomina questa relazione narcisistica, l'altra persona è ammessa soltanto entro certi limiti. Dal punto di vista dell'apparato fono-auditivo, l'altro appare solo come l'udito idealizzato di fronte al quale si emette una voce debole, come l'udito persecutorio, invidioso,che critica la ricca voce che emerge dal soggetto.
Ricordiamo l'esempio del paziente con la voce teatrale. Da questa nuova prospettiva, possiamo dire che lui proiettava su di me il suo udito che attacca con aggressione la sua voce e anche la sua voce "impotente", mentre si identificava con la propria voce onnipotente e con il proprio udito onnipotente mentre ascoltandomi mi svalutava.

Nei maniaci, la fonazione di ritmo rapido e tono acuto (che in musica corrisponde all'allegro), sembra esprimere un persistente desiderio di compiacere le esigenze di un udito svalutatore e sempre insoddisfatto. I brevi spazi di silenzio di questi pazienti sarebbero l'espressione malinconica della sua sensazione di fallimento, per aver esaurito la loro capacità di produrre suoni.
Nella relazione narcisistica, a livello dell'apparato fono-auditivo, esisterebbe un rapporto autistico con l'altra persona. L'altro è soltanto un aspetto del proprio Io. Ma dentro lo stesso oggetto c'è la stessa situazione, egli si tratta come un oggetto al quale un' altra parte di sé tratta narcisisticamente. Questo confermerebbe l'affermazione generale che l'organo eccessivamente investito è più facilmente coinvolto in un processo di depersonalizzazione. Così, penso che il soggetto, quando parla "da" un oggetto con il quale è identificato, in realtà è posseduto da esso.

Vediamo questo con un esempio clinico:

Un paziente mi parlava della sua fidanzata con una voce reverenziale, come di preghiera grave, lenta, monotona .Parla di lei come se parlasse di Dddio e dopo una pausa, mi dice con un tono di voce più alto e ritmo più rapido (umano)che quel giorno aveva ascoltato una registrazione di canto gregoriano.
Il paziente appariva all'inizio identificato con la registrazione "collocata" in un'altra persona (una parte di se stesso) che lo possedeva e che nella seduta trasferiva su di me. In questo modo però, egli allo stesso tempo, tentava di possedermi e di trasformarmi in una registrazione che desiderava controllare onnipotentemente. Il parlare (fonare) è anche un modo di risolvere le tensioni e in certa misura di elaborare un conflitto. Così , potremmo pensare che questo modo narcisistico di funzionamento dell'Io si presenta come il superamento della tendenza al silenzio che, a questo livelli ,corrisponde ad una inondazione massiva della libido tanatizzata che paralizzerebbe ad esempio la capacità di fonare, sebbene il silenzio possa avere altri significati in tappe posteriori.

Penso che la funzione di parlare, come quella di dormire, ha l'obiettivo di regolare l' equilibrio omeostatico. Esiste, allo stesso modo che nel processo onirico, una scarica della tensione mascherata da simboli; secondo Freud è precisamente il mascheramento che permette di superare la rimozione.
Sono sorpresa di scoprire che il mio sviluppo concettuale ha dei punti in comune con le osservazioni di Nunberg, i cui concetti preferisco trascrivere testualmente, sebbene questo autore accenna a volte indistintamente al linguaggio, alla voce, ecc. quando fa riferimento alla magia e alla onnipotenza, Nunberg dice:"I l linguaggio è un mezzo di espressione il cui oggetto è la comprensione e il cui fine l'altra persona. Rappresente una funzione dell'Io al servizio dell' Es e ha come compito agire sugli oggetti".

Nelle persone narcisistiche "sembra che l'energia che proviene dalla libido egoistica fosse usata nella formazione del linguaggio".
Sperber arriva ad ammettere che il linguaggio ha la sua origine negli impulsi sessuali. Se così fosse potremmo comprendere meglio perché molte persone approfittano in tutte le occasioni per parlare, senza badare al contenuto delle loro parole. Sembrerebbe come se tentassero con le parole di sedurre gli altri . Si tratta di soggetti con una libido oggettuale poco sviluppata che con l'incantesimo della parola cercano di affascinare ed appropriarsi di chi li ascolta. Questo si osserva spesso all'inizio della schizofrenia: negli schizofrenici la parola. Sostituisce frequentemente l'amore. Altri individui parlano molto accuratamente e fanno lunghe pause usano un linguaggio spezzato... Sembrerebbe come se cercassero di nascondere gli impulsi segreti...vediamo allora che per l'influenza della libido, il soggetto può ricorrere alla parola con la pretesa inconscia di esercitare un potere magico, positivo o negativo".

"Il linguaggio è un sostituto dell'agire. Per parlare c'è bisogno di usare gli stessi organi che si usano in qualsiasi altra attività. Infatti, la parola ha la sua origine nella corteccia cerebrale, ma lo strumento del quale si serve per la pronuncia è costituito dai muscoli periferici della laringe e dell'apparato boccale. Generalmente, il linguaggio, come qualsiasi altra funzione organica, è messo in funzione mediante la libido desessualizzata, vale a dire da impulsi sessuali di finalità inibita e costituisce l'espressione di una sublimazione precoce. Se l'Io che forma le parole però è inondato di libido, ossia se la corteccia cerebrale, l'apparato di pronuncia (laringe e bocca) o tutti e due sono erotizzati, appare un disturbo del linguaggio parlato. Questo disturbo è caratterizzato dal fatto che l'Io fa una regressione insieme alla parola fino ad arrivare alla fase magica di attuazione della parola ciò che si vede soprattutto negli schizofrenici e nei nevrotici ossessivi, il cui linguaggio appare sessualizzato".

Tutto questo serve alla concettualizzazione di alcuni aspetti particolarmente difficili da cogliere nel trattamento psicoanalitico, per il carattere narcisistico tanatico che può offrire gravi resistenze all'elaborazione.
Per fare riferimento a questo argomento: il trattamento psicoanalitico e l'importanza della voce, passiamo al seguente item.

L'UTILIZZAZIONE NARCISISTICA DELL'APPARATO FONO-AUDITIVO DA PARTE DELL'IO NEL TRATTAMENTO PSICOANALITICO

Ritengo che questo sviluppo sulla caratteristica narcisistica dell'utilizzazione dell'apparato fono-auditivo acquisisce una certa importanza per capire alcuni aspetti del trattamento analitico, soprattutto con pazienti che hanno intensi tratti narcisistici tanatici. In questi casi osserviamo che il rapporto analitico si struttura sulla base di una relazione autistica-simbiotica. La caratteristica narcisistica libidinale del fonare la troviamo in tutti i pazienti non è quello a cui farò riferimento ma alla caratteristica narcisistica tanatica.
Penso che il parlare condensi nel trattamento tutta una serie di rappresentazioni e significati implicati prima nell'attività ludica del bambino. Questa condensazione, che ha qualche somiglianza con quella del sonno, comprende tendenze istintive che corrispondono a diverse zone erogene. In questo senso, Alvarez de Toledo, afferma che l'individuo che parla realizza un "atto orale, anale, uretrale, genitale".
Aggiungerei che gli investimenti di altre zone erogene possono essere espresse attraverso la voce e perciò parliamo di qualità tattili, visuali, ecc. della voce.

Tutte queste considerazioni mi portano a sostenere con certezza che lo studio e le osservazioni sistematiche della voce del paziente e dell'analista arricchiscono la comprensione di ciò che accade nella seduta e del transfert-controtransfert, in una dimensione più ampia della semplice osservazione del contenuto della fonazione. Raccomando in particolare di fare attenzione a quel gesto permanente di arricchire la relazione tra analista e paziente. Per finire leggerò il commento di una scrittrice americana su Borges, le cui riflessioni sulla voce mi hanno colpito profondamente soprattutto per la sua capacità di osservazione sulla audizione di questa voce così particolare. Porta acqua al mio mulino in quanto è mio desiderio rendervi partecipi dell'importanza del tema trattato oggi.
Lei scrive: "la sua voce era sconvolgente ed intimidiva. La sua dizione spezzata disorientava così come la sua letteratura; la sua voce si fermava nel momento più inaspettato e i suoi tentennamenti fecondi aiutavano a comprendere il messaggio in in un altro modo".

Vi ringrazio per la vostra attenzione.


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