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NUOVA PSICHIATRIA
Cari Colleghi ed amici,
riprendiamo e sviluppiamo il discorso avviato nell'Aula Malta dell'Ospedale "S. Giacomo" il 24 Ottobre scorso, con la presentazione del primo documento programmatico. Il Gruppo promotore costituito dai sottoscritti firmatari ha ritenuto che l'ampia adesione a quell'incontro ed il serrato dibattito scaturitone abbiano rappresentato una importante verifica della validità dei principi e delle proposte del documento, e della sua corrispondenza alle insofferenze ed alle larghe attese di cambiamento maturate nel settore in questi anni di confusione normativa ed assistenziale, supportate da grosse spinte ideologiche fuori dai reali bisogni. A quanti sono interessati all'iniziativa chiediamo un rapido riscontro con l'invio della allegata scheda con i propri dati e l'indicazione del gruppo di lavoro scelto/i, a ad uno dei seguenti recapiti: - Prof. Nicola Lalli, Segreteria Scientifica "Nuova Psichiatria", Dipartimento di Psichiatria Università "La Sapienza" - Via Panama 68 - 00198 ROMA - Dr Sandro Casini, Segreteria Organizzativa "Nuova Psichiatria", Casa di cura "Villa Armonia"- Via dei Bevilacqua 43 - 00163 ROMA - Dr Andrea Balbi, Segreteria Coordinamento DSM " Nuova Psichiatria", Direzione DSM RM-D, Via G. C. Viola 31, 00148 ROMA - Per la presa di contatto diretta con i singoli componenti del Gruppo promotore, si prega di telefonare a Rosa Callea al seguente recapito cellulare : 0333. 2769493 - Per comunicazioni o richiesta di notizie si può fare riferimento ai seguenti recapiti del Dr. Giovanni Inzerilli: indirizzo e-mail: nuova.psichiatria@tin.it , fax: 0686203163 Vi ringraziamo e salutiamo
Roma , 29 novembre 2000
Oltre 20 anni fa venivano promulgate le leggi di riforma psichiatrica (180-833/78 ) per la umanizzazione delle cure al malato mentale e la sua liberazione con il superamento dell'Ospedale psichiatrico, obiettivi fondamentali e indifferibili. A distanza di tanto tempo tuttavia, in contraddizione con quegli obiettivi, la riforma mostra con sempre maggiore evidenza i limiti e le distorsioni derivanti dalla sua impostazione di base: la preminenza, rispetto alla esigenza di soluzione dei concreti e complessi problemi del paziente psichiatrico, di istanze politico ideologiche, prevaricanti la specificità e l'esistenza stessa della malattia mentale. Da qui la inconsistenza del progetto riformatore, assai lontano dai veri bisogni dei pazienti e delle loro famiglie. La legge nasceva infatti senza una seria sperimentazione, sull'onda di un incombente referendum e sulla base di alcune poche esperienze antimanicomiali, limitata ad alcune norme quadro a carattere generale, di tipo prevalentemente giuridico. Quanto alla definizione del modello di servizio conseguente alla disattivazione dell'Ospedale Psichiatrico, nulla veniva precisato, ad eccezione di una configurazione poi dimostratasi inadeguata ed ambigua degli spazi (SPDC) e delle modalità del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) all'interno dell'Ospedale Generale. La configurazione precisa ed articolata dei servizi alternativi, territoriali e residenziali, veniva rimandata ad una fase successiva non definita, come pure indeterminate rimanevano le risorse finanziarie indispensabili al decollo della nuova rete dei servizi. Veniva trascurata infine l'esigenza di garantire con apposite norme l'esigenza di adeguata qualificazione e selezione del personale dei servizi.
Come diretta conseguenza, si sono succeduti solo negli anni '90 Progetti Obiettivo (P.O.) tanto ambiziosi quanto generici, privi di un carattere vincolante per le amministrazioni e costantemente mancanti della indicazione delle risorse finanziarie relative. Essi inoltre si sono andati a scontrare con il processo incalzante di aziendalizzazione dei servizi sanitari dominato dal tabù della produttività ed economicità dei servizi. Ne deriva oggi un quadro sconfortante della realtà dei servizi e l'emergere, a seguito del mancato o inadeguato intervento sui casi più problematici, di una "nuova cronicità", espressione significativa di un enorme divario tra enunciazione dei principi e realizzazioni.
La situazione della rete dei servizi psichiatrici nella regione Lazio costituisce un esempio, il più macroscopico a livello nazionale, del divario tra principi della riforma e realizzazioni.
Il programma di deistituzionalizzazione dei pazienti ex OOPP nella regione Lazio, decollato con notevole ritardo rispetto ad altre regioni, ha avuto, come e più che altrove, gli stessi caratteri di operazione di facciata, essendo imperniato più sul momento negativo della dimissione che su quello positivo della offerta di valide soluzioni alternative. La debolezza di tali soluzioni ha comportato la sostanziale riproposizione fuori dalle mura dell'OP delle condizioni di emarginazione e di abbandono del paziente vuoi in fatiscenti strutture pubbliche e private, vuoi nel "territorio" e/o nella "famiglia". Resta pertanto largamente aperto il problema di una adeguata integrazione di tali pazienti nella comunità.
La istituzione a tutt'oggi di un discreto numero di SPDC, ma per un numero di posti letto complessivo assolutamente insufficiente, molti peraltro in condizioni strutturali precarie con ipodotazione nei posti letto e nel personale, non realizza le condizioni indispensabili ad un reale intervento di diagnosi e cura per le acuzie psicotiche nell'ospedale generale. Nessuno infatti degli attuali presidi in funzione consente la corretta gestione dell'episodio per tutta la sua durata, data l'assoluta inadeguatezza della struttura ad una gestione della crisi in condizioni valide, oltre che sul piano medico, sul piano psicoterapico e socio ambientale. Inoltre agli SPDC solo in minima parte afferiscono le situazioni cliniche di stretta competenza, fungendo gli attuali presidi come meri servizi di pronto soccorso ed emergenza per una eterogenea miriade di situazioni clinico sociali, la massima parte di competenza di altri presidi ospedalieri ed extra ospedalieri pubblici e privati; si può a ragione osservare che mentre una rilevante fetta di patologia psichiatrica acuta continua ad afferire alle Case di cura neuro psichiatriche, come per il passato, l'utenza degli SPDC è in prevalenza costituita dai casi d'impatto clinico sociale più drammatico (TSO e situazioni di emarginazioni varie ).
S'impone pertanto in tale settore una riflessione in profondità, scevra da remore ideologiche, basata sulle esperienze dirette e sulle evidenze clinico scientifiche maturate in questi ultimi anni, per una ridefinizione alla radice del modello di presidio. Un presidio che, ferma restando la sua collocazione all'interno dell'ospedale generale, in condizioni paritarie con le altre branche medico chirurgiche, veda riconosciuta concretamente la sua specificità di spazio terapeutico non esclusivamente medico ma anche psicologico e sociale. Da tale impostazione discende la necessità di ridefinire la rete dei servizi psichiatrici ospedalieri, con la radicale ristrutturazione dei presidi oggi funzionanti, ove praticabile, e/o la realizzazione, in situazioni compatibili, di strutture nuove, idonee alla sperimentazione di un diverso modello di servizio.
In stretta connessione con i temi dell'Assistenza ospedaliera e del Trattamento sanitario obbligatorio, da anni oggetto di dibattito acceso è la questione della sopravvivenza o meno degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. La proposta da alcune parti di abolirli e, nel contempo, di ampliare lo spettro di "imputabilità" per alcuni reati commessi da pazienti psichiatrici, coerente con il processo di superamento dell'Ospedale Psichiatrico, pone nell'immediato la necessità di concepire strutture alternative all'O.P.G.. Coloro che sono sottoposti alle misure di sicurezza devono trovare non un mero luogo di contenimento ma strutture specializzate finalizzate a cure e riabilitazione, al di fuori comunque del S.P.D.C..
Si registra in questo settore, fondamentale per la realizzazione del nuovo modello di servizio finalizzato alla prevenzione, cura e riabilitazione precoci, dopo una iniziale rapida espansione, un rallentamento e quindi una involuzione, con progressivo depauperamento di personale e di prestazioni. Ciò paradossalmente in coincidenza con l'ampliamento di compiti e responsabilità consecutivo alla chiusura degli OOPP ed all'intempestivo decollo del servizio di emergenza 118 integrato che, alla verifica dell'esperienza, ha evidenziato la inconsistenza dell'impianto organizzativo, determinato dal prevalere delle ideologie. Mentre per quest'ultimo va riesaminato alla radice il problema della reciproca integrazione servizio 118 - Servizio di salute mentale, più in generale, per il servizio territoriale, occorre operare un adeguamento in termini quantitativi e qualitativi ai nuovi compiti, con la definizione più rigorosa di protocolli di funzionamento comuni.
In tale settore si evidenzia, nella nostra regione, la più grossa anomalia in campo nazionale: da un lato tali strutture si mantengono ancora prive di una legittimazione su un piano normativo, dall'altro si consente il proseguimento della loro attività a pieno regime, con modalità sostanzialmente identiche a quelle precedenti la riforma . E poiché, data l'abbondanza delle strutture e risorse disponibili (1300 posti letto), esse continuano a costituire il vero fulcro della assistenza psichiatrica nella regione, operando in ogni fascia di utenza (acuzie, sub acuzie, cronicità), dispensate dall'impegno del TSO in condizioni di netta competitività rispetto al pubblico e ad altri tipi di privato, di fatto esse costituiscono l'espressione evidente della difficoltà di decollo della riforma nella regione. S'impone pertanto l'immediato superamento di tale contraddizione e delle mistificazioni fin qui avallate dalle precedenti amministrazioni, per un radicale piano di riconversione che, valorizzando pienamente le risorse disponibili, al tempo stesso ne definisca limpidamente il modello operativo, integrandole in modo funzionale nel Servizio psichiatrico pubblico, con parità di diritti e di doveri e con la partecipazione al Coordinamento dei DSM, senza condizionamenti ideologici. Data la delicatezza del problema si richiede comunque un approfondimento ed un confronto il più ampio e trasparente.
L'assistenza in questa fascia di utenza, nodo centrale per un reale superamento dell'OP e della cosiddetta "nuova cronicità", costituisce allo stato attuale la cenerentola nella rete dei servizi. In tale area si registra, accanto ad una esigua presenza nel pubblico, una situazione di stallo nel privato, determinata da un lato dal mancato decollo delle procedure di accreditamento, dall'altro dalla indaginosità delle procedure di accesso alle strutture autorizzate, subordinato a tortuose trafile burocratiche, drasticamente legate ad opinabili criteri di compatibilità economiche delle ASL. Occorre sburocratizzare e liberalizzare al più presto tale settore, assimilando, sul piano finanziario, gli inserimenti in CT ai ricoveri nella spedalità privata, facendoli confluire nello stesso capitolo di spesa. Ciò nel quadro di una revisione del DGR 351/2000, contestualmente ad una più rigorosa definizione dei modelli operativi, individuando due fasce una più specificamente clinico terapeutica, in cui pubblico e privato possano competere in condizioni di parità, l'altra più a carattere psicosociale dove il privato, specie quello legato ad iniziative di associazionismo e cooperativismo della utenza, può assumere un ruolo trainante, sopratutto in riferimento alla integrazione socio-lavorativa dei pazienti. Risulta evidente come il processo di riconversione delle case di cura neuropsichiatriche prima auspicato potrà offrire grandi possibilità in ogni area.
Gli interventi di tutela della salute mentale in età evolutiva ( infanzia ed adolescenza ), che costituiscono momento fondamentale della prevenzione, diagnosiñtrattamento e riabilitazione precoci della patologia psichica, sono oggi, nella nostra regione, scarsamente sviluppati; ne deriva la necessità di un grosso potenziamento, contestualmente all'inserimento organico di tale settore, a livello normativo ed organizzativo, nel contesto della rete dei servizi per la salute mentale.
Occorre recuperare al più presto il grave ritardo della Università a Roma e nel Lazio, che la vede completamente assente dalla partecipazione alla rete dei servizi, in cui va pienamente integrata, con un suo specifico apporto sul piano della formazione e della ricerca.
Il lavoro degli operatori è nell'attuale assetto organizzativo fortemente condizionato in senso negativo, con una troppo bassa soglia di rischio psicofisico di varia natura; la migliore prevenzione e tutela è costituita da una azione di formazione ed aggiornamento permanente contestualmente al miglioramento nella organizzazione e funzionalità delle strutture. Al tempo stesso vanno riconosciute in concreto con adeguati provvedimenti, anche di tipo normativo-amministrativo, la natura e qualità dell'impegno.
Se da una parte va rifiutato che da parte degli utenti, singoli od associati, venga attuata qualsiasi facile forma di colpevolizzazione e processo del servizio e degli operatori per le gravi carenze strutturali della assistenza, la cui responsabilità va spesso ricercata a livello politico ñ amministrativo, dall'altra va riconosciuto il diritto dovere degli stessi utenti alla partecipazione consapevole ad ogni livello decisionale che non sia di stretta natura tecnico professionale. Occorre a tale fine attivare a tutti i livelli canali di comunicazione e partecipazione, come base per una reciproca conoscenza dei bisogni ed aspettative realistiche da una parte e della disponibilità di risposte dall'altra (sportelli per l'utenza). Così come va verificato criticamente il livello di funzionalità delle forme partecipative attualmente istituzionalizzate (consulte, C.R.U.Sa.M, ecc.), evitando ogni rischio di strumentalizzazione ideologica e di parte.
La risposta del DSM alle esigenze dei pazienti deve essere rappresentata da un complesso coordinato di interventi di diagnosi-cura-riabilitazione, da iniziare sin dal primo contatto con una delle strutture. Tali interventi costituiscono il Progetto Terapeutico, elaborato, condiviso e gestito dalle varie figure professionali della équipe curante, e coordinato dall'operatore individuato come figura di riferimento "responsabile", in rapporto alla specificità del problema. Per l'attuazione del Progetto è fondamentale l'organizzazione integrata unitaria dei diversi presidi del Dipartimento, per garantire la "continuità terapeutica", in ogni fase della malattia nell'ambito dei diversi servizi. Ciò con l'obiettivo, come punto di arrivo del Progetto Terapeutico, del pieno reinserimento socio-lavorativo del paziente.
Prevenire è da sempre la modalità più economica e pagante rispetto alla cura (prevenzione secondaria).
GRUPPO ROMANO
Art. 1 - Il Gruppo Nuova Psichiatria si costituisce, ad iniziativa dei sottoscritti primi firmatari del Documento Programmatico, come Gruppo aperto di Operatori ed Utenti della Psichiatria, fondato sulla affermazione dei principi irrinunciabili di umanizzazione delle cure al malato mentale e della sua liberazione da ogni forma di assistenza custodialistica, interessato ai veri bisogni dei pazienti e delle loro famiglie. Con il proposito, partendo dalla realtà della regione Lazio, di concorrere, in piena e fattiva collaborazione con le istanze sociali e politico amministrative oggi impegnate nella stessa direzione, a costruire un processo di cambiamento reale nel settore. Art. 2 - Strumento per la realizzazione degli obiettivi sopra enunciati è la crescita di un gruppo di Operatori ed Utenti sempre più ampio e consapevole della natura ed entità dei problemi della Psichiatria e dei mezzi efficaci per risolverli, sulla base delle conoscenze acquisite in campo scientifico e delle esperienze su di esse fondate.
Art. 3 - Tale Gruppo, per contribuire concretamente ai processi di cambiamento necessari nel settore, si propone di confrontarsi, in spirito costruttivo, libero da condizionamenti ideologici e di parte, con tutti i livelli istituzionali politico amministrativi responsabili, per una programmazione ed azione comune.
GRUPPO ROMANO
Dr/Sig
Recapito Qualifica professionale
Recapito/i professionali
Data Firma
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