Fabio Bacchini Il Diritto di Non Esistere Milano: McGraw-Hill 2002, pp. 362, 19 euro Recensione di Chiara Lalli
Per lungo tempo la nascita è stata considerata un bene intrinseco e assoluto per colui che nasce; un bene talmente indubitabile da suggerire a molti la necessità di garantirlo a tutti, teorizzando un diritto di esistere del nascituro - diritto di cui inevitabilmente si parla nelle discussioni relative allaborto o alla ricerca sugli embrioni. Ma nel caso di persone gravemente handicappate o incurabilmente malate si può parlare, al contrario, di un diritto di non esistere? Si può ritenere che per tali persone sarebbe stata preferibile la non esistenza rispetto a una esistenza irrimediabilmente tormentata? E, ammesso che esista, a quali condizioni un diritto di non esistere potrebbe essere ascrivibile? Se un genitore o una coppia di genitori, pur essendo a conoscenza del fatto che la vita del figlio che sta per concepire sarebbe tormentata da una grave menomazione, decide tuttavia di portare a termine la gravidanza e di farlo nascere, compie unazione immorale? E, in caso affermativo, la violazione del diritto di non esistere implica la sanzionabilità, civile o penale, dei genitori? Il Diritto di Non Esistere, di Fabio Bacchini, prende le mosse da questi avvincenti interrogativi, e analizza il dibattito che si è andato sviluppando su questi temi nellambito della bioetica filosofica, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, da quando alcuni figli hanno preso a intentare causa contro i propri genitori perché avrebbero preferito non esistere. Tali cause da torto da procreazione (wrongful life suits) hanno costretto filosofi, giuristi e medici a ricontrattare concetti che si ritenevano saldi e privi di ambiguità: la vita, lesistenza, la definizione di persona, il danno (harm), il torto (wrong), la responsabilità morale, la titolarità dei diritti. Il punto di partenza dellanalisi è costituito necessariamente dalla discussione riguardante linizio dellesistenza. Lavvio dellesistenza può coincidere con il concepimento, con la nascita, oppure con un momento individuabile nellintervallo di tempo tra il concepimento e la nascita (secondo una posizione estrema, perfino con un momento successivo alla nascita). Considerare lesistenza coincidente con il concepimento esclude che laborto possa costituire un rimedio volto a evitare lavvio di una esistenza, e rimanda tale rimedio indietro nel tempo (a tutte le condizioni che avrebbero impedito il concepimento). Posticipare linizio dellesistenza a un tempo successivo al concepimento permette invece di vedere laborto come uno dei rimedi potenzialmente utili per ottenere che un eventuale diritto di non esistere sia rispettato.
Ma è ragionevole ritenere che, in alcuni casi, lesistenza sia un male? La preferibilità della non esistenza rispetto allesistenza non rischia di essere unidea intimamente contraddittoria? Possiamo ritenere ammissibili le cause di torto da procreazione?
Accettando lammissibilità di un diritto di non esistere, e dunque del derivante torto da procreazione, lattenzione dellautore si sofferma sulla possibilità di indicare le condizioni di sussistenza del torto da procreazione e dei criteri attraverso i quali poter accertare il requisito fondamentale: la preferibilità della non esistenza rispetto a una esistenza menomata. Bacchini parte da una premessa, che è anche strumento di indagine: la bioetica è caratterizzata dallo scontro di argomentazione razionali volte a persuadere il maggior numero di persone. In questa ottica lanalisi del dibattito bioetico prende la forma dellanalisi delle argomentazioni proposte a sostenere questa o quella posizione, al fine di verificarne la coerenza logica, lammissibilità delle premesse e la correttezza delle implicazioni che ne seguono. Lideale sottostante è la concezione di una bioetica razionale, scevra da pregiudizi religiosi e moralistici, dal cattivo ragionamento e dalladozione di premesse condivisibili solo da una parte dellumanità (quella comunità religiosa, o quel gruppo politico), e che invece faccia appello a un solo criterio di giudizio, universalmente condivisibile: la forza razionale delle argomentazioni chiamate a sostegno delle scelte morali compiute.
Gli autori analizzati da Bacchini sono i più autorevoli protagonisti del dibattito bioetico internazionale: John Harris, Bonnie Steinbock, Ronald Dworkin, Derek Parfit, Joel Feinberg, Peter Singer, Allen Buchanan, John Robertson, Melinda Roberts.
La valutazione della forza delle argomentazioni in gioco offre loccasione di ideare diversi esperimenti mentali, quali occasioni di configurare situazioni che si distaccano dal mondo reale e che, proprio con il loro carattere estremo, consentono di mettere davvero alla prova le nostre posizioni morali, vagliandone la consistenza (proprio come in un esperimento scientifico controllato condotto in laboratorio, così in un esperimento mentale si possono azzerare fattori di complicazione e di confusione, ed esaminare certe reazioni - fisiche, chimiche o morali che siano - allo stato puro, per così dire).
Se un genitore concepisce un figlio sano e, in seguito, intenzionalmente lo rende handicappato, questo genitore è secondo tutti noi moralmente esecrabile. Ma se un genitore sa che sta per concepire un figlio handicappato, e intenzionalmente decide di concepirlo, questo genitore si comporta in modo immorale oppure no?
Dovremmo dire che, dato che il bambino che nasce aveva solo due possibilità (nascere handicappato o non nascere), e dato che ella, fra queste due possibilità, gli ha offerto la migliore (nascere handicappato, che è meglio di non nascere), allora la donna non ha fatto nulla di male? Oppure, dovremmo dire che, dato che la donna ha scelto di mettere al mondo un figlio handicappato anziché un (diverso) figlio sano, come le sarebbe stato possibile, allora la donna ha fatto qualcosa di male, e addirittura deve essere punita per questo? |