Antonio Imbasciati
La mente medica
A fronte di questo mutamento della formazione e del ruolo del medico, si è sentito il bisogno di una "riumanizzazione" o meglio di una nuova "umanizzazione" della medicina: il legislatore vi ha provveduto istituendo non poche e differenziate figure di altri operatori -infermieri, fisioterapisti, riabilitatori, assistenti sanitari ed altri- con rispettive lauree (dette sanitarie) prima triennali e ora quinquennali, e con percorsi formativi differenziatamente dotati, per ogni laurea, di apporti di discipline psicologiche, sociologiche, pedagogiche, antropologiche. A questi nuovi operatori della Sanità, o meglio della Salute secondo il concetto definito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, si affiancano altri operatori: psicologi, assistenti sociali, educatori, pedagogisti, costituendo quella categoria oggi definibile come "professionisti dell'aiuto". A tutti questi operatori è stato devoluto il compito di rinnovare l'assistenza dell'antico rapporto umano medico-paziente, articolato oggi per il progresso di tante altre scienze non mediche, rese necessarie per le molteplici complicazioni dell'attuale nostro vivere civile. Queste scienze sono talora dette "umane": si invoca pertanto l'umanizzazione della medicina. Entrambe queste dizioni sono però riduttive, e facilitano grossi equivoci di significato, sia nel senso comune che nella cultura sanitaria, e di conseguenza nella modalità nella loro applicazione. Le scienze sopra menzionate sono oggi differenziate e scientificamente progredite, cosicché il riunirle sotto il termine di scienze umane rischia di mettere in ombra la loro scientificità, nonché la specificità dei rispettivi professionisti, favorendo l'equivoco che si tratti di semplice disponibilità d'animo, sensibilità e buona volontà di una qualunque persona che più o meno idealisticamente voglia applicar visi. Così "umanizzazione della medicina" viene di fatto ad essere intesa come qualcosa di poco di più di un volontariato. Così sta purtroppo accadendo per il concorso di tre fattori: a) la mancanza di risorse nel rendere efficaci i percorsi formativi delle lauree sanitarie, ovvero la grave insufficienza economica in cui versa l'Università italiana; b) il potere della cultura medica tradizionale, a lungo rimasta avulsa dallo sviluppo di altre scienze; c) l'ignoranza e la presunzione del senso comune circa le scienze psicologiche. Sta così accadendo che la professionalità medica, tecnologizzata così come oggi e al contempo illusa di essere ancora carismatica, si sta impadronendo di professioni che avrebbero dovuto essere diverse, "altre", non "sue". Abbiamo la "medicalizzazione dei servizi", lamentata quanto subíta senza alternative. Il presente testo è interamente dedicato al problema, prospettandone le conseguenze a lungo termine, in chiave psicosomatica e transgenerazionale, in uno scenario futurologico che può destare preoccupazioni per la salute mentale e sociale.
CAP. 1 OSSERVAZIONE E INTERAZIONE COL MALATO
CAP. 2 MODELLI SOTTESI ALL'ATTUALE PRASSI MEDICA ITALIANA
CAP. 3 COME SI FORMA E FUNZIONA UNA MENTE
CAP. 4 IL PROBLEMA INCONSCIO-COSCIENZA
CAP. 5 LA COMUNICAZIONE AL DI LA' DELLA PAROLA: TRANSFERT E CONTROTRANSFERT NELLA PRATICA MEDICA
CAP. 6 ORIGINI E COSTRUZIONE DELLA MENTE
CAP. 7 CULTURA MEDICA, TRADIZIONE E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA
CAP. 8 LA STRUTTURA PSICOSOMATICA
CAP. 9 NORMALITA' E PATOLOGIA: GLI EQUIVOCI DI UNA PSICOLOGIA MEDICALIZZATA
CAP. 10 PSICOLOGIA CLINICA E CULTURA MEDICA
CAP. 11 LE CAPACITA' RELAZIONALI
CAP. 12 ORGANIZZAZIONE E ISTITUZIONE
CAP. 13 LA QUESTIONE DELLE PSICOTERAPIE
CAP. 14 IL MEDICO E LE ALTRE (SUE?) PROFESSIONI
APPENDICE BIBLIOGRAFIA
INDICE ANALITICO |