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JOURNAL OF PSYCHOSOMATIC RESEARCH - N. 6 / 1999
Culturally informed psychosomatic rescarch

G. M. Devins


Gran parte di questo numero del Journal of Psychosomatic Research è dedicato ad un tema molto particolare, marginale all’interno del già marginale settore della psicosomatica: la ricerca psicosomatica culturalmente informata, o più prosaicamente psicosomatica transculturale. La sezione si apre con l’editoriale di G.M.Devis, uno dei due Associate Editors della rivista, che illustra il motivo di questa iniziativa e presenta i lavori pubblicati.
Come in altri campi della conoscenza clinico-teorica (ad es. la psichiatria transculturale o la etnopsicoanalisi), comprendere la cultura di appartenenza di un soggetto significa capire attraverso quali lenti (credenze, pratiche, atteggiamenti, valori socialmente condivisi) vengono interpretate le esperienze. Concretamente, ciò si traduce nell’indagine di ciò che in una cultura viene definito salute e malattia, del modo di manifestare i sintomi somatici e di distress psicosociale, dei fattori ritenuti etiologici per una data condizione clinica, del modo sociale di considerare lo stigma di malattia. Da un punto di vista clinico, essere informati sulla cultura di appartenenza di un paziente straniero significa individuare tanto i fattori che differenziano la sua cultura dalla nostra quanto ciò che differenzia quel singolo paziente all’interno della sua cultura di appartenenza quanto il modo in cui il paziente ha assimilato e si è integrato nella cultura ospite. Nella società occidentale, sempre più multietnica, il clinico che ignora alcune informazioni basilari della cultura del paziente straniero potrebbe non avere cognizione delle stesse manifestazioni cliniche essenziali con cui il paziente si presenta.
Questo numero della rivista dell’International College of Psychosomatic Medicine contiene 6 lavori giapponesi, ed lavori di ricercatori di Israele, Taiwan ed Emirati Arabi Uniti (EAU).
Nel lavoro di El-Rufaie et al vengono presentate le prevalenze di disturbi somatoformi e psicologici fra pazienti di primary care degli EAU con disturbi psichiatrici. La metà dei pazienti presentava sintomi di somatizzazione da disturbi ansiosi, fobici, depressivi e ossessivi (soprattutto emicrania, lombalgia e dolore addominale), mentre l’altra metà presentava sintomi psichiatrici classici (soprattutto disturbi ansioso-depressivi misti, d’ansia generalizzata, di depressione maggiore e di adattamento). Sullo stesso tema, Ono & Janca presentano i risultati della discussione avvenuta al III Keio University International Symposium tenutosi a Kyoto sul tema ìRethinking somatoform disordersî. I due lavori mostrano che la somatizzazione è un disturbo universale che differisce nel modo di manifestarsi clinicamente nelle varie culture ma non nella sostanza dei meccanismi di formazione.
Due lavori trattano il tema delle patologie più specificamente culturali. Mizushima & Kanba spiegano il Kampo che è stata la medicina ufficiale nipponica fino al 1875, sviluppatosi nell’antica Cina e giunta in Giappone nel VI secolo. Oggi il Kampo sta riacquistando popolarità e diffusione (un fenomeno non specifico del Giappone ma che coinvolge tutte le società occidentali: la riscoperta di una serie di pratiche non ortodosse alla medicina classica e che viene definita ìmedicina alternativaî o, con un termine più politically correct, ìmedicina complementareî, a cui negli ultimi mesi del 1999 il British Medical Journal ha dedicato una intera serie di articoli molto interessanti), tanto che in Giappone ben 150 prescrizioni (sostanzialmente composti a base di erbe) sono rimborsate dal sistema sanitario nazionale. Maeda & Nathan descrivono invece il taijin kyofusho, un disturbo simile alla fobia sociale, che significa letteralmente ìpaura delle relazioni interpersonaliî, secondo i criteri diagnostici, il meccanismo etiologico ed i principi terapeutici stabili da Masatake Morita all’inizio del secolo.
Nella sezione sono compresi anche alcuni studi empirici su argomenti più classici. Fukunishi et al hanno indagato sul rapporto tra alexithymia, rapporti parentali e attivazione del sistema simpatico in uno studio di stress lab su un gruppo di studenti giapponesi. Essi hanno trovato una relazione statisticamente significativa fra punteggio di alexithymia alla Toronto Alexithymia Scale, deficit di rapporto supportivo fornito dalla madre nell’infanzia (valutato retrospettivamente con un questionario autosomministrato sulle relazioni con i genitori) ed elevata attività del simpatico misurata attraverso frequenza cardiaca e valori pressori, suggerendo che qualità del rapporto materno e alexithymia possono essere mediatori importanti nelle manifestazioni neurofisiologiche dello stress. Melamed et al hanno indagato la sindrome da burn-out  in impiegati israeliani di una grande industria metalmeccanica. Gli impiegati con sindrome da burn-out hanno mostrato maggiore tensione sul lavoro, irritabilità dopo il lavoro, disturbi di sonno, astenia mattutina e livelli più alti di cortisolo salivare durante il tempo di lavoro rispetto agli impiegati senza sindrome da burn-out. Gli autori suggeriscono che la maggiore tendenza a somatizzare e gli elevati livelli di cortisolo potrebbero far parte dell’associazione che sta emergendo dagli studi empirici fra burn-out e rischio cardiovascolare. Nakamura et al hanno mostrato, in un gruppo di impiegati giapponesi, che esiste un’associazione significativa fra sindrome da burn-out e attività del sistema immunitario (numero ed attività delle cellule natural killer).
Infine, è da segnalare il prezioso lavoro di Naotaka Shinfuku: egli fu vittima del terremoto di Hanshin-Awaji nel 1995 poiché in quel momento si trovava nel suo studio presso la facoltà medica dell’Università di Kioto; e fu contemporaneamente anche osservatore delle reazioni proprie e delle altre persone al disastro. Egli ha annotato tutte le conseguenze fisiche e psicologiche a breve e lungo termine, insieme al ruolo di medici e psichiatri nel prestare assistenza immediata e di lungo periodo. Conclude il lavoro auspicando che i programmi per le vittime di un terremoto vengano co-gestiti da esperti della salute mentale, architetti, urbanisti ed economisti con progetti per nuove abitazioni, edilizia scolastica, possibilità occupazionali e formazione di gruppi e comunità di auto-aiuto assistite. E questo fa riflettere soprattutto noi italiani con i nostri prefabbricati in cui abitano ancora dopo anni le vittime del terremoto in Umbria del 1997.

Dr. Gerald M. Devins
Culture, Community, and Health Studies
Centre for Addiction and Mental Health (Clarke Division)
250 College Street
Toronto, Ontario
CANADA M5T 1R8
Phone: (416) 979 6905
Fax: (416) 979 4679
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