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JOURNAL OF PSYCHOSOMATIC RESEARCH - VOL. 49, N. 5 / 2000
Depression, fatigue, and functional disability in patients with chronic hepatitis C

M. M. Dwight, K. V. Kowdley, J. E. Russo, P. S. Chiechanowski, A. M. Larson, W. J. Katon


L’epatite da virus C è la causa più comune dell’epatite virale cronica. Si calcola che l’80% delle persone infette dal virus sviluppano epatite cronica C che e, di questi, il 20-30% evolve in cirrosi nel corso dei successivi 10-20 anni. Tenendo conto che l’epatite cronica da virus C è la maggior causa di malattie terminali del fegato (8-10.000 morti annue negli Stati Uniti) si può ben comprendere l’interesse per una malattia più letale delle patologie HIV-correlate. La terapia, oltre al trapianto di fegato, resta principalmente centrata sull’interferone ma i risultati sono ancora ben lontani dall’essere soddisfacenti. I pazienti con epatite C, inoltre, soprattutto se sottoposti a terapia con interferone, soffrono di molteplici disturbi sistemici, ansia, depressione, disfunzioni fisiche, sociali e lavorative.
In questo studio, nato dalla collaborazione fra le università della California e di Washington, gli autori hanno sottoposto a verifica l’ipotesi che la depressione giochi un ruolo principale e sia associata con sintomi di affaticamento, disabilità funzionale e sintomatologia da dolore funzionale (come cefalea e dolore lombare). I soggetti arruolati sono stati 50 pazienti con epatite cronica C a cui sono stati somministrati questionari per valutare la presenza di disturbi psichiatrici (NIHM Diagnostic Interview Scale, DIS), livello di affaticamento (MAF Fatigue Scale), funzionalità psicosociale (Medical Outcome Survey 36-item Short Form, SF-36) e livello di depressione (Beck Depression Inventory, BDI), oltre ai parametri epatologici di severità di malattia (ALT, AST, referti bioptici).
Un terzo dei pazienti hanno soddisfatto i criteri DIS per un disturbo depressivo attuale (ultimo mese) e poco meno della metà per un disturbo depressivo maggiore o distimico nel corso della vita. Suddividendo il campione in due sottogruppi con e senza depressione attuale, i pazienti depressi e non depressi non sono risultati significativamente differenti in nessun parametro di malattia epatica e nella severità di comorbilità organica, ma i pazienti depressi hanno riportato un numero significativamente maggiore di sintomi fisici funzionali. Alla regressione logistica multipla, dopo aver controllato le covariate di tipo demografico e di severità di malattia, il BDI è risultato altamente predittivo per il punteggio di affaticamento (la severità dei sintomi depressivi spiegava il 31% della varianza del punteggio MAF) e di funzionalità psicosociale (circa il 20% della varianza dello SF-36).
Il risultato generale è stato quindi che i disturbi depressivi non solo sono molto comuni nel campione di pazienti con epatite cronica C ma soprattutto che sono altamente associati allo stato di salute fisica generale (affaticamento e sintomi algici). In altre parole, il paziente con epatite cronica C è un paziente che ha molta probabilità di essere depresso e di vivere male la propria vita. Ciò ha un significato specifico, importante per chi gestisce clinicamente queste persone: chi hanno di fronte è un individuo che vive profondamente male la propria vita. Se a questo si aggiunge il fatto che ha circa il 70-80% di probabilità di non aver curato nulla ad un anno dalla sospensione di un trattamento medico così pesante e invalidante, si può ben capire che si tratta di un paziente particolare, il quale ha bisogno di spinte motivazionali importanti per superare il senso di malessere costante con cui sta vivendo la propria vita.
Da un punto di vista più teorico, il legame fra salute fisica e depressione in questi pazienti rappresenta un’ulteriore conferma di quanto trovato in altre patologie organiche. Infatti la depressione è risultata associata significativamente ad una esacerbazione dei sintomi fisici in malattie organiche acute (HIV-positivi e trauma cranico) e croniche (diabete e rettocolite ulcerosa). In uno studio seminale pubblicato oltre 10 anni fa su JAMA, Wells e colleghi trovarono in oltre 11.000 pazienti ambulatoriali che gli effetti di depressione e salute fisica erano additivi, con crescita direttamente proporzionale fra i due. 
L’associazione di depressione e epatite cronica C può esser spiegata in molti modi, anche se tutti tentativi e speculativi. E’ possibile che la depressione sia uno stato affettivo reattivo al fatto di avere una malattia grave e potenzialmente molto pericolosa. E’ anche possibile che comportamenti premorbosi indotti dalla depressione (uso di sostanze iniettate per via endovenosa, ad esempio) abbiano avuto un ruolo mediatore potentissimo nell’esito dell’infezione. Ma è anche possibile che l’infezione virale cronica produca cambiamenti dell’assetto immunitario che conduce a sua volta alla depressione. Le teorie sono, come dicevamo, speculative. Resta l’importanza clinica di studi come questo. Depressione e disfunzioni psicosociali sono comuni nei pazienti con epatite C ed i loro effetti tendono a sommarsi. Ciò implica che è quasi impossibile trattare con farmaci altamente aggressivi soggetti che stanno male (psicologicamente e fisicamente) sia per la malattia in sé che per gli effetti del trattamento se il progetto terapeutico complessivo non prevede figure professionali (psichiatri e psicologi) più o meno stabili a fianco del gastroenterologo. La depressione va trattata in questi pazienti; il malessere generale della propria vita va affrontato appropriatamente. La qualità dell’assistenza e della salute generale dei cittadini va tutelata a livello organizzativo pensando in modo un po’ più ampio rispetto ai criteri esclusivamente budgetari che oggi imperano nella cultura dominante delle politiche sanitarie.
 

Megan M. Dwight
UCLA/NPI Health Services Center
10920 Wilshire Boulevard, Suite 300
Los Angeles, CA 90024 (USA)

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