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PSYCHOMEDIA
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Rubrica Complessità Non-linearità e Psiche - Giugno 1999



"Le Scienze" n. 368 di aprile '99
Una passeggiata frattale a Wall Street
di Benoit B.Mandelbrot
(a cura di Gaetano Dell'Anna)

Coloro che considerano l'Economia un campo in cui dominano i processi matematici e statistici, hanno una ragione in più - ma non maggiori certezze - se B.B.Mandelbrot può affermare che la teoria dei frattali è in grado di giustificare i sobbalzi che inficiano le previsioni dei migliori esperti in materia di mercato e finanza. Naturalmente ogni processo che, promettendo desiderabili regolarità, si riveli occasionalmente e dannosamente inaffidabile, deve essere studiato con un impegno commisurato alla necessità di scoprire se vi siano regole che ne consentano il controllo.

Consiglio l'articolo a quanti abbiano un cauto riguardo della moda attuale Ð quasi una corsa all'oro - di indirizzare massicce fette di risparmio verso i titoli azionari.

Considera Mandelbrot che "i prezzi delle azioni quotate nei mercati finanziari subiscono spesso fluttuazioni repentine. Intere fortune nascono e si bruciano in improvvise fiammate di attività, in cui il mercato sembra subire un'improvvisa accelerazione.", tuttavia non vi è alcuna possibilità di prevedere in modo certo gli andamenti e le fluttuazioni; perfino con la teoria dei frattali si potrà, nella migliore delle ipotesi, formulare congetture solo più adeguate sui rischi di determinate operazioni.
Poichè lo Scienziato osserva, tra l'altro, che "secondo i classici modelli finanziari usati per gran parte del nostro secolo, questi eventi repentini non dovrebbero neppure prodursi.", e purtuttavia avvengono con una frequenza considerevole, io ritengo che tale fenomeno possa giustificare la diffidenza - come fosse un istinto di conservazione - di una parte dei risparmiatori nei riguardi del mercato mobiliare, mentre la spericolatezza di taluni investitori sembra rendere il "gioco in Borsa" analogo ad un gioco d'azzardo, e in questo lascio al lettore la scoperta di eventuali pertinenze di profilo psicologico.

La linearità, che contribuisce a rendere eleganti le formule risolutive di problemi anche molto complessi, secondo Mandelbrot, in economia non è un pregio, infatti la moderna teoria economica del portafoglio è viziata proprio di eccessiva linearità: essa "spiega quanto avviene nei mercati per il 95 per cento del tempo; ma, se si conviene che del 5 per cento rimanente fanno parte gli eventi più significativi, lo scenario che configura non rappresenta certo la realtà.".
Mandelbrot, considerato che a monte delle ampie oscillazioni di titoli e valute nel tempo esiste "un costante sottofondo di piccoli movimenti al rialzo e al ribasso, ma non così uniforme come ci si aspetterebbe se le variazioni seguissero la curva a campana" ritiene sia certo che piccole oscillazioni - compensate quasi sempre intorno a una curva normale gaussiana - in una minoranza apprezzabile di casi daranno luogo a sconfinamenti, i cosiddetti "picchi", per eventi di natura diversa, imprevedibili e perciò indesiderabili. E' un rischio allora attribuire affidabilità longitudinale a tali andamenti che, se seguono la distribuzione normale per la maggior parte del tempo, non danno alcuna garanzia che una variazione qualsiasi, di qualunque entità, sia compensata da un'inversione di tendenza in un termine prevedibile; fattori inattesi possono sempre provocare turbolenze e portare il mercato a nuovi livelli d'assestamento.

Nell'articolo si riscontra l'infondatezza della teoria economica del portafoglio dal fatto che "l'ampiezza dei movimenti dei prezzi (sia grandi sia piccoli) può rimanere grosso modo costante per un anno e poi, improvvisamente, ci può essere un lungo periodo di maggiore variabilità."; eppure "la probabilità di queste ampie fluttuazioni dovrebbe essere pressochè trascurabile. [É] Invece i picchi si presentano con una certa regolarità - anche una volta al mese - e la loro probabilità ammonta a qualche centesimo.". Sicchè, dato che un trascurabile picco economico può rappresentare passaggi di capitale per valori considerevoli, interrogativamente, e ironicamente, Mandelbrot sentenzia: "Si dovrebbero allora definire anormali i mercati finanziari? Naturalmente no: i mercati sono quelli che sono; è la teoria del portafoglio ad essere inadeguata.".
L'articolo sviluppa la tesi in modo esauriente e convincente, concludendo con la previsione della possibilità di elaborare un generatore frattale, basato sui dati storici del mercato, mediante il quale si potranno simulare scenari alternativi sulla base della precedente attività finanziaria. Questo consentirebbe di ottenere, se non previsioni, almeno stime della probabilità di ciò che potrebbe avvenire nel mercato, e di prepararsi agli eventuali cambiamenti.

A mio parere, è possibile che questa pur auspicabile realizzazione non riesca a ridurre sensibilmente la preoccupazione dei paesi più evoluti nei riguardi di un eventuale collasso dell'economia (a Wall Street non hanno certo dimenticato la primavera del 1929) perchè certamente non basterà un computer, per quanto complicato, a prevedere se, e quando, un evento qualsiasi darà inizio ad un'escalation verso la catastrofe.

Variazioni sul tema.

Non sono eventi esclusivamente economici quelli che influenzano l'economia; Benoit B.Mandelbrot è matematico e fisico, tuttavia il genere e la quantità di variabili di cui fa uso dà ragione di pensare che l'elemento umano abbia un posto di privilegio nelle sue considerazioni. E dire "umano" è solo un modo di dire psichico.
Non si può negare che l'umanità abbia realizzato un'organizzazione di complessità straordinaria e, proprio per questo, connotata da un'incertezza costante; perfino i sistemi sociali più evoluti e ordinati sembrano galleggiare come icebergs - sempre a rischio di dissolversi - in un mare ribollente di conflitti e di movimenti sociopolitici dovuti ad operazioni di micro e macroeconomia, nell'interazione continua di culture, ideologie, ideali, bisogni, desideri, grandi sogni e semplici punti di vista. Si tratta di scenari descrivibili, con gli strumenti della scienza, solo a posteriori, quando sia ormai trascorso il tempo della loro durata, e il rigore di tali descrizioni è solo in parte appannaggio della madre di ogni scienza, la matematica, e della sua discendente, la statistica.

Il desiderio molto umano di conoscere il futuro si rivela anche in quest'ansia di sapere se, e quanto, possiamo contare sulle nostre ordinate economie. Ci piacerebbe che tutto fosse pianificabile secondo i nostri desideri, eppure non possiamo rinunciare al fascino della variabilità, attraverso cui la realtà mostra i suoi aspetti più seducenti in virtù di deviazioni dalla norma spesso sorprendenti. La natura, che si evolve proprio grazie a tali deviazioni, si può affermare che "impara" in questo modo; anche noi che ci occupiamo di stati "anormali", al limite, del pensiero possiamo imparare moltissime cose, rischiando però altrettante frustrazioni come sanno dire certo meglio di me colleghi più esperti in psicopatologia.
Frustrazioni che non perdonano ai cultori delle scienze esatte che, già da tempo, si confrontano con i limiti delle teorie, vale a dire con fenomeni che, sfuggendo alle leggi generali, anche se non le rendono meno efficaci e funzionali rispetto alle necessità pratiche, tuttavia introducono elementi di discutibilità che delimitano le certezze conseguite dal ricercatore. Uno più uno fa sempre due ma solo a condizioni definite entro un ordine di fenomeni; e solo all'interno di quest'ordine è ammessa la previsione come derivata di una rigorosa e lineare teoria della causalità.

L'universo sembra organizzato secondo ordini interconnessi e interdipendenti come una struttura complicata nella quale l'uomo (un sistema che si definisce ordinato e capace di esaminare-esaminandosi) si direbbe destinato a contemplare tali ordini, uno dentro l'altro come in un disegno di Escher, cercando sempre il successivo, il precedente, l'adiacente, l'interno, l'esterno, senza che la ricerca abbia fine. Oggi si può affermare che, nel ricercare ossessivo dell'ordine ultimo, s'è superata una frontiera oltre la quale non si può parlare più di ordine, se non in senso stretto. Nel senso ampio, infatti, predomina il molto pregnante concetto di Caos: sulla direttrice verso l'infinitamente piccolo c'è una soglia oltre la quale il rapporto di causalità lineare è critico e i fenomeni possono avvenire senza un'evidente concatenazione di cause, o per circuiti causali strani in cui persino il tempo può essere distorto, fermato o invertito, e per quanto possa sembrare incredibile, si possono verificare effetti senza alcuna causa. Lo stesso sembra avvenire nell'infinitamente grande, lo spazio-tempo, l'universo, il cosmo. Il Big-Bang, ad esempio, non può aver avuto alcuna causa scatenante; è avvenuto e basta.
Rispetto a questi ordini estremi di fenomeni, la realtà pratica, concreta e quotidana appare confortante; eppure nella tranquillità dell'ordine al quale siamo abituati, episodi repentini di disordine, come veri e propri rigurgiti di caos, possono portare la crisi, distruggendo ricchezze ingenti e relazioni altrettanto preziose in apparati importanti fino ad essere vitali: come l'organizzazione di uno stato o di un'impresa, l'equilibrio di una persona o quella di una famiglia.

Ci sono analogie tra le organizzazioni di sistemi che pure appaiono distanti ed estranei l'uno all'altro. Per occuparsene tornano utili i concetti di autosomiglianza, autosimilarità e invarianza che ormai fanno parte delle conoscenze degli studiosi; per chi è meno introdotto, oppure gradisce modi più tradizionali di occuparsi di cose complesse e misteriose, c'è sempre la buona, vecchia, metafora che permette di narrare la realtà in modo allegorico e fantastico. In quest'ottica, considerando che l'umanità con la sua economia fa parte di un tutto ancora abbastanza incomprensibile, mi ricollego ad una mia recensione dell'anno scorso, qui in Psychomedia, "La struttura frattale dell'Universo", per concludere.

Quanto all'economia delle ricchezze, che sul pianeta sono distribuite senza alcuna regolarità, una mappa che descrivesse la densità di risorse fruibili da singoli individui somiglierebbe molto alla fotografia di una porzione di cielo notturno: una certa quantità di ricchezze evidenti come stelle di varia magnitudine, una quantità molto più grande di polvere irregolarmente sparsa in potenziali economici medi, piccoli e piccolissimi, vaste aree di povertà simili allo spazio vuoto. In questo quadro nuove stelle possono nascere dalla raccolta di piccoli capitali; come supernove, conflitti e calamità naturali possono causare la distruzione di grandi sistemi, ed è sconosciuta la reale entità delle somme che scompaiono nei buchi neri di posizioni debitorie incolmabili. Tutto quanto ben organizzato, in ammassi e galassie, per flussi costretti lungo orbite curvilinee dalla forza di gravitazione di colossali patrimoni, grandi istituti bancari, sistemi economici statali, multinazionali e trasversali.

La stessa metafora, se vogliamo, può servire anche a noi studiosi della psiche. Basta pensare alla sconfinata risorsa degli affetti prodotti dai popoli, e al modo speciale, economico, che ha di distribuirsi in forme articolate e frastagliate come nebulose celesti, per riconoscere le "Stars", personalità capaci di donare e accaparrarsi affetti, sentimenti e ideali di diverso spessore, tra una diffuse popolazioni di normali, medi e minuscoli produttori, risparmiatori e consumatori nell'ambito affettivo, e poi volumi immensi di vuoto egoismo e sterile conformismo. é in questo ambiente che nasceranno le sconosciute promesse delle generazioni nel dissiparsi, o implodere, di sistemi morali superati tra sofferenze e disadattamento su grandi scale; e qui ancora, in buchi neri di inesorabile psicosi individuale e collettiva, per la forza di poteri sconosciuti, sono inghiottite nelle voragini dei conflitti somme incomparabili di speranza e di passione. Tutto per i percorsi obbligati della gravitazione più o meno forte di ideologie, mode e culture.

Sono millenni che l'umanità osserva il cielo per trarne auspici.


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