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PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Disturbi della Comunicazione

La balbuzie primaria e la sua prevenzione*

di Jacqueline Bickel




La comparsa di fenomeni disfluenti nel parlare nella prima infanzia sono molto comuni. La maggior parte dei bambini li risolve spontaneamente, ma un piccolo numero di essi finisce coll’imboccare la strada che li farà comportare e diagnosticare come balbuzienti. La balbuzie è un disturbo noto fino dall’antichità e comune a quasi tutte le culture; molte persone che hanno lasciato un segno importante in campo letterario, artistico o scientifico sono state balbuzienti; resta tuttavia il fatto che raramente la condizione del balbuziente ha comportato condizioni di felicità personale.

La ricerca in questo campo ha raggiunto specialmente in questi ultimi anni dimensioni impressionanti, ma purtroppo le conoscenze sulle cause di questo fenomeno restano ancora avvolte dall’incertezza. Abbiamo a che fare ancora con ipotesi pi o meno interessanti, comunque alcune convinzioni sono state confermate da risultati statisticamente validi : una fra queste che la balbuzie pu essere prevenuta e in gran parte sconfitta durante la prima infanzia. La balbuzie non una malattia e neanche una condizione di invalidità permanente; tutti i balbuzienti sanno benissimo che gran parte delle loro espressioni parlate possono risultare fluenti. Non si tratta perci n di cura n di prevenzione nel senso classico del termine, bens soltanto di ridurre al minimo il rischio che un bambino sviluppi questa handicappante condizione.

Il nucleo di questa attività preventiva consiste nell’informare e guidare i genitori in modo da favorire al massimo nel loro bambino il normale sviluppo della parola parlata. I genitori riescono spontaneamente a favorire in modo ottimale l’emergere di due importanti capacità nel loro bambino : il cammino e la parola. In entrambi i casi il piccolo sostenuto e protetto fino alla realizzazione dei primi passi e alla comparsa delle prime parole. Poi, come l’evoluzione dell’attività motoria viene lasciata all’esercitazione autonoma del piccolo, cos anche la parola una volta comparsa viene affidata alla buona o cattiva sorte del suo sviluppo spontaneo. Ma la capacità di parlare non assolutamente assimilabile a quella di camminare. Quindi se del tutto corretto che i genitori, una volta messo in piedi il pargolo, abbandonino ogni cura specifica per quanto riguarda lo sviluppo motorio, non per nulla giusto che essi smettano di assumersi la grande responsabilità di guidare nel modo pi appropriato lo sviluppo del linguaggio nel loro bambino almeno fino all’ingresso in scuola elementare.

Dal momento della comparsa delle prime parole-frasi il processo evolutivo per il dominio dello strumento verbale infinitamente pi lungo e complesso di quanto normalmente non si pensi. Il bambino infatti nasce con due grandi capacità potenziali nella sua mente : la capacità di pensare, grazie alla quale svilupperà comportamenti sempre pi adattati, e la capacità di parlare o di codificare il proprio pensiero, grazie alla quale potrà imparare a svolgere sia usi sociali per agire sulle persone che li attorniano, sia usi cognitivi per apprendere e per riflettere, per fare ipotesi e per valutare in una parola per usare il pensiero logico.

La capacità di parlare non si riflette soltanto nella produzione di parole e frasi, ma comprende il collegamento mentale fra pensiero e linguaggio, la comprensione e l’espansione graduale del vocabolario e della sintassi, la rievocazione rapida di parole con l’altrettanto rapida attuazione di scelte organizzative all’interno di frasi e discorsi per una espressione corretta ed articolata dei propri pensieri. Il linguaggio è comprensibilmente legato oltre che all’evoluzione cognitiva del pensiero anche alla fiducia in sé e a tutti gli aspetti dell’intelligenza emotiva.

La realizzazione della parola parlata
La realizzazione della parola parlata resa possibile dalla simultanea azione di oltre un centinaio di muscoli fini, deputati al controllo ed utilizzo del fiato espiratorio, all’esecuzione e controllo dei movimenti delle corde vocali, alla continua modifica del tratto vocale soprastante la laringe, cio faringe, velo pendulo, lingua, guance, per ottenere le vocali, alla realizzazione delle chiusure articolatorie per la produzione delle consonanti, all’emissione sequenziale ordinata delle sillabe che rappresentano l’unità minima della parola parlata. Per realizzare questo complesso concerto di posture sequenziali per la realizzazione delle parole vengono chiamate in causa numerosissime coppie di muscoli agonisti e antagonisti, uno che contrae e sposta, l’altro che rilassa e riposiziona.

Nessuno quando parla si preoccupa di quello che deve fare con diaframma, corde vocali, muscoli articolatori per realizzare la parola, dato che la sua attenzione tutta concentrata su quello che vuole dire, cio sul pensiero, e sull’effetto che ottiene sul suo uditorio, cio sulla pragmatica della comunicazione. L’esecuzione dei movimenti necessari infatti possibile grazie alla presenza all’interno della corteccia cerebrale di un servomeccanismo connesso con i centri dell’ideazione e del linguaggio, che automaticamente li realizza. La complicata sequenza di posture articolatorie necessarie per la realizzazione del linguaggio parlato passa pertanto inosservata, salvo ripresentarsi in tutta la sua complessità quando per qualche accidente fisico interviene un’alterazione del servomeccanismo corticale. Nell’afasia motoria infatti il paziente pur sapendo cosa dire si trova impacciato a ritrovare il comando simultaneo di tutti i muscoli implicati.

Il servomeccanismo non altro che il centro di Broca, o centro motorio della parola, collocato in genere unilateralmente nel piede della seconda circonvoluzione frontale sinistra. In questo centro vengono registrati ed evocati automaticamente tutti i comandi da inviare alle cellule dell’area piramidale bilaterale che controlla i muscoli del tratto vocale. I comandi sono relativi al tono muscolare, alla velocità di emissione, ma anche alla realizzazione degli automatismi linguistici pi frequenti, come serie memorizzate (numeri, giorni della settimana, preghiere, interiezioni abituali) oltre alla realizzazione di sintagmi e frasi pi comuni nell’uso linguistico individuale.

Van Riper per primo, pur senza nominare specificamente tale centro, ha fatto l’ipotesi di un errore che possa annidarsi in un servomeccanismo, deputato alla facilitazione dell’espressione orale, come il principale responsabile dei fenomeni disfluenti. Tale errore è relativo al controllo dei due parametri di base : tono muscolare e velocità di emissione. Se vi eccesso di tensione infatti necessario un tempo maggiore per disinnescare l’antagonista, così pure comandi proposti a ritmo troppo veloce impediscono la regolare e fluida azione agonista-antagonista : se entrambi i muscoli ricevono contemporaneamente lo stesso comando a contrarsi si provoca inevitabilmente il blocco della parola. La comparsa dell’errore non sarebbe abituale, ma verrebbe attivata da particolari circostanze emotive. E’ noto infatti come le emozioni tendano a far aumentare il tono muscolare.

I bambini piccoli non possiedono ancora un centro di Broca, ma devono costruirlo a mano a mano che procede la loro abilità nel parlare. Se si fornisce loro un aiuto nello strutturare il proprio servomeccanismo con abitudini positive per quanto riguarda la parola parlata, sarà possibile impedire l’ingresso a errori nei comandi neuromuscolari. Questa ipotesi concilia anche le due teorie prevalenti per la causa della balbuzie : la teoria di una predisposizione genetica e quella del comportamento appreso indotto dall’ambiente.

La predisposizione genetica infatti tenderebbe a facilitare l’acquisizione di errori nel servomeccanismo, che solo se molto forti riuscirebbero a prevalere nonostante la messa in atto di mezzi preventivi. Il comportamento appreso giustificherebbe la comparsa di disfluenze anche in bambini senza alcuna storia di balbuzie per quanto si risalga nella storia familiare, ma semplicemente per le circostanze dovute ad un ambiente moderno permeato dal culto della velocità, se non si provvede a curare attentamente l’educazione linguistica nei primi anni, o quando in famiglia si risponda in modo negativo ai primi inceppi nel parlare. E’ invece facile ottenere buoni risultati con un’efficace prevenzione che aiuti i bambini a superare le iniziali difficoltà.

L’opera di prevenzione viene effettuata nei confronti dei genitori, sia che siano ipersensibilizzati per la consapevolezza di analoghi problemi in familiari e affini, sia che inizino a preoccuparsi per aver posto attenzione a primi episodi disfluenti, sia che semplicemente desiderino essere informati su come educare al meglio i loro figlioli. Essa consiste nei seguenti punti :
- fornire ai genitori informazioni corrette sulla natura del problema
- mantenere attorno ai bambini una serena atmosfera comunicativa
- migliorare il proprio ruolo di ascoltatori
- limitare lo stress ambientale e facilitare il controllo emotivo
- modellare ed espandere la competenza linguistica

Informazioni sulla natura del problema
Il principale motivo che tiene in ansia i genitori il pensiero che il loro bambino stia manifestando i sintomi di un fenomeno patologico. Naturalmente essi sono preoccupati soprattutto per la difficoltà a identificarlo, dato che per quanto riguarda la balbuzie circolano poche e contraddittorie informazioni. Una delle prime rassicurazioni deve vertere sul fatto che fino ad oggi non stata riscontrata alcuna apprezzabile diversità fra soggetti disfluenti e non : il loro figlio pertanto sicuramente pi che normale. Non serve tuttavia pretendere che il problema non esista e fare finta di nulla, non aiuta andare a cercare le cause in eventi esterni quali spaventi, nascita del fratellino o altri. Assolutamente controindicato dare al bambino consigli diretti, tipo: “smetti di balbettare, pensa prima di parlare, fai un respiro profondo...”

Si sa che in genere, anche se non sempre, le disfluenze iniziano fra i due e i tre anni con intercisioni e ripetizioni occasionali intramezzate da molto linguaggio fluente anche per lunghi periodi. Questi sintomi si producono gradualmente, anche se rari casi manifestano inizi bruschi, e in genere all’inizio il bambino non manifesta mai reazioni emotive alla propria disfluenza. La ricerca più recente sta mettendo in relazione lo sviluppo della competenza linguistica con la comparsa delle disfluenze primarie infantili, soprattutto in relazione alle abilità cognitive, in genere assai buone, e al desiderio di emergere, di stupire, di affermarsi.

Il bambino del periodo preoperatorio sottoposto ad una crescita intensa e non sempre armonica in vari campi : neuromotorio, cognitivo, emotivo. Le prime due aree sono sollecitate dall’attività e dagli interessi individuali, la terza in parte legata a caratteri di personalità; tutte e tre contribuiscono alla costruzione di una rete di pensieri interconnessi che possiamo individuare come mappa cognitivo - emotiva, legata in larga parte al vissuto individuale, che in bambini ben dotati intellettivamente tende a presentarsi ricca e ben articolata. Allo sviluppo linguistico invece, corrisponde all’interno della mente una seconda mappa verbale, collegata alla prima, ma pi tardiva e lenta nella sua costituzione che consente l’organizzazione delle conoscenze e sottende il pensiero logico.

I bambini tollerano naturalmente uno squilibrio fra mappa cognitiva e linguistica, che è di per s la norma; ma quando si forma uno squilibrio eccessivo fra pensiero troppo ricco e articolato e il linguaggio che serve a codificarlo, in presenza di grande sensibilità e desiderio di esibire le proprie capacità, essi si possono trovare di fronte a improvvise lacune e difficoltà per codificare con parole e frasi tutto ci che vorrebbero dire. La ricerca affannosa di termini, che non sono disponibili o facilmente evocabili, senza abbandonare il ruolo comunicativo pu provocare qualche iniziale esitazione o ripetizione.

Si tenga ben presente che non si tratta di una carenza linguistica in rapporto alla norma, anzi spesso il bambino che mostra iniziali disfluenze pu presentare anche un lessico o una padronanza sintattica superiore ai coetanei, bens di una disarmonia relativa fra il suo pensiero molto ricco, sotteso dal desiderio di esprimersi ad ogni costo, e dell’insufficiente disponibilità del suo patrimonio verbale per potersi esprimere compiutamente e con la massima scioltezza.

Una volta presentate le prime disfluenze tutto dipende da come saranno accolte in ambito familiare. Molti genitori non ci fanno caso, e il bambino rientrerà nel gruppo di quelli che supereranno il fenomeno da soli. Ma se le disfluenze sono particolarmente vistose per una maggiore predisposizione del bambino stesso, oppure se esiste nella famiglia una storia di altre persone balbuzienti, almeno uno dei genitori inizierà a porvi costante attenzione. Ecco che allora potrà inevitabilmente scatenarsi un circolo vizioso : il genitore inizia a preoccuparsi e tenta come pu di fornire consigli al figlio per porre rimedio all’inconveniente, senza accorgersi che con il suo atteggiamento ansioso o con il cambio di argomento finisce per turbare la tranquilla atmosfera comunicativa, indispensabile perch il linguaggio abbia modo di espandersi e crescere.

D’altra parte il bambino, che col cambio di argomento o con l’interlocutore preoccupato riceve un rinforzo negativo ai suoi tentativi di comunicazione, finisce a sua volta coll’agitarsi al momento di dover parlare, a ridurre le occasioni per parlare, aumentando ancora il dislivello fra pensiero e linguaggio e la probabilità di incorrere in ulteriori disfluenze, e cos via. Ecco come dalla disarmonia fisiologica e passeggera fra pensiero e linguaggio, alla quale del tutto comprensibile che un genitore premuroso ma non adeguatamente informato possa rispondere in modo sostanzialmente errato, si finisce coll’introdurre errori di tensione (per l’ansia) e di eccesso di velocità (per il desiderio di fuga) nell’ambito del servomeccanismo in formazione, dando origine e stabilità al fenomeno disfluente.

Dato che ci si trova di fronte a genitori sensibili e pronti ad aiutare il proprio figlio opportuno, dopo aver chiarito la natura e la genesi del disturbo, passare a fornire dei suggerimenti positivi, in grado di aiutare la regressione del sintomo disfluente, in modo da cancellarlo e non farlo fissare nel servomeccanismo in via di formazione.

Mantenere una serena atmosfera comunicativa
La comparsa di fenomeni disfluenti nel bambino piccolo legata innanzitutto a caratteristiche negative nella situazione comunicativa: Nelson (1995) sottolinea l’importanza di discutere ampiamente con i genitori le situazioni in cui il loro bambino appaia pi fluente o disfluente, in modo da arrivare ad individuare quegli elementi ai quali il piccolo si dimostri particolarmente sensibile.

E’ di fondamentale importanza commentare con i genitori i diversi aspetti dell’atto comunicativo che influenzano maggiormente la fluidità dell’eloquio e in modo da modificare specificamente quelli che interessano. Tali aspetti sono :
1. l’intenzione comunicativa : per attirare l’attenzione, per regolare le azioni altrui, chiedere autorizzazioni, ottenere informazioni, commentare, spiegare, raccontare...
2. la competizione con gli adulti stessi o con fratelli per parlare o per essere ascoltati
3. la distanza nel tempo o nello spazio di ciò di cui si parla
4. il grado di astrazione dell’argomento
5. la complessità del linguaggio ascoltato o che richieda formulazione
6. il livello di eccitazione del bambino o della situazione

La combinazione di pi elementi sopraelencati contribuisce a creare il grado di stress comunicativo. Ogni bambino mostra gradi diversi di tolleranza verso lo stress comunicativo in genere o i singoli elementi che lo compongono, anche in relazione a specifiche esperienze vissute in precedenza.

I genitori non pongono particolare attenzione a come si propongono nella relazione comunicativa con i loro figli e pu succedere che eccedano senza volerlo nel voler dirigere o controllare eccessivamente il comportamento locutorio del figlio, usando frasi complesse nel lessico o nella sintassi, con produzione verbale troppo rapida, oppure abbondino in spiegazioni solo verbali o in domande su avvenimenti passati o futuri, o richiedano al piccolo di fornire improbabili valutazioni. Spesso anche possono sollecitare espressioni verbali non spontanee, tipo :”Saluta la signora...fai sentire la poesia...” per i quali il bambino non al momento disposto o in genere riluttante.

In tutte queste circostanze si parla al bambino, senza tenere conto del possibile aumento dello stress comunicativo cui pu trovarsi sottoposto. Invece la regola principale per mantenere la comunicazione ad un livello di gradevole serenità, eliminando qualsiasi elemento di stress, di parlare con il bambino, ponendosi al suo livello di pensiero e di emozione, modellando per lui schemi di linguaggio semplice, ripetitivo, legato al concreto e al qui e ora.

Migliorare il proprio ruolo di ascoltatore
Parlare con il bambino significa anche e soprattutto saperlo ascoltare. Nella ridda di cose da fare in una società moderna normale che spesso l’ascolto dei genitori risulti distratto, superficiale, non particolarmente interessato. Gli adulti sono a loro volta stanchi e stressati, e pu capitare che molte volte il bambino venga interrotto o lo si frustri cambiando improvvisamente argomento. Saperlo ascoltare significa fargli capire implicitamente che egli è per noi un interlocutore prezioso, che abbiamo tempo da dedicargli perch stare insieme altrettanto importante per noi come lo per lui.

I bambini vogliono l’attenzione degli adulti significativi, la vogliono completa e totale. Non hanno ancora imparato ad aspettare il loro turno. Non sanno ancora mettersi nei panni degli altri, quindi non riescono neanche ad immaginare che il papà o la mamma siano stanchi, irritati, non proprio disposti al momento ad ascoltarli. E’ abbastanza comune che quando cercano in ogni modo di farsi ascoltare finiscano per ripetere o incespicare nelle parole. A volte basta un sorriso, fissarlo negli occhi con attenzione, annuire con un minimo di intenzione per far scomparire le disfluenze.


Limitare lo stress ambientale e facilitare il controllo emotivo
A partire dai tre anni, quando deve affrontare il compito di espandere lessico, sintassi, usi del linguaggio, il bambino si trova sottoposto a continue pressioni anche sul piano educativo generale : deve ricordarsi e fare proprie regole relative a come comportarsi a tavola, con gli ospiti, quando il babbo rientra stanco la sera. Deve inoltre controllare e segnalare per tempo i bisogni fisiologici e adattarsi ad andare a letto quando lo decidono i grandi. Alcuni genitori possono essere particolarmente esigenti a questo proposito senza rendersi conto del peso che il continuo confronto con regole e divieti pu richiedere al piccolo.

Inoltre se vi sono in famiglia altri bambini, bisogna considerare che questa presenza non ha solo valenze sicuramente positive, ma anche qualche contropartita. Infatti fratelli e sorelle sono in continua implicita competizione fra loro per l’attenzione dei genitori; inoltre se i fratelli sono maggiori per età spesso lasciano meno spazio al pi piccolo per quanto riguarda il parlare.

Infine i genitori devono considerare di che tipo siano e in che misura incidano i loro interventi correttivi : sono troppo frequenti? avvengono a voce troppo alta e minacciosa? preannunciano la drastica rottura del rapporto affettivo? Ridurre in qualche modo l’eccesso di stress ambientale, che tende a creare nel piccolo atteggiamenti di continua allerta con ovvio aumento del tono muscolare generale, pu essere talvolta la risposta sufficiente a riportare al giusto grado di serenità l’atmosfera comunicativa, e far diminuire notevolmente gli episodi disfluenti.

Modellare ed espandere la competenza linguistica
E’ importante imparare a differenziare quando le disfluenze stanno ad indicare un forte bisogno di ascolto da quando esse sono un segnale di difficoltà a organizzare i propri pensieri per esprimerli in un discorso. I bambini che manifestano iniziali disfluenze sono in generale bambini molto intelligenti, capaci di fare crescere di continuo la loro mappa episodica ricca di interessanti percezioni ed emozioni. Spesso lavorano attivamente da soli, quindi i loro pensieri lievitano mentre la loro mappa verbale tende a restare in relativo ritardo. In realtà essi possono apparire anche meglio equipaggiati linguisticamente dei loro coetanei, tuttavia il rapporto fra la ricchezza del loro pensiero e la relativa indisponibilità della codifica verbale che appare inadeguato.

I bambini attorno ai tre anni presentano un incredibile aumento del vocabolario, paragonabile solo a quello che avranno verso i sei, al momento del loro ingresso nella scuola elementare. L’aumento del vocabolario che si verifica in questi due periodi non sarà mai eguagliato in nessuna altra epoca della loro vita. Inoltre verso i tre anni iniziano a cimentarsi con i problemi della sintassi. Non deve quindi meravigliare il fatto che possano trovare qualche difficoltà al momento di rievocare la parola giusta o di organizzare in frasi il loro pensiero.

I genitori sono guide eccellenti per condurre il bambino a pronunciare le prime parole, come lo sono del resto per condurlo a muovere i primi passi. Ma dal momento in cui il piccolo inizia a trotterellare da solo o a cinguettare con le prime parole frasi, abbandonano tranquillamente questi due fondamentali compiti. Se per il cammino non vi sono problemi, non la stessa cosa per la parola. I bambini devono essere guidati ad espandere gradualmente lessico e sintassi, oltre ad impadronirsi della maggior parte degli usi del linguaggio, da quelli sociali per agire, a quelli cognitivi per riflettere. E se la lingua resta ancora a lungo per loro la cosa sconosciuta, da apprendere, indispensabile che essa venga costantemente riferita a quello che i bambini già conoscono bene, ai loro pensieri, che possono essere apprezzati osservando quello che sanno fare, attraverso la crescente conquista di autonomie personali e domestiche.

Quando il bambino mostra le prime esitazioni o ripetizioni segnala una lacuna nel vocabolario o nella sintassi necessaria a codificare il suo pensiero. E’ ovvio che pi il bambino sarà intelligente e ricco in pensieri complessi, pi difficile potrà essere l’evocazione del linguaggio appropriato, soprattutto se il bambino avr un carattere estroverso desideroso di comunicare e di esibirsi di fronte ai suoi interlocutori.

I genitori sanno che bisogna parlare molto con i propri figli per migliorare le loro capacit espressive, per non viene loro detto quale sia il linguaggio utile a tale scopo. Cos magari parlano di come stata divertente la gita al mare del giorno prima, o di quando andranno al circo fra due giorni, del fratellino che sta per nascere o di quanto vuole bene loro la mamma, raccontano loro la storia di Cappuccetto rosso o spiegano con dovizia di particolari l’impresa degli astronauti riferita poco prima dalla TV. In ogni caso, parlando al passato, al futuro o di cose comunque non presenti, vengono svolte importantissime funzioni sul piano psicologico e relazionale e non si vuole per questo criticarle o bandirle, solo che purtroppo quel tipo di linguaggio non pu colmare le lacune fra i pensieri del bambino e la disponibilit della loro codifica verbale.

Per dare al bambino il linguaggio utile a questo preciso scopo, e fare s che la stringa verbale si colleghi saldamente ai suoi pensieri, necessario che questi vengano attivati contemporaneamente al linguaggio che ascolta. E’ pertanto indispensabile che si parli al bambino mentre agisce direttamente, e quindi attiva i suoi pensieri al riguardo, commentando verbalmente le sue azioni, i particolari percettivi degli oggetti che manipola, i sentimenti di sforzo, fatica, piacere che sta provando, proprio mentre li prova. Questa attività di commento o telecronaca continua non è molto utilizzata dai genitori, o quando viene usata lo si fa con molta parsimonia evitando le ripetizioni, mentre sono invece le ripetizioni che facilitano l’organizzazione della mappa verbale infantile in continua espansione, per una completa e rapida disponibilit evocativa al momento del bisogno.

E di che cosa si deve parlare? Soprattutto degli argomenti attorno ai quali il bambino ha un maggior numero di pensieri e di conseguenza presenta maggiore autonomia, in genere sulle cose che fa da pi tempo e che sa fare meglio da solo : prima fra tutte la competenza alimentare, attivit che il piccolo svolge da quando nato, e ripete regolarmente più volte al giorno. E’ incredibile la quantit di concetti dalla forma al colore, allo spazio, al numero, che possibile insegnare a codificare, semplicemente commentando con interesse quello che il bambino in grado di fare da solo mentre mangia, o mentre aiuta in piccole faccende in cucina. Altri argomenti sono le attivit di cura della persona al bagno, o durante l’abbigliamento, oltre a tutte le piccole attivit di riordino domestico in cui facile coinvolgere il bambino piccolo.

Il commento continuo e ripetuto andr fatto usando frasi semplici e brevi, che si riferiscano sempre a particolari percettivi, sottolineando gli aspetti positivi dell’azione infantile ed ignorando quelli negativi, parlando lentamente, con voce tranquilla ma con enfasi sulle parole o sui sintagmi pi nuovi e salienti, come quando si raccontano le storie. Si dovranno inoltre lasciare brevi spazi di pausa per consentire al bambino stesso di inserirsi con un commento proprio o di ripetere quello che ha appena ascoltato.

Il ripetersi quotidiano di queste attivit dà naturalmente l’occasione di ripetere spesso le stesse semplici frasi, ma anche di introdurre senza sforzi programmatici sinonimi, contrari, modi di dire equivalenti. Il linguaggio ha cos modo di espandersi e crescere con ordine, mentre nello stesso tempo crescer anche l’autonomia del bambino, cosa che equivale a dotarlo da un lato di una sempre maggiore articolazione dei propri pensieri, e dall’altro dei due principali prerequisiti per il futuro successo scolastico : l’autonomia pratica, quale diretto precursore dell’autonomia logica, e un ricco repertorio di conoscenze sul mondo ben codificate verbalmente e quindi facilmente evocabili
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Qualsiasi errore formale nelle espressioni infantili, sia fonologico come errore di pronuncia, lessicale, come scelta della parola pi corretta o appropriata, sintattico come l’uso di preposizioni, congiunzioni, tempi dei verbi ecc., sia come esitazioni o ripetizioni estemporanee andr corretto, ma solo in modo indiretto. Si tratta cio di riprendere la frase appena pronunciata dal bambino e riproporla debitamente corretta, iniziando anche con una espressione di apprezzamento “S, bravo, proprio un..., davvero..., certamente...”

Iniziando con un “No, si dice cos..., ripeti...,” ecc. il bambino smette addirittura di ascoltare, perch a nessuno piace di essere confrontato con i propri errori, mentre tutti sono felici di riascoltare il proprio interessante contributo alla conversazione. E poich la correzione del linguaggio può essere fatta soltanto attraverso l’ascolto, non vi dubbio che solo la correzione indiretta rappresenta un elemento positivo.

Con questi suggerimenti la maggior parte delle disfluenze infantili che si presentino entro i sette anni circa di et possono tranquillamente essere gestite dai familiari e completamente cancellate. Se qualche bambino presentasse una sintomatologia particolarmente difficile a regredire o se il soggetto è pi grandicello e oramai l’errore ha finito coll’annidarsi nel servomeccanismo, va ricordato che non vi alcun bisogno di ignorare un problema che certamente viene percepito dal bambino; anzi fare finta di nulla finisce con aggravarlo ulteriormente.

I genitori sottolineano senza parsimonia quando il bambino sbaglia, fa confusione, ha le mani sporche o gli abiti spiegazzati; perch ignorano le espressioni disfluenti? Dopo tutto essi sono abili e pronti a medicare ferite, a curare mali di pancia o a riparare giocattoli rotti; perch non si preoccupano per niente di accomodare anche gli inceppi nel parlare? In casa non se ne parla, ma le espressioni preoccupate, il semplice sollevarsi di un sopracciglio non possono essere facilmente posti sotto controllo, ed questo silenzio, chiaramente individuabile e ben individuato dal bambino intelligente, a connotare di tab tutto il fenomeno disfluente.

Molto pi efficace affrontare con calma il problema. Un commento tranquillo, come : “Sì, a volte difficile esprimersi a parole, ma non sar sempre cos. Ci sono persone che possono aiutarti. Ho gi preso un appuntamento”. Specialisti e genitori possono infatti ulteriormente intervenire per limitare i danni causati dalla disfluenza ed soprattutto evitare il suo aggravarsi nel tempo, secondo le linee illustrate nella parte centrale di questo libro.

Bibliografia:
AA.VV. If your child stutters. A guide for parents. Speech Foundation of America. Publication N°11 (second revised ed.) Memphis, Tennessee, 1987
Bickel J. Il bambino con problemi di linguaggio. Diagnosi, intervento, prevenzione a casa e a scuola. Belforte, Livorno, 1989
Nelson L. Language Formulation Related to Disfluency and Stuttering. In : Stuttering Therapy, Prevention and Intervention with Children, Stuttering Foundation of America, Publication N20 (6th ed), Memphis, Tennessee,1995
Van Riper C. The nature of stuttering. Prentice-Hall, Englewood Cliffs N.J., 1971


*Questo lavoro incluso nel libro di Francesco Bellelli sull’universo balbuzie di prossima pubblicazione


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