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PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Handicap Fisici e Ritardo Mentale


Psicologia e handicap: una proposta operativa nell'ambito di un centro di riabilitazione

Dott. Stefano Angelini, Psicologo Ist. Don Orione di Roma


La costituzione di un servizio di psicologia all'interno di un centro di riabilitazione è frutto di un complesso processo di rinnovamento e ridefinizione del concetto stesso di rieducazione, ad iniziare dalla complementarietà delle diverse figure professionali, dai rispettivi ruoli interpretate dalle stesse nel trattamento delle varie patologie, negli obiettivi che si intendono acquisire.

In un passato non troppo remoto, la figura professionale dello psicologo all'interno di un centro di riabilitazione, risultava estremamente marginale, oscurata e ridimensionata o, ancora peggio, in alcuni casi, messa in contrapposizione a quella del medico, altre volte più semplicemente confusa con le competenze ed il ruolo stesso dell'assistente sociale.

In ogni caso, al di là delle conquiste metodologiche ed epistemologiche che l'attuale disciplina psicologica ha saputo aggiudicarsi, la considerazione della stessa come parte dell'intero percorso riabilitativo si è compiuto in maniera naturale, spontaneamente, senza dare adito ad accese conflittualità teoriche o rivendicazioni di sorta da parte di altre professionalità. D'altra parte il divenire stesso degli strumenti e delle opportunità nel rieducare, adattare, ci ha suggerito senza ombra di dubbio che un approccio rigidamente meccanicistico, strettamente ancorato a strategie ed a concezioni tecniche con modalità di funzionamento gerarchico-verticale, debbono lasciare il giusto spazio a tutte quelle variabili intersoggettive che, una volta individuate, completano e danno maggior spessore e significato al riabilitare.

Tutto ciò è accaduto in diversi centri, dove la multidisciplinarietà dell'approccio operativo ha dato l'avvio alla costituzione di una equipe psico-medica che supervisiona, coordina, ma soprattutto collabora con gli altri operatori, stabilendo una circolarità delle idee e dei progetti, per incrementare la qualità delle prestazioni e conseguentemente le reali possibilità di recupero delle potenzialità dei pazienti. D'altra parte il mutamento delle necessità territoriali, dettate dalle esigenze di utenze diverse proprio per l'enorme richiesta di accoglienza di soggetti portatori di handicaps psichici, sintetizza lo sforzo maggiore che i centri di riabilitazione hanno dovuto compiere per adeguare le proprie strutture e ridisegnare in qualche misura le competenze e le motivazioni stesse degli operatori. Questi ultimi soprattutto dovrebbero sentirsi coinvolti in prima persona cercando di istituire un clima accogliente, non asettico o peggio ancora rigidamente strutturato. Una valida rete di supporto relazionale, in grado di sostenere e contenere il disagio psicologico dell'utente e la sofferta impotenza della famiglia, che sempre più spesso non è più in grado di fungere da surrogato alle carenze istituzionali......."Al di fuori della famiglia, c'è assai spesso, e c'è stata per il passato, l'istituzione la quale tende inevitabilmente a riprodurre al suo interno gli stessi schemi della famiglia nucleare, lo stesso approccio di tipo pedagogico anzichè psicologico ai bisogni ed ai conflitti.............(*)

Come consulente psicologo di un centro di riabilitazione operante nel territorio romano, ho sempre curato tali aspetti, organizzando degli incontri mensili con gli educatori, gli assistenti i volontari e gli obiettori di coscienza per esaminare la situazione del reparto, prima in generale per poi spostare l'attenzione sui singoli casi . Questi spazi organizzati di confronto risultano fondamentali per rafforzare la convinzione circa la centralità dei bisogni del singolo paziente al di là delle problematiche derivanti dal proprio handicap. Successivamente per mantenere ed incrementare la rete interattiva all'interno della comunità vengono programmati degli incontri gestiti in maniera autonoma dagli utenti stessi, con all'ordine del giorno le varie problematiche della realtà quotidiana della vita in istituto. Anche la componente ambientale, suddivisa nei vari ambiti, deve raccordarsi alle esigenze del gruppo, sia dal punto di vista funzionale che terapeutico, come la creazione di alcune sale hobbyes, una biblioteca informatizzata, una sala di didattica, la redazione di un giornale interno ed una officina per la manutenzione delle carrozzine.

Proposte:

  1. Strutturazione di un progetto per il recupero dei prerequisiti didattici di base ed aspetti comportamentali adeguati ai processi di adattamento ambientale immediato in un gruppo di soggetti con deficit motori e lieve-medio ritardo mentale

Una delle motivazioni principali che ha dato l'avvio alla strutturazione del progetto è nata dalla volontà di verificare le numerose ipotesi che, nel corso del tempo, avevo costruito di concerto con il reparto di logopedia e psicomotricità, circa le potenziali capacità di apprendimento ed incremento del quoziente di adattamento, osservando e valutando i soggetti presi in esame. Il primo corso è iniziato circa tre anni fa, prendendo in esame un piccolo gruppo costituito da cinque soggetti, portatori di deficit motori di varia eziologia ed un ritardo mentale di tipo medio-lieve. L'età media era di venticinque anni, tre hanno subito lunghi periodi di istituzionalizzazione, gli altri due solo una frequentazione diurna o ambulatoriale in centri di riabilitazione.

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(*) E. Montobbio,S. Casapietra "Handicap e famiglia" Edizioni Del Cerro Tirrenia (PI) 1982 pag.18

La scolarizzazione veniva vissuta come una esperienza remota, senza particolari valenze emozionali. Quattro dei soggetti del gruppo presentavano una organizzazione cognitiva piuttosto deficitaria con la quasi assenza di prerequisiti didattici, solo uno mostrava alcune competenze di base; nell'insieme il quadro dell'adattamento comportamentale alla nuova realtà didattica estremamente complesso. Il setting riproduceva un aula, con le consuete suppellettili, rituali, orari, modalità delle figure di riferimento (insegnanti, personale non docente) con la possibilità di dinamicizzare l'aspetto relazionale. La programmazione è stata individualizzata ed attuata secondo tempi e metodiche stabilite solo dopo la lettura di apposite griglie di rilevamento .L'aspetto valutativo doveva tener conto delle numerose variabili che ostacolavano i seppur scarsi processi di apprendimento e, almeno in un primo momento, definibile come fase sperimentale, si sono utilizzate delle pagelle con giudizi e giudizi finali in modo che i soggetti potessero ripercorrere in qualche misura l'esperienza di confronto diretto con le proprie motivazioni, attraverso la risposta agli stimoli proposti. Si è potuto osservare anche un coinvolgimento ed una crescente attenzione da parte delle famiglie, oltre alla presenza di numerosi aspetti ludici vissuti con entusiasmo e spontaneità.

Tutta la metodologia di intervento si rifà ad assunti teorici di natura cognitivo-comportamentale, utilizzando tecniche come la Token economy per stabilizzare le sequenze comportamentali adeguate, la costruzione e l'utilizzo del materiale didattico. L'Analisi del compito e il Costo della risposta per rinforzare particolari anelli comportamentali ed abilità cognitive acquisite. Il Role play per la gestione delle principali dinamiche gruppali.

Gli obiettivi a breve termine comprendevano una più attenta ridefinizione dei prerequisiti didattici dei singoli, lo sviluppo e l'analisi della funzione del gruppo, nel miglioramento e nell'incremento della qualità e quantità della comunicazione verbale e non, modificazione positiva di tutte quelle componenti relative al quoziente di adattamento. A medio termine avvio di un primo percorso di scolarizzazione, con la possibilità di sviluppo ed applicazione di una programmazione individuale. Come obiettivo a lungo termine, dopo una attenta verifica delle ipotesi di partenza, la diffusione del progetto in altri ambiti operativi similari, suddividendo inizialmente le classi (i gruppi) in base al livello di performance evidenziato. Inoltre utilizzo degli strumenti valutativi, ottenibili con l'impiego di strumenti quali chek list globali come il L. A. P. e l'A. B. I. ed i disegni sperimentali su soggetti singoli del tipo A-B-A per testare i livelli di apprendimento raggiunti .

  1. Ipotesi di lavoro sulle dinamiche di gruppo

Al di là dell'impegno sugli aspetti cognitivi, ho ritenuto opportuno ampliare il mio impegno professionale costituendo e gestendo una seppur minima dinamica gruppale. In effetti si trattava di una semplice ipotesi operativa piuttosto complessa sotto il profilo teorico ed applicativo. Si sarebbero dovuti osservare e rielaborare particolari vissuti dei singoli soggetti, contenerne gli aspetti frustranti; in altre parole si trattava di esplorare, con tutte le variabili intervenienti del caso, quegli elementi astratti e simbolici emergenti all'interno della realtà del gruppo, tenendo presente il grado di ritardo mentale medio-lieve ed i deficit cognitivi, il quadro comportamentale globale, i ruoli e le modalità di comunicazione che i soggetti assumevano all'interno del contesto. La prima fase consisteva nella possibilità di incrementare la motivazione a stare, sino ad acquisire una, seppur minima, identità di gruppo. Questa potrebbe rappresentare una sorta di evoluzione del progetto didattico di cui sopra, avvenuta come ricerca di spazi alternativi per valutare ed analizzare le capacità introspettive ed emozionali dei soggetti in questione, superando le solite definizioni proprie del pensiero del disabile mentale, come l'incapacità di rappresentarsi mentalmente in un'azione ed il suo opposto, la cosidetta irreversibilità del pensiero. O ancora la concretezza, la scarsa capacità di pianificare e prevedere oltre i propri sensi, generando una sorta di attività creativa ed immaginativa. Le dinamiche gruppali intendono, per mezzo di stimoli adeguati, sollecitare tutte le opportunità di rielaborazione ed analisi. Tenendo presenti i risultati ottenuti sino ad oggi, considerando non ancora ultimato il processo di verifica delle ipotesi di partenza, è possibile affermare che le scarse opportunità di scambio ed interazione o, nei casi più gravi, di semplica attuazione di una strategia di comunicazione, limita lo strutturarsi di modalità espressive compensatrici, elementi cardine di ogni progetto riabilitativo globale. Il gruppo (che è rappresentato dagli stessi elementi dell'esperienza didattica) si riunisce tre volte alla settimana all'interno di uno spazio alternativo a quello scolastico, costituendo quindi un vero e proprio setting, dando spazio al confronto diretto su tematiche in seguito autogestite con processi di animazione. Il ruolo dell'operatore consiste unicamente nel raccogliere le varie proposte e riproporle al gruppo sotto una forma più organizzata ed omogenea per poi dare l'imput vero e proprio alle istanze da dinamicizzare. Nell'analizzare ed interpretare i vissuti e gli aspetti emozionali che i singoli soggetti hanno fatto emergere si individuano chiaramente dei notevoli limiti legati ai contenuti ed all'organizzazione del materiale, disagi senza dubbio riconducibili agli aspetti deficitari delle componenti cognitive . Il lavoro del gruppo ha consentito in ogni caso di raccogliere dati ed effettuare osservazioni estremamente interessanti che inducono a credere alla possibilità dell'esistenza di vie collaterali, ancora tutte da dimostrare sotto il profilo teorico ed applicativo, capaci di condurre soggetti con deficit mentali di lieve-medio livello oltre le rigide classificazioni ed obiettivi legati saldamente al cosidetto pensiero concreto di piagettiana memoria.

Stefano Angelini


Note bibliografiche
  1. "Strutturazione di un progetto per il recupero dei prerequisiti didattici di base ed aspetti comportamentali adeguati ai processi di adattamento ambientale immediato, in un gruppo di soggetti con deficit motori e lieve-medio ritardo mentale"

Dr.Stefano Angelini, consulente psicologo "Centro Don Orione" di Roma

in Atti del XV^convegno di neurologia dell'età evolutiva

Roma,25-27 novembre 1994 - Dipartimento di scienze neurologiche e psichiatriche dell'età evolutiva- Università "La Sapienza" Roma .

  1. "L.A.P." A.R. Sanford-J.J.Zelman .Edizioni Erikson (TN) 1987
  1. "A.B.I." l. Brown-J.E. Leigh. Edizioni Erikson (T N) 1987
  1. R. Shakespeare "Psicologia dell'handicap" Edizioni Zanichelli (BO) 1979

e) P.Meazzini "Trattato teorico e pratico di terapia e modificazione del comportamento" Edizioni Erip (PN) 1984


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