PM --> H P ITA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> NUOVE DIPENDENZE

PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Nuove Dipendenze



Quando il gioco diventa un problema

di Paolo G. Zucconi*



Comprare biglietti della lotteria, gratta e vinci, scommettere ai cavalli, giocare al lotto, la schedina o dedicarsi ai tanto vituperati videopokers e ai numerosi giochi profusamente offerti dai casinos sono varie forme in cui si manifesta quella che il senso comune considera un passatempo o un'abitudine sociale, come il bere alcolici, fumare, guardare la televisione e, se vogliamo, anche navigare in Internet o dedicarsi ad evasioni sessuali fuori dalla coppia. Ma fino a che punto questi comportamenti rimangono socialmente accettabili e adattivi e quando tali comportamenti possono diventare, invece, problematici?
Solitamente la differenza tra l’abitudine sociale, o semplice passatempo gratificante, ed il problema psicologico, dipende dalla frequenza, dalla durata e dall’intensità con cui questi comportamenti vengono agiti e dall'incidenza delle loro conseguenze nocive in ambito organico, psicologico o sociale. Così, quando la persona supera con i suoi comportamenti, la soglia limite che separa la cosiddetta normalità dalla patologia, mentre dal punto di vista morale si tende benevolmente a giustificarsi tirando in ballo il concetto di “vizio”, da un punto di vista prettamente clinico si parla di alcolismo (v. Paolo Zucconi, L’alcolismo, Diagnosi & Terapia 3/1995), (v. Paolo Zucconi, Tabagismo: come si instaura e come si mantiene la dipendenza da fumo, Diagnosi & Terapia 8/200), videoperstesia (uso eccessivo del video) o irresponsable sex, per attività sessuali troppo disinvolte e disinibite.
Giocare d'azzardo o, in generale, dedicarsi a vari tipologie di gioco, non è di per sé dannoso, anzi è un utile svago ed in certi casi una piacevole evasione temporanea dalla routine quotidiana per scaricare le tensioni accumulate o per provare l’emozione connessa al gusto rischio. Ma, se si gioca in maniera inadeguata, con eccessiva polarizzazione mentale sulle giocate fatte e da farsi, con eccessivo tempo dedicato, magari sottratto agli impegni personali o familiari, con eccessiva spesa e con evidenti conseguenze economiche, sociali e familiari (v. Paolo Zucconi, Che tipo di giocatore sei?, Diagnosi & Terapia 5/1998), il gioco può essere un sintomo di un disturbo psicopatologico. E i disturbi psicopatologici che portano la persona a giocare in modo eccessivo e maladattivo sono vari. Hanno a che vedere con un alterazione dell'umore quando l’umore è elevato (v. Paolo Zucconi, L’altalena dell’umore, Diagnosi & Terapia 10/1999, pp. 11-22) o possono riferirsi ad un disturbo d'ansia con “arousal” molto elevata ad esiti compulsivi, oppure possono essere l’evidenza di alcuni disturbi di personalità, dove la persona ha difficoltà a seguire le regole o a controllare i propri impulsi o, ancora, il gioco eccessivo può dipendere da compromissioni neurologiche prevalentemente a danno del lobo frontale.
Infine, il più classico disturbo da gioco maladattivo è definito gioco d'azzardo patologico, una psicopatologia oggi così emergente e diffusa tanto da configurarsi come "malattia sociale". Da qui, dunque, l'importanza di una accurata valutazione clinica e di una diagnosi differenziale verso altre patologie dove si evidenzia l’abitudine a giocare in modo problematico, prima di trovare il sistema per smettere o almeno ridurre questo eccesso comportamentale.
Il gioco d'azzardo patologico è un importante problema di competenza psicoterapica, per gran parte sommerso e sottostimato, che rientra in una più vasta categoria diagnostica definita dalla più recente nosografia psichiatrica internazionale "Disturbi del controllo degli impulsi" o anche “Disturbi delle abitudini e degli impulsi”, secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tale categoria raggruppa vari comportamenti dove la persona è incapace di resistere ad un impulso verso azioni persistentemente ripetute, anticipate da una sensazione di tensione, seguita da sollievo nel momento dell’atto, come ad esempio la cleptomania, la piromania, lo strapparsi i capelli, cui si può assimilare anche il comportamento sessuale troppo disinvolto ed irresponsabile, le spese eccessive e la videoperstesia.
Volendo tentare un identikit del giocatore affetto dal disturbo di gioco d’azzardo patologico in vari anni di osservazione clinica di centinaia di pazienti malati da gioco ho potuto notare che il “giocatore patologico” possiede una vita di relazione insoddisfacente, specialmente dal punto di vista sessuale dove non ottiene ciò che desidera sia come frequenza sia come qualità di rapporto; sperimenta durante la giornata più emozioni spiacevoli che piacevoli e si accosta al gioco, almeno in un primo periodo, non tanto per vincere, quanto per ottenere quell'eccitazione emotiva che gli manca, tanto più elevata quanto più alto è il valore attribuito al gioco. Si trattiene spesso fuori casa, dove non si trova più a suo agio, adducendo varie scuse, ha una vita sociale povera, ama e ricerca nella sua vita, in misura maggiore della media, sensazioni forti (sensation seeking) e per lo più rischiose (risk taking behavior) rischiando di vanificare le piccole e genuine emozioni della routine quotidiana. Coltiva l'illusione di poter "controllare" il gioco, o per sua volontà o per abilità personale, nonostante le ripetute perdite e l'oggettiva perdita di controllo (“illusione del controllo”) sostenuto dalla sopravvalutazione delle probabilità di successo, in base ad interpretazioni errate di dati oggettivi quando, ad esempio, dopo dieci uscite del rosso ritiene molto probabile l’uscita del nero su cui punta con disinvolta sicumera (“falso ragionamento del giocatore d’azzardo” detto anche “fallacia di Montecarlo”). Ha, a volte, difficoltà a controllare i propri impulsi, reagendo in modo spropositato rispetto alla provocazione subita o all'evento stressante. Infine mente, ha una condotta mendace pervasiva che investe non solo le spese di gioco o le perdite, ma prevalentemente anche le più svariate e comuni situazioni della vita. Mente per mentire, quasi su tutto. Infine dal momento che una delle caratteristiche più emergenti dei soggetti con psicodiagnosi di gioco d'azzardo patologico è quella di continuare a giocare non ostante consistenti e reiterate perdite, come "rincorsa alle perdite", e non ostante le conseguenze sociali, spesso con puntate più forti o assumendo rischi maggiori, all’esame neuropsicologico ho riscontrato la presenza di deficit in determinati compiti strutturati di problem solving attribuibili ad un ipometabolismo a carico della regione prefrontale, simili a quelli riscontrabili in vari pazienti neurologici con lesioni o disfunzioni ai lobi frontali e frontotemporali. Infatti il giocatore patologico persegue rigidamente il suo comportamento maladattivo non ostante continui ed immediati feedback dissuasivi, non muta le sue strategie di pensiero e di azione quantunque anche riconosca che le probabilità di vincita sono sempre del 50 su 100 e che le sue perdite sono solitamente superiori al 50 per cento. Si dimostra pertanto ottuso e cocciuto, perseverativo, imprevidente, inaffidabile ed irresponsabile anche in assenza di danaro da impiegare nel gioco in quanto accumula debiti che raramente potrà onorare.
Una qualche combinazione di tali caratteristiche personologiche può essere, agli occhi di un familiare attento, un campanello di allarme per poter accorgersi in tempo del problema che va comunque accertato sempre tramite un approccio neuropsicologico specialistico. Il giocatore patologico solitamente non percepisce il suo comportamento come una malattia, ma, con ostentata autobenevolenza, lo giustifica come un "vizio" e ritiene, erroneamente, di poter smettere in qualsiasi momento. Per questi motivi il giocatore che ha superato la soglia del cosiddetto gioco sociale non accede quasi mai spontaneamente allo studio dello specialista. Sono invece quasi sempre i familiari dei "giocatori patologici" che, per primi, colgono i segni della patologia in atto e si rivolgono, dopo numerosi vani tentativi di dissuasione, allo psicoterapeuta come l'unica e spesso l’ultima spiaggia per riuscire a modificare un comportamento che ha portato la famiglia al dissesto economico con un accumulo di ipoteche e debiti che, in tanti casi, non potranno mai essere onorati. Questo prima che la famiglia, di per sé ad alta problematicità, si smembri, lasciando il giocatore in balìa di sé stesso e dei suoi usurai con la prospettiva del ricovero ospedaliero per percosse ricevute o del carcere per approvvigionamento illegale di danaro.
I giocatori patologici raramente smettono definitivamente da soli, come la maggior parte ingenuamente crede. Necessitano, una volta diagnosticata la patologia, ed eventualmente altre psicopatologie associate, di seri interventi psicoterapici integrati, preferenzialmente ad orientamento cognitivo-neocomportamentale, di assistenza e supporto sociale e legale. Gli interventi sono erogati di norma ambulatoriamente con frequenza settimanale, anche se in certi casi complessi i trattamenti terapeutici vengono forniti in regime di ricovero, come hospital day. Il protocollo di intervento di maggior successo prevede: 1. Couseling familiare per la concertazione assieme alle famiglie, di sofisticate strategie di pressing psicologico, attraverso simulazioni comportamentali, atte a far venire presso la clinica il giocatore patologico che solitamente risulta riottoso (fase preparatoria); 2. la valutazione clinica del paziente stesso, con visite specialistiche, esami psicometrici, psicopatologici e neuropsicologici, interviste ai familiari, sistematiche osservazioni comportamentali, dirette ed indirette. Ciò sia a fini diagnostici sia per verificare il grado di gravità del problema ed accertare o escludere la presenza di altri disturbi comportamentali o compromissioni neuropsicologiche che impediscono al giocatore di controllarsi o smettere da solo; 3. La predisposizione di un progetto di intervento terapeutico individuale o di gruppo che coinvolga pure i familiari per far smettere di giocare e mantenere nel tempo l'astinenza dal gioco; 4. Terapia di mantenimento e di prevenzione delle ricadute, solitamente frequenti in presenza di comorbilità.
Con un approccio cognitivo-neocomportamentale integrato da sedute di ipnosi clinica, sotto forma multimediale, i tempi di divezzamento sono relativamente brevi rispetto ad altri interventi e in un’alta percentuale di casi il giocatore patologico entra in uno stadio di repulsione, tramite varie strategie terapeutiche avversivanti, come ad esempio la terapia faradica, e di “saturazione” e di “implosione” che lo portano a non desiderare più il gioco o averne addirittura repulsione.

* Dr Paolo G. Zucconi
Neuropsicologo e psicoterapeuta comportamentale
Udine tel. 0432 /33006
www.dr-zucconi.it


PM --> H P ITA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> NUOVE DIPENDENZE