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Educazione alle emozioni e film educativi

Rosa Maria Lombardo*



Che i film siano stati usati nella scuola allo scopo di far passare messaggi educativi non è una novità, esistono film ricchi di spunti di riflessione che passano messaggi su cui si vuole sollecitare la riflessione da parte di alunni stanchi del solito "fare scuola".
Il film però può andare oltre questa funzione di contenitore di obiettivi educativi e diventare, direttamente, per il solo fatto di essere visto, strumento di educazione di una tra le funzioni umane più importanti: la funzione emotiva.Vediamo come.
Educare emotivamente equivale a fornire strumenti cognitivi , linguistici, emotivi, abilità sociali con cui nominare,significare,armonizzare, costruire un mondo di eventi e momenti emotivi che accadono dentro la persona e fra le persone. Già nella seconda metà dell'800 Darwin e James avevano già sentito il bisogno di studiare e nominare le emozioni distinguendole in fondamentali e secondarie studiando i caratteri somatici e culturali delle emozioni e la loro manifestazione, o individuando i contesti da cui le emozioni partono ipotizzando, con evidente anticipo, il rapporto fra cervello ed emozioni oltre che quello tra emozioni e contesto.
Antropologi come M.Mead hanno proseguito gli studi in tal senso come più volte riproposto da Lelord e André (1)(F.Lelord, C.Andrè,2002;La Forza delle emozioni,Corbaccio)in un lavoro che passa in rassegna il variegato e complesso mondo dell'emotività attraverso un'analisi minuziosa e transculturale delle emozioni.
A partire dal 1996, quando in Italia arrivò lo studio sull'intelligenza emotiva di Goleman, ( D.Goleman, 2000,Intelligenza emotiva, SuperPocket)l'idea dell'educazione emotiva ha trovato molti sostenitori fra pedagogisti ed insegnanti attenti al tema dell'emotività dando così ragione all'obiettivo di fondo di rialfabetizzare questa epoca che possiamo considerare un po' analfabeta dal punto di vista emotivo.
La facilitazione dell'esperienza emotiva, nell'autocoscienza del sé e nella relazione come scontro-incontro con l'altro diventa quindi obiettivo di un'educazione all'emotività che non tende infatti a comprimere le emozioni ma, piuttosto, a renderle comprensibili, accettabili, nominabili, fruibili e condivisibili da tutti e con chiarezza; competenza prosociale e intrapsichica quindi come consapevolezza di quello che ogni individuo vive,con se stesso e con gli altri e quindi, direi di metacognizione emozionale.

Lo studio dell'infanzia e dell'evoluzione, come ambito epistemologico della pedagogia, non può prescindere dal porre l'attenzione su tutti gli aspetti della vita nè di spezzettare il processo evolutivo e considerarne solo alcuni ambiti, spazi, campi di azione.Crescita e maturazione vengono sganciati, come concetti dall'ambito del sapere fare e delle prestazioni scolastiche poichè la pratica scolastica ha dimostrato che il confinamento della crescita all' ambito dello spazio dei saperi tradizionalmente intesi non rende merito del complesso processo evolutivo che ogni persona vive e che insieme a quello di altri contribuisce a creare una crescita storica, come evoluzione dell'umanità.
Il vecchio concetto di educazione che guardava al bambino come ad un soggetto che deve imparare è correlato ad un altrettanto desueto concetto di apprendimento di contenuti, è rappresentativo di un'educazione nata in tempi in cui Sapere era fondamentale poiché forniva strumenti tecnici di indubbia utilità per vivere e quindi per Fare.
Il progresso tecnologico, la crescita culturale soprattutto ma anche quella valoriale hanno consentito un cammino che ora pone alla persona la condizione di Essere, priorità etica rispetto al Sapere-Sapere fare .
La scuola svolge solo una parte del lavoro educativo e quindi se da una parte è giusto individuare dei compiti di pertinenza della stessa, d'altra parte non le si può demandare ogni onere, nè si può pensare che essa possa assolvere per intero a sostenere e favorire l'evoluzione della Persona.

In ogni caso i cambiamenti a cui la scuola italiana sta dando vita dimostrano un cambiamento profondo che sta avvenendo al suo interno ;i momenti in cui l'apprendimento, nell'accezione classica del termine, lascia il posto all'esperire , sono sempre maggiori a dimostrazione della convinzione che un rinnovamento deve trovare strada alternative sa quelle percorse precedentemente.
I nuovi alunni si confrontano con i temi dell'educazione stradale, dell'educazione alla convivenza democratica,della salute alimentare e dell'affettività con tempi, rinnovati dalla Riforma che si rivelano più flessibili e gestibili , con approcci più concreti e coinvolgenti come avviene nei Laboratori.
La capacità di adeguarsi ai cambiamenti e di utilizzare le innovazioni, soprattutto tecnologiche, sembra essere diventata una competenza capace di assicurare stabilità e benessere interiore alla persona, nonchè un'integrazione soddisfacente nel tessuto sociale di cui fa parte.Il rischio è che i cambiamenti e le innovazioni siano subiti dalle persone se manca un'alfabetizzazione ai nuovi saperi; è questa infatti che ne rende possibile una fruizione consapevole sulla base di una lettura critica che consenta la scelta dei canali informativi e formativi a cui fare riferimento.
Bruner affermava che il bambino può apprendere qualsiasi cosa a qualsiasi età purché si riconosca e rispetti il suo livello cognitivo, in termini di strutture e funzioni cognitive per rendere accessibile cognitivamente il dato/evento che si vuole proporre; è evidente quindi che non si può più attendere che i bambini siano cresciuti perchè imparino, in nome di una presunta maturità che dovrebbe favorirli nello studio poichè da gradi hanno già subito l'effetto manipolativo di messaggi contraddittori, fuorvianti, contraddittori.Chi vive accanto ai bambini ,perchè lavora con loro, ha presente il loro interesse a comprendere., ad andare oltre, ad approfondire.Anche il lavoro che segue nasce da questa criticità dei bambini che spesso sono costretti ad adeguarsi agli adulti e alla loro fretta.

Proprio questa fretta ha fatto si che venissero trascurati momenti di conoscenza di sè che appartengono alla sfera dell'emotività, a tutto vantaggio, perchè a torto ritenuti più importanti, di apprendimenti relativi al piano cognitivo.Questo si concretizza, nel quotidiano scolastico e familiare con situazioni di confusione emotiva a cui gli insegnanti sono purtroppo costretti a far fronte.Spesso i bambini vengono giudicati iperattivi, come molti adulti del resto, e solo un lavoro lungo, a volte di vera e proprio intervento psicoterapeutico, porta a comprendere che dietro quell'iperattività c'è, ad esempio, la stanchezza, altre volte la rabbia, altre ancora dolore o anche vitalità, entusiasmo, gioia di vivere.
.Sono molti i bambini e gli adulti che non sono capaci di discriminare le emozioni che provano confondendole con altre e tendendo a reprimerle quando notano che sono poco accettate dagli altri;ma sopprimere un'emozione non significa averne risolti gli effetti sulla persona e sui suoi comportamenti ma ricacciarla in fondo alla coscienza e al cervello, circondarla di barriere e divieti interiori con il risultato di renderla successivamente inaccessibile ad un lavoro cognitivo che la comprenda, che la significhi e che ne canalizzi l'esperienza, con il rischio che questa modalità venga trasferita nel futuro e diventi un'abitudine.
Potremmo attribuire questo ad un mancato apprendimento? Ad un vuoto evolutivo?
Dal mio punto di vista, quello dell'educazione, so che la formazione della personalità è la risultanza di una buona miscela di elementi biologici e fattori ambientali; come i primi pedagogisti medici che hanno contribuito alla nascita della pedagogia clinica, posso dire, che se è vero che biologicamente l'organismo ha un certo bagaglio genetico per cui è programmato per sviluppare certe competenze-abilità sappiamo anche ,che nel lontanissimo 1800 J.M.Itard, (2)medico e pedagogista, individuava carenze prestazionali dovute non a deficit organici ma funzionali.In presenza cioè di funzioni organiche integre queste non davano le prestazioni previste a causa di una loro mancata sollecitazione; di qui per Itard il lavoro con il ragazzo dell'Aveyron e l'obiettivo di rieducare funzioni addormentate a causa del non uso. L'educazione affettiva quindi come progetto rivolto al benessere psicofisico dell'alunno, ora bambino ora adolescente. Questo benessere si raggiunge anche percorrendo una strada ben asfaltata in cui non sia presenti buche e dirupi. Fuor di metafora un percorso di maturazione affettiva armonico e completo implica lo sviluppo di consapevolezza relativamente a tutte le emozione, da quelle fondamentali a quelli specifiche.
Le emozioni fondamentali,come dimostrato dagli studi di Eckman(3) presso popolazioni primitive ,sono universalmente presenti in tutti gli uomini, che le provano e sanno riconoscerle, nella mimica facciale, elicitata da quelle emozioni, riconosciuta e associata alle stesse emozioni sia da persone civilizzate che da popolazioni primitive; esse sono quindi universali ed innate, non si imparano ma fanno parte del bagaglio di comportamenti/riflessi con cui ogni individuo nasce. Le emozioni specifiche sono invece quelle che nascono in una cultura, definite da un tempo storico e da uno spazio, riconoscibili, veicolabili e condivisibili solo dalle persone che fanno parte di quella cultura e che le imparano insieme a tanti altri apprendimenti.
Il filosofo Paul Griffiths parla anche di emozioni cognitive superiori indicando con questo termine quelle emozioni che necessitano che la persona abbia raggiunto un certo livello di maturazione morale ed affettiva; il senso di colpa, la vergogna sono fra queste.
Se le emozioni sono così importanti nella vita delle persone, l' educazione affettiva si rende necessaria nella società attuale in cui le percentuali di consumo di psicofarmaci salgono di anno in anno; in cui si abbassa la fascia d'età del primo approccio a sostanze stupefacenti e la devianza minorile si concretizza spesso in piccoli ma frequenti reati, o anche in reati meno gravi.Ci si interroga allora su questo malessere dilagante e sulle sue origini, imputabili forse ad una incapacità a gestirsi, a viversi, a starsi dentro; ci si chiede se un'educazione specifica e rivolta all'affettività non possa porre le basi per una piattaforma di lancio verso una vita meno caotica, confusa-fusa in modelli e schemi estranei e presi a prestito da culture lontane , figli di una cultura che bandisce le individualità perché spaventata dalla ricchezza interiore di ogni essere umano, che parla di emozioni negative e positive come se ci fossero emozioni da bandire e da estirpare dalla coscienza collettiva.Gli Obiettivi specifici di apprendimento per le classi quarte e quintedella scuola elementare, alla voce "Educazione alla salute" della Riforma indicano:"Comprendere che l'uomo si deve confrontare con i limiti della propria salute ed elaborarli, integrandoli nella propria personalità".(www.istruzione.it).
Non credo che si possa più pensare di parlare ai nostri bambini di emozioni negative e positive, più facile e giusto far passare il concetto di emozioni piacevoli e spiacevoli ma tutte da provare perchè tutte necessariamente legate al vivere.Il recupero delle emozioni dolorose e spiacevoli quindi come restituzione di una dimensione del vivere che non è quella degli eroi imbattibili dei video games e dei film d'azione ma quella più comune, se pure più difficile, degli uomini comuni, forse meno evoluti ma più capaci di starsi dentro.


Un modo per educare all'affettività
Succede che un film sfiori lo spettatore toccando corde molto intime e segrete, lasciando una sensazione indefinita, intrisa di emozioni, piacevoli o spiacevoli e che queste sensazioni lo accompagnino per un certo tempo o che la notte si concretizzino in un sogno, o si sarà ritrovato a piangere più o meno a dirotto su certe scene che lasciavano altri più o meno indifferenti.
In America va di moda la Movie Therapy, la terapia che usa film opportunamente selezionati per provocare una sorta di moto liberatorio che spinga la persona a raccontare di sé sotto la spinta emotiva del film e a ri-leggere vissuti che sono stati sepolti.
Aristotele(4) affermava che la tragedia ha per effetto di sollevare e purificare l'animo dalle passioni. Si può intuire come il filosofo attribuisse all'arte e alla rappresentazione teatrale una funzione di purificazione dalle passioni; la tragedia purifica quindi dalla pietà e dal terrore ad esempio. Il termine *purificare* però non va letto nell'accezione di estinzione morale dell'emozione; come se questa fosse da eliminare o ripulire; la purificazione va intesa, secondo gli scritti aristotelici, come una liberazione piacevole indotta dal piacere suscitato dall'arte, un piacere estetico quindi. Platone aveva una concezione negativa dell'arte poiché ad essa attribuiva la funzione di elicitare emozioni a scapito della ragione; Aristotele, ribaltando la situazione, coglie nell'arte non un caricatore di emozione ma un momento di scarica delle emozioni, un sorta di contenimento emotivo che non comprime ma libera e che sana e non nuoce. L'arte quindi, come affermato nella Poetica, purifica poiché libera emotività, di cui Aristotele aveva dovuto intuire la natura vitale e non comprimibile o manipolabile.
Lo studioso inglese Dylan Evans, nel suo libro Emozioni, La scienza del sentimento,cita Aristotele e il suo modo di intendere il teatro relativamente alla funzione emotiva.Secondo Aristole, dice Evans, il teatro era il posto in cui potere esperire emozioni ad una distanza di sicurezza, quelle stesse emozioni che nella propria vita la persona fugge...con sorprendente anticipazione Aristotele aveva intuito il potenziale educativo dell'opera teatrale, lo stesso che ci si propone di avviare con l'utilizzo del film a scopo educativo.
Lo scorso anno scolastico ho avuto modo di lavorare con tre classi V elementari ad un progetto che prevedeva, come strumento di mediazione di un messaggio di solidarietà, la visione di un film., "Basta guardare il cielo".
Ho visto il film quattro volte, la prima volta perché dovevo conoscerlo per poterlo proporre agli alunni e altre tre una volta per classe. E' stato lì , vedendo e rivedendolo,che mi sono accorta di quanto quel film fosse stato sprecato e ristretto nell'obiettivo che ci si era programmato con gli altri insegnanti del progetto. Sono stati gli alunni che mi hanno mostrato come quel film forniva possibilità di conversazione su innumerevoli temi emotivi; sono stati i ragazzi a scoprire altre emozioni in quel film in cui noi adulti, nel selezionarlo, avevamo essenzialmente ritrovato un messaggio di solidarietà. I bambini sono stati capaci di trovarci l'amicizia, la speranza, la disperazione di un gesto inconsulto, la paternità, la maternità, l'essere figlio, l'essere diverso, il dolore, finanche il dolore della morte e mi è dispiaciuto non poterlo rivedere con loro e continuare il lavoro deragliando dall'obiettivo principale.
Mi ero soffermata ad osservare i maschietti durante la proiezione del film, erano loro che durante le scene più tristi si spintonavano indicando qualche compagna che si lasciava scorrere le lacrime sulle guance, per poi vedere che furtivamente qualcuno di loro ne asciugava una dal suo viso.E' stato utile alla fine del film ritagliarmi del tempo per centrare il dibattito proprio su questo nascondersi da parte dei maschietti e verbalizzare i loro stati d'animo, far constatare loro che quelle lacrime erano perfettamente significative nel contesto della scena e che reprimerle serviva solo a creare una fastidiosa sensazione in gola o un respiro forzato o ancora una contrattura muscolare in qualche parte del corpo.
Anche se l'esperienza si è sviluppata nel corso di quelle poche ore devo riconoscere che le classi hanno subito un impercettibile cambiamento dopo quell'esperienza, anche nel rapporto con me, eravamo più vicini; l'avere condiviso emozioni che generalmente non trovano spazio fra i banchi e i quaderni doveva averci avvicinati in un modo che non avevo previsto...come quando a Natale si preparavano le canzoncine e si illuminavano a cantare tutti insieme tenendosi per mano, gli occhi sulle mie labbra a cercare le parole di un difficilissimo testo francese che avevano voluto preparare.
L'anno precedente, in IV, avevamo lavorato ad un progetto sulla paura all'interno de Progetto "Scuola Sicura". I ragazzi di quelle tre classi sapevano che potevano sbagliare, che potevano avere paura e avevano imparato che la paura non deve bloccare ma deve solo indicare una strada diversa.
Il lavoro svolto si era sviluppato lungo un percorso di studio delle emozioni che avrebbe portato ad una riflessione particolare sulla paura, emozione evidentemente legata ad episodi come un terremoto o un incendio, eventi con i bambini dovevano misurarsi sia relativamente alle prove di evacuazione che allo studio e alla individuazione delle regole da eseguire in cui non fosse possibile lasciare la struttura.
I bambini hanno lavorato con le emozioni; ho voluto che le incontrassero tutte o quasi, per non caricare troppo l'attenzione sulla paura e per rendere più piacevole il lavoro.Hanno quindi cominciato con uno lavoro metalinguistico, che attraverso la lettura di brani, procedeva, attraverso il Circle Time, ad una discussione finalizzata ad assicurarmi che tutti fossero d'accordo su cosa si intendeva con quella parola e che tutti la riferissero allo stessa emozione.ci siamo soffermati su sfumature emozionali, evitando di limitarci alle emozioni fondamentali.
Hanno poi colorato le emozioni, scoprendo come ognuno associ, in maniera personale ed unica , un colore all'emozione; hanno trovato le emozioni in un brano musicale, in uno strumento musicale; le hanno scoperte sul loro corpo, ricordando le loro sensazioni in varie situazioni e descrivendo quelle provate dopo l'ascolto di un brano musicale, ( il canone in re minore di Palchebell);hanno cercato le emozioni nelle faccine che si divertivano a disegnare giocando con elementi della mimica facciale( le sopracciglia, le pieghe della bocca, la bocca,) e discutendo delle posture e collegando questa con la nostra onomatopea, ricca di espressioni e versi a ci sono particolarmente adusi grazie a cartoni e fumetti.Alla fine, come lavoro conclusivo ognuno di loro ha creato un piccolo dialogo interiore, personalizzato, da utilizzare in situazioni di panico o ansia, dopo che i vari incontri in Circle time avevano portato i bambini, a riconoscere la pericolosità di atteggiamenti indotti dal panico in caso di incidenti o disastri naturali.
I due lavori sulle emozioni con bambini mi hanno orientata quindi verso la sistematizzazione, a livello di metodo, di quelle esperienze, consentendomi, dopo circa un anno di studi, di arrivare all'uso del film come strumento di educazione all'emotività.Dopo alcuni mesi ho compiuto un passaggio ulteriore verso di un uso ancora più direzionato del film, nel momento in cui ho concentrato i miei interessi sulle differenze di genere e sull'emotività al femminile.Da circa 6 mesi ,in una mailing list a cui ho dato vita, una decina di donne si incontrano, on line per scambiarsi pareri ed emozioni su film che sono stati proposti da me o dalle partecipanti o anche su libri che trattano dell'identità femminile.
Abbiamo discusso di molti film, di alcuni si è riuscito ad approfondire lo scambio in maniera molto articolata e le riflessioni che ne sono scaturite dimostravano come il coinvolgimento non fosse cerebrale quanto emotivo. I vari personaggi dei film scelti, oltre a suscitare emozioni suscitavano critiche, confronti, analisi, bisogno di approfondire con collegamenti a libri o articoli anche trovati in rete e proposti di volta in volta.
Con alcuni film, tanto il coinvolgimento era forte, si è avuta la sensazione che tutto il gruppo stesse camminando verso l'allargamento dei confini personali dell'emotività di ognuna di noi.
La discussione sui film infatti non aveva l'obiettivo di rispolverare vecchi vissuti delle partecipanti ma di creare uno spazio nuovo in cui la parola d'ordine era "lasciarsi emozionare".Chiaramente qualcuno ha fatto più fatica a lasciarsi emozionare da un film, altre hanno dichiarato apertamente di preferire un film ad effetti speciali piuttosto che uno ricco di sentimenti; chi ha vissuto un film in maniera completamente diverso da come lo hanno vissuto altre .L'incontro tra i diversi punti di vista e di cuore quindi è servito e serve ad incanalare la riflessione e la discussione.Da questa esperienza si fa forte, in me, la convinzione di continuare ad usare il film come strumento di educazione emotiva e di perfezionare la T.E.E.F. ( tecnica di educazione con i film) sia per quanto riguarda l'uso della tecnica con un pubblico di bambini che di adulti.
Per quanto l'obiettivo in primo piano sia quello dell'ampliamento della dimensione emotiva e della competenza emotiva è evidente che un lavoro di tale genere comporta un lavoro che investe necessariamente abilità cognitive, linguistiche, metalinguistiche e metacognitive. Quello che avviene infatti, quando si discute delle scene del film, è un parlare delle parole, un pensare i pensieri, un sentire le emozioni che sposta il livello cognitivo ai piani alti del metapensiero e della metaemozione con una crescita ed un arricchimento globale della personalità che si esprime e si concretizza nella voglia di approfondire, di problematizzare, di individuare percorsi originali e personali che i partecipanti della mailing list al femminile hanno attivato da sè.
Se con i bambini infatti è necessaria la figura di un docente che si faccia carico di un progetto strutturato, ben articolato nelle sue varie fasi, il lavoro svolto con le donne, dopo una prima fase di frequenza dei gruppi, in presenza o on line, può lasciare spazio ad una gestione personale del lavoro.Ho notato tempi di silenzio nella lista, in questi sei mesi; anche io ho avuto bisogno di momenti di silenzio e mi ha confortata sapere, dalle utenti della lista che quel silenzio non era una fuga o un abbandono ma un momento di raccoglimento, di ritiro in se stesse, la ricerca e la formazione di uno spazio personale da affiancare a quello del gruppo.
Il metodo
La T.E.E.F. in presenza

La Tecnica in presenza comporta la visione da parte di un gruppo di persone ( adulti , adolescenti o bambini) di un film che verrà suddiviso in 6/8 parti.Si suggerisce la somministrazione di un questionari emotivo, sul modello di intervista clinica, opportunamente strutturato e differenziato per bambini, adolescenti e adulti
Alla fine di ogni parte, della durata di circa venti minuti il gruppo segue la conversazione secondo le regole del Circle Time, ( necessario se si tratta di un gruppo di bambini ) in cui a turno i partecipanti esprimono le loro idee ed emozioni.Nel caso di bambini si fa molta attenzione al corretto etichettamento linguistico delle emozioni e alla verifica della comprensione del contesto elicitante le emozioni di cui si parla.
I bambini procedono poi alla creazione di lavori manuali: disegni, modellamento, cartelloni con cui rendere concrete l'esperienza che hanno vissuto personalizzandola al tempo stesso.
Giochi di ruolo e drammatizzazioni possono aiutare i bambini a comprendere certe reazioni emotive attraverso la recita di parti stabilite e ricavate dalle scene del film, anche favorendo lo scambio dei ruoli nell'organizzazione della classe in coppie.
Attività come la tombola delle emozioni,(5) simulazioni di stati emotivi, indovinelli emotivi aiuteranno i bambini nel delicato passaggio dal sapere al sapere fare aprendo la strada a percorsi di sviluppo di abilità sociali che sempre richiamano a competenza emotiva.
Il lavoro con gli adulti può ritenersi meno strutturato, in quanto minore è l'esigenza di direzionare l'attenzione; è cura del conduttore del gruppo evitare che la conversazione si sposti sul resoconto di vissuti personali, poichè non è previsto un lavoro di elaborazione o di analisi.
La T.E.E.F. on line
Tramite e-mail viene proposto un film e ci si da un tempo per vederlo, generalmente una settimana. Scaduto il tempo il conduttore della M.L. avvia lo scambio, anche con l'ingresso di una scheda che riassume gli spunti educativi emersi dal film.Lo scambio prosegue liberamente fra i partecipanti e si lascia esaurire. Generalmente la comparsa di e-mail su altro contenuto o il silenzio fanno intuire che il gruppo ha sviscerato tutti i punti che sono stati colti.
La creazione di una scheda finale, con i vari interventi dei partecipanti rappresenta la conclusione del lavoro con un film.
Considerazioni finali
Il tempo che è intercorso tra quel primo lavoro con i bambini e quanto faccio adesso è di circa due anni; un tempo di ricerca, di studio, di confronto con amiche ma anche con professionisti che hanno dato uno sfondo di condivisione a quanto andavo maturando, in modo particolare il professore Piero Crispiani, con cui il confronto costante ha consentito di maturare l'idea di proseguire lo studio.
La tecnica è ad una fase che si può definire di studio e approfondimento nonchè di verifica, ma sono convita che solo altro studio e pratica possano dimostrare, nel tempo, l'utilità di questa idea , o se vogliamo riscoperta, alla luce del grande predecessore che già nel teatro aveva individuato questa opportunità di ampliamento dell'orizzonte emotivo della persona che si dispone di fronte alla vita altrui.E' chiaro che il metodo ben si presta al lavoro con i bambini per i quali , in questo caso, imparare e crescere diventano momenti non necessariamente vincolati alla fatica.Con Anna Fata,psicologa,preziosa collaboratrice al progetto on line, abbiamo individuato film che definiti dalla critica "leggeri"e dal pubblico "di svago" hanno invece un grande potenziale educativo e formativo a sostegno della nostra idea di rendere questo cammino di crescita gradevole e interessante, motivante poichè sono convinta che l'espansione dell'orizzonte emotivo di un individuo corrisponda alla possibilità di vivere vite piene, al massimo della potenzialità esperibile ed attuabile e che il recupero del repertorio emotivo, umanamente inteso non comporti la separazione tra emozioni piacevoli e spiacevoli ma una loro restituzione a personalità armoniche ed equilibrate là dove l'equilibrio si incontra lungo la via di mezzo.


Note:

1) F.Lelord, C.Andrè,2002;La Forza delle emozioni,Corbaccio
2) Crispiani Piero,2002, Pedagogia Clinica,Edizioni Junior
3) Dylan Evans, 2003 Emozioni, La scienza del sentimento,Editori La Terza
4) D.Antiseri, G.Reale,1993, Il Pensiero occidentale dalle origini ad oggi, I Volume,EditriceLa Scuola
5) G.Di Pietro,L'educazione razionale-emotiva, Erickson

* Rosa Maria Lombardo
Insegnante-Pedagogista
Socio F.I.P.E.D. Certificato

Indirizzo e-mail:rml67@libero.it
Siti :http://it.geocities.com/nuage2002it
www.fiped.it


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