STORIA DEL FUMETTO IN ITALIAdi Daniele GianottiLa stampa popolare per ragazzi nell'Italia dell'Ottocento A partire dal 1812 con L'amico dei fanciulli e qualche altro giornaletto incominciò a fare capolino la stampa periodica per ragazzi. Si trattò però di qualche timido esperimento presto soffocato dal clima asfittico della Restaurazione. Il fenomeno riprese dopo il 1830 con la comparsa di un certo numero di "fogli" destinati alla gioventù che ebbero tuttavia una vita tormentata e nei quali l'illustrazione fu spesso sacrificata a fini moralistici. La situazione non migliorò di molto nell'immediato periodo post-unitario ed occorrerà attendere l'ultimo quarto di secolo per assistere alla comparsa di alcuni giornaletti per ragazzi nei quali venisse dato un certo spazio all'immagine. Come scrive Giovanni Genovesi ne La stampa periodica per ragazzi (da "Cuore" a Charlie Brown)I " Guanda Editore, Parma, 1972 - " [·] i giornalini non riuscirono ad esentarsi dall'assumere quel carattere pedantesco nel quale si scivola ogni qual volta si prescinde dalla vitale transazione del dialogo, denunciando così i nostri occhi una generale insufficienza democratica e quindi educativa ". Le uniche testate che si distinsero in questo farisaico conformismo pedagogico furono Il Giornale dei bambini fondato nel 1881 da Ferdinando Martini e Il Novellino fondato nel 1889 da Yambo (Enrico Novelli). Disincarnati entrambi da precettistiche morali e da fini didascalici, si sforzarono di presentare ai ragazzi la realtà della vita spoglia di ogni paludamento retorico e di impiegare l'immagine con scopi di sana evasione fantastica. Rammentiamo che sul primo videro la luce il Pinocchio di Collodi (libero da quella noiosa precettistica di cui fu rivestito più tardi) e le strisce illustrate dei Monelli di Corinto di W. Busch, e sul secondo fin dal 1889 le prime illustrazioni a colori in Italia e poi qualche anno dopo i primi comics americani importati.Con l'apparizione e la diffusione dei comics anche in Italia numerosi "figurinai" (illustratori di libri per l'infanzia) ritornarono a lavorare per l'infanzia applicandosi estesamente al fumetto e finirono per influenzarlo sul piano estetico e su quello contenutistico con i moduli della tradizione delle stampe popolari, religiose o profane. Questo influsso si protrasse addirittura fino al 1950 e questa affermazione è sostenuta da elementi probanti ed aiuta a comprendere non poche caratteristiche strutturali ed estetiche del fumetto made in Italy. Non va dimenticato che soprattutto a partire dagli anni '30 la massiccia importazione di comics dagli Stati Uniti contribuì a sua volta a far uscire il fumetto italiano da certi binari espressivi ancorati all'iconografia tradizionale ed a creare così spazi intermedi dove le componenti dei due diversi settori (l'iconografia tradizionale e quella nuova del fumetto) sembrano mescolarsi in un territorio animato da figurinai che si dedicano al fumetto, pur rimanendo " per molte caratteristiche " coerenti con il vecchio mondo degli illustratori per l'infanzia. Accanto alla produzione illustrata per l'infanzia si posso ricordare altre manifestazioni grafico-espressive che contribuirono ad accrescere nell'Italia ottocentesca la risonanza dell'immagine nella vita quotidiana, come i fogli volanti figurati, lunari, stampe popolari, avvisi commerciali illustrati, le caricature ed il giornalismo illustrato. Ricordiamo che nel 1899 vide la luce la Domenica del Corriere che contribuì a sensibilizzare il pubblico nei confronti dell'immagine ed a preparare il terreno per la fruizione integrale del dato visivo quale sarà riscontrabile a livello di fumetto adulto. La stampa periodica italiana per ragazzi dal 1900 al 1945 Il Novellino nato a Roma alla vigilia del secolo è da alcuni considerato il primo concreto esperimento di giornalino illustrato per ragazzi. Fu infatti il primo ad ospitare nel 1904 una tavola integrale a colori di The Yellow Kid comprensiva di balloon e a far conoscere ai ragazzi italiani negli anni seguenti due importanti characters americani Foxy Granpa (Nonno Volpone) di Shultz e Katzenjammer Kids (Bibì e Bobò) di Dirks. Si presentò inoltre come un giornalino destinato al puro intrattenimento del ragazzo senza marcati sottesi pedagogici e riservò all'illustrazione, vivacizzata da subito con il colore, uno spazio abbastanza ampio. Sulle ceneri del Giornalino per i bambini nacqua a Firenze nel 1906 il Giornalino della Domenica. Il direttore Vamba (Luigi Bertelli) radunò attorno al foglio letterati (Pascoli, De Amicis, Deledda, Capuana, Salgari), scienziati illustri e redattori e li"spogliòâ tutti delle vesti erudite e seppe infondere loro quella carica di freschezza e semplicità capace di entrare in sintonia con lo spirito infantile. Il giornalino riscosse ben presto ampio successo nazionale. Ben articolato nelle rubriche il giornaletto concesse un discreto spazio all'illustrazione affidata a validi artisti come Scapelli, Finozzi, Anichini e Brunelleschi. Nonostante fosse ancora profondamente ancorato al testo scritto, il Giornalino della Domenica possedeva una carica antipedantesca che seppe mettere in discussione " ridendo " l'ipocrita pedagogia borghese. Il 27 dicembre 1908 uscì a Milano il primo numero del Corriere dei Piccoli diretto da Silvio Filippo Spaventa. Il Corrierino, come fu familiarmente chiamato, godendo del cospicuo appoggio finanziario e tecnico (le rotative a colori) del Corriere della Sera riscosse un grande successo e finì spesso per diventare il giornale letto sia dai piccoli che dai grandi e quando i redattori se ne accorsero iniziarono ad inserire anche intere pagine che pubblicizzavano prodotti per adulti. Il giornalino assunse fin dall'inizio una sua fisionomia che durò a lungo e che consisteva in un equilibrio tra storielle vignettate, rubriche articolate e testi scritti. Va detto che Il Corriere dei Piccoli monopolizzò ben presto la quasi totalità della produzione comica a fumetti americana il cui anticonformismo venne svirilizzato dall'abolizione della "nuvoletta" sostituita da didascalie sdolcinate ed un pò melense: i famosi ottonari a rima baciata. Il Corrierino non fu sempre un innocuo strumento di divertimento. In alcune occasioni (la guerra di Libia e la Prima Guerra Mondiale) fu impiegato come sottile mezzo di persuasione per suggerire il nazionalismo, il colonialismo e l'irridentismo di quella cultura irrazionalistica di tipo dannunziano che stava mettendo radici in Italia. Da varie parti si è fatto coincidere la nascita del fumetto in Italia con la comparsa del Corrierino dei Piccoli. L'affermazione viene giustificata con il fatto che il Corrierino diffuse fumetti americani ed italiani, concedendo ampio spazio all'immaginazione e al colore e puntando su storie comiche senza alcun risvolto moralistico o pedagogico. Non è così. Ad esso e a tutti i gli altri giornaletti italiani contemporanei mancò la compresenza nella vignetta di testo ed immagine, anzi a voler essere severi si potrebbe aggiungere che eliminando la"nuvoletta" il Corrierino mutilò una forma grafico-espressiva già matura facendola arretrare ad uno stadio precedente di sviluppo. D'altra parte non si può disconoscere che il Corrierino si distinse nettamente dagli altri periodici per ragazzi dell'epoca. Soddisfacendo e stimolando la "voracità" visiva dei suoi lettori ne predispose il gusto per la narrativa in immagini e rese in tal modo un prezioso servizio alla causa del fumetto. Sulla scia del Corrierino videro la luce negli anni seguenti numerosissimi altri periodici, tra cui ricordiamo: Il Giornaletto (1910) settimanale di ispirazione cattolica, Donnina (1914) destinato alle bambine e alle adolescenti, L'intrepido (1920) rivolto agli adolescenti maschi, Piccolo Mondo (1924) con storie fumettate di genere avventuroso e racconti e infine L'Illustratore dei Piccoli (1933) che presentava personaggi comici ed avventurosi. Nel primo dopoguerra comparvero anche alcuni periodici per bambini che contenevano storie a scopo propagandistico e vennero usati come sottile strumento di formazione ideologica rivolto all'infanzia. Va indubbiamente riconosciuto ai responsabili della propaganda del regime di aver con notevole tempismo intuito le potenzialità del nuovo mezzo espressivo figurato, anche se non risulterà loro sempre chiaro come impiegare al meglio uno strumento che presentava non pochi elementi di novità sul piano delle tecniche di significazione. Brevemente ricordiamo:
Vecchi, Nerbini e Del Duca furono quindi i diffusori del fumetto vero e proprio in Italia. Nel 1939, in seguito alla diminuita tiratura, Vecchi cedette la testata L'Audace alla Mondadori che seguendo una linea già sperimentata aprì le pagine ad una nutrita schiera di disegnatori e sceneggiatori italiani. Riportiamo di seguito alcune testate che fecero la loro comparsa in quegli anni: L'Audace (1934-1941). Vecchi riprese la testata dopo 23 numeri e tentò inutilmente di rilanciarla con il Tarzan di Hogarth e Ciclone. Passata nel 1940 a Bonelli visse stentatamente per qualche mese, fino al 4 gennaio 1941. La definitiva consacrazione tra i grossi editori del fumetto avvenne per Mondadori quando, rilevato il Topolino di Nerbini l'11 agosto 1935, si garantì l'esclusività del materiale disneyano e rinnovò la linea editoriale del giornalino. Abolì le didascalie sotto le vignette, dette spazio ad una articolata posta con i lettori, introdusse interessanti rubriche, presentò ottime storie disneyane ed altre strisce americane. In seguito al divieto ministeriale di utilizzare materiale straniero si rese necessario dare maggior spazio agli autori italiani e il merito del Topolino mondadoriano fu nel lasciare loro una discreta libertà creativa sul piano grafico e su quello contenutistico. Il mondo cattolico, che aveva guardato al fumetto con sospetto, resosi conto dell'influenza che questi stava esercitando sul pubblico giovanile, decise di intervenire. Vide la luce Il Vittorioso (9 gennaio 1937 " 11 settembre 1943) ad opera di un gruppo di educatori cattolici su iniziativa della Gioventù Italiana d'Azione Cattolica, ed ebbe un discreto successo, arrivando ad una tiratura di circa 200.000 copie. E ciò per varie ragioni: oltre alla vendita in edicola usufruiva del canale distributore rappresentato dalle parrocchie ed educandanti cattolici, la sua matrice rappresentava inoltre per tanti genitori una garanzia di serietà morale che faceva cadere molte obiezioni nei confronti del fumetto. Sul piano grafico Il Vittorioso rifiutò qualsiasi apporto estero e divenne una palestra per i disegnatori italiani. Il periodo dal â32 al â45 fu caratterizzato da un fenomeno editoriale abbastanza singolare: la riproposizione sotto forma di albi, dai formati più disparati ma soprattutto oblunghi " per rispettare il parte l'originaria forma delle storie a strisce " delle avventure precedentemente pubblicate a puntate sui periodici ed ora offerte nella loro completezza. Il fumetto in Italia dal 1945 agli anni '70. La ripresa della vita civile e politica nel nostro paese all'indomani della fine delle ostilità fu accompagnata " tra l'altro " anche dall'attività editoriale relativa alla produzione e diffusione del fumetto. Dei numerosi giornalini che videro la luce si può dire che nacquero vecchi. Salvo alcune eccezioni, essi si presentarono come una ripetizione dei loro fratelli dell'anteguerra, e questo giustifica il fatto che la quasi totalità di essi ebbe vita breve o quantomeno stentata. Il fumetto americano continuava ad essere oggetto di lettura da parte della nuova generazione di adolescenti, ma non rivestiva più quel potere d'attrazione che aveva esercitato nel periodo prebellico. A determinare il mutamento dei gusti e degli interessi del pubblico, soprattutto femminile, influì un nuovo tipo di lettura rappresentato da alcuni neonati periodici quali Grand Hotel dei Del Duca e Bolero Film di Mondadori, ben presto seguiti da una valanga di testate consimili. Nacque il fotoromanzo. Sostanzialmente diverso dal fumetto, il fotoromanzo conquistò subito larghe masse di lettori sottraendoli al fumetto che non presentò mai quello squallore e quella limitatezza di ricostruzione ambientale proprie del fotoromanzo. Tutto ciò finì per riconfinare il fumetto a strumento di lettura per l'infanzia e l'adolescenza, per una fascia di età compresa tra i 6/7 e i 14/15 anni circa. Mondadori ripropose a partire dal 15 dicembre 1945 un Topolino immutato che presentava i medesimi racconti lasciati in sospeso nel 1943 come se nulla fosse accaduto, ma questo determinò un calo di intesse dei lettori, aggravato da un mutamento nel carattere del "topo" disneyano che venne perdendo la fresca ingenuità di piccolo borghese con punte di insicurezza per assumere la presunzione dell'eroe infallibile ma un poâ scostante. In compenso acquistò in simpatia il personaggio di Paperino eterno nato-perdente, che finì per essere contornato da una serie di comprimari (Qui, Quo, Qua, Gastone, Paperon dei Paperoni·) altrettanto felici come creazioni. Nel 1949, con una tiratura di sole 40.000 copie, su iniziativa di Mario Gentilini il settimanale fu trasformato in un mensile tascabile contenente solo personaggi disneyani. La testata adattata ad un pubblico infantile riprese quota e ridiventò in breve settimanale. Nel 1953 L'Editoriale Universo rilanciò la vecchia testata de Il Monello diretta ad un pubblico preadolescente con una mescolanza di storie avventurose e comiche. Il settimanale rimpinguato nel tempo con materiale di provenienza estera e nazionale ha mantenuto discreti standard ed è stata per molti anni, uno dei più diffusi. Gli anni dal 1950 al 1955 rappresentarono l'optimum di tutta la produzione de Il Vittorioso nella sua più che trentennale attività (la stampa era di Mondadori, accuratissima nella sua quadricromia) e così raggiunse le 300.000 copie di tiratura. Il giornale " che nell'immediato dopoguerra aveva tenuto un tono moderatamente democratico e moralistico " incominciò ad assumere intorno al 1948 atteggiamenti anticomunisti più o meno velati. Negli anni successivi il giornale "cadde in disgrazia" (i disegnatori erano attratti da altri editori, la qualità tipografica divenne scadente·) e alla fine del '66 la testata e l'archivio furono venduti alle edizioni EDI.PER. Venne creata una nuova redazione che nel 1967 (il 1¡ gennaio) lanciò il giornalino in formato ridotto col nome Vitt. Diedero ampio spazio a servizi giornalistici e fotografici su vari temi (sport, attualità, varietà·) e i fumetti finirono per farvi la parte del"cugino poveroâ pur mantenendosi su livelli qualitativi discreti. Anche il Corriere dei Piccoli aveva ripreso le pubblicazioni nell'immediato dopoguerra sull'impostazione grafica tradizionale: quadretti con le didascalie. Sulle prime manifestò una simpatia per i movimenti partigiani, ma la linea moderata si impose quasi subito e in modo definitivo. Nel 1946 cambiò il nome in Giornale dei Piccoli, ma solo per qualche settimana. Si continuò a riproporre i vecchi personaggi (Bonaventura, Bibì e Bobò, Sor Pampurio, Mio Mao·) accanto a qualche nuova creatura. Sotto la direzione di Carlo Triberti " iniziata nel 1959 " sâincominciò a sentire aria di novità: i vecchi personaggi vennero gradualmente sostituiti con i nuovi e le didascalie scomparvero per far posto al balloon. Nel 1965 fece la sua comparsa il francese Lucky Luke di Morris su testi di Goscinny. Ma il vero cambiamento doveva verificarsi nel 1968. Il successo riscosso dal Vittorioso fece comprendere alle sfere dirigenti dei P.C.I. la necessità di intervenire sfruttando adeguatamente il nuovo mezzo espressivo. Vide la luce " il 1¡ ottobre 1949 " Il Pioniere che presentò molti punti di contatto con il Vittorioso sebbene i due giornali militassero su fronti ideologicamente opposti. Al pari del suo concorrente Il Pioniere usava per la distribuzione canali analoghi a quelli del suo"concorrenteâ e cioè le cellule del partito e le Case del Popolo. La stessa impostazione grafica ed il rapporto testo-fumetti ricalcavano quello del giornalino cattolico. Nel 1964 Il Pioniere, senza avere mai riscosso il successo del suo antagonista, cessò di esistere come testata autonoma e divenne un inserto dell'Unità del giovedì fino ai primi del â67. Il titolo fu poi ripreso per un supplemento del settimanale comunista Noi Donne. Nella prima metà degli anni Cinquanta furono fatti alcuni tentativi " con scarso successo " per lanciare nuove testate di giornalini. Tra essi ricordiamo:
Il fumetto "nero" è un prodotto italiano che nel breve giro di un decennio o poco più a compiuto una completa metamorfosi. La qualifica "nero" fu attribuita ai fumetti ricci di delitti e violenze, conditi a volte da un velato erotismo, proprio come la cronaca nera dei quotidiani. Il genere neo-poliziesco comparve alla fine del 1962, con la creazione " da parte delle sorelle Angela e Luciana Giussani " di Diabolik. Nasce quindi la figura dell'eroe nero: un individuo violento, eccezionalmente intelligente ed ingegnoso, dai tratti simpatici, individualista, spregiatore di ogni norma e convenzione che non sia espressione della sua megalomania per il trionfo della quale non conosce ostacoli, nemmeno il delitto. E per dar risalto al nuovo eroe gli si contrappone un antieroe " in genere un poliziotto " che simbolizza il resto dell'umanità: patetico ed eternamente perdente. Se a Diabolik va riconosciuta una certa linea di autocensura (assenza di sadismo e di pornografia), non si può dire lo stesso dei numerosi epigoni che lo seguirono. Il fenomeno fu così macroscopico da configurare la trasformazione del genere in"nero-sexyâ. Ricordiamo qui Satanik (creato da Max Bunker, il padre di un altro fumetto nero-sexy: Criminal) più che altro perché " per la prima volta " ha per eroina una donna che, abbandonato il ruolo di comprimaria, diventa la protagonista assoluta, addirittura in posizione di superiorità rispetto al maschio. Il boom degli anni"60 e"70 fu interrotto dall'avvento delle "TV libere" che offrivano gratuitamente e ventiquattrore al giorno programmi di ogni genere. I fumetti nati per un rapido consumo scomparvero e la diffusione del porno in video uccise i fumetti erotici. Gli unici fumetti che resistettero furono quelli in grado di fornire una valida alternativa alla televisione con una alta qualità dei testi e dei disegni ed un lungo tempo di lettura. A partire dagli anni"80 si assiste ad una vera e propria esplosione dei fumetti della Bonelli che sono dei veri e propri romanzi di 96 pagine a cui collaborano tutti i principali autori italiani. Ogni serie è - solitamente - scritta dal creatore a illustrata da 10-15 disegnatori diversi. CONCLUSIONE Possiamo dire che il fumetto, ormai uscito dal ristretto ambito del divertissement infantile è oggetto di una utilizzazione plurima realizzata non solo mediante strumenti tradizionali di diffusione del genere (albi e giornalini per ragazzi), ma anche con ricorso a nuovi strumenti quali il quotidiano, la rivista, il volume e la televisione. Questa utilizzazione si realizza con un imponente produzione editoriale basata sia su traduzioni di storie estere che sulle creazioni di autori nostrani. Al fumetto italiano contemporaneo bisogna riconoscere il merito di aver guardato con un'ottica nuova al mondo dell'immagine a quadretti, di cui è stata recuperata la dimensione colta e in cui si sono riflessi i cambiamenti occorsi nella cultura e nella società e si sono manifestate nuove tecniche figurative.Materiale tratto da MAURICE HORN-LUCIANO SECCHI, Enciclopedia mondiale del fumetto, Editoriale Corno, 1978 |