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PSYCHOMEDIA
ARTE E RAPPRESENTAZIONE
Arti Visive



Considerazioni sulla Scultura

di Alfonso M. Gialdini, Scultore



In occasione della lavorazione di una scultura in materiale particolarmente duro, la fatica, anche fisica, che ho sopportato mi ha permesso di puntualizzare il mio modo di vedere (anche se in parte in quanto scultore) per ciò che riguarda le arti figurative e la scultura in particolare.
Il fatto che a certe considerazioni sia arrivato proprio per le difficoltà e la "sfida" offertami dal materiale non è casuale. Pur essendo convinto che comunque la forma debba dominare sulla materia, (ovvero se il pezzo ha contenuto artistico, in linea di massima il materiale può essere qualunque), mi accorgo che il materiale è più importante dal punto di vista emotivo per l'artista che per l'osservatore. La cosa purtroppo spesso viene rovesciata: l'osservatore dà più importanza al materiale che al contenuto, in un rovesciamento di termini dovuto spesso a motivi strettamente inerenti al mercato.
Quelle che dico non sono novità, ne ha già parlato Moore e ne ha specificato precedentemente il significato Bourdelle, allievo di Rodin. Quest'ultimo, altro non ha fatto che riuscire a dire un sentimento che è parte integrante del vero scultore. Il problema si svolge attorno al concetto di "cristallizzazione" del tempo, o senso del magico o del dio come, a mio parere, sostiene Bourdelle.
Per spiegare questo concetto faccio un confronto rapido fra pittura e scultura. In generale in un quadro si può rappresentare un qualcosa di sfumato nella realtà (paesaggio, natura morta, ecc.) mentre nella stragrande maggioranza delle opere scultoree c'è uno stacco netto fra l'opera e lo spazio circostante o reale, a parte qualche eccezione (vedi interni di Martini). Non è casuale che quasi sempre il soggetto scultoreo sia un corpo o corpi umani (Moore specifica che la sua "guida" è il corpo di donna, cosa che sento e condivido anch'io).
L'effetto "magico" si ottiene "staccando" senza sfumare l'opera nella realtà circostante, cosa che succede quasi inevitabilmente con la scultura: tale effetto porta a "cristallizzare" il tempo: da ciò il dio. Io ritengo la scultura arte più primordiale della pittura: non ha bisogno della mediazione raziocinante per esprimere il concetto evoluto e complicato. Un paesaggio ha bisogno della prospettiva che a sua volta ha bisogno di studio e quindi di una più forte mediazione fra il sentimento e la sua espressione. Lo stesso gesto dello scolpire, ovvero piegare un materiale ribelle al proprio sentire, è quello che permette l'unica mediazione dello scultore, quella fra gli istinti, i sentimenti, la fantasia e la loro realizzazione nel reale e quindi la creatività. Proprio per questo lo scultore talvolta apprezza ed ama il materiale duro e ribelle perché in certi casi vuole esprimere i suoi sentimenti fortemente contrastanti (il titolo spesso non coincide con quello che ha sentito intimamente l'artista, è un'altra mediazione che fa per pudore o per comunicare un modo di vedere più "adulto" all'osservatore), per cui il materiale stesso è in qualche modo simile ai suoi sentimenti; la durevolezza nel tempo del materiale usato vuole affermare il dominio dell'artista su se stesso e dimostrarlo alla persona (o persone) che gli è più cara, ottenendo allo stesso tempo, ma in seconda istanza, l'effetto di "cristallizzazione" del tempo per l'osservatore.



Una nota.

Alfonso Gialdini si occupa di utilizzare la propria capacità artistica presso l'IMFI, Istituto per le materie e le Forme Inconsapevoli, presso l'ex OP di Genova Quarto. Nel lavoro di riabilitazione e cura dei pazienti cronici si è impegnato da tempo con entusiasmo e competenza. Le considerazioni che ci invia sono un sostrato importante per l'applicazione con questi pazienti. (Luca Trabucco).


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