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PSYCHOMEDIA
RELAZIONE GRUPPO<=>INDIVIDUO
Scuola e Istruzione



UN PERCORSO DI FORMAZIONE PER GLI INSEGNANTI AL LABORATORIO PSICOANALITICO "SAN LORENZO" DI ROMA

di Olimpia Di Stefano, Teresa Ponzianelli, Riccardo Lancellotti



L'esperienza di cui ci accingiamo a parlare ebbe inizio due anni fa per iniziativa di alcuni insegnanti, che desideravano incontrarsi per discutere liberamente sulla loro esperienza educativa in un contesto diverso da quello abituale, fatto di riunioni istituzionali e di corsi di aggiornamento basati sulla trasmissione di contenuti. Avvertivamo l'esigenza di lavorare insieme con persone che, come noi, desiderassero confrontarsi e riflettere sulla possibilità di comunicare in maniera diversa con i colleqhi e con gli alunni, dando spazio alle emozioni, alla creatività, al pensiero di tutti.

Chiedemmo aiuto ad alcuni psicoanalisti del Laboratorio psicoanalitico "San Lorenzo" di Roma, ritenendo che fosse necessario l'incontro con una esperienza diversa dalla nostra, ma fondamentale per acquisire nuovi strumenti di interpretazione delle dinamiche di gruppo e per trasformare le nostre modalità di rapporto nella classe e con i colleghi. Così nacque il gruppo, che ha continuato a lavorare per due anni, arricchendosi via via dell'apporto di nuovi componenti o perdendone alcuni durante il percorso.

L'ipotesi di lavoro da cui siamo partiti è stata quella di una ricerca sulla possibilità di pensare insieme in gruppo: traendo spunto, di volta in volta, dalle "urgenze" che qualcuno di noi avvertiva particolarmente impellenti in quel momento ed associando ad esse i vissuti, le osservazioni, le riflessioni di tutto il gruppo; per arrivare eventualmente ad individuare un modo nuovo di considerare il problema, alla luce degli apporti degli altri membri del gruppo e grazie anche ad una chiarificazione rispetto alle proprie emozioni, generate da quel problema.
Una prima conquista importante è stata quella di imparare a non proiettare all'esterno, verso il bambino-problema o verso il capro espiatorio di turno, le proprie difficoltà individuali o le difficoltà del gruppo, bensì a ritrovare in noi stessi le parti non accettate, non accolte, non risolte.

Man mano che il gruppo procedeva ci rendevamo conto dei cambiamenti che avvenivano dentro di noi e nel nostro modo di insegnare. R., insegnante di liceo, riferiva al gruppo con entusiasmo la scoperta di una possibilità di verificare l'apprendimento conseguito dalla classe attraverso la discussione, anziché attraverso aride interrogazioni. Tale verifica si trasformava in un momento di reale educazione, cioè nel 'trarre fuori' dal gruppo le idee, le conoscenze, le riflessioni maturate dai ragazzi; riflessioni che venivano cosi integrate nel patrimonio comune, diventando più ricche e feconde man mano che il gruppo interveniva e prendeva coscienza della diversità dei punti di vista e degli approcci, anche apparentemente incongrui o banali dei singoli membri.

Emergeva così la possibilità di costruire una cultura viva, nata dalla messa in comune delle esperienze individuali, e non legata alla passiva trasmissione di contenuti preformati. T., insegnante di sostegno, si rendeva conto, dopo il trasferimento in una nuova scuola, di come una rete di relazioni tra gli operatori scolastici e la classe sia fondamentale perché il bambino handicappato venga realmente integrato, ascoltato, e possa diventare un elemento arricchente per il gruppo-classe e per lo stesso team docente. R., direttore didattico, rifletteva sull'importanza che assumono i vissuti e le aspettative di un gruppo e quindi della possibilità di far emergere il nuovo anche all'interno di una istituzione regolata da adempimenti ritualizzati. O., insegnante elementare, ricordava i suoi tentativi di condurre il gruppo-classe, durante le conversazioni libere di venti anni prima, in cui si poneva come interlocutore unico rispetto al gruppo, e come questa pratica fosse cambiata nel tempo, conducendola a porsi come garante del gruppo riguardo alla possibilità di avere spazio e tempo per il pensiero e le emozioni, ma cercando di lasciare il gruppo libero di interagire autonomamente, tuttalpiu' guidandolo attraverso poche domande e non attraverso risposte.

Composizione del gruppo

Il gruppo, come abbiamo detto, è nato da un'esigenza di confronto tra esperienze diverse, ma tra persone accomunate dall'interesse per il mondo della scuola. Il gruppo si è costituito nel corso del tempo in modo spontaneo (intendiamo dire, con questo, che non c'è stata una volontà manifesta di coinvolgere o bilanciare determinati ruoli), dal confluire dell'interesse di operatori scolastici con diversi ruoli e responsabilità. Questo dimostra che sta nascendo una sensibilità verso tematiche che accomunano operatori di divesi ordini e gradi di scuola: insegnanti curricolari di scuola elementare, media e secondaria superiore, insegnanti di sostegno di scuola elementare e media, dirigenti scolastici.

La partecipazione di docenti di discipline diverse (filosofia, lettere, matematica e fisica), quindi non solo umanistiche, ma anche 'normalmente' lontane dalla riflessione sulla dimensione relazionale, avvalora l'ipotesi dell'esistenza di un tentativo di creare un terreno comune, che contribuisca ad abbattere le barriere che ancora rendono difficile la comunicazione tra ordini di scuola diversi. Il risultato di tutto questo è stato un ampliamento di prospettive: chi era arrivato al gruppo con l'aspettativa di risolvere i problemi di funzionamento solo della propria classe, ha nel tempo modificato il proprio vertice di osservazione, allargandolo alla complessità del mondo della scuola e delle sue varie componenti: alunni, genitori e operatori.

Contenuti dell'esperienza

Essendo il nostro un gruppo esperienziale, non aveva tematiche predefinite. E' interessante tuttavia ricordare che, attraverso i nostri interventi, sono "entrati" nel gruppo gli zingarelli di Colli Aniene, i naziskin di Centocelle, i bambini "diversi" o difficili, ecc.; questi "membri virtuali" sono stati vissuti inizialmente come elementi poco integrabili, ma poi accolti, in seguito, con un cambiamento di prospettiva che ha permesso di percepire la conflittualità di relazioni dovuta ad una nostra incapacità di integrare le diverse parti di noi stessi, proiettando all'esterno le emozioni che non riuscivamo a trattare. In altre parole, si è verificato un cambiamento di direzione che portava a riconoscere come propri elementi che venivano attribuiti all'altro, e a modificare così il nostro modo di rapportarci al problema, mettendo in discussione noi stessi.

Spazio e tempo

L'esperienza del gruppo ci ha permesso di dare spazio e tempo all'ascolto e alla elaborazione di emozioni che, troppo spesso, vengono evacuate o agite nel contesto della pratica quotidiana nelle nostre classi. Parallelamente abbiamo compreso l'importanza di dare spazio all'ascolto dei bambini, che in tale modo possono conquistare la capacità di metabolizzare le emozioni e di trasformarle in pensiero. Ciò significa, per l'insegnante, sapersi porre nei confronti dei bambini sospendendo memoria e desiderio e cercando di essere veramente presenti nell'hic et nunc dell'esperienza vissuta.

Conclusioni

Ci sembra sia giunto il momento, per il mondo della scuola, di comprendere quanto gli aspetti relazionali ed affettivi non possano essere disgiunti da quelli culturali nella crescita dell'allievo e nella crescita parallela dell'insegnante. La percezione della propria appartenenza ad un gruppo contribuisce in modo determinante alla maturazione dell'identità personale; dando così anche il senso di un diritto ad esserci, ad avere un proprio spazio. Qualche giorno fa, una delle nostre alunne, osservando l'insegnante che tracciava un sociogramma della classe, nel vedere il proprio nome inserito nella rete di relazioni disegnata sul foglio, ha esclamato gioiosamente: "Che bello, ci sono anch'io! Allora esisto!".

BIBLIOGRAFIA

BION R., Esperienze nei gruppi, Roma, Armando, 1971
NERI C., Gruppo, Roma, Borla, 1995
POMPEI M. (a cura di), L'inconscio nella pratica educativa, Firenze, La Nuova Italia, 1995


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