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Trasgressione e Reclusione



Circolo ACLI "Incontro e Solidarietà" di Rebibbia

"PROGETTO ULISSE"

Primo schema per la preparazione di un convegno
che dovrebbe tenersi nel carcere di Rebibbia-Penale (Roma)



Il progetto ULISSE, redatto tra febbraio e maggio 1997, proponeva di intraprendere un viaggio nell'universo carcerario. Un viaggio segnato da varie scoperte e tappe della ricerca fra le quali emergeva l'analisi delle ragioni della nascita del manicomio criminale, così come si è venuto a configurare nell'ultimo secolo; parallelamente, una ricerca sul percorso per la loro chiusura così come, attraverso la legge 180, quella dei manicomi civili. Se l'obiettivo strategico del progetto ULISSE è quello di definire una proposta di legge per la chiusura dei manicomi criminali, dentro questo viaggio, una delle tappe fondamentali è quella di potenziare l'esperimento di cura e di recupero nella struttura dei minorati psichici presenti nel carcere di Rebibbia-Penale.

Il nostro progetto assume quindi come punto di partenza fondamentale, il fatto che nel nostro carcere funziona una sezione per minorati psichici.
Attorno a loro si sono sviluppate delle esperienze di sostegno che hanno immediatamente messo in luce i problemi che "strutture aperte" di assistenza ai minorati psichici sollevano. Questi problemi riguardano sia gli istituti di provenienza dei minorati psichici (gli OPG), sia le forme di esistenza dei malati nel carcere "aperto", sia infine il loro reinserimento nella vita sociale.

nel momento in cui si pone in generale il problema di una ristrutturazione profonda degli OPG, sembra, agli organizzatori del convegno, che l'approfondimento dello studio di strutture intermedie d'accoglimento dei minorati psichici (come quella rappresentata da Rebibbia e da altre esperienze analoghe) possa costituire un obiettivo strategico di intervento riformatore, che accompagni e sostenga ogni dispositivo di superamento effettivo degli OPG. Ed in particolare che il modello disegnato dal PROGETTO ULISSE possa porsi in feconda alternativa (di discussione e sperimentazione) rispetto ad ogni altro progetto che preveda, in forme più o meno surrettizie, di prolungare l'esistenza dei manicomi criminali. Vogliamo credere che le attuali condizioni politiche consentano di avviare una sperimentazione, larga e rigorosa, che si ponga in maniera radicale il problema del superamento degli OPG.

Gli inviti del comitato promotore a partecipare al convegno, oltre che agli specialisti ed ai politici (amministratori, giuristi e professionisti del settore) saranno rivolti a tutti coloro che sul territorio operano a contatto con queste realtà, nello spirito della loro riforma.


Obiettivi del convegno

Nella preparazione di questo convegno siamo dunque partiti dalla riflessione sull'esperienza di "ibridazione carceraria" di detenuti comuni e detenuti minorati psichici che si sviluppa nell'Istituto Penale di Rebibbia a Roma. Abbiamo cercato di comprendere vantaggi e svantaggi di questa esperienza. Dei vantaggi è presto detto: rottura dell'isolamento psichiatrico, riappropriazione di spazi umani e sociali da parte dei detenuti minorati psichici, loro immissione a pieno titolo nelle attività dell'istituto (artistiche, culturali, sportive) e, quindi, apertura di percorsi rieducativi e prospettive di liberazione. Ma, soprattutto, la nostra esperienza verifica l'alta valenza positiva dell'intervento di persone detenute su altri compagni, detenuti essi stessi, in condizione di disagio psichico.

Quanto ai limiti, essi hanno soprattutto riguardato l'inadeguata capacità di sostegno e cura dei minorati psichici: innanzitutto limiti dell'intervento psichiatrico, poi difficoltà di intervento psicologico e assistenziale, legate alla complessità dei problemi da affrontare.

Ora, i vantaggi superano largamente i limiti.. Noi sosteniamo dunque che l'ibridazione di detenuti "normali " e "minorati psichici" possa costituire una linea da seguire sperimentalmente ed istituzionalmente. Noi sosteniamo cioè la possibilità di sperimentare in un ristretto numero di istituti, che presentano caratteristiche di "comunità aperte", il progetto di Rebibbia, perfezionandolo certo e superando i limiti che la sua complessità presenta.


1) Un programma di potenziamento di strutture ibride prevede innanzitutto la determinazione di strumenti amministrativi adeguati.

Questi strumenti che nascono dalla sperimentazione, dovranno trovare nell'organizzazione amministrativa delle Regioni un quadro normativo adeguato.

- Criteri di selezione dei portatori di disagio psichico
- Modalità di funzionamento dei reparti
- Qualità del sostegno psicologico, dell'intervento psichiatrico, dell'appoggio assistenziale e dell'attività culturale
- Budgetzzazione, ecc.

L'insieme dei criteri di selezione, sostegno, indirizzo, e delle norme do gestione di questo esperimento debbono naturalmente nascere da un approccio integrato degli operatori impegnati, non trascurando la coordinazione di quanto già esiste.

Va qui sottolineato che il progetto amministrativo deve strutturare un sistema coerente, un dispositivo nuovo su tutti i punti indicati, le cui procedure non ostacolino lo sviluppo del progetto.


2) Ciò detto, allo scopo di potenziare la sperimentazione nella situazione attuale, il primo obiettivo è quello di formare una professionalità capace di costruire delle strutture aperte ibride e di gestire, puntualmente e con continuità, l'attività dei minorati psichici al loro interno. E' quindi urgente costruire un percorso di qualificazione del personale medico e paramedico, di custodia e del trattamento, nonché del volontariato espresso da detenuti interessati e motivati.

Bisogna qui insistere sul fatto che l'attività dei detenuti che vivono in contiguità con i minorato nelle case di reclusione costituisce un elemento centrale ad alta valenza positiva nel progetto e, probabilmente, la condizione della sua riuscita. Il volontariato dei detenuti (sia esso retribuito o meno) dovrà dunque non solo essere sollecitato, ma anche adeguatamente preparato all'espletamento del progetto.

A questo scopo dovranno essere fin da subito allestiti degli "stages" di preparazione e di formazione permanente per le varie categorie di personale e di volontariato impegnate nel progetto, facendo tesoro delle esperienze già attuate in analoghe situazioni.

Questi stages, opportunamente collegati alle strutture amministrative degli istituti che sperimentano il progetto, costituiscono il cuore dell'iniziativa. In essi infatti, formazione, sperimentazione, verifica e proposta politica possono camminare insieme e misurare i passaggi di realizzazione del progetto.


3) Oltre al volontariato dei detenuti, noi pensiamo che il "volontariato professionale esterno" possa essere immesso nel progetto. Ciò implica una precisa definizione dei ruoli e delle funzioni di questo volontariato. La necessità del collegamento dell'esperienza ULISSE al volontariato esterno e all'associazionismo, oltre che dagli indubbi vantaggi che esso può determinare per quanto riguarda le gestione interna dei minorati psichici, è comunque evidenziata dal fatto che esso può creare un legame operativo del progetto verso il territorio e la società civile.

4) Per finire, il problema del reinserimento nella vita sociale dei minorati psichici. Inutile insistere sulle difficoltà che questo problema oggi incontra: basti sottolineare l'incerta e insufficiente applicazione della legge Gozzini per questi soggetti, per non tacere poi le inaudite difficoltà che, lasciati soli, essi trovano all'uscita dal carcere. Ma a questo proposito vanno di nuovo interpellati l'amministrazione penitenziaria e gli organo legislativi regionali, al fine di assicurare un assetto normativo capace di contenere e di mettere in atto nuove definizioni giuridiche della fattispecie di "pericolosità sociale" dei minorati psichici (per esempio problemi legati alla revoca della qualificazione, ecc.)

Nel progetto ULISSE si prevede la costituzione di cooperative che, già all'interno degli istituti, programmino la progressiva dimissione dei detenuti malati, ovvero la loro allocazione in comunità esterne di sperimentazione e di inserimento.

Nelle case di accoglienza i minorati psichici saranno seguiti ventiquattro ore su ventiquattro da personale paramedico, da detenuti professionalizzati in Art. 21 e da personale volontario.

A partire dalle comunità esterne sarà attivata l'opera di inserimento sociale del detenuto in stato di disagio psichico in collegamento con gli assistenti sociali, in vista poi del reinserimento nel mondo del lavoro. Queste comunità, gestite dalle cooperative di servizi nate all'interno degli istituti penitenziari, agiranno in collaborazione con le strutture sanitarie territoriali. Disponibilità a sostenere questa iniziativa è già stata offerta dalle ACLI Provinciali di Roma, dalla Caritas e dalla Chiesa Avventista.

Il Presidente del Circolo ACLI di Rebibbia-Penale
Giulio Vanacore

Il Responsabile del PROGETTO ULISSE
Domenico Giglio


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