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PSYCHOMEDIA
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Magia, sciamani e guaritori



Anital, pittura sacra dell'India tribale:
un patto d'alleanza fra vivi e defunti dipinto dagli sciamani dell'Orissa meridionale

di Stefano Beggiora



[O antenati] Venite nel corpo e nella mente,(1)
venite per capire la causa della malattia.
Venite e immediatamente,
io vi informerò della situazione.
Padri dei padri, madri delle madri,
kuramboi antiche[spiriti delle sciamane delle precedenti generazioni], venite!
Spiriti dei Lanjia Saora, dei e dee stranieri
da terre lontane, venite!
Dei e dee venite tutti nel luogo della p_j_ [rituale].
Da Depaual e da Juraual [luoghi dell'origine del mondo], dei e dee
venite nell'anital [sacro dipinto murale]
O antenati, io vi prego: venite nel Kuikui Raraol.2
Dei e dee, kuramboi tutte, venite nel dipinto
che vi indico e, quando sarete giunti, io solo potrò
vedere le vostre impronte
sul terreno [...].
Vengano gli appartenenti al birinda [clan],
non vengano gli altri.
Ildaji maneji [rispettabili antenati], vi invoco, venite!

Il territorio dell'Orissa, uno degli stati tropicali dell'India, si estende lungo il corso del Mahanadi e nella zona costiera del suo delta. Le aree rurali delle verdeggianti pianure costiere, lasciano spazio alla foresta che ricopre gli altopiani dell'interno. E' una regione abitata da numerose etnie, e fra queste i Lanjia Saora - o Saora delle colline - costituiscono, assieme ai vicini Khond, uno dei maggiori gruppi tribali della zona. Il territorio di questa comunità si estende nella giungla degli altopiani a sud dei distretti di Rayagada e Gajapati, in un'area compresa tra Udayagiri a nord, Gunupur a ovest e Parlakhemundi a sud, a pochissima distanza dall'Andhra Pradesh.
I Saora vantano antichissime origini riportate nei testi sacri dell'Hinduismo, ma ancor oggi all'interno della tribù si tramanda una tradizione di tipo sciamanico. In questa peculiare cultura, la visione del mondo è codificata attraverso la costante fusione della realtà empirica, oggettiva, della vita quotidiana e la realtà sottile delle entità soprannaturali che compongono la natura stessa. Il territorio circostante - quindi, la foresta e le colline - sono intese come il regno delle divinità, o meglio, degli spiriti naturali, delle deità ancestrali, che in lingua Saora prendono il nome di sonum. Essi presiedono alle manifestazioni della natura e al ciclo di alternanza delle stagioni; possono comparire in sogno o durante la trance agli sciamani della tribù e sono onorati nelle loro dimore potenziali distribuite sul territorio. In alcune tribù, così come fra i Saora, tali luoghi prendono il nome di Case. Possono essere più d'uno per ogni spirito conosciuto e sono intese come potenziali poiché le stesse entità sono immaginate spostarsi fisicamente nella regione e decidere se fermarsi o meno in un determinato sito. Alcuni sono veri luoghi di culto, in cui lo spirito è chiamato a prender dimora per ricevere le offerte donategli. Si inscrive così nel territorio della tribù, accanto all'insieme dei villaggi e delle zone abitate che costellano l'area, una e vera e propria geografia sacra fatta di rocce, alberi, crocevia e cascate riconosciuti come sacri dagli sciamani del luogo. Le vie di comunicazione sottili fra le Case degli spiriti, secondo tale tradizione, sembrano intersecare trasversalmente i sentieri battuti dagli uomini, formando una sorta di griglia, un codice segreto d'unione fra dimensione naturale e soprannaturale.
E' interessante inoltre notare come l'universo, secondo la tradizionale concezione delle tribù Saora, sia immaginato essere fondamentalmente bipartito fra la dimensione terrena, il mondo dei vivi, e una estensione ctonia, ovvero il mondo dei morti. La prima coincide con la superficie terrestre il cui ipotetico centro è proprio la comunità del villaggio, circondata dal territorio selvaggio in cui vivono gli animali e gli spiriti naturali, i quali tuttavia condividono con l'uomo la stessa dimensione spaziale. L'aldilà è invece quasi universalmente inteso svilupparsi al di sotto della superficie terrestre pur mantenendone caratteristiche analoghe. E' questa la dimensione a cui esclusivamente sono destinati i defunti, che qui sono immaginati rinascere a una seconda vita e affrontare una nuova esistenza di natura incorporea. Pur mantenendo caratteristiche morfologiche affini al mondo reale, l'universo ctonio è generalmente dipinto a tinte fosche. Per i Saora, ad esempio, qui non sorge mai il sole; si tratterebbe quindi di un mondo oscuro, fatto d'ombre, in cui regna un gelo perenne. Per questi motivi le anime dei defunti sono immaginate spaurite, infreddolite e affamate, poiché pur coltivando i campi delle piantagioni del mondo sotterraneo, i frutti ottenuti da tali fatiche, risultano per loro natura alquanto miseri. Tale concezione starebbe alla base dell'idea di perpetua migrazione dei defunti verso il mondo dei vivi.
E' interessante notare come ogni malattia, ogni incidente, qualsivoglia avvenimento di una certa pericolosità o comunque al di fuori della norma, sia, in questa comunità, inteso come l'azione di un agente soprannaturale. Se tale evento non fosse direttamente attribuito dagli sciamani all'azione nefasta di un qualche spirito maligno, generalmente le cause sono riscontrate nell'azione dell'anima di un defunto o di un antenato. Infatti, oltre alle visioni oniriche indotte da tali entità, anche la malattia, la rottura di oggetti o altro ancora, sono ritenute essere l'unica modalità di comunicazione che gli spiriti dei trapassati hanno per entrare in contatto con i vivi. Nel caso di antenati o tutelari protettori del clan, tali 'apparizioni' potrebbero essere foriere di messaggi o avvertimenti importanti. In altri casi le anime dei defunti migrerebbero verso l'alto per ricevere cibo, offerte e attenzioni dai propri familiari in vita o per ammonirli a causa di qualche possibile dimenticanza nell'osservazione del loro stesso memoriale. Si noti infatti che le cerimonie funebri sono una prerogativa di accesso e rinascita nell'aldilà. Tali celebrazioni, fra i Saora, sono molto complesse; successivamente alla cremazione del corpo, dopo un lasso di tempo di circa dodici giorni, è previsto il sacrificio di un bufalo, la cui anima è ritenuta accompagnare il defunto verso una felice dimora ctonia. Le ceneri altresì sono inumate nel ganuar, il luogo in cui si erigono dei megaliti in memoriale dei defunti. Tale complesso rituale prende il nome di guar, ma vi sono poi successive ricorrenze annuali in cui tutti i defunti del clan sono ricordati e commemorati.
Il legame quindi esistente tra gli abitanti dei villaggi e i propri antenati è indubbiamente molto forte. Più il culto dei defunti è osservato, più questi ultimi risulteranno pacificati ed appagati dalle offerte della tribù. Le loro apparizioni si faranno più sporadiche, staccandosi sempre più dalla dimensione terrena e cristallizzandosi nella nuova forma sottile. Ciò significa che, se l'anima di un defunto è appagata e ogni memoriale si è svolto correttamente, questa gradualmente si trasformerà da spirito in pena a tutelare e infine in antenato. È come se l'anima stessa attraversasse diversi gradi di manifestazione, in cui primi siano sintomaticamente e potenzialmente pericolosi, mutandosi poi in atteggiamenti più benevoli e protettivi.
Alcuni studiosi - ma il fatto è notorio e abbiamo avuto occasione di documentarlo qui come in altre comunità del Subcontinente indiano - hanno individuato il principio di una sorta di mutuo 'nutrimento' fra i vivi e i defunti, presso tali culture. Le anime degli antenati, pressoché ovunque, sono immaginate, dopo qualche tempo, lasciare a loro volta il mondo dei defunti per rinascere o manifestarsi altrove in forme ancora più sottili o rarefatte. Generalmente il periodo di permanenza nell'aldilà coincide con il tempo della memoria dello stesso defunto in seno alla propria comunità. Ora, secondo le concezioni religiose di tali gruppi, se questa ulteriore trasformazione si verifica, questo è segno che tutto si è svolto nel migliore dei modi. I defunti quindi lascerebbero, dopo la seconda dipartita, una sorta di sostrato 'animico', più sottile ancora dell'anima stessa, che costituirà l'elemento essenziale per la potenziale fertilità della terra, negli anni a venire. Nutrire quindi gli antenati tramite le offerte, per gli sciamani, costituirebbe non solo celebrarne il memoriale, ma anche costruire i presupposti perché il proprio territorio sia vivo e fertile per i propri discendenti e le generazioni a venire.
Tale senso di ancestralità clanica sembra, fra i Lanjia Saora, essere rafforzato dal complesso codice di dipinti murali comunemente conosciuto come anital.
Durante la nostra permanenza in Orissa, abbiamo avuto occasione di visitare altre tribù della zona, e in tutte, abbiamo riscontrato una certa attitudine alle pitture murali. In un modo o nell'altro ogni dipinto è collegato a una qualche idea religiosa, a una particolare ricorrenza, o ad un semplice rituale in onore della divinità. Si consideri tuttavia che l'arte della pittura e decorazione murale è diffusissima in tutta l'Orissa, ovviamente eseguita a scopo estetico, ma come qualsiasi altro aspetto della cultura indiana, non decontestualizzabile dalle basi culturali e religiose della popolazione in questione.
L'anital saora tuttavia, in nessun caso sarebbe da considerarsi come arte, né ha scopo decorativo. Mentre fra gli altri gruppi tribali l'artista esegue l'opera sui muri esterni delle capanne, gli anital hanno carattere riservato; trascendendo il lato estetico, sono realizzati tutti all'interno della casa.
Si tratta di raffigurazioni che narrano la trama di un sogno o di una visione, laddove questi siano considerati delle reali apparizioni di spiriti o di defunti. L'esigenza quindi di creare un anital deriverebbe da un difficoltà affrontata dal commissionante o da una rottura dell'armonia fra mondo naturale e soprannaturale.
Per inciso osserveremo che il termine anital deriva dalla radice verbale saora id-, scrivere, e dal sostantivo talan (probabilmente la contrazione di kitalan), muro, quindi il termine può essere tradotto come scrittura o pittura murale. Il nome del cosiddetto anitalmaran, l'esecutore, è quindi traducibile con uomo-pittura. Egli era anticamente un adepto dello sciamano, che tracciava il disegno sotto la sua supervisione, oppure lo sciamano stesso poteva di suo pugno raffigurare la visione avuta in sogno dal commissionante.
La supervisione è un aspetto importantissimo di questi riti, in quanto, manifestandosi attraverso il corpo dello sciamano in trance, lo spirito a cui l'anital è dedicato esprimerà in seguito il proprio parere sull'opera. Per questo motivo nessun particolare dev'essere omesso, dagli eventi svoltisi, ai simboli sacri, ad ogni singolo oggetto appartenuto in vita al trapassato. Per la maggior parte dei casi infatti, i disegni sono eseguiti in onore dei defunti, per placarli e per suggellare patti con loro. Ad esempio in casi di possessione o di infestazione della casa, qualora lo sciamano ritenesse non sufficiente il sacrificio, può consigliare, unitamente al rito, l'esecuzione di una pittura murale per gli antenati. Il rapporto con questi ultimi, come abbiamo visto, è profondo. L'anital eseguito in loro onore è, in un certo senso, la forma scritta del patto di alleanza fra viventi e defunti. Per fare un altro esempio, qualora un antenato, come spesso accade in queste tribù, si manifestasse per la donazione del nome ad un piccolo discendente, proponendosi come suo tutelare, sarebbe richiesta anche la pittura dell'anital. Generalmente accade che un bambino manifesti febbri o altri disturbi; lo sciamano in trance codificherà tale caso come la presenza di un tutelare, la cui via di pacificazione sarà l'eredità del nome dell'avo per il nuovo nato e l'invito formale allo spirito protettore a prendere dimora nel dipinto a lui dedicato. In molti casi, come abbiamo visto nel canto d'introduzione, di fronte a queste simboliche dimore, sono materialmente appese delle brocche in terraccotta o in ottone che conservano le offerte dedicate agli spiriti. Gli anital diventano quindi case nelle case.
Case degli spiriti e dimore degli antenati, spazio empirico e universo ctonio, centro del villaggio e territorio, diventano i poli attorno a cui si sviluppa questo peculiare e complesso cosmo sciamanico. Un'idea di spazio codificabile solo attraverso il rapporto intimo fra uomo e natura e il senso di appartenenza di un popolo alla sua terra.


Bibliografia:
- Beggiora S. (2003) "Buffalo Sacrifice and Megalitic Cults in the Shamanism of Orissa tribes. A Central-Asiatic Model." CAJ, Harrassowitz, vol 47, Wiesbaden.
- Beggiora S. (2003), Sonum. Spiriti della giungla. Lo sciamanismo delle tribù Saora dell'Orissa, Franco Angeli Editore, Milano.
- Elwin V. (1948), "Saora Pictographs", in: Marg, II, 3.
- Elwin V. (1955), The Religion of an Indian Tribe, Oxford University Press, London (Bombay).
- Elwin V. (1959-60), "Ritual Conduct of the Savaras", in: Marg, XIII, 1.
- Furer-Heimendorf C. von (1943); "Megalithic Ritual among the Gadabas and Bondos of Orissa"; JRASB Letters; IX.
- Sitapati G.V. (1938-43), "The Saoras and Their Country", in: J. Andhra Hist. Res. Soc., XII, 2 (1938), XIII, (1940-41), XIV (1943).
- Vitebsky P. (1993), Dialogues with the Dead, Cambridge University Press, New Delhi.

Filmografia:
- Guar di Regingtal. Una cerimonia funebre fra i Lanjia Saora dell'Orissa; documentario a cura di Stefano Beggiora. Depositato presso Università Ca' Foscari di Venezia, Dip. di Studi Eurasiatici.

Note:
1) Si tratta di un estratto da un canto rituale di una sciamano che precede la sua caduta in trance. L'incipit è una chiara allusione alla possessione. Lo sciamano apertamente chiama gli spiriti a prendere possesso del suo corpo.. Il riferimento alla mente sembra esplicitare il desiderio di comprensione da parte dello sciamano della situazione contingente: infatti si tratta di un rituale di guarigione a scopo esorcistico.
2 È il vaso di terracotta usato per il rito, in cui si preparano le offerte per gli spiriti e dove si immagina che essi possano discendere. Di norma queste brocche sono appese di fronte ai dipinti murali consacrati. Tale atto simboleggia - come vedremo nel presente studio - la permanenza potenziale dello spirito del defunto nel dipinto a lui dedicato, come si trattasse di una nuova dimora. Si veda la figura 7.


Didascalie:

Fig 1. Donna Kuttia Khond, villaggio di Kranja (Orissa)


Fig 2. Ragazza Desia Khond con i caratteristici tatuaggi, villaggio di Parampanga (Orissa)


Fig 3. Sciamana Saora in trance mentre indossa la veste bianca donata al defunto durante il guar, villaggio di Regingtal (Orissa)


Fig 4. Sciamana Saora trae divinazioni tramite la tecnica di scuotimento del vaglio per il riso, villaggio di Pattili (Orissa)


Fig 5. Sciamana Saora del villaggio di Odaser (Orissa)


Fig 6. Megaliti in onore dei defunti presso il ganuar del villaggio di Tolna (Orissa).


Fig 7. Anital della casa di uno sciamano al villaggio di Dengorjango (Orissa).



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