PM --> ENGLISH HOME PAGE --> SECTIONS AND AREAS --> NEWS --> TRAUMA AND SOLIDARITY

PSYCHOMEDIA
GROUP<=>INDIVIDUAL RELATIONSHIP
Society, Trauma and Solidarity



Beni relazionali e gruppi di acquisto solidali

Emanuela Coppola*, Antonino Giorgi** Girolamo Lo Verso***



Riassunto(1)
I GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) si stanno sempre più diffondendo e rappresentano un vero antidoto alla competizione economica, affettiva ed esistenziale che sembra marcare dimensioni ampie e svariate della società attuale. La riscoperta dei prodotti tipici, l'incontro diretto con i piccoli produttori, la gruppalità dell'acquisto e della fruizione dei prodotti, insieme alla comunione di spesa, sono solo alcuni dei processi rivoluzionari innescati da questi gruppi, azioni socio-economiche che sembrano ricucire, acquisto dopo acquisto, una rete relazionale intorno all'economia reinserendola nel registro delle "cose umane" da cui, in tempi recenti, sembrava essersi irrimediabilmente allontanata. I GAS producono beni relazionali perché instaurano occasioni d'incontro da cui è possibile trarre soddisfazione emozionale, e fondano contesti di pensiero critico, congiunto e partecipato sui consumi che in questo mondo si sostanziano di una storia relazionale e guadagnano in sostenibilità. Pertanto i gruppi di acquisito solidale sono, non soltanto uno strumento valido per promuovere sviluppo locale e globale, ma diventano un potente mezzo clinico-sociale per diffondere cultura di rete e avviare una nuova fondazione della maglia transpersonale che l'individualismo estremo sta progressivamente sfibrando.

Parole chiave:
beni relazionali, sviluppo sostenibile, reciprocità, economia relazionale, Gruppi Acquisto Solidale.

1. Premessa
In un precedente lavoro(2) (Giorgi, 2007), ci siamo occupati, da un vertice Gruppoanalitico Soggettuale (Lo verso, 1989, 1994), di approfondire una prima sistematizzazione epistemico-teorica del concetto di bene relazionale. Questa esigenza scaturiva principalmente dalla scoperta presenza di un allineamento tematico tra la nostra prospettiva teorica e quella che regge l'attuale economia ad orientamento relazionale. In particolare, la convergenza concettuale e la nostra piena condivisione dei contenuti faceva riferimento alle recenti elaborazioni sullo sviluppo economico: esso e i suoi esiti sono fondamentalmente legati anche alla qualità delle relazioni interpersonali (Bruni, 2006; Sacco & Zamagni, 2006). In quel lavoro, infatti, la tesi centrale si articolava intorno all'idea che lo sviluppo economico non può essere considerato né indipendente dallo sviluppo delle persone né tantomeno dalle loro soggettività e reciproco riconoscimento. Di conseguenza, i beni relazionali venivano a ragione proposti come strumento trasformativo capace di influenzare ed orientare lo sviluppo umano ed economico verso modalità sostenibili(3) (Giorgi, 2007).
In questa direzione, sebbene attualmente lo sviluppo(4) economico globale coincide quasi perfettamente con le modalità depauperanti tipiche di Homo Economicus(5), si assiste contemporaneamente ad un continuo sviluppo di trend sociali, legati a diverse matrici ideologiche e culturali, che rivendicano stili di vita e di consumo più sobri, più attenti all'ambiente naturale e avversi all'edonismo contemporaneo. Queste nuove tendenze socio-economiche danno origine ad esperienze relazionali capaci di contribuire ampiamente alla costruzione di reti sociali(6), favorendo uno sviluppo economico partecipato(7) e sostenibile proprio perché esse si pongono come naturali generatrici di beni relazionali(8).
Alla luce delle considerazioni sopraesposte, questo lavoro si pone un duplice obiettivo. In primo luogo, s'intende approfondire alcuni aspetti di precedenti studi sui beni relazionali (Giorgi, 2007; Prestano e Lo Verso, 2004; Brunori, 2004) percorrendo una lettura congiunta degli assunti sottostanti all'economia relazionale e alla Gruppoanalisi Soggettuale, successivamente s'intraprenderà l'esplorazione, come fondamento e punto di partenza per successivi studi, di una particolare esperienza "gruppale" di economia relazionale sul campo: i gruppi di acquisto solidale (succintamente GAS).

2. Economia e relazionalità
Il termine economia (oikos: ambiente domestico e nomos: regola) (Zanichelli, 2004), nella sua forma linguistica più pura, fa riferimento ad un principio di regolazione critica delle risorse a disposizione in un determinato ambiente, lasciando intravedere in filigrana la presenza di un modello di distribuzione equa e disciplinata dei beni (e dei servizi), in grado di alimentare, in maniera bilanciata, i vari comparti di un sistema, permettendo il suo funzionamento complessivo, dai nuclei di controllo alle porzioni periferiche.
é intrinseca in questa definizione un riferimento alla circolarità e alla relazionalità che intercorre tra i settori di ogni organismo economico (organizzazione, persona ecc.), in cui ciascuno è interconnesso all'altro, è informato dell'altro ed è immesso in un processo di costante e mobile configurazione reticolare. La disposizione reticolare contribuisce all'intreccio di profili intersoggettivi complessi, in cui l'incontro, la relazione, la solidarietà e la reciprocità sono le direttrici per la strutturazione di un sistema di "economia civile" (Genovesi, 1765; Bruni e Zamagni, 2006) che, in similitudine con quello nervoso(9), si basa sull'integrazione e sulla retroazione (circolarità) delle scelte e dei percorsi d'attuazione(10).
In verità, come spesso accede, il significato etimologico risulta essere molto distante dalle accezioni che i termini operativamente acquisiscono nel vivere quotidiano. Specialmente nell'ultimo secolo, l'economia (organismi economici e sviluppo economico), di fatto, hanno sempre più coinciso con la categoria di Homo Economicus nella sua versione più estrema: quella psicologicamente asservita all'arricchimento smodato e all'individualismo più esasperato; la cui spinta è principalmente diretta alla mercificazione dell'Altro attraverso la negazione della sua esistenza come soggettività.
Tuttavia, recenti studi di matrice socio-economica hanno evidenziato la rinnovata attenzione che si sta ponendo sul concetto di relazione, nel significato che proponiamo e che più avanti specificheremo. Zamagni (2006), infatti, sottolineando l'esigenza di superare gli angusti limiti dell'attuale impostazione individualistica della teoria economica, tenta di rivalutare sia il concetto di persona sia la dimensione relazionale della realtà economica. In sostanza, l'intenzione è quella di assumere un nuovo paradigma interpretativo, quello relazionale, alternativo a quello individualistico ed olistico. In questa direzione, per non cadere in equivoci di fondo, l'economista precisa:

"non intendo affatto sostenere che l'economia non si sia occupata di studiare le interazioni sociali. Tutt'altro. Quel che voglio significare è che un conto sono le interazioni sociali, altro conto sono le relazioni interpersonali: mentre in queste ultime le identità dei soggetti coinvolti è costitutiva della relazione stessa, le interazioni sociali possono essere anonime e impersonali. Inoltre, mentre l'interazione sociale ha natura strumentale (ogni volta che entro in un rapporto di scambio è ovvio che stabiliscono una relazione con qualcuno, ma questi è solamente strumento per il mio fine), la relazione interpersonale guarda alla potenza del tra, come categoria primordiale della realtà umana" (Sacco & Zamagni, 2006, p. 18).

L'economia, per molto tempo, infatti, ha trattato esclusivamente la socialità di tipo strumentale (Bruni, 2006). Stabilendo che il comportamento economico è determinato dalla somma di comportamenti individuali, ha eliminato la dimensione psico-sociale dall'analisi economica. Tuttavia, è difficile immaginare un'ipotesi più improbabile di quella secondo cui il comportamento economico sia astraibile dalla dimensione sociale(11).
L'importanza della reciprocità è altresì arricchita dall'analisi sul benessere soggettivo in rapporto a variabili di tipo economico. Le molte ricerche empiriche sul "paradosso della felicità" (Easterlin, 2003) dimostrano che la qualità della vita relazionale è la dimensione più importante nella valutazione soggettiva del proprio benessere(12). Il paradosso si riferisce al fatto che nelle economie occidentali, malgrado un significativo accrescimento nei consumi tradizionali e aldilà di una certa soglia di benestare economico, sia sempre più diffusa la percezione di una riduzione del benessere personale e della qualità della vita. Ciò sembra essere riconducibile alla consapevolezza che questi ultimi non derivano soltanto dai beni e servizi d'utilità che si possono comprare: il denaro serve e conta, ma i beni relazionali sembrano servire e contare ancora di più (Zamagni, 2007).
Il bene relazionale(13) è una categoria (e un fatto empirico) direttamente connessa alla reciprocità. Nussbaum (1986, 1996) considera i beni relazionali tutte quelle esperienze tra le persone

"dove è il rapporto in sé ad essere il bene. L'amicizia, l'amore reciproco e l'impegno civile sono tre tipici beni relazionali nei quali è la relazione stessa ad essere il bene: dunque, i beni relazionali nascono e muoiono con la relazione stessa. Inoltre, i beni relazionali sono particolarmente fragili: queste componenti della vita buona sono destinate a non essere per nulla autosufficienti. Esse saranno invece vulnerabili in maniera particolarmente profonda e pericolosa"(Nussbaum, 1996, p. 624).

Bruni (2006) classifica i beni relazionali come un terzo genus rispetto alle tradizionali categorie di bene pubblico e bene privato, aventi precise e specifiche caratteristiche-base:

"a) Identità: l'identità delle persone coinvolte è un ingrediente fondamentale; b) Reciprocità: perchè beni fatti di relazioni, essi possono essere goduti solo nella reciprocità; c) Simultaneità: a differenza dei normali beni di mercato dove la produzione è tecnicamente distinta dal consumo, i beni relazionali vengono co-prodotti e co-consumati contemporaneamente dalle persone coinvolte; d) Motivazioni: nelle relazioni di reciprocità genuine la motivazione che è dietro il comportamento è una componente essenziale (...) Ciò non significa che in un rapporto d'affari non si possa creare un autentico bene relazionale; e) Fatto emergente: il bene relazionale emerge all'interno di una relazione. La categoria di fatto emergente coglie più della categoria economica della produzione la natura di un bene relazionale. Dire che si tratta di un fatto emergente mette l'accento sul fatto che il bene relazionale è un terzo che eccede i contributi dei soggetti coinvolti, e che in molti casi non era neanche tra le intenzioni iniziali; f) Gratuità: nel senso che il bene relazionale è tale se la relazione non è usata per altro, se nasce da motivazioni intrinseche. Il bene relazionale è un bene dove la relazione è il bene, cioè una relazione che non è un incontro di interessi ma di gratuità; g) Bene: nel senso che esso è un bene e non è una merce, ha cioè un valore (perché soddisfa un bisogno) ma non ha un prezzo (appunto per la gratuità)" (Bruni, 2006, pp.16-17-18).

L'autore, inoltre, s'interroga anche sulla dinamica dei beni relazionali, tentando di fornirne un modello. Egli sostiene che la "storia della relazione" (la qualità relazionale) che s'instaura tra le persone sia un elemento centrale per la produzione di un bene relazionale. L'attività relazionale è, infatti, influenzata non solo dallo sforzo che le persone esercitano nella situazione attuale, ma nella sua determinazione pesano anche gli sforzi passati, che hanno costituito lo stock di beni relazionali dei periodi precedenti (Bruni, Naimzada & Radon, 2006).
I beni relazionali, inoltre, non sono soltanto legati alla comprensione del paradosso della felicità, ma perfino all'esistenza stessa dell'economia. Infatti, se essa diventa esclusivamente scambio strumentale si entra dentro uno dei suoi paradossi più pericolosi: "la moneta cattiva scaccia quella buona"(14). Questo meccanismo agisce, per esempio, tutte le volte in cui la gratuità (motivazione intrinseca) si confronta con il profitto economico (motivazione estrinseca): "la moneta buona è scacciata dalla moneta cattiva". In altre parole, lo scambio strumentale ed utilitaristico scaccia altre forme di rapporti umani. Se è solo questo, il mercato locale e globale si sviluppa ma allo stesso tempo riduce la condizione del suo stesso esistere, basato sulla fiducia e sulla propensione delle persone a cooperare. Il bene relazionale, una volta emerso, entra nelle strutture di governo in cui si articola la società, comprese quelle delle imprese di profitto, e tende a ridurre e contrastare gli effetti degenerativi di Homo Economicus. Per Zamagni (2007), infatti, assumono particolare importanza, nel favorire l'attività economica, quelle relazioni interpersonali che formano dei veri e propri beni relazionali che danno luogo a diffusione di conoscenza, funzioni di regolazione e protezione, nonché processi di coordinamento e sostegno sociale, permettendo così la cooperazione e la reciprocità.
In sostanza, quello che emerge chiaramente è che i beni relazionali sono un oggetto complesso, difficilmente operazionalizzabile con gli strumenti di un solo sapere. Occorre, in questo senso, costruirne una teoria interdisciplinare che tenga conto anche della produzione scientifica della psicologia ad orientamento relazionale, dato che l'elaborazione sui beni relazionali è centrata sul concetto di relazione stessa e sulla soggettività.
In questa direzione, in alcuni seminari tenutisi a Venezia nel 2000, promossi dalla "Group Analytic Society" sul tema "Il denaro e il suo significato a partire dal gruppo" e a cui parteciparono noti economisti e gruppoanalisti, emerse quanto gli studi economici ad orientamento relazionale siano rivelatori della forte vicinanza tra la teoria economica dello sviluppo sostenibile ed alcuni fondamentali assunti della gruppoanalisi. In particolare, la categoria di bene relazionale, denaro e relazioni gruppali, si rivelarono il nesso comunicativo e di connessione interdisciplinare.

"I contenuti relazionali del gruppo e il processo di acquisizione delle risorse che l'individuo mette in atto mostravano degli elementi di contiguità veramente particolari (...) In altre parole, (...) si fece sempre più chiara una sovrapposizione quasi totale tra le regole del gruppo volte alla ricerca dello sviluppo individuale e l'acquisizione di risorse/capacità economiche (...) Non stupisce quindi che ci siamo appropriati del concetto di beni relazionali in una forma del tutto specifica legata all'epistemologia psicologica"(Brunori, 2004, p.96).

Pertanto, dal nostro punto di vista, costruire e diffondere culture economiche relazionali per promuovere sviluppi (sostenibili) significa muoversi in una prospettiva psicosociale che pur centrando la sua attenzione sui processi sociali mira ad ottenere delle ricadute psicologiche sul mondo di concepire e partecipare alla comunità. Ciò implica la necessità di servirsi di un modello teorico-operativo, di natura psicologica, capace di oscillare tra mondo esterno e mondo interno, avvitando complessi circuiti di commistione e ibridazione tra l'intra-psichico e l'extra-psichico.

3. Modello Gruppoanalitico soggettuale e beni relazionali
La Gruppoanalisi Soggettuale (Lo Verso, 1989, 1994; Pontalti, 1998; Ceruti, Lo Verso, 1998; Fasolo, 2002; Lo Coco, Lo Verso, 2006) è un modello di matrice psicodinamica (Jervis, 1993) che muovendosi in un rapporto di sviluppo, ma per certi versi di discontinuità, con il modello psicoanalitico tradizionale(15), ed oltrepassando l'originaria gruppoanalisi Foulkesiana(16) ed il suo neonato paradigma teorico, focalizza la sua attenzione sulla centralità della relazione individuo-ambiente (famiglia, contesto, cultura ecc.) nella strutturazione della vita psichica. In sostanza, per questo modello, è attraverso la relazione che si realizza lo sviluppo della vita umana e senza la quale la stessa vita non si dispiegherebbe, senza un mondo relazionale l'uomo non diventerebbe umano. In particolare

"I concetti di gruppo interno (Napolitani, 1987), famiglia interna e campo psichico familiare (Pontalti, 1998), transpersonale (Lo Verso, 1994), ci hanno aiutato a cogliere i nessi tra esperienza relazionale ed identità inconscia. La nostra elaborazione si può integrare con le elaborazioni inglesi sul rapporto tra sociale ed individuale. In questa prospettiva l'Io è anche l'Altro. I concetti di identificazione e di concepimento familiare integrano questo quadro che comunque punta a realizzare a livello terapeutico lo sviluppo della soggettività e dell'individuazione personale come condizione per convivere con le relazioni dentro e fuori di sé. Inoltre, in gruppoanalisi, l'Altro, le differenze, vengono considerati così importanti ed utili da costituire un fattore terapeutico e trasformativi" (Lo Verso, Prestano, 2006).

La gruppoanalisi soggettuale si pone anche come modello teorico-esplicativo e pratica clinico-sociale in grado di offrire, all'interno di un osservatorio multi-disciplinare sullo sviluppo umano, importanti contributi conoscitivi e altrettanti modelli di cambiamento psico-sociale. Del resto, il confronto con le teorie economiche non è un compito nuovo per la gruppoanalisi (anche se innovativa pare oggi la possibilità d'arricchimento reciproco), essendo lo specifico della sua teorizzazione quello di connettere la persona al suo contesto. In sostanza, le è impossibile evitare di confrontarsi anche con gli aspetti economici del vivente.
Per la gruppoanalisi soggettuale i beni relazionali(17) sono tutte quelle relazioni che,

"attraverso il riconoscimento cognitivo-affettivo dell'Altro come soggettività autonoma, favoriscono sia lo sviluppo e il benessere personale che la capacità di ottimizzare risorse economiche e/o sviluppare/orientare intenzioni imprenditoriali verso modalità sostenibili e solidali, piuttosto che predatorie e depauperanti" (Giorgi, 2007, pag. ).

Infatti, possono emergere beni relazionali tra due o più persone quando queste condividono, in un dato momento e in un dato contesto, anche transitoriamente, degli obiettivi, siano essi di uguale o di diversa natura(18).
Come prima accennato, in accordo con Bruni (2006), sembra che la storia relazionale, istituita tra le persone, sia un elemento molto importante, per certi versi fondante, per poter far in modo che emergano beni relazionali. Dal nostro punto di vista, la storia della relazione è presente, inconsciamente o meno, nella psiche delle persone che oggi vivono la relazione. I vissuti, che sono in connessione referenziale con le relazioni passate, influenzano in maniera decisiva e le singole persone che partecipano alla relazione e il campo psichico invisibile ma significativo che si è creato tra loro. La qualità (o il tipo) della relazione, inoltre, secondo Bruni e Zarri (2007), determinerebbe anche il tipo di bene relazionale. I due autori distinguono due tipi di beni relazionali che chiamano rispettivamente beni relazionali "primari" e beni relazionali "non primari" (o "secondari")(19).

"é, infatti, immediato comprendere che il bene relazionale che si produce in un incontro dal barbiere è di natura ben diversa dal bene relazionale che si genera in una relazione tra madre e figlio: si tratta in tutti i casi di relazioni, ma di relazioni qualitativamente differenti"(Bruni e Zarri, 2007)

Dal nostro punto di vista, tralasciando l'arduo, se non impossibile, tentativo di classificare i beni relazionali, quanto detto significa che la possibilità che emergano beni relazionali (primari, secondari, e di qualunque altro genere) tra le persone è intimamente legata alle identità, alle motivazioni soggettive, alle dinamiche relazionali dei gruppi d'appartenenza (presenti e passati, interni ed esterni) e alla loro qualità, alle variabili istituzionali e alle radici storico-antropologiche contestuali.
In economia, i beni sono intesi come un qualsiasi oggetto disponibile in quantità limitata, reperibile ed utile, cioè idoneo a soddisfare un bisogno. Essi sono caratterizzati dalla neutralità, ma tuttavia i loro usi sono sociali: i beni possono essere usati come barriere o come ponti (Douglass, 1984), in questo senso, essi assumono un valore prettamente simbolico (Licari, 2007; Bruni e Zarri, 2007). Non a caso, una volta soddisfatti i bisogni primari, l'uomo, non continua a consumare beni perché interessato al bene in sé, piuttosto prosegue nell'acquisto perché esso rimanda immaginificamente ad altre dimensioni del campo di consumi. In sostanza, i beni sono un contenitore di relazioni, di rapporti umani e di soggettività.
Brunori(20), traendo spunto da queste considerazioni, ma non solo, ha iniziato una stimolante elaborazione gruppoanalitica dei beni relazionali, spingendosi fino alla definizione sistematica dei cosiddetti "beni posizionali". L'atteggiamento di consumo sottende due diverse modalità relazionali o di funzionamento psico-relazionale delle persone, chiamati, rispettivamente, atteggiamento "tipo beni relazionali" e "tipo beni posizionali", normalmente immersi in un continuum psico-relazionale umano(21).
Il concetto di bene posizionale è stato introdotto in economia intorno agli anni settanta da Hirsch (1974). I beni posizionali, tralasciando volutamente molta della letteratura scientifica sull'argomento(22) tra cui anche quella interessantissima sui beni pseudo-relazionali televisivi(23), sono beni che

"conferiscono utilità per lo status che creano, per la posizione relativa nella scala sociale che il loro consumo consente di occupare (da cui l'espressione, appunto, di "beni posizionali"). Un'automobile di lusso è un bene posizionale, ma anche lo zainetto firmato o il telefonino di nuova generazione lo sono: l'utilità che questi beni conferiscono non è tanto legata all'utilità che il loro uso consente (spostarsi o telefonare), ma al fatto che il loro consumo rappresenta un'etichetta con la quale mi posiziono rispetto agli altri. Anche questi beni sono in qualche modo "relazionali" - sull'isola deserta, Robinson Crusoe non domanderebbe mai i beni posizionali, perché non c'è nessuno che osservi il suo consumo - ma mentre nei beni relazionali la presenza e il rapporto con l'altro è di tipo cooperativo, di reciprocità (da un rapporto di amicizia tutti i partner traggono vantaggio) la caratteristica essenziale del bene posizionale è la competizione "posizionale". Se il nuovo zainetto firmato aumenta la mia utilità, questo avviene perché l'utilità dello zainetto del mio vicino di banco diminuisce: come si è soliti dire il gioco è a somma zero" (Zamagni, 2004).

Chi acquista beni posizionali, dunque, non è affatto interessato al bene in sé, ma all'ordine con il quale arriva a possederlo rispetto agli altri. I beni posizionali, infatti, sono beni che perdono di "valore" in seguito alla loro diffusione e fruizione generalizzata (un bene rappresenta uno status symbol solo nella misura in cui un numero limitato di persone può accedervi). Essi implicano una ineguale distribuzione tra le persone, azzerandone la possibilità di crescita reciproca, sono caratterizzati dalla verticalità, dalla competitività, dall'antagonismo, dalla rivalità/nemico, cioè da una relazione individuo-gruppo, individuo-individuo e gruppo-individuo a "somma zero"(24).
Assumendo una prospettiva Gruppoanalitico Soggettuale, nella competizione posizionale l'Altro è essenziale che ci sia, ma il suo esser-ci, sia reale sia immaginario, non è affatto soggettuale ma quasi esclusivamente strumentale. L'Altro è scontatamente dato sulla base dell'emozionalità posizionale e quindi sentito come ostacolo per la propria felicità(25), persino alla propria identità. Il contrario si può sostenere invece, sia da un vertice economico sia psicologico, dei beni relazionali e dell'atteggiamento relazionale "tipo beni relazionali"(26).
é possibile affermare che il diverso tipo di funzionamento psico-relazionale, suggerito da Brunori, è intrinsecamente legato all'identità umana e alla sua costruzione gruppoanaliticamente intesa.
Da questa identità individuale e dalla modalità relazionale, più o meno funzionale, impiegata nel riconosce l'esistenza dell'Altro, deriverebbe la possibilità di far proprio un atteggiamento relazionale piuttosto che l'altro.
Da un vertice Gruppoanalitico Soggettuale, la possibilità che emergano beni relazionali e che questi, moltiplicandosi, contribuiscano allo sviluppo di beni relazionali nella polis, è sostanzialmente ostacolata dalla tendenza a negare l'esistenza dell'Altro come soggettività, attitudine, oltre che perpetuata nei mondi fondamentalisti (Lo Verso, 2004), ricade anche nei modi catgoriali di Homo Economicus. Nella fenomenologia della presenza che il costrutto di Homo Economicus descrive, l'Altro non ha diritto di per sé ad essere pensato come persona: invece di essere riconosciuto come portatore di un'esistenza identificata e di sentimenti propri, l'Altro è percepito come un fedele servo del dio denaro e un esecutore, non pensante, di consumismo. Tale significazione dell'Alterità sembrerebbe assumere una connotazione ideologica di stampo fondamentalista, marcata da un punto di vista psicologico da un assoluto dogmatismo che espunge ogni possibile forma di diversità.
L'attuale, e tipicamente occidentale, modalità narcisistica di essere-con-l'altro sembra paradossalmente operare, sul piano psico-relazionale, in maniera per certi aspetti simile al Noi totalizzante che è stato individuato nella formulazione teorica della psiche mafiosa (Lo Verso, 2005). Per Homo Mafioso, infatti, l'Altro è solo un aspetto del Noi a cui deve dogmaticamente e necessariamente appartenere, mentre per Homo Economicus l'Altro è solo funzione dell'Io, e di cui l'Io strumentalmente si serve per essere costantemente appagato (Lo Verso, 2004).
é da notarsi in quest'affermazione, che può apparire a prima vista astrusa, la presenza d'innumerevoli simmetrie ed equivalenze simboliche: l'Homo Mafioso sta all'Homo Economicus come il Noi sta all'Io,e l'appartenenza sta all'appagamento come il dogmatismo sta alla strumentalizzazione. Tenendo presente le dovute differenze, d'ordine psicodinamico, rispetto alla qualità dell'organizzazione mentale dell'Homo Mafioso e dell'Homo Economicus, in entrambi i casi si rintracciano comunque accoppiamenti fissi, equivalenze simboliche appunto, dove a ciascun addendo corrisponde un'unica modalità relazionale, ed in cui estremamente limitata appare la possibilità di divergere da questi abbinamenti strutturali. Si tratta, perciò, di sistemi psichici che riducono la complessità mentale e vincolano le possibilità dell'uomo a finalità psico-relazionali predeterminate e pre-concepite, come l'appartenenza nell'Homo Mafioso e l'appagamento nell'Homo Economicus.
Esiste, però, una differenza sostanziale tra queste due categorie: nel caso dell'Homo Economicus possiamo fare riferimento, in modo più evidente, ad un Io. Di conseguenza, il fondamentalismo qui è solo una funzione e non un elemento di struttura come avviene invece nel caso della psiche mafiosa (Lo Verso, 1994).(27)
In termini evolutivi e meta-psicologici, questo Io economico è più maturo del Noi mafioso, potremmo dire "più sano" perchè si serve di forme d'incontro col mondo che sono comunque relazionali e che, pur se a volte non riconoscendola nella sua irriducibilità, considerano sempre la presenza dell'Altro nel mondo.
L'Io dell'Homo Economicus si potrebbe definire come di un costrutto dimensionale che pare muoversi luogo un continum la cui estremità, increspandosi, assume i volti e le figure del dolore mentale (se si pensa ad esempio allo shopping compulsivo o al narcisismo esasperato), ma che, per larga parte della sua estensione, interessa un atteggiamento generalmente diffuso nella cultura post-moderna: un'organizzazione mediamente nevrotica che fa uso strumentale della relazione.
Entrando nel merito di questa forma normalizzata di Homo Economicus, esplorandone i livelli interni, si rintracciano atteggiamenti relazionali di tipo bene posizionale.
Nelle società sviluppate sembra diffusa una profonda paura dell'Altro, ciò potrebbe essere attribuito al fatto che la complessificazione del sistema economico ha coinciso con una riduzione degli spazi di dispiegamento relazionale, rendendo impossibile l'incontro con la differenza. Il contatto, quello autentico, è sbarrato dall'impossibilità a fidarsi e a scambiarsi reciproco sostegno. Pertanto la diffidenza che impregna le maglie relazionali difficilmente consente di vedere l'Altro come una risorsa, che piuttosto sembra essere tenuto a bada dalle distanze oggettivanti della corsa ai consumi (atteggiamento posizionale). La rappresentazione antagonistica e semaforica della gratificazione, in virtù della quale il mio benessere finisce dove inizia quello di un altro, coincide con una modalità narcisistico-strumentale d'incontro con il mondo. L'acquisto di beni posizionali, infatti, conduce ad ingaggiare una continua sfida con l'altro nel tentativo di superarlo, consumando prodotti esclusivi ed innovativi che generano status symbol, così da posizionarsi ad un gradino più alto della scala sociale rispetto alla collocazione del consumatore rivale.
In questo senso, la "competitività posizionale" è comunque attraversata da un dinamismo relazionale perchè l'Io si posiziona sempre rispetto agli altri, tentando maldestramente di soddisfare bisogni identitari profondi, scavati dal vuoto interno, dall'assenza intra ed extrapsichica di relazioni significative (Ferraro, Lo Verso, 2007). Applicando una lettura psicodinamica all'atteggiamento posizionale, potremmo ipotizzare che attraverso uno spostamento(28) sui consumi e l'acting(29) dell'acquisto la competizione posizionale permette di simulare un contatto-conflitto con l'Altro. Si tratta di una simulazione nella misura in cui l'Altro non è percepito come una persona separata ma come uno specchio narcisistico che a seconda della sua maggiore o minore indigenza economico-sociale riflette un valore numerificato della propria identità. é sempre l'Io il motore e protagonista assoluto del comportamento economico di tipo posizionale, perché gli altri hanno la funzione di confermare o disconfermare l'immagine socialmente desiderabile che io intendo mostrare al mondo.
Certamente è molto più semplice e meno dispendioso affettivamente riempire il vuoto emotivo, creato dalla mancanza di legami (ibidem), con il piacere effimero della corsa all'acquisto, in cui chi mi sta a fianco segna semplicemente un livello di status economico da superare o da mantenere. Ma come accade nei rituali propiziatori, attraverso un'azione che provoca, apparentemente, piacere (nel nostro caso, l'acquisto) si tenta di eso-rcizzare la paura di ciò che è sconosciuto, nello specifico la paura dell'intrinseca enigmaticità di cui l'Altro è portatore. L'estraneità e non prevedibilità dell'Altro spaventano perché inevitabilmente introducono elementi di diversità e di discontinuità che destituiscono la mera funzione riflettente, assunta dall'Altro, su cui un Io con tratti narcisistici si regge: se compare l'autenticità (Altro-relazionale) e viene meno il parametro di riferimento (l'Altro-specchio) che mi permette di giungere ad una definizione di me, il rischio è quello di non sapere più chi sono.
Tuttavia, la realizzazione di Sé è sempre il risultato del contatto relazionale con un Altro a cui viene riconosciuto un diritto ad esistere perché possa esser-ci(30) un Io. In altri termini, la definizione di un Io è sempre strettamente interconnessa al significato che l'Altro assume per me; la differenza, intesa in chiave simbolica, conduce l'individuo a far fronte ad una discontinuità da ciò che è noto, che costringe all'elaborazione di nuovi significati psichici circa il proprio essere-nel-mondo (Napolitani, 1987).
Questo percorso tortuoso, che conduce alla determinazione di Sé come individuo, appare oggi come un travaglio psico-emotivo depotenziato: il processo d'individuazione è semplicemente teso alla costituzione di un riempitivo narcisistico fatto di cose e d'apprezzamenti, e difficilmente attraversa un confronto-scontro relazionale intra-generazionale e inter-generazionale. I valori e gli intenzionamenti psichici degli antenati non provocano quell'oscillazione conflittuale che stimola la progettualità psichica (Napolitani, 1987). Anzi la mentalità liberal-individualistica sembra aver prodotto modelli autoreferenziali, retrocedendo il processo identificatorio alla semplice scelta tra le innumerevoli preferenze di mercato, riducendo la carica etica ed antropologica dei valori a mero permissivismo privato.
Parallelamente, si assiste ad una monetizzazione e mercificazione della relazione perché la lettura che si fa dell'Altro è principalmente di tipo negoziale e il suo valore è misurato secondo un principio utilitaristico, stimato sulla base di quanto una persona può rappresentare il mezzo che accorcia le distanze tra me e la mia appetizione-soddisfazione.
Malgrado ciò, la condizione essenziale per via della quale esiste un mercato di scambio, è la radicale tensione dell'essere umano a cooperare, ad incontrare ad aprire credito nei confronti dell'Altro. In questo senso, è necessario riconoscere il carattere basicamente relazionale che attraversa l'economia e tutte le forme di mercato in genere.
Se il principio di piacere è il propulsore che muove l'essere umano, Ferenczi (1919) nota come non sia la gratificazione pulsionale, intesa in termini di scarica energetica, a dare soddisfazione, ma è la relazione in sé ad essere fonte di gratificazione in quanto essa è epigeneticamente a fondamento della mente umana. Restituire l'economia all'uomo e la relazionalità all'economia è la sfida della psicologia, in quanto scienza dell'intervento clinico-sociale capace di produrre benessere.
Il meccanismo d'innesco che può portare alla ribalta un'economia relazionale è la fiducia. Lo scambio fiducioso è, a ragione, l'elemento centrale del commercio partecipato attivato dai gruppi d'acquisto solidali che permette di avviare relazioni commerciali fondate sul principio della reciprocità, in cui ciascuno otterrà sempre qualcosa perché è l'incontro in sé ad essere fruttuoso.
La competizione, invece, ingaggiata oggi dai consumatori per superarsi a vicenda ed entrare in possesso di quel bene svuota le negoziazioni commerciali di collante sociale ed opera spesso in direzione della frammentazione del legame. L'assenza di relazioni, che avrebbero la funzione d'irrobustire il gesto d'acquisto, ostacola la costruzione di una storia che dia sostenibilità psichica all'oggetto acquistato. Senza un campo relazionale-transpersonale che permette agli oggetti di installarsi dentro le abitudini di un gruppo, familiare, amicale o sociale, capace di confrontarsi, cooperare, creare pensiero e senso su quella merce, gli oggetti sono destinati ad una degradabilità senza posa, perché non esiste nulla che possa trattenerli. La rarefazione dei legami esterni ed interni debilita le identità corrodendole fino alla disidentità (Ferraro, Lo Verso, 2007) mostrando una rete transpersonale smagliata che svuota l'Io dall'interno e disfa ogni forma di sostenibilità intra ed extra-psichica.
Il gruppo di acquisto solidale, come antidoto alla disidentità, cerca esattamente di ripristinare questo campo relazionale e le sue attitudini a costruire una storia sostenibile intorno ai prodotti e tra le persone (Licari G. 2006).
Se il consumismo, dunque, si apre a raggiera colpendo con il suo potere dissolvente e logorante non solo la merce, ma anche i risparmi dei consumatori e la loro radicale disposizione a fondare e mantenere relazioni, i gruppi di acquisto solidale rappresentano un addensante del legame sociale da opporre all'atteggiamento narcisistico-posizinale che viceversa n'è il solvente.
Pertanto i GAS rappresentano un valido strumento per promuovere benessere nelle comunità "posizionalmete competitive" perché, nell'esperienza del gruppo di acquisto solidale, struttura (uomo) e prassi (economia) si ricongiungono, uomo ed economia si ricompongono attraverso il riconoscimento della radicale relazionalità che è all'origine del divenire in-dividuo e delle sue modalità di agire sul mondo (una delle quali è proprio l'economia).

4. Beni relazionali e Gruppi di Acquisto Solidale
L'elaborazione gruppoanalitica ha fornito anche importanti ed innovativi contributi scientifici legati alla pratica clinico-sociale dei gruppi. Il gruppo clinico-dinamico(31), infatti, è diventato, sia nella cura che nell'intervento psicosociale, uno dei principali ed effettivi strumenti di lavoro e una delle maggiori potenzialità della psicologia clinica (Di Maria & Lo Verso, 2002). Negli ultimi decenni, inoltre, la ricerca sui gruppi è andata sempre più sviluppandosi affinando le proprie tecniche, per affrontare campi un tempo inavvicinabili con approcci metodologici tradizionali (Lo Verso & Raia, 1998).
In sostanza, l'esperienza clinico-sociale dimostra quanto i gruppi e la relazione possono contribuire a quel processo di sviluppo cognitivo, relazionale ed evolutivo che deve necessariamente accompagnare lo sviluppo economico e tecnologico, e quindi creare le condizioni ottimali per un efficace sviluppo delle risorse individuali e gruppali e dell'intera comunità, qualunque essa sia(32) (Giorgi, 2007).
Il gruppo, proprio per il suo alto potenziale trasformativo, il suo essere luogo di reciproca relazionalità, e grazie alle particolari dinamiche psicologico-relazionali che vi si sviluppano, è potenzialmente in grado di far emergere beni relazionali che, per loro natura, incidono profondamente sul funzionamento psico-sociale e influenzano di molto lo sviluppo economico. I Gruppi di Acquisto Solidale, una risposta relazionale ad una forma di economia posizionale, sembrano funzionare proprio in questo modo; essi rappresentano una realtà su base aggregativa volontaria che nasce dall'esigenza di sottrarsi all'imposizione dei tempi e dei modi del consumo spersonificante proposto dall'occidente. Il loro progetto sociale non consiste nel demonizzare l'acquisto e il consumo di merci ma nel tentativo di trovare una formula alternativa ed efficace che umanizzi il commercio e di conseguenza l'economia migliorando la qualità di vita del singolo e della comunità.
I G.A.S. sono composti prevalentemente da famiglie che si organizzano, solitamente in maniera informale, e decidono di riunirsi per acquistare prodotti direttamente dal produttore medio-piccolo riuscendo così a beneficiare di un taglio importante sul prezzo finale dovuto appunto all'accorciamento della filiera di vendita. Nel 1994 viene alla luce il primo gruppo: diverse famiglie decidono di mettere a disposizione il loro tempo libero con spirito di reciprocità, per andare a conoscere i produttori di cibi sani e biologici, acquistarli direttamente da loro e distribuirli all'interno del gruppo. Altri nascono a causa di una comune idea politica o da organizzazioni impegnate nella difesa dell'ambiente o in centri sociali o in parrocchie, o in qualunque altro posto dove è possibile che una motivazione comune possa spingere alla formazione di un gruppo.
Il fenomeno ha un'ottima cassa di risonanza e si diffonde rapidamente: G.A.S. nascenti traggono spunto da quelli esistenti, ma ognuno di essi è diverso dall'altro perché ha una sua storia, frutto di persone con conoscenze ed interessi differenti. Oltre che per "contagio", altri gruppi nascono per scissione, cioè nascono da un gruppo già esistente che, per non aumentare troppo di dimensione, preferisce sdoppiarsi in modo tale da evitare le difficoltà di coordinamento e di gestione logistica che ne sarebbero conseguenza, o per evitare che il contatto diretto tra le persone del gruppo venga sacrificato. Nel 1997 nasce la rete dei G.A.S. con lo scopo di riuscire a scambiare le informazioni utili, ad esempio sui prodotti e sui produttori. Si tratta di una realtà in continua fase di crescita. La rete conta oggi, circa 210 gruppi che sono distribuiti in maniera difforme un po'in tutta Italia, sicuramente la prevalenza di diffusione spetta al nord mentre al sud, ad eccezione di qualche caso isolato in Sicilia e Calabria, il fenomeno è quasi sconosciuto.
Il recupero di una dimensione serena e cooperativa, e non certo compulsiva e alienante del consumo, che ha come ricaduta la cura per la qualità dei prodotti, il risparmio di denaro, e la socializzazione dell'esperienza d'acquisto, rappresentano le linee guida di questi gruppi diffusi in tutto il mondo. Tale filosofia dell'acquisto permette una densificazione degli oggetti che ne ricavano volume storico e relazionale ricongiungendo questa prassi quotidiana all'essenza dell'essere umano: un individuo che sta nella storia e nella relazione. Ciò è possibile restituendo al tempo del consumo il senso ed il significato dell'agire nella direzione di un recupero della valenza relazionale, all'interno di una cornice economica umanizzata e partecipata. E' da questo bisogno di relazione, da questa esigenza di difesa dei diritti umani ed ambientali, spesso calpestati, che nascono gli attori dell'acquisto solidale.
Il consumismo estremo, come già detto, minaccia il benessere proprio perchè rischia di alterare, pervertendolo, il rapporto tra uomo e cosa, e tra uomo e mondo, estraniando l'individuo dal suo mondo a causa di una logica globalizzata e non più collocante in un contesto, nei confronti del quale egli dovrebbe sperimentare appartenenza, responsabilità e desiderio di cura.
I G.A.S. sembrano poter ricondurre l'individuo al suo mondo e al suo modo storico-relazionale, perché relazionalizzano l'acquisto e consentono la valorizzazione delle risorse locali, sostenendo le piccole imprese autoctone, e contribuendo così allo sviluppo del proprio territorio. Inoltre ottengono il duplice obiettivo di promuovere il territorio e penetrarlo così da viverlo e conoscerlo più da vicino, riconnettendosi alla proprie origini e tradizioni culturali. Questa azione di potenziamento responsabile del contesto risulta perfettamente in linea con la prospettiva teorica qui utilizzata, poiché la gruppoanalisi auspica, nel suo dispositivo teorico-clinico, la "cura" delle origini per mezzo di un paradigma che è largamente psico-antropologico e rivisita le simbolizzazioni emotive delle matrici originarie in chiave relazionale con l'obiettivo di integrarle nel progetto di sviluppo esistenziale di ciascun membro di una comunità.
Il Gruppo di Acquisto Solidale si prospetta, così, come uno strumento efficace per la cura dei legami tra persone che appartengono ad uno stesso territorio e tra territori diversi; permette, già al momento della sua fondazione, di accogliere e pensare i legami, ricapitolandoli, esplorandoli e sollecitandone di nuovi.
E' possibile risalire al fenomeno della cooperazione pensando alle varie corporazioni medievali di mestiere; ma potremmo anche andare più indietro: ogni gruppo d'individui, fin dai clan tribali, cercava di organizzare al meglio le risorse della comunità, spesso per far fronte ad un ambiente naturale ostile e difficile.
La tendenza cooperativa e ad esser-ci, nel senso dell'essere con l'Altro, come già osservato in un'ottica Grupponalitico Soggettuale, è connaturata all'esistenza ed all'agire umano. In tale prospettiva gli esseri umani sembrerebbero tendere naturalmente a farsi carico delle esigenze altrui, pronti ad attivare, anche in situazioni di grande povertà, meccanismi di solidarietà; la necessità di partecipazione, di collaborazione, di relazione, di dare un senso al proprio agire e alla propria esistenza fa parte dei bisogni umani fondamentali.
I gruppi di acquisto solidali utilizzano la cooperatività come criterio-guida interno e la solidarietà come cursore delle scelte quotidiane di consumo cercando di realizzare una concezione più umana dell'economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell'uomo e dell'ambiente, formulando un'etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di comprimere ciascuno in un proprio mondo di consumi.
La solidarietà si rivolge principalmente ai piccoli produttori del biologico. Privilegiare i loro prodotti vuol dire favorire l'occupazione nel proprio territorio e l'accrescimento delle risorse e delle specialità agro-alimentari che tradizionalmente sono legate al nome di certe regioni. Inoltre, vengono preferiti quei produttori che garantiscono un livello minimo accettabile nelle condizioni di lavoro per non favorire il fenomeno di de-localizzazione della produzione nei paesi dove la manodopera è pagata meno e i diritti dei lavoratori sono meno rispettati.
La solidarietà si dispiega in molteplici forme: nei confronti di chi produce o trasforma i prodotti che verranno acquistati; nel riconoscersi parte di una comunità che rivendica come precisa responsabilità di ciascuno la promozione di una crescita sostenibile che duri nel tempo. "Lo sviluppo sostenibile auspica la convivenza con le risorse a disposizione, ne rilancia la specifica qualità e l'accrescibilità senza remore, dispiegando un progresso che, solo se non è calato dall'alto, può avviare un cammino di costante evoluzione" (Licari G. 2006). Attivare una rete d'acquisto socializzato favorisce lo sviluppo sostenibile perché rappresenta uno strumento d'eccellenza per trasformare le simbolizzazioni del territorio, ripensando le radici emozionali che quel contesto produce, analizzando il sentire riposto nelle fondamenta.
La cura delle fondamenta è la sola garanzia di permanenza della struttura che così può durare nel tempo ed espandersi senza crolli. Tutto questo è in connessione tematica con la cura delle origini in termini transpersonali (Lo Verso, 1994; Ferraro, Lo Verso, 2007). Seguendo questa prospettiva, è facile rendersi conto di quanto, qui (ma non solo), lo psichico s'intrecci con le estensioni più superficiali della realtà, come l'economia.
Per districarsi in tale intreccio è opportuno richiamare l'assunto principale della prospettiva Gruppoanalitico Soggettuale: ciò che è interno è profondamente esterno e viceversa (e quindi è anche una psicologia sociale). La realtà è la rappresentazione impressionistica di un grande affresco che ha forma reticolare e che non è mai uguale a se stessa perché muta con il mondo e con le esplorazioni di senso che l'uomo compie nel mondo. La caratteristica strutturale di tale affresco è la molteplicità dislocante, che permette la compresenza di livelli interni ed esterni, non sempre contemporaneamente visibili ma sempre presenti nello stesso istante. é in questo senso che il comportamento economico è interconnesso al mentale e v'incide anche in profondità; così come le maglie del transpersonale inconscio influenzano sostanzialmente gli atteggiamenti economici. Il disagio esistenziale per la spaccatura incuneatasi tra uomo ed economia, manifestato da coloro che decidono di riunirsi in gruppi di acquisto solidale, può trovare dunque un solido fondamento teorico nella teoresi Gruppoanalitica Soggettuale.
Una manovra di risoluzione alla divaricazione che ha confinato agli estremi opposti l'individuo e il mercato è stata identificata dai gruppi di acquisto solidale nella comunione di spesa.
La comunione di spesa è fonte di benessere perché i membri sperimentano un vissuto di sostegno reciproco e appartenenza ad un gruppo imperniato su precisi valori di riferimento, e tale vissuto funge da motivatore sociale ad agire nella direzione dell'ecosostenibilità. Nei G.A.S. il vettore che indica il consumo è in prima istanza il rispetto dell'ambiente. Infatti, i prodotti biologici hanno un effetto diretto sulla diminuzione dei pesticidi, diserbanti e concimi chimici e sono più rispettosi della natura oltre che più salutari per l'uomo. Inoltre vengono scelti prodotti locali per ridurre l'inquinamento dovuto al traffico sempre più intenso nell'era della globalizzazione, caratterizzata dalla dislocazione d'impianti produttivi nei paesi in cui sono più economiche la manodopera e le materie prime. Un altro elemento di forza della spesa di gruppo è la possibilità di pagare anticipatamente al produttore la somma dovuta, cosicché egli non dovrà chiedere finanziamenti altrove. Questi strumenti di partecipazione economica diretta fidelizzano il rapporto consumatore-produttore.
La fiducia e la solidarietà sono i termini, insieme al concetto di relazionalità, che meglio definiscono questo fenomeno gruppale. Se è vero che la fiducia è a fondamento di ogni azione d'inclusione e partecipazione sociale, il G.A.S. ne massimizza la portata per la produzione di beni relazionali. Qui la fiducia si dirama su diversi piani e ordini relazionali: all'interno del gruppo, nei diversi gruppi che si confrontano tra di loro, tra il gruppo e il produttore. In ciascun gruppo la fiducia si lega in modo indissolubile al processo di socializzazione, che si realizza nella partecipazione attiva alla vita del gruppo, come la scelta dei produttori, o la raccolta degli ordini da effettuare, o la distribuzione dei prodotti tra i membri. E si manifesta, inoltre, organizzando un sistema di uso collettivo dei prodotti(33): vengono messe in rete automobili, elettrodomestici, libri, si programmano turnazioni per gli acquisti così da collettivizzare anche le spese.
Tutti questi utili sono veri beni relazionali, perché gli acquisti da cui essi derivano nascono da rapporti, da incontri nei quali l'identità e le motivazioni dell'Altro sono elementi essenziali per la creazione e per il valore del bene (si ricordano a proposito le caratteristiche-base dei beni relazionali individuate da Bruni), sono beni relazionali perché incidono sia sulla qualità della vita e sul benessere soggettivo dei componenti dei G.A.S. che sul piano della sostenibilità economica ed ambientale. In altre parole, quel bene risulta qualificato e diventa qualificante per la persona che ne fruisce, principalmente attraverso il fascio di investimenti emotivo-affettivi che nutrono la rete di relazioni in cui tali beni vengono prodotti e consumati.
Nei G.A.S. la prossimità relazionale influenza anche le modalità di conoscere il mercato di consumo. Infatti, l'acquisizione d'informazioni sulla produzione ha percorsi personali, ma anche percorsi di gruppo per la complementarità che si può creare tra i partecipanti in funzione delle attitudini e delle competenze possedute. In questa prospettiva, i G.A.S. sono un laboratorio di economia relazionale in cui si tenta di realizzare un consumo sulla base della reciprocità, che non è una categoria operazionalizzabile da poter applicare come una formula matematica al processo produttivo, ma una variabile a-specifica della relazione umana.
I rapporti relazionali genuini, in cui la reciprocità può innestarsi, hanno una natura sfuggente e non programmatica: sono indispensabili per il benessere, ma non possono essere pretesi. La natura ineffabile della reciprocità risiede, infatti, nella dinamica emozionale che attraversa l'intersoggettività psichica ad essa sottesa. Non c'è prescrittività nella reciprocità, essa accade in un movimento relazionale. Questo accadere è il campo epistemico del pro-getto che lo definisce come atto creativo ed esperienza della non-certezza. La reciprocità allora è per eccellenza non anticipabile, essa riguarda uno spazio che non viene mai riempito dal singolo, piuttosto impone a ciascuno il proprio limite individuale e lo obbliga alla presenza dell'Altro.
Dunque la reciprocità non può essere pretesa perché si annoda sui codici simbolici del multipersonale e annienta la pretensione di bastevolezza del singolo.
In conclusione, è importante sottolineare che l'imprevedibilità della reciprocità, derivata della mobilità degli ordini simbolici che la compongono, può fornire un'ulteriore delucidazione nella lettura dell'atteggiamento tipo bene relazionale e tipo bene posizionale, permettendo di evidenziare la dinamicità del relazionale in opposizione alla fissità del posizionale. Il bene posizionale, infatti, è staticamente già pensato in una precisa localizzazione di mercato da cui deriva un'altrettanto rigida rappresentazione sociale ed un percorso commerciale inflessibilmente già graduato, come accade negli acquisti infranchising o su internet.
I G.A.S., viceversa, assumono un atteggiamento tipo bene relazionale perché, incontrando direttamente il produttore, mercanteggiando con lui sul prezzo, condividendo tra loro i prodotti e la decisione della spesa, realizzano una formula innovativa di economia reciproca e fidelizzata.

Per offrire al lettore l'opportunità, accostandosi più da vicino, di comprendere come funzionano i G.A.S. riportiamo gli stralci di alcune dichiarazioni rilasciate dal membro di un gruppo(34):

"Tutti gli incontri si chiudono con la condivisione dei cibi preparati dalle diverse anime del gruppo; una nostra prerogativa è che la costruzione di relazioni non sia sganciata dall'acquisto. Quale momento migliore per raggiungere questi obiettivi se non a tavola?"
"...l'efficienza della macchina ordine/consegna/distribuzione dipenderà dalla capacità di dividere i compiti all'interno del gruppo nel modo più equilibrato possibile, senza che tutto ricada sulle spalle delle stesse persone".
"...le riunioni sono il momento più importante nel quale è possibile confrontare le proprie conoscenze con quelle altrui relative a nuovi prodotti e produttori da inserire nel paniere del gruppo, ma anche perché ci danno la possibilità di discutere su argomenti cari allo stile di vita di un consumatore critico".
"...con gli altri gruppi abbiamo un rapporto di mutuo aiuto (...) per supportare l'avvio di nuovi gruppi, per avere la possibilità di avviare ordini collettivi che permettano di avere economie di scala migliori e per avere la possibilità di avviare riflessioni e discussioni più ampie".
"... spesso organizziamo convegni, fiere, manifestazioni perché il gruppo ha bisogno di momenti di comunicazione forte, momenti in cui il patto di fiducia sia chiamato a rinnovarsi nelle motivazioni e nei contenuti. Per raggiungere questi obiettivi, l'evento, sia esso un momento seminariale oppure l'organizzazione di una festa o di una lotteria, rimane uno strumento fondamentale".
"...il linguaggio e lo stile nella comunicazione sono distanti dai codici usuali dei messaggi pubblicitari: l'obiettivo non è spegnere il pensiero ma stimolarlo".
"Spesso, quando veniamo contattati, ci rendiamo conto che l'unico scopo è quello di parlare del risparmio per il consumatore, senza approfondire il tema della qualità dei prodotti né quello dei rapporti solidali che si instaurano tra gruppo di acquisto e produttore, né tanto meno della valenza sociale e culturale dell'intera iniziativa".
"Il cibo non è una merce (...), è un elemento che rigenera la vita e quindi deve portare i valori del rispetto della vita per gli uomini, per gli animali, per l'ambiente. Il cibo è (inoltre) portatore di cultura, di tradizione e d'identità collettiva".
"Scegliamo prodotti locali perché (...) la biodiversità ci offre vantaggi importanti che vanno dal mantenimento degli equilibri climatici, ai farmaci, al cibo, alle possibilità di esercitare il turismo naturalistico".
"Questa rete commerciale un po' atipica ha un importante valore aggiunto: il rapporto con le persone, l'interscambio di esperienze, l'occasione di conoscere realtà diverse dalla propria, di scambiare idee, di relazionarsi, di progettare insieme"(35)


Conclusioni e prospettive
La tesi principale che abbiamo sviluppato in questo lavoro è sinteticamente e prospetticamente riassumibile in questi termini: così come altri tipi di sviluppo, anche quello "puramente" economico è fortemente influenzato dalle relazioni interpersonali e viceversa(36). Ciò significa, dal nostro vertice d'osservazione, che uno sviluppo economico efficacemente sostenibile è anche inestricabilmente legato ai beni relazionali, cioè a relazioni con l'Altro e tra Altri connotate da certe caratteristiche (fiducia, reciprocità, condivisione, ecc.).
I beni relazionali, categoria attorno alla quale si è recentemente sviluppato un fecondo dibattito culturale ed epistemologico tra due scienze apparentemente così diverse come l'economia e la psicologia, per la Gruppoanalisi Soggettuale assumono un significato ben preciso: sono relazioni in grado di promuovere nelle persone sia benessere soggettivo sia capacità di generare decisioni e processi economici (soprattutto a livello micro) radicalmente legati anche al benessere soggettivo dell'Altro. Riteniamo, per questo, ineludibile l'assunto secondo il quale possono esistere beni relazionali solo nel momento in cui l'Alterità è riconosciuta in quanto tale: cioè legittima portatrice di soggettività(37). In tutti gli altri casi, quando questo non accade si restringono le possibilità di emersione di beni relazionali e compaiono a loro posto relazioni umane sofferenti, disagi psichici, nuove psicopatologie, fondamentalismi mentali di varia natura, nonché, estendendo il raggio d'incidenza, prendono forma nuove emergenze sociali, ambientali, modelli economici "narcisistici" e distruttivi, ecc(38). Successivamente, nello specifico, si è cercato di fertilizzare le prime conoscenze acquisite sui G.A.S. con la categoria di bene relazionale(39) perseguendo un duplice scopo: il primo è riferito alla necessità di progredire nella conoscenza scientifica allargando i rinserrati confini disciplinari e diffondendo di una cultura della relazione attraverso il lavoro sul campo, la ricerca e la divulgazione scientifica. La seconda finalità è più strettamente connessa ad un protocollo operativo, dove la ricerca su campo si fa realistico campo d'intervento: non abbiamo dubbi, infatti, che i G.A.S. rappresentino un eccellente antidoto, già incubato nel territorio, per debellare la disumazzazione del sistema economico e promuovere un adeguato programma di riabilitazione relazionale e sviluppo locale(40).

Bibliografia
Barone, R., et al. (a cura di) (2006). Sviluppo locale partecipato e sostenibile. Territorio, interazioni e reti sociali. Padova: Cleup.
Brown, D.G., & Zinkin, L.M. (Eds.). (1996). La psiche e il mondo sociale: La gruppoanalisi come strumento del cambiamento sociale. Milano: Cortina.
Bruni, L. (2004). L'economia la felicità e gli altri. Roma: Città Nuova.
Bruni, L. (2006). Reciprocità. Torino: Mondadori.
Bruni, L.,. & Porta, P.L. (2004). Felicità ed economia. Milano: Guerini & Associati.
Bruni, L. & Zamagni, S. (2004). Economia civile. Efficienza, equità, felicità pubblica. Bologna: Il Mulino.
Bruni, A. & Naimzada, E. (2006). Il bene relazionale. Un modello dinamico. In S. Zamagni, (Ed.), Teoria economica e relazioni interpersonali. Bologna: Il Mulino.
Bruni L., & Porta, P.L. (Eds.) (2006). Felicità e libertà. Milano: Guerini Associati.
Brunori L., (Ed.) (2004). Volontari al fronte. Prepararsi all'emergenza attraverso il gruppo. Milano: Franco Angeli.
Ceruti M., Verso G. (1998), Epistemologia e psicoterapia. Milano: Raffaello Cortina.
Cigoli, V. (2006). L'albero della discendenza. Milano: Franco Angeli
De Rita, G. & Bonomi, M. (1998). Manifesto per lo sviluppo locale. Torino: Bollati Boringhieri.
Di Maria, F. & Lo Verso, G. (Eds.) (1995). La psicodinamica dei gruppi. Milano: Raffaele Cortina.
Donati, P. (1986). Introduzione alla sociologia relazionale. Milano: Franco Angeli.
Douglass, M. & Isherwood, B. (1984). Il mondo delle cose. Bologna: Il Mulino.
Easterlin R. (2003). Towards a Better Theory of Happiness, paper presentato alla conferenza internazionale, The Paradoxes of Happiness in Economics, Milano - Bicocca, 21 23 -marzo.
Ferraro A., Lo Verso G. (2007) Disidentità e dintorni. Reti smagliate e destino della soggettualità. Milano: Franco Angeli
Genovesi, (1765-67) in Bruni, L. (2004). L'economia la felicità e gli altri. Roma: Città Nuova.
41Gilbert, M. (1989). On Social Facts. London: Routledge.
Hirsch, F. (2001). Limiti sociali allo sviluppo. Milano: Bompiani.na: Studi
Jervis, G. (1993). Fondamenti di psicologia dinamica. Milano: Feltrinelli.
Latouche, S. (2005). Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una società alternativa. Torino: Bollati Boringhieri.
Latouche, S (2007) la scommessa della decrescita. Milano: Feltrinelli
Licari, G. (2006), Antropologia urbana. Il caso dei Contratti di Quartiere. Padova: Cleup.
Licari, G. (2006), Sviluppo locale partecipato e sostenibile. Territorio interazioni e reti sociali. Padova: Cleup.
Lo Coco G., Lo Verso G., (2006) La cura relazionale. Milano: Raffaello Cortina.
Lo Verso, G. (1994). Le relazioni soggettuali. Torino: Bollati Boringhieri.
Lo Verso, G. (2005). L'Io fondamentalista e la psiche mafiosa. Narrare il gruppo: prospettive cliniche.
Lo Verso, G., (2004), Homo Democristianus, Fotocopiando.
Lo Verso, G. & Giannone, F. (1999). Il self e la polis, il sociale e il mondo interno. Milano: Franco Angeli.
Lo Verso, G. & Prestano, C. (2003). Beni relazionali. Costi ed efficacia. Group Analisys, 36, 4, 539-547.
Lo Verso, G., Raia, T. (1998). Il lavoro psicodinamico con i gruppi: una rassegna a partire dai testi. Milano: Franco Angeli.
Morin, E. (2006). Culture e barbarie europee. Milano: Raffaello Cortina.
Napolitani, D. (1987). Individualità e gruppalità. Torino: Bollati Boringhieri.
Nathan, T. (1996). Principi di etnopsicoanalisi. Torino: Bollati Borighieri.
Nussbaum, M.C. (1986). La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca. Bologna: Il Mulino.
Pontalti, C., (1998). I campi multipersonali e la costruzione del progetto terapeutico. In M. Ceruti & G. Lo Verso G. (Eds.), Epistemologia e psicoterapia. Milano: Raffaello Cortina.
Sacco, P. & Zamagni, S. (Eds.) (2006). Teoria economica e relazioni interpersonali. Bologna: Il Mulino.
Storper, M. (1997). Le economie locali come beni relazionali. Sviluppo locale ,IV, 5, 5-42.
Siegel, D. J. (2001). La mente relazionale. Neurobiologia dell'esperienza interpersonale. Milano: Raffaele Cortina Editore.
Yunus, M. (2006). Il banchiere dei poveri. Milano: Feltrinelli Editore.
Kahneman, D. (2004). Felicità oggettiva. In L. Bruni & P.L. Porta. Felicità ed economia. Milano: Guerini & Associati.
Tuomela, R. (1995). The importance of Us. Stanford University Press. Palo Alto: (Ca.).
Uhlaner, C.J. (1989). Relational goods and partecipation: incorporating sociability into a theory of rational action. Public Choice 62.
Zamagni S. (2007). L'economia del bene comune. Roma: Città Nuova Editrice.
Zamagni, relazione dal titolo "Come formare strutture economiche che diano speranza". Convegno di studi per creare ragioni di speranza. Associazione per Benedetta Bianchi Porro "La cittadella della speranza". Milano, 13/11/ 2004.
Hinshelwood R.D., Bion e Foulkes; in Group Analysis n. 32/1999 pp. 469 - 488.


Note

1 Questo lavoro si deve in parti uguali ai primi due autori; il contributo del prof.re Lo Verso è relativo all'impostazione e revisione dell'elaborato.
2 Uno dei suoi scopi era anche quello di proporre, attraverso l'introduzione di beni relazionali nella polis (le officine di sviluppo locale), un modello di cambiamento in Sicilia e un superamento delle categorie psicoantropologiche di Homo Democristianus e Homo Mafioso.
3 Perseguire la sostenibilità significa operare scelte rinnovabili nel tempo per lunghi periodi. Sostenibile, infatti, è qualcosa che dura nel tempo, che può ripetersi (Licari, G. 2006)
4 Serge Lathuche (2005) mette in discussione i concetti di crescita, sviluppo, povertà, tenore di vita. Auspicando la decostruzione del nostro immaginario economico, l'autore intravede nella decrescita condivisa, nel localismo, nella rinascita della società dei legami, strategie alternative allo sviluppo che nelle società occidentali ha ormai quasi totalmente assunto l'aspetto di un progresso fanatico e indisciplinato che va oltre l'uomo, oltre il mondo, otre le reali esigenze.
5 Homo Economicus non è l'attore perfettamente razionale "inventato" dalla teoria economica classica. Esso è qui inteso come categoria umana (psicoantropologica) che mette il proprio interesse economico al di sopra di ogni cosa, che tende ad adottare condotte egocentriche che ignorano l'altro e che, per ciò stesso, sviluppano la loro propria barbarie causando un terrificante depauperamento delle risorse ambientali, economiche, sociali, culturali, antropologiche e relazionali di intere comunità (Morin, 2006).
6 Licari G., (2006), Antropologia urbana. Il caso dei contratti di quartiere, CLEUP.
7 La partecipazione sociale allo sviluppo incontra nel suo paradigma esplicativo il concetto di decentramento del potere gestionale per mezzo del quale le attività del dirigere si incurvano verso il basso coinvolgendo la cittadinanza nella programmazione e progettazione manageriale delle risorse locali e globali.
8 I beni razionali rappresento un segmento intero alla macchina sociale dello sviluppo sostenibile. In altre parole, questi beni possono essere considerati come uno strumento economico-relazionale per produrre sviluppo sostenibile; infatti, proprio in riferimento alla sostenibilità i beni relazionali svolgono una funzione centrale perché non essendo meramente legati all'emi-vita di un ciclo produttivo, ma più specificatamente al campo relazionale che lo sostiene, essi promuovono "dal basso" lo sviluppo, mantenendo costanti le basi che lo sorreggono, cioè la fiducia, la responsabilità, la reciprocità. In tal modo le organizzazioni produttive hanno al possibilità di rinnovarsi nel tempo facendo leva sull'integrazione dei processi economici e sociali. e dello relazionali
9 Facciamo riferimento all'opera di Kurt Goldstein sulle reti neurali del cervello. Nella sua teoria della rete neurale, i neuroni dell'individuo sono punti nodali nel complesso sistema delle connessioni che consentono il passaggio degli impulsi. Foulkes, come è noto, traspose questo al concetto di matrice comunicativa in un gruppo, in cui gli individui costituiscono i punti nodali, inseriti nella configurazione delle comunicazioni tra loro (Hinshelwood, 1999).
10 La analogia tra organizzazione del sistema nervoso e sistema economico è interessante. Da un vertice gruppoanalitico soggettuale, infatti, è possibile sostenere che la "relazione" può essere intesa anche come crocevia e "punto matrimoniale" in grado di connettere saperi diversi secondo un epistemologia complessa (Morin, 2006) (Pichòn Riviére chiamava "punti matrimoniali" delle teorie quei nodi, ponti, metafore che possono produrre un legame, un figlio, che permettono una visione più ampia della vita stessa - cit. in Burlini e Galletti, 2000).
11 A questo proposito così scrive Bruni: "è condiviso tra gli economisti che non è metodologicamente lecito né descrittivamente corretto assumere che le relazioni economiche si svolgano su un substrato costante: la dimensione interpersonale può essere significatamente determinata e influenzata anche da fattori economici (per esempio lo sviluppo dei mercati che tende ad erodere spazi una volta occupati da beni relazionali che si creavano come sottoprodotti di interazioni non di mercato). D'altra parte la qualità della vita relazionale ha importanti effetti economici: sappiamo sulla base di una evidenza empirica robusta e diffusa, che persone inserite in ambienti di lavoro attenti alla qualità relazionale hanno anche migliori performance lavorative" (Bruni, 2006, p. 2).
12 Si ricordano, ad esempio, anche gli studi di matrice psicologica di Kahneman (2004).
13 Esso è stato introdotto nel dibattito scientifico da quattro autori: il sociologo Donati, 1986; la filosofa Nussbaum (1986, 1996) e gli economisti Gui (1987) e Uhlaner (1989), per approfondimenti rimandiamo alla bibliografia.
14 La legge di Greshman (http://it.wikipedia.org) è una delle più remote leggi economiche, probabilmente la prima legge economica applicata allo scambio monetario.
15 A questo proposito, allargando l'orizzonte epistemico e coerentemente ai nostri scopi, crediamo sia calzante la riflessione di Burlini e Galletti circa la centralità narcisistica dell'individuo nel pensiero occidentale. Così scrivono le due studiose: "questa sottolineatura valoriale del soggetto ha accompagnato quasi (il corsivo è nostro) tutti gli sviluppi successivi della psicoanalisi e la pratica psicoanalitica stessa, tanto che fino alla fine della II° guerra mondiale, quest'ultima ha considerato il setting individuale come luogo privilegiato della cura. Ampliando lo sfondo culturale, vediamo come nello stesso periodo, la nascita e lo sviluppo del capitalismo sottolineino ed affermino un identica concezione di centralità e potere dell'individuo. Economia, filosofia e psicoanalisi convergono e si rafforzano reciprocamente su questo assunto di base che funziona come un assioma, uno scontato che non può essere messo in discussione senza che tutto l'insieme teorico e tecnico vacillino. La convergenza di economia, filosofia e psicoanalisi intorno alla potenza dell'Io come attore creatore del mondo, rendevano evidenti gli aspetti di dominio dell'Io e negavano, rendendoli inaccessibili, i legami e le connessioni dell'individuo con altri livelli di realtà, quelle dei gruppi, delle istituzioni e dell'ecosistema. Questo fenomeno a livello sociale e culturale assume le caratteristiche che, nella pratica psicoanalitica, definiscono una patologia narcisistica. L'ipertrofia del punto di vista del soggetto che finisce per rendere irrilevante l'Altro da Sé, fino a negarlo, accomuna il processo sociale, avvenuto attraverso decenni, all'evoluzione di questa forma patologica nella vita di un individuo (...) Il paradosso di fronte al quale noi oggi ci troviamo è rappresentato dal fatto che la psicoanalisi produce le sue più interessanti riflessioni intorno alla personalità narcisistica, scotomizzando il suo narcisismo di fondo, identificabile nell'assunto onnipotente per cui più un individuo si individua, più è sano!" (Burlini e Galletti, 2000, pp. 21 - 22).
16 Questo modello che è stato sempre più arricchito dalle elaborazioni etnopsicoanalitiche (Nathan, 1996), dagli sviluppi degli studi sulla famiglia (Andolfi, 2000; Cigoli, 2006), dalle moderne ricerche delle neuroscienze (Siegel, 2001), e da altri sviluppi della gruppoanalisi stessa, sia quella italiana (Nucara, Menarini e Pontalti, 1998) che inglese (Dalal, 2002; Hopper, 1994; Pines, 2000; Brown e Zinkin, 1996). A tutto ciò vanno aggiunti gli sviluppi epistemologici (complessità, costruttivismo, ecc.), la pratica clinica, la ricerca empirica sulla psicoterapia, le esperienze innovative fatte nella psichiatria pubblica (Fasolo, 1987, 1991, 1997, 1999, 2002; Barone e Bellia, 2001; Barone, 2006) e persino le ricerche sulla psicologia mafiosa (Lo Verso, 2005).
17 Nel concetto di bene relazionale, a parere di molti economisti, l'attributo di bene richiama i concetti di funzione di produzione e di inputs. Infatti, è possibile immaginare la relazione interpersonale come una particolare funzione di produzione che combina inputs materiali ed inputs intangibili di natura psico-affettiva, al fine di ottenere sia beni di natura strettamente economica che beni relazionali.
18 Durante una normale riunione di lavoro, arriva da casa una telefonata a uno dei convenuti: l'incontro si interrompe, e l'interessato inizia un dialogo sui figli e su aspetti privati, non previsti all'ordine del giorno della riunione. Dalla generazione contingente di un campo relazionale, scaturito dall'emersione di bisogni emotivi, accolti e riconosciuti da un altro, si creano e vengono consumati beni relazionali (Bruni, 2006). In un gruppo di sostegno per familiari di pazienti con Alzheimer a conduzione psicodinamica, Valentina, alla fine del percorso gruppale, riferisce di essere riuscita a non provare l'angoscia come prima grazie al gruppo e di aver compreso che "copriva" il proprio senso di colpa letteralmente comprando un pigiama al giorno al proprio caro ricoverato in R.S.A. (Giorgi, 2008). In questi casi, la relazione interpersonale è in grado di combinare beni intangibili (sostegno, fiducia, conforto, scambio, risonanza, informazione, comportamento imitativo, rispecchiamento, apprendimento interpersonale, altruismo, amicizia, ecc.) con beni tangibili di natura economica (il team lavora meglio e raggiunge gli obiettivi aziendali più facilmente, Valentina ottimizza il tempo dello stare insieme al proprio caro, ha più tempo per se stessa, lavora meglio, risparmia denaro e non acquista più compulsivamente dando il suo contributo alla sostenibilità ambientale ecc.)
19 Gli autori identificano le caratteristiche che differenziano le due grandi famiglie di beni relazionali. Quelle relative ai beni relazionali "secondari" sono: 1. il valore del bene in gioco non si estingue per l'assenza del bene relazionale (se mi reco da un dottore bravo ma con il quale non si crea nessun bene relazionale, il bene economico "visita medica" conserva una sua esistenza ed un suo valore, anche se inferiore rispetto alla stessa visita svolta presso un medico con il quale si dà vita anche ad un bene relazionale; 2. il valore del bene relazionale "secondario" può trovare un valore monetario sostituto del bene stesso. Nel caso, invece, dei beni relazionali primari (relazioni di amicizia profonde, rapporti familiari ecc.): 1. la componente relazionale dell'incontro non può essere eliminata senza con questo distruggere il bene stesso, azzerandone il valore; 2. essi non hanno un valore monetario che possa surrogarli senza che questo finisca per snaturarli. In questa classificazione, anche volendo tralasciare il complicato esempio della "visita medica", dove collochiamo, se è possibile farlo, la psicoterapia e tutti gli interventi psicologici di natura clinico-sociale? La faccenda è complessa e merita di essere approfondita. In questa sede ci limitiamo a sottolineare alcune aspetti: da essi possono emergere solo beni relazionali "primari" essendo la relazione una componente essenziale e un'indispensabile "strumento" di lavoro; non sono beni relazionali "primari" equiparabili a quelli che emergono da rapporti di profonda amicizia ecc.; nel lavoro psicoterapeutico o generalmente clinico-sociale i beni relazionali "primari", pur non essendo surrogabili, convivono e possono emergere solo se è presente un'altra componente fondamentale che è il denaro.
20 Quanto riportato è una rielaborazione della relazione che Brunori ha esposto al seminario di studi "La psicologia mafiosa: una ricerca in Sicilia", all'interno del PRIN-2004: "Come pensa la mafia. Relazioni, autonomie e dipendenze nella mente degli uomini di Cosa Nostra. Approfondimenti clinico-sociali e modelli per il cambiamento", svoltosi presso il Complesso Monumentale San Pietro di Marsala nel febbraio/07.
21 é opinione condivisa che la competizione posizionale e il sempre più elevato consumo posizionale avviene a scapito dei beni relazionali. La crescita economica avviene soprattutto a danno di beni relazionali, sostituiti con beni posizionali e convenzionali a pagamento, o, con beni pseudo-gratificatori (Bruni e Zarri, 2007). Quindi, seppur i due atteggiamenti possono ben coesistere nella stessa persona, quello "tipo beni posizionali", in certe condizioni, tende a "sostituire" del tutto l'altro. Inoltre, la soddisfazione garantita dai beni posizionali è relativamente temporanea e si consuma nel tempo perché comunque prima o poi le posizioni conquistate saranno raggiunte anche da altri e la corsa per mantenere le distanze dal resto della società dovrà riprendere.
22 Tra la molta letteratura è interessante l'elaborazione di Bruni e Zarri (2007) che, a proposito dei beni posizionali e relazionali, complessificano la questione parlando dei cosiddetti beni pseudo-gratificatori, cioè di surrogati a basso costo di beni "genuinamente" posizionali e relazionali. Per quanto riguarda i beni posizionali, gli autori ricordano che, in certi momenti e contesti storici, il loro consumo è mezzo di mobilità sociale e di cambiamento. Il discorso, invece, muta radicalmente con gli odierni "beni posizionali di massa", una speciale categoria di beni pseudo-gratificatori qualificati come beni pseudo-posizionali. Anche per i beni relazionali si assiste oggi ad una produzione e consumo sempre più vasto di loro surrogati, definiti pseudo-relazionali. (esempi di questi beni sono rappresentati dalle molteplici "relazioni simulate" dei reality, delle chat line ecc.).
23 La massiccia esposizione agli stimoli visualizzati sul piccolo schermo fanno del bombardamento pubblicitario e delle relazioni simulate come i reality show (beni pseudo-relazionali) una nuova forma di fiaba, poiché essi riassumono le caratteristiche narratologiche del post-moderno: la brevità quasi fulminea nel suo potere di penetrazione intenzionante dello psichico, l'esasperazione estetica dell'immagine, l'ipertrofica attenzione all'individualismo autocentrato, l'unidirezionalità relazionale. Da un punto di vista psicologico e contenutistico la fiaba è centrale nello sviluppo di un individuo e nella sua strutturazione identitaria perché essa rappresenta la condensazione dei temi antropologici incubati nella matrice familiare, come le ritualità etnicamante connotate e rappresentate nel famigliare, i modelli etici di configurazione del bene e del male, i conflitti e le riparazioni ad essi associate (Lo Verso e Fiore, 1994; Ferraro e Lo Verso, 2007). Tutto questo rende la fiaba un potentissimo strumento di significazione, ponendosi in uno spazio transizionale cioè di creazione di senso, e offrendo un materiale non più grezzo, come nella trasmissione inconscia, ma raffinato dalle modulazioni elaborative che il mondo adulto produce nella coerenza narrativa della fiaba. In questo senso la fiaba si pone come un modello idealtipico di nesso connettivo, universale e pre-pensato, che nella trasmissione relazionale diventa uno stampo su cui ricalcare le prime modalità di significazione della propria esperienza esistenziale. Questa nuova forma di fiaba alla quale i bambini, ma anche gli adulti, sono sottoposti, non è capace di essere strumento di significazione e ri-significazione, anzi assolve ad un processo di saturazione del mondo.
24 Il riferimento è alla teoria dei giochi, cioè quella scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative tramite modelli, ovvero uno studio delle decisioni individuali in situazioni in cui vi sono interazioni tra i diversi soggetti, tali per cui le decisioni di un soggetto possono influire sui risultati conseguibili da parte di un rivale, secondo un meccanismo di retroazione. In particolare, nei giochi a "somma zero", non esiste il caso in cui i partecipanti vincono entrambi o perdono entrambi (www.wikipedia.it). La teoria economica ad orientamento relazione, nell'analisi del "paradosso della felicità", si avvale metodologicamente della teoria dei giochi evolutivi.
25 Condividiamo con gli economisti ad orientamento relazionale la necessità di utilizzare la categoria dei beni relazionali per la comprensione del "paradosso della felicità", a nostro avviso inscindibilmente legato ad una sempre più "povertà" relazionale. Quest'ultima, naturalmente, deve essere intesa sia in senso quantitativo (la costante diminuzione del numero delle relazioni umane) che gruppoanalitico (la qualità relazionale ecc).
26 In questa direzione è possibile sostenere che la modalità relazionale "tipo beni posizionali" coinciderebbe con le dinamiche psicosociali dell'attuale modello dell'economia di mercato, la cui misura è il Prodotto Interno Lordo, mentre quella "tipo beni relazionali" coinciderebbe con le dinamiche psicosociali del modello economico della cosiddetta "economia civile", misurabile attraverso l'Indice di Sviluppo Umano.
27 Nella matrice satura del pensiero mafioso non c'è alcuna possibilità di pensarsi individuo, separato dall'organizzazione, perché è proprio dall'appartenere ad un identità sovrapersonale che dipende la sopravvivenza psichica dell'uomo d'onore, rinunciare a questa adesione totalitaria e collettivizzata equivale ad impazzire o a morire per mano di Cosa Nostra.
28 Lo spostamento è un meccanismo difensivo di natura inconscia che permette di traslare un'emozione, una preoccupazione o un comportamento dall'originario oggetto-bersaglio ad un oggetto neutro, a prima vista estraneo all'attivazione emotiva-affettiva da cui è stato investito, ciò molto probabilmente è dovuto al fatto che la destinazione originaria per qualche ragione provoca molta ansia (McWilliams, 1999) . In realtà, nonostante l'apparente incongruenza, l'oggetto, si cui è stato deviato l'affetto, sembra essere connesso attraverso qualche area di collegamento inconscia al vero motore della eccitazione emotiva, questo stesso dinamismo psichico regge strutturalmente le organizzazioni fobiche e le simbolizzazioni sessuali che danno origine ai feticci.
29 L 'acting out è un processo attraverso il quale un atteggiamento viene scaricato nell'azione allo scopo di padroneggiare l'angoscia associata a sentimenti e desideri interiormente proibiti, si giunge così a trasformare il vissuto d'impotenza e vulnerabilità in un'esperienza di azione e potere, è ciò accade a prescindere da quanto possa essere negativo il comportamento inscenato.
30 Esser-ci per Binswanger è un essere-con-l'altro che rappresenta la condizione ontologica dell'essere umano. L'uomo è sempre un co-esserci.
31 Il gruppo psichico, per Lo Verso (2004), va considerato e concepito come una rete antropologica identificatoria che ha costitutivamente il carattere della molteplicità e della complessità, e che implica tutta la storia di ogni soggetto, rispetto alle significazioni affettive da ciascuno esperite ed elaborate in rapporto all'ambiente antropo-relazionale in cui si è cresciuti. In questa direzione, il gruppo clinico diventa, quindi, strumento di relazione, cura e crescita del Sé nel confronto con l'Altro.
32 Non a caso il gruppo e i beni relazionali, sono fondamenti "invariabili" per il buon funzionamento del microcredito, fenomeno ormai di portata mondiale e sviluppato anche in Italia, il quale sottende un'intima interazione tra dimensioni psicologico-relazionali e dimensioni socio-economiche. Il microcredito, sostanzialmente, è un processo che, attraverso le relazioni gruppali, crea un circolo virtuoso di beni tangibili e intangibili, cioè un processo in cui, a partire da un bene intangibile, la fiducia, si sviluppano beni tangibili che a loro volta creano autostima, altro bene intangibile che sviluppa capacità di assunzione di rischio e che a sua volta crea ulteriori risorse. In questo modo si esce dal circolo vizioso della povertà e si entra in quello virtuoso della produttività. Elemento fondamentale per il successo del microcredito è la presenza di un gruppo. Il gruppo, sostiene Brunori (2004), è fondamentale per diverse ragioni: in primo luogo è un elemento di socializzazione per persone che spesso vivono emarginate, in secondo luogo è capace di contenere le ansie che nascono dal tentativo di cambiare il proprio status, in terzo luogo permette la rielaborazione dei contenuti sociali della relazione e la riformulazione della dialettica interna/esterna individuo/gruppo, e infine responsabilizza gli individui perché dal proprio successo dipende quello del gruppo e viceversa. Il gruppo del microcredito, in sostanza, è caratterizzato dalla cooperazione e dalla reciprocità, da relazioni dalle quali emergono beni relazionali che consentono sia lo sviluppo delle persone che la possibilità concreta di essere protagoniste di se stesse, anche economicamente.
33Documento Base dei GAS, "I gruppi di acquisto solidale. Un modo diverso di fare la spesa", luglio 1999.
34 Si tratta di un'intervista rilasciata da un componente del gruppo GAABE di Roma. Tratto da: Valera L. (2005). GAS. Gruppi di acquisto solidali, Milano: Terre di mezzo.
35 Intervento di Silvia Carlini, una dei tre fondatori di Officina Naturae, durante il 5° Convegno GAS "I GAS verso il punto critico", tenutosi a Milano il 19-20 marzo 2005. Silvia Carlini è chimico farmaceutico e ha lasciato il suo lavoro per potersi dedicare interamente all'attività di Officina Naturae.
36 Non a caso, Pelligra (2007), a proposito delle moderne imprese sociali, suggerisce un isomorfismo tra queste ultime e lavoro di cura, che non riguarda il tipo di beni e servizi che una impresa sociale produce ma piuttosto come questi vengono prodotti. Così come non è possibile produrre "cura" in maniera individualistica e distaccata, allo stesso modo non è possibile operare attraverso la tecnologia dell'impresa sociale senza tenere in considerazione in maniera prioritaria gli interessi degli utenti e della comunità di riferimento.
37 In particolare, la questione centrale del pensiero occidentale, e cioè il ruolo dell'Altro si pone qui con nuova forza. L'Altro è minaccia, diffidenza, paura, nemico, oggetto d'uso, schiavo cliente/suddito o padrone, pura proiezione dei nostri bisogni oppure l'Altro, in una società psicologicamente matura, può essere un valore positivo, una ricchezza, una potenzialità, qualcuno da rispettare ma anche da incontrare, a partire dalla prima vera ed attraente Alterità e cioè la differenza di genere (Lo Verso, 2006).
38 Da un vertice gruppoanalitico soggettuale, infatti, l'esistenza dell'Altro come non-soggettività è il nodo attorno al quale ruota non soltanto la comprensione della psicodinamica "posizionale".
39 Recenti studi che interpolano l'economia con il benessere da un lato e lo sviluppo di comunità dall'altro, concordano sul fatto che la ricchezza e la felicità non sono coestensive, non si coimplicano, perché la ricchezza è un complemento che qualifica l'interazione tra l'uomo e la cosa, la felicità invece è una proprietà, una tonalità umorale della relazione tra persona e persona. Il tradimento dell'individualismo sta tutto qui: nel far credere che per essere felici basta aumentare la ricchezza e il consumo di beni posizionali. Eppure mentre si può essere dei massimizzatori di ricchezza in solitudine, per essere felici bisogna essere almeno in due. La mistificazione operata dall'Occidente post-moderno ha fatto credere che l'esistenza umana può dispiegarsi nella sua pienezza senza incontrare l'altro.
40 Qui riportiamo la definizione di Bonomi (1998), secondo cui "esso è lo sviluppo complessivo di un sistema territoriale competitivo, nel quale i governi locali giocano un ruolo attivo di propulsione e di regolamentazione, attraverso l'utilizzo di strumenti innovativi ed il monitoraggio dei risultati".

*Psicologa, interna Cattedra di Psicoterapia, Universitˆ degli Studi di Palermo;
**Psicologo, Dottorando di ricerca in Pubbliche Relazioni, Universitˆ degli Studi di Palermo;
***Professore Ordinario della cattedra di Psicoterapia, Universitˆ degli Studi di Palermo.


PM --> ENGLISH HOME PAGE --> SECTIONS AND AREAS --> NEWS --> TRAUMA AND SOLIDARITY