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Migranti anziani in Europa

di Daniele Toffoletto



Il numero dei migranti anziani in Europa è in rapido aumento. Stanno raggiungendo l'età della pensione i lavoratori emigrati durante il grande flusso migratorio degli anni '50-'60. Per la prima volta nella loro storia molti Paesi europei verranno confrontati con una consistente presenza di anziani non originari del Paese. Attualmente è la Francia, seguita dall'Inghilterra e dalla Germania ad avere il maggior numero di migranti anziani. Nei prossimi anni in Germania i migranti ultra sessantacinquenni passeranno da quasi trecentomila a più di mezzo milione (1). Questa rapida crescita cambierà consistentemente la struttura sociale della popolazione anziana di molti Paesi europei.

Anche l'assistenza agli anziani dovrà tener conto di questo nuovo gruppo e dei nuovi problemi ad esso legati. Delle iniziative vengono già prese, ma sono troppo poche rispetto ai bisogni. Negli Stati Uniti c'è una discreta tradizione di studi e interventi per i migranti anziani. Frutto di una antica tradizione di immigrazione, ma soprattutto delle grandi battaglie sociali degli anni '60. Allora il 'Black Power Movement' e il 'Great Society Program' di Kennedy e Johnson avevano posto anche l'aspetto etnico al centro dell'attenzione dell'assistenza socio-sanitaria per gli anziani.
Negli anni '50-'60 molti migranti erano partiti verso Paesi europei con l'idea di un breve soggiorno all'estero, ma per mille ragioni il soggiorno si è prolungato per anni. Anche il sognato rientro in patria all'arrivo della pensione non si è potuto realizzare. Solo pochi hanno potuto coronare questo sogno. La maggior parte è rimasta all'estero nel perenne conflitto tra il legame con il Paese in cui vivono e l'amore e la nostalgia del Paese natale: il dilemma dei migranti. Non sempre è possibile scegliere, spesso è la necessità che impone la scelta.

Ai problemi che la vecchiaia porta con sé si aggiungono per i migranti anziani la doppia discriminazione, le scarse informazioni sull'assistenza, la difficoltà della lingua straniera, la nostalgia della patria e della cultura d'origine, il pesante e insalubre passato lavorativo.

Il concetto della doppia discriminazione (double jeopardy) è stato lanciato per la prima volta in America nel 1964 dal 'National Urban League'. E' stato poi usato dai ricercatori, favorendo una presa di coscienza negli studi sociali della problematica delle minoranze etniche. A partire dagli anni settanta si è aperto un dibattito sui pro e contro della doppia discriminazione, ma per tutti era assodato che negli studi sugli anziani si doveva tener conto dell'etnicità. Da allora ogni manuale di Gerontologia ha almeno un capitolo sull'argomento.

I risultati delle ricerche non sono unanimi. Secondo Kent (2) l'età è un grande livellatore delle influenze razziali e sociali. Mentre secondo una ricerca di Dowd et al. (3) per alcuni aspetti (reddito e salute) si può parlare di doppia discriminazione, mentre per altri (sostegno dei familiari e 'life satisfaction') non c'è nessuna significativa differenza tra gruppi etnici. Alcuni anzi sostengono che per quanto riguarda questi due ultimi aspetti le minoranze etniche siano avvantaggiate. Secondo Fry (4) l'appartenenza ad un gruppo etnico rinforza i rapporti sociali all'interno del gruppo. Kimmel (5) constatava che tra i negri anziani i suicidi sono molto più bassi che tra i bianchi. Bisogna però stare molto attenti nell'interpretazione di questi fatti, perché come suggeriva Gibson (6) è probabile che nel gruppo degli anziani appartenenti alle minoranze siano sopravvissuti solo i più forti per quanto riguarda capacità fisiche, psichiche e sociali.

La discussione è ancora aperta e si parla anche di tripla discriminazione , riferita agli individui vecchi, poveri e appartenenti ad un gruppo minoritario, e di quadrupla discriminazione, riferita agli individui vecchi, poveri, appartenenti ad un gruppo minoritario e donne. Come sintetizzava Crandall (7) ancora non è chiaro quale fattore sia importante nel determinare la discriminazione, sono necessari studi più approfonditi. Benché ci sia attenzione a questi problemi, lo spazio che viene loro dedicato nella ricerca è ancora marginale.

In Europa le prime ricerche sulla condizione degli anziani migranti sono state condotte in Inghilterra e pian piano cominciano a comparire anche in altri Paesi: Germania, Olanda, Francia. Solo ora perché l'immigrazione è un problema recente in Europa, i grandi flussi migratori sono iniziati negli anni cinquanta, sessanta e comprendevano soprattutto persone giovani e in buona salute. In questi recenti anni comincia ad avere una certa consistenza il numero dei migranti anziani.

I primi risultati confermano quanto emerso in America: l'esistenza della doppia, tripla e quadrupla discriminazione. Anche se in Europa c'è la tendenza a individualizzare i risultati: ogni migrante ha la sua storia e tutti i migranti non devono essere messi in un unico contenitore (8). In Inghilterra per esempio si è constatato che per la salute e il reddito oltre alle differenze tra migranti e autoctoni, ci sono anche differenze tra Paesi di provenienza e tra classi sociali all'interno dei migranti anziani. Non è facile comunque trarre conclusioni definitive sulla doppia discriminazione, per quanto riguarda l'Inghilterra Blakemore e Boneham (9) constatavano che: "Benché alcuni anziani Asiatici o Afro-Caraibici siano chiaramente svantaggiati per certi aspetti, in particolar modo salute e reddito, non è ancora chiaro se questi svantaggi diventino relativamente maggiori o minori con l'età una volta paragonati al processo di invecchiamento degli anziani bianchi" (p.54).

Dalle ricerche europee emerge poi che i migranti utilizzano poco le strutture socio-sanitarie per anziani del Paese ospite (10). Spesso perché non ne conoscono l'esistenza, altre volte a causa delle grandi differenze culturali che esistono all'interno di queste strutture. Il cibo, il modo di organizzare la vita e il tipo di rapporti sociali sono talmente estranei e diversi da quelli conosciuti dai migranti che per loro è difficile potersi adattare in questo ambiente.
L'isolamento dalla società del Paese ospite caratterizza gli anziani migrati in Europa. I contatti sociali sono limitati quasi esclusivamente alla propria famiglia e a una ristretta cerchia di connazionali. In America questo non è stato constatato o per lo meno non nelle forme quasi drammatiche con cui si presenta in Europa (11, 12, 13, 14, 9).

Le condizioni economiche del migrante anziano sono spesso molto disagiate, non solo appartiene alle categorie sociali più povere, ma spesso percepisce una ridotta pensione di vecchiaia. Nonostante le difficoltà e le rinunzie il migrante anziano ha una positiva immagine di se stesso. E' soddisfatto della sua situazione e di quello che ha potuto realizzare in anni di lavoro. Tuttavia questa soddisfazione ha un sapore agrodolce, come rivela una ricerca condotta in Germania tra Turchi e Italiani (14). Uno è soddisfatto della sua posizione, ma è anche deluso per non aver raggiunto quello che si aspettava quando era partito. Sono soprattutto le donne ad avere problemi nell'accettare una definitiva permanenza all'estero. Molte vanno regolarmente dal medico e presentano disturbi tipicamente psicosomatici (12, 14).

Mentre la posizione degli anziani in Europa va migliorando, si va formando all'interno della categoria un gruppo che invece vede peggiorare la propria condizione sociale ed economica. E' un gruppo che diventerà anche numericamente consistente: nel 2.000 i migranti anziani saranno in Europa un milione e mezzo circa. Il rischio è grande: che diventi uno dei gruppi più vulnerabili e socialmente esclusi d'Europa.

Sono necessari nuovi interventi perché le strutture per anziani e soprattutto i servizi socio-sanitari dei Paesi ospiti si aprano a questi nuovi gruppi. E' importante che si sviluppino progetti dove si tenga conto anche delle diversità culturali (15). Il contatto con la cultura del Paese d'origine del migrante va rinforzato. Invecchiando uno guarda indietro e ha bisogno di ritrovare, rinsaldare il contatto con le sue origini, la pressione per l'inserimento nel Paese dove abita viene meno e c'è la riscoperta della propria cultura d'origine. Attività che favoriscano questa esigenza devono essere promosse non solo dal Paese di residenza, ma anche dal Paese di provenienza in collaborazione con le organizzazioni dei migranti (16).

La legislazione pensionistica va adattata per tappare i buchi che si sono aperti a livello di previdenze e pensioni in modo che vengano evitate situazioni di estrema indigenza.
Infine vanno sviluppate occasioni per un utile utilizzo del tempo libero. Il migrante anziano tende a ritrovarsi tra le persone che appartengono al proprio gruppo, per lui viene meno la spinta e la necessità all'integrazione nel Paese ospite. Attività che tengano conto di queste esigenze vanno pensate e costruite in modo che il migrante anziano possa ancora svolgere un ruolo attivo nella società.

In diversi Paesi europei si cominciano a intraprendere iniziative a favore dei migranti anziani (17, 18, 19) ed è nata anche una organizzazione europea che si occupa di studi, ricerche e interventi per migranti anziani: l'ENAE (European Network on Ageing and Ethnicity) con sede ad Edimburgo in Inghilterra (http://www.seniorweb.nl/enae/). In Olanda i sindacati dei pensionati olandesi hanno regolari contatti con le organizzazioni dei migranti. Personale che parli la lingua o che provenga dai principali gruppi di migranti viene preparato e assunto dalle Case di Riposo e dagli Enti che si occupano dell'assistenza a domicilio (20). Per anziani Surinamesi, Cinesi e Antillani sono state costruite Case Albergo (21). I migranti stessi si organizzano e recentemente si è costituito anche un sindacato islamico per gli anziani.

Il tempo stringe e la necessità di creare una rete di sicurezza sociale più efficace e attenta ai bisogni dei migranti anziani si fa impellente. Spingere in questa direzione è compito anzitutto dei più diretti interessati: gli anziani, ma anche delle organizzazioni dei migranti. Un ruolo importante hanno anche gli operatori socio-sanitari senza un'apertura e una disponibilità verso un intervento interculturale di questa categoria non è possibile creare le condizioni per un intervento efficace in favore dei migranti anziani.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1. Eurostat, Demographic statistics, 1997. Luxembourg, 1997.
2. Kent, D.P. The Negro aged. Gerontologist. 1971, 11, 48-51.
3. Dowd, James J. and Bengtson, L. Aging in Minority Populations. Journal of Gerontology. 1978, 33, 3, 427-436.
4. Fry, C.L., Culture, behaviour, and aging in the comparative perspective. In J.E. Birren e K.W. Schaie (Eds.), Handbook of the psychology of aging. Van Nostrand Reinhold, New York, 1985.
5. Kimmel, D. C. Adulthood and Aging. John Wiley & Sons, New York, 1990.
6. Gibson, R.C., Outlook for the Black family. In a.Pifer e L. Bronte (Eds.), Our aging society: Paradox and promise. Norton, New York, 1986.
7. Crandall, R.C. Gerontology. McGraw-Hill, Inc. 1991.
8. Jackson, M., Kolody, B., en Wood, J.L. To be old and black: the case for double jeopardy on income and health. In Manuel, R.C. (red.), Minority Aging. Westport,Connecticut, Greenwood Press, 1982.
9. Blakemore, K. en Boneham, M. Age, Race and Ethnicity. Open University Press, Buckingham, Philadelphia, 1994.
10. Toorn, van M. Allochtone ouderen: een zorg(e)loze toekomst? SBWR, Rotterdam, 1994.
11. Brassé, P. en W. van Schelven. Assimilatie van vooroorlogse immigranten. Staatsuitgeverij. 's-Gravenhage. 1980.
12. Brand, E. Lamers A. en Van de Ven L. Nooit meer de oude. LIZE, Utrecht, 1991.
13. Choenni, C.E.S. Surinaamse ouderen in Nederland. In Bakker, M.H. (red), Oud in den vreemde. Bohn Stafleu Van Loghum, Houten/Antwerpen, 1992.
14. Sen, F. Woonproblemen van ouderen buitenlanders in Duitsland. In Berlo van A. et al. (red), Allochtone ouderen: t(e)huis in Nederland. Akontes Publishing, Knegsel, 1993.
15. Thomesé, F.R., Tjon Kon Fa e Teng H.B., Het wiel van de buren: ideeën en oplossingen uit de Engelse praktijk, Nederlands Instituut voor Zorg en Welzijn, Utrecht, 1995.
16. Tenhaeff, C.R., e Hanrahan M.H., Ouderenzorg. In Haveman, H.B. e Uniken Venema, P., Migranten en Gezondheidszorg. Bohn Stafleu Van Loghum, Houten/Diegem, 1996.
17. Berlo van A. et al. (red), Allochtone ouderen: t(e)huis in Nederland. Akontes Publishing, Knegsel, 1993.
18. Mechelen, van P. De cirkel doorbroken. NIZW, Utrecht, 1993.
19. Patel, N. e Mertens H. (Eds.), Living and Ageing in Europe as a Minority: Profiles and Projects. ENAE, London, 1997.
20. Prakken, J.C.V., Over de streep. NIZW, Utrecht, 1993.
21. SBBF, Beschrijving Bejaardenoorden met een bijzondere functie. Houten, 1992.


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