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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Area: Psico-socio-analisi


CAMBIAMENTO NORMATIVO E RISORSA GRUPPO
Un’esperienza di formazione per il personale direttivo degli Uffici del Giudice di Pace del Distretto della Corte d'Appello di Brescia.

Antonella Cioffi*, 2003

Sommario

  1. Premessa
  2. Caratteristiche dell'intervento formativo
  3. Variazioni in corso d’opera
  4. Lo svolgimento del lavoro formativo
  5. La valutazione
  6. La valutazione della valutazione
  7. Conclusioni
  8. Bibliografia
  9. Allegato: Testimonianza di una partecipante al corso

1. Premessa

Nel giugno 2001 si è concluso un intervento formativo dedicato al personale direttivo degli uffici del Giudice di Pace del Distretto di Brescia in vista dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.274/2000 che attribuisce competenze penali ai giudici di pace. Il titolo dell’intervento era stato sintetizzato in: “Ruolo, cambiamento e progetto, le nuove competenze dell’ufficio del Giudice di Pace.”

La progettazione dell’intervento è nata dall'esigenza di supportare il personale amministrativo in vista di problematiche di tipo organizzativo, gestionale, relazionale, che sarebbero derivate dalle attribuzioni introdotte dalla nuova normativa. In sostanza, l’obiettivo era quello di aiutare le persone a gestire una situazione di cambiamento non solo a livello individuale ma anche su quello del gruppo di riferimento di ogni singolo ufficio e sulle interazioni tra questo, l’istituzione di appartenenza e le altre istituzioni (Comuni, Forze dell’ordine, Polizia giudiziaria, Ordini degli Avvocati, e così via).

Data la portata delle nuove norme e la cultura prevalentemente giuridica dell’amministrazione di appartenenza dei destinatari dell’intervento formativo, si è ritenuto di avviare il percorso con un momento di aggiornamento normativo che fosse tuttavia fin da subito connesso all’insieme degli obiettivi di cambiamento sopra delineati.

Già in fase di progettazione è prevalsa la scelta di non costruire tutto l’intervento enfatizzando il solo focus normativo; questo sia perché le caratteristiche dei cancellieri destinatari dell'intervento (con una più o meno lunga esperienza professionale) facevano presumere una certa capacità di procedere anche autonomamente sul piano dell'aggiornamento normativo, sia per gli effetti di analisi condotte su recenti esperienze di cambiamento nell'amministrazione della Giustizia, sia per il desiderio di sperimentare metodi nuovi ed evolutivi per l’accompagnamento e la gestione dei processi di cambiamento organizzativo.

Dalle riflessioni su esperienze pregresse è emerso infatti come, nelle situazioni di cambiamento determinate dall'introduzione di nuove norme, i problemi più grossi, sia nelle aspettative degli interessati che alla prova dei fatti, non fossero derivati dalla mancata o imperfetta conoscenza delle norme in questione, bensì dalla scarsa capacità di previsione, o, meglio, dalla non adeguata capacità di gestione delle dinamiche relazionali sottese alla situazione di cambiamento organizzativo e istituzionale(1). Da qui la scelta progettuale di porre particolare cura all’ascolto delle risonanze di un cambiamento lavorativo che si annunciava ricco di implicazioni non solo al livello dei singoli ruoli ma anche a quello dei gruppi locali di riferimento.

La mancanza di strumenti per gestire processi di cambiamento in maniera consapevole hanno infatti storicamente avuto ripercussioni pesanti sull'organizzazione degli uffici e sul livello delle prestazioni erogate. Gli interventi di aggiornamento normativo, più o meno capillare, alla prova dei fatti, si sono rivelati insufficienti ad evitare ripercussioni spesso spiacevoli; perseguire il solo obiettivo formativo di “conoscenza dello strumento normativo” non pareva infatti sufficiente per poter perseguire e sostenere nell’operatività quotidiana un cambiamento capace di incidere positivamente anche sulla qualità della vita lavorativa individuale e istituzionale.

2. Caratteristiche dell'intervento formativo

In fase di “analisi della domanda” con l’agenzia formativa, che prima ha con noi studiato e poi realizzato l’intervento formativo qui testimoniato, si è scelto di pensare e progettare un intervento formativo con caratteristiche diverse da quelle più tradizionalmente utilizzate in situazioni di questo tipo. L'obiettivo diveniva più ampio, complesso e sfidante: si trattava infatti oltre che di aggiornare la conoscenza sulle nuove norme, di portare alla luce le capacità e competenze necessarie perché le persone potessero gestire più responsabilmente, e non subire, le situazioni di cambiamento. Il tutto entro una pensabilità nella quale il “fare” quotidiano dei singoli non costituisse un’azione isolata e decontestualizzata, ma nella quale quel “fare” acquistasse senso anche sul piano dell’interazione gruppale e organizzativa.

A tal fine si è deciso di costruire un progetto che consentisse di lavorare su competenze che potessero servire a co-pensare, comunicare, sperimentare modalità operative di attuazione della norma adatte ad affrontare il cambiamento non tanto in teoria, in generale, ma con riferimento al contesto ambientale in cui ciascuno si trova ad operare. Per fare questo si trattava di utilizzare metodologie interattive ed esperienziali ed un approccio formativo che aiutasse a portare l’attenzione oltre che sulla responsabilità individuale anche su quella gruppale, a partire da quella del gruppo d’aula; un approccio questo sempre auspicato ma mai sperimentato operativamente nel contesto culturale degli uffici giudiziari.

Nell’esperienza di cui qui desidero testimoniare l’approccio metodologico prescelto e adottato è stato quello psicosocioanalitico (2). Coerentemente con questo modello di intervento istituzionale la fase iniziale di “analisi della domanda”, ha attivato un processo di ascolto a livello individuale e gruppale che ha fatto da supporto alla stesura e alla progressiva messa a punto del progetto formativo che andava costruendosi ad hoc (3).


3. Variazioni in corso d’opera

Al momento della progettazione dell'intervento formativo, la data dell'entrata in vigore della riforma che costituiva il presupposto per l'intervento era fissata al 2 aprile 2001, quindi i tempi stessi per la formazione apparivano assai stretti. Quanto ai destinatari, in un primo momento, a causa di vincoli istituzionali, pareva dovessero essere solo funzionari preposti alla direzione dell'ufficio, generalmente con una certa esperienza professionale.

Gli eventi hanno poi preso una diversa piega: l'amministrazione ha deciso che la partecipazione fosse consentita anche ad altro personale, con qualifica diversa purché formalmente preposto alla direzione dell'ufficio nell’area di giurisdizione della Corte d’Appello di Brescia (province di Brescia, Mantova, Cremona e Bergamo). Di fatto è accaduto che il periodo in cui è stato avviato l'intervento formativo sia coinciso con molte assunzioni di personale su organico scoperto proprio tra i responsabile degli uffici del Giudice di Pace. Si sono allora dovuti creare due gruppi di lavoro, composti da circa 14 membri, che hanno così lavorato autonomamente, consentendo un apprendimento anche dal confronto tra le due dinamiche d’aula.

I due gruppi sono stati composti in modo eterogeneo con cancellieri “anziani” e cancellieri di prima nomina. Grazie alla conduzione di cui tra poco dirò, è stato possibile evidenziare dinamiche gruppali che, a detta dei partecipanti, riproducevano curiosamente quelle tipiche della situazione lavorativa e che sul lavoro si cercava invano di evitare perché causa di conflittualità; valorizzando la risorsa gruppo e la sua operatività in aula è stato così possibile rilevare, accogliere e rendere possibile un confronto tra mentalità che, anche se (spesso) divergenti e conflittuali, potevano scoprire nuove possibilità di re-incontro.

Altro elemento che ha mutato lo scenario iniziale è stata la proroga dell'entrata in vigore delle norme che avrebbero richiesto il cambiamento per il quale, e sul quale, ci si accingeva a lavorare. Questo fatto avrebbe potuto provocare una minore tensione verso gli obiettivi proposti; invece, anche in considerazione della particolare flessibilità e natura del percorso di apprendimento intrapreso, la variazione di scenario è divenuta occasione di apprendimento proprio sugli obiettivi di fondo del progetto.

Dato che il percorso aveva come obiettivo l’aiutare i partecipanti a gestire progettualmente ciò che va realmente accadendo nel “presente”, senza semplificazioni, l’“imprevisto”, da nodo critico che poteva portare a disinvestire dal corso a causa dei molteplici, complessi ed assorbenti impegni d’ufficio che obbligavano i partecipanti a fare salti mortali per staccarsi dall’ufficio e venire al corso, si è potuto trasformare in opportunità e risorsa per sperimentare un’auspicata modalità di lavoro in grado di affrancarsi progressivamente dalla schiavitù di un’urgenza angosciante e spesso paralizzante. Il percorso intrapreso infatti, per la maggior parte dei partecipanti era del tutto nuovo e non immediatamente inquadrabile nelle proprie coordinate culturali, (come si può desumere dalla testimonianza di una partecipante raccolta nella scheda finale). Il rinvio della data di entrata in vigore della norma ha potuto essere vissuto come una opportunità in più per predisporsi a sperimentare nei fatti ciò che la teoria psicosocioanalitica in materia di ricerca clinica con i gruppi andava proponendo proprio per cogliere e gestire consapevolmente i mutamenti in atto.

Senza l’ansia della scadenza imminente e della necessità di "fare", "produrre" subito un risultato visibile, i due gruppi d’aula hanno avuto l’opportunità di vivere tempi più adeguati per sostenere apprendimenti organizzativi individuali anche in termini di qualità nello stile relazionale. Questo dato, entro una cultura organizzativa “della fretta” che di fatto si vive costretta a dover rincorrere le urgenze e le emergenze, non è affatto scontato.

4. Lo svolgimento del lavoro formativo

I partecipanti al corso (complessivamente 29 persone) sono stati dunque organizzati in due gruppi di lavoro in modo da ottenere una dimensione ottimale per poter sperimentare metodologie d’aula anche di tipo esperienziale.

Gli incontri, ciascuno della durata di 5 ore dalle 8.30 alle 13.30 si sono susseguiti, per ciascun gruppo, con ritmo mediamente quindicinale.

Fondamentale è stata la possibilità di effettuare periodiche riunioni di coordinamento e messa a punto del lavoro in progress ciò che ha permesso di monitorare costantemente l'andamento del corso, effettuare raffronti tra ciò che emergeva nei due gruppi e modificare, all'occorrenza, la programmazione di una certa unità di lavoro alla luce di quanto emerso in quella precedente.

Il percorso così progettato e gestito con modalità interattive ha preso l’avvio con una presentazione ufficiale ai due gruppi riuniti in plenaria nella Sala udienze della Corte d’Appello di Brescia da parte del Presidente della Corte (4) e delle massime autorità giudiziarie del distretto, con la presenza di docenti, tutors e coordinatore. Ciascuno ha presentato in dettaglio il senso dell’intervento rispetto al suo vertice di osservazione e il programma articolato in 12 unità di lavoro per un totale di circa 60 ore per ciascun gruppo (programmazione e staff esclusa).

La presentazione e la definizione del contratto formativo anche con il livello istituzionale era stata espressamente voluta come punto qualificante di questo tipo di progetto; questa voleva essere e, come tale è stata percepita, un segnale "forte" di attenzione dell’organizzazione nei confronti di persone cui viene richiesto un impegno anche qualitativo, e quindi un riconoscimento esplicito della importanza del loro ruolo per la riuscita della riforma.

La prima unità del percorso era costituita da un seminario di aggiornamento normativo, curato da un magistrato (5); al seminario era presente anche il docente conduttore-formatore del gruppo in qualità di osservatore silente (6). Il seminario è stato molto apprezzato da entrambi i gruppi grazie alla competenza del docente magistrato, che è riuscito, nonostante la materia nuova e in evoluzione non si prestasse facilmente allo scopo, a stimolare la partecipazione dei corsisti e a rilanciare alcune domande e problemi organizzativi posti dai partecipanti sulle unità successive del percorso.

La presenza del formatore in veste di osservatore aveva l’obiettivo di mettere a fuoco, con il gruppo, le più appariscenti dinamiche individuali e di gruppo “emergenti” fin dal primo approccio al problema delle “nuove competenze”, rileggere la domanda di formazione alla luce dei problemi posti dai gruppi d’aula così da poter censire e rilanciare nelle successive unità formative l’approfondimento di problemi focali e delle nuove competenze di ruolo necessarie per farvi fronte.

Le successive unità, non più solo a taglio giuridico-conoscitivo ma dichiaratamente “formative” hanno subito attivato, come era prevedibile, le perplessità e le diffidenze di alcuni partecipanti ai quali veniva chiesto, negli obiettivi, di porsi in un ruolo attivo sia nei confronti della propria formazione sia nella gestione dei cambiamenti in atto e da promuovere nel proprio ufficio. Tutti i membri del gruppo venivano infatti invitati ad esprimersi non tanto in teoria, ma a partire dalla propria esperienza lavorativa nel loro ufficio; erano poi di fatto sollecitati a fare alcuni "compiti a casa" non nel senso tradizionale ma nel senso di attivare un vertice osservativo congruente con quanto veniva emergendo attraverso gli apprendimenti del gruppo d’aula così da poter utilizzare le osservazioni “pratiche” rilevate sul lavoro come input dell’unità formativa successiva.

In sostanza si invitavano di fatto i partecipanti a mettere sotto particolare osservazione determinate esperienze osservabili sia nel gruppo d’apprendimento che in ufficio e a ridiscuterne al successivo incontro. Il fatto che ai partecipanti venisse proposto di assumere anche in aula una responsabilità operativa in termini di ruolo e di promozione e valutazione di un cambiamento da gestire con il loro gruppo di riferimento, nei propri uffici, era cosa che usciva dagli schemi dei tradizionali corsi. Nel contratto d’aula al gruppo veniva richiesto un coinvolgimento “operativo” che i più, inizialmente, non si aspettavano in una aula di formazione. Il tipo di formazione cui fino ad allora avevano partecipato era infatti prevalentemente di tipo normativo e giuridico, improntato quindi ad una relazione di sostanziale dipendenza dei partecipanti e dell’aula dal “ docente esperto”.

Nel modello di formazione qui proposto, basato sulla tecnica del “gruppo operativo” a conduzione psicosocioanalitica, il docente-conduttore si configurava invece sia come “esperto” in materia di cambiamento organizzativo e di empowerment che come “allenatore-conduttore” di gruppi di lavoro impegnati nella realizzazione di un compito; le modalità di lavoro erano quindi flessibili ed interattive. Il dosaggio di queste due componenti dipendeva da ciò che dinamicamente andava emergendo come più funzionale all’apprendimento individuale e gruppale, ossia di ciò che era più opportuno al fine di massimizzare il raggiungimento degli obiettivi di progetto, peraltro da tutti condivisi. La fase di messa a punto e condivisione del “contratto” d’aula in termini non teorici ma pragmatici è stata quindi particolarmente importante e significativa.

Superate le prime perplessità e lo stupore della novità, stabilitosi un clima d'aula tale da rendere meno difficile "esporsi", per alcuni partecipanti il coinvolgimento, l'adesione, il vero e proprio crescente entusiasmo per quanto veniva man mano proposto o meglio "svelato" (l'obiettivo era proprio quello di rendere le persone consapevoli nell’uso delle proprie potenzialità) è stato visibilmente percepibile. L’interesse è andato crescendo unità dopo unità, man mano che appariva chiaro, dall'analisi del proprio ruolo e della propria personale esperienza di lavoro in rapporto a sé e agli altri, come competenze e conoscenze, apparentemente lontane da “fascicoli”, “udienze” e “registri”, fossero tanto determinanti nella gestione dell'ufficio e della situazione di cambiamento.

I tempi di reazione, il maggiore o minore coinvolgimento e partecipazione sono dipesi anche da variabili quali l'età, l’anzianità di servizio (da due mesi a trent'anni di servizio), la preparazione culturale (dal diploma della scuola dell'obbligo alla specializzazione post laurea) dalle quali discendevano anche la minore o maggiore consapevolezza del ruolo, la curiosità, la propensione al nuovo ed al confronto. Ma, attraverso il lavoro del gruppo, in tutti è prevalso il desiderio di cimentarsi con le proprie capacità innovative applicando gli apprendimenti all’operatività quotidiana e comunicandone e condividendone gli esiti in gruppo.


5. La valutazione

Al termine delle dodici unità complessive del percorso, la valutazione dell’iniziativa formativa effettuata sia con gli strumenti diagnostici comuni a tutti i corsi del Ministero della Giustizia sia con strumenti costruiti ad hoc per quel percorso, è risultata indubbiamente positiva.

Oltre ai risultati dei questionari di fine corso di cui si parlerà più avanti, indicatori positivi sono riscontrabili anche da alcuni fatti che, per chi si occupa professionalmente di formazione istituzionale, sono decisamente significativi. Ad esempio, la presenza dei partecipanti in entrambi i gruppi è stata assidua (tranne che in due casi di gravi motivi di salute). Su di un arco di tempo così lungo, dodici unità di cinque ore ciascuna distribuite in un arco temporale di cinque mesi, ed in una situazione in cui non si è mai volutamente posto l'accento sull'obbligatorietà della frequenza, la frequenza costante non era scontata (vanno considerati anche i pesanti disagi per il raggiungimento della sede del corso per alcuni). Due partecipanti, nel frattempo trasferiti ad altro ufficio del distretto di Brescia, uno addirittura da Brescia a Milano, hanno chiesto (ed ottenuto) di poter concludere volontariamente il percorso formativo avviato. Anche una partecipante, entrata in astensione obbligatoria dal lavoro per maternità a metà corso, ha dichiarato la sua disponibilità a partecipare volontariamente ai successivi incontri.

Si tratta di segnali di interesse che non sempre si riscontrano in maniera così forte nei percorsi di formazione e che hanno avuto ulteriore conferma anche nei dati di valutazione rilevati nell'ultima unità del corso dedicata alla valutazione della valutazione.

Nella tabella che segue vengono riportati in un unico prospetto gli items di valutazione e le relative valutazioni; si tratta sia degli items ordinariamente usati per la valutazione istituzionale di tutti i corsi promossi dall’Ufficio Formazione della Corte d’Appello con l’aggiunta di quelli proposti dall’agenzia formativa.

Items di valutazione Per niente Poco Abba-stanza Molto
Rilevanza degli argomenti trattati per la propria professionalità
0 1 10 8
Applicabilità degli argomenti trattati alla propria realtà lavorativa
1 5 10 6
Rispetto del programma da parte dei docenti
0 0 4 17
Chiarezza espositiva degli interventi
0 0 9 13
Partecipazione attiva del gruppo in aula
0 1 14 7
Lezione tradizionale
1 2 15 5
Esercitazioni in aula
0 4 11 7
Lavoro di gruppo
0 4 10 8
Quanto questa formazione lo/la ha aiutato/a ad acquisire una maggiore consapevolezza del suo ruolo in rapporto al cambiamento in atto?
0 2 6 14
Quanto ritiene che alcuni suoi comportamenti di ruolo possano migliorare per effetto del contributo offerto da questa formazione?
0 3 10 9
Quanto ritiene che questa formazione l’abbia messa maggiormente in grado di attraversare situazioni di mancanza o difficoltà, con modalità progettuali?
0 5 14 3
Quanto ritiene che questa formazione sia risorsa per «raccogliere e gestire la sfida imposta dall’innovazione normativa»?
0 6 13 3
Qualità educativa/di aggiornamento fornita dal corso
0 1 12 9
Partecipazione attiva del gruppo in aula
0 1 14 7
Elementi di novità
0 0 7 15
Interesse ad approfondire i temi trattati
0 1 11 9
Fatica
4 6 3 9
Contributo della Docenza relativa alla conoscenza normativa
0 2 7 12
Contributo della Docenza relativa alla conoscenza psicosocioanalitica
0 1 4 17
TOTALI valore assoluto
6 45 182 177
TOTALI %
1,4% 10,98% 44,39% 43,17%

Tab. 1 – Un’esperienza di formazione per i Cancellieri in servizio presso l’Ufficio dei Giudici di Pace. Riepilogo delle valutazioni quantitative espresse dai partecipanti dei due gruppi in chiusura della penultima unità didattica.

6. La valutazione della valutazione

Tale unità il cui scopo era quello di fare del momento della valutazione un ulteriore strumento di apprendimento e di partecipazione è stata preceduta, nella parte finale del penultimo incontro formativo, dalla compilazione dei questionari di fine corso: sia quello ufficiale ministeriale sia quello messo a punto dall’agenzia formativa esterna.

Lo strumento di valutazione aggiuntivo è stato costruito implementando e articolando più nel dettaglio le voci ricomprese nel questionario ministeriale standard di fine corso, con un serie di item relativi al processo di apprendimento. Per rilevare anche il grado di raggiungimento analitico degli obiettivi proposti (ovviamente dal punto di vista dei partecipanti) sono state disarticolate alcune delle domande poste nella prima parte del questionario, anche allo scopo di approfondire il livello di analisi e di avere materiale ulteriore di riflessione sul piano dell’apprendimento gruppale e istituzionale.

Nell'ultima unità, quella finalizzata all’apprendimento istituzionale attraverso l’effetto gruppale della valutazione individuale, la presentazione dei dati del questionario è stata preceduta da una esercitazione consistente in una serie di interviste reciproche incrociate nelle quali i partecipanti erano, di volta in volta intervistatori, intervistati ed osservatori di se stessi e del processo in atto. Durante le interviste ciascuno ha illustrato sinteticamente i lati positivi e quelli problematici del percorso formativo cui avevano concorso a dare vita.

Le valutazioni emerse, confrontate ed integrate con i dati elaborati e presentati dal coordinatore del corso, sono state oggetto di discussione e di apprendimento non solo sulla valutazione dell'iniziativa ma anche sul metodo, sul confronto, sulla mediazione, sulla comunicazione, sull'utilizzo di questi strumenti nell'ambito dei gruppi di lavoro.

I dati del questionario rilevati al termine della penultima unità e che si scoprirà essere lievemente più critici rispetto a quanto emerso dalle interviste incrociate dell’ultima unità di lavoro, vedono in ogni caso prevalere nettamente le risposte positive (abbastanza, molto) anche con riferimento a quegli item che generalmente ricevono minor consenso come ad esempio quello relativo all'applicabilità degli argomenti trattati alla propria realtà lavorativa e la serie di item relativi al processo di apprendimento (7).

Nel questionario c’era poi una domanda aperta: “Esprima con una metafora o immagine l’impressione generale sul corso”. Qui si nota che accanto a due commenti scettici “Armiamoci e partite” e “Cambiando vi arrangerete”, emergono immagini che mostrano il tipo di sentimenti prevalenti sottesi: “Scettico all’inizio, perplesso durante, contento alla fine”, “E’ stato come scalare una montagna”, “Paragono il percorso all’imbocco di una galleria apparentemente buio, ma che alla fine ha condotto alla luce”, “Oceano di informazioni da interiorizzare e trasformare in stile di vita”, “Il fatto che le persone siano nate con due occhi e due orecchie ma con una sola bocca fa pensare che dovrebbero osservare ed ascoltare il doppio di quanto parlano”, “Bambino che impara a camminare da solo”, “Baco che si libera della crisalide”, “Riuscire ad affrontare il cambiamento nel miglior modo possibile cercando altresì di creare un ambiente/ufficio psicologicamente sano”, “L’incredibile volo”, “Gli esami non finiscono mai”, “Apertura di una finestra su un panorama poco conosciuto e su un orizzonte sconosciuto ma che invoglia a conoscerlo fino in fondo”. Anche da questo materiale insolito – era la prima volta che una domanda sulle metafore era inserita in un questionario di valutazione – si può cogliere il senso di "apertura "che questo corso ha rappresentato per la maggior parte dei partecipanti; in questo la risorsa “gruppo”, condotto nel modo cui si è accennato, ha offerto un sostanziale contributo nell'individuare i problemi di fondo sottesi al cambiamento organizzativo e nel rendere pensabili nuovi orizzonti e soluzioni.


7. Conclusioni

In questo intervento formativo ho potuto verificare la possibilità di lavorare in progetti di cambiamento organizzativo e di sviluppo delle risorse umane ponendo una particolare attenzione alla valorizzazione della risorsa gruppo. I contributi provenienti da campi di studio e ricerca nuovi per la cultura organizzativa dell’istituzione hanno generato interesse e desiderio di continuare ed approfondire questo tipo di esperienza formativa. L’apporto della psicologia, delle scienze della complessità, di metodologie gruppali proposte e gestite con approccio operativo, aree di professionalità tradizionalmente estranee alla cultura organizzativa predominante, una volta superata qualche diffidenza iniziale si sono trasformate in risorse e in efficaci opportunità per l’apprendimento dei singoli e dell’area dell’istituzione da questi coordinata.

Le preoccupazioni iniziali relative al fatto che fosse fuori cultura proporre e gestire dichiaratamente un intervento formativo di supporto a un cambiamento istituzionale condotto da un formatore psicoterapeuta psicosocioanalista si sono rivelate frutto di stereotipia e hanno lasciato il campo aperto a nuove possibilità. Va infatti notato che:

  1. l’amministrazione ha approvato e sostenuto il progetto accettando quindi di fatto la tesi che la gestione delle situazioni cambiamento, con la sofferenza e i disagi a questo connessi, passa attraverso il lavoro sulle persone e la qualità dei rapporti che si creano all’interno dei gruppi di lavoro;
  2. le persone, anche quelle che sembrano prigioniere della logica del “così si è sempre fatto”, hanno bisogno e poi desiderio di soffermarsi a riflettere sulle dinamiche sottostanti ai loro abituali comportamenti lavorativi, per poterle comprendere, superare e modificare con un grado di soddisfazione non solo individuale ma in grado di incidere positivamente anche sul clima relazionale dell’ufficio. Quando le persone con i ruoli più direttamente interessati dal cambiamento intravvedono la possibilità di lavorare meglio, non solo per senso del dovere, disposizioni superiori, nuove normative, risultati da conseguire, ma anche per stare bene come persone, nelle relazioni con gli altri con i nuovi obiettivi di lavoro, si apre per tutti un nuovo orizzonte di pensabilità e di salute organizzativa. Naturalmente quanto detto non implica pensare di risolvere magicamente, con un intervento formativo, i problemi del cambiamento in una organizzazione complessa come quella dell’amministrazione della Giustizia.
    Questa testimonianza vuole quindi essere un piccolo contributo alla riflessione sulle modalità con le quali questa formazione ad approccio clinico gruppale ed esperienziale può contribuire alla valorizzazione del lavoro ed in particolare, del lavoro pubblico con tutto il carico di pregiudizi e frustrazioni che porta con sé, tema questo che sta particolarmente a cuore a quanti, a vario titolo si occupano di formazione e innovazione nel settore pubblico.

8. Bibliografia

  • AAVV (2000), “Speciale competenza penale del giudice di pace”, in “Guida al Diritto” settimanale di documentazione giuridica de Il Sole 24 ore n. 38, 21-10-2000
  • Forti D., Varchetta G. (2001), L’approccio psicosocioanalitico allo sviluppo delle organizzazioni, F. Angeli, Milano.
  • Jaques E. (1978), Lavoro creatività e giustizia sociale, Boringhieri, Torino.
  • Forum della P.A. (2000) Lavori di valutazione finale dei formatori distrettuali relativi agli interventi formativi sulla riforma del giudice unico di primo grado, maggio 2000.
  • Pagliarani L. (1989), “Psicosocioanalisi: fondamenti uno”, in: Psychomedia Telematic Review, Area Psico-socio-analisi, Roma.
  • Pagliarani L. (1997), Educazione sentimentale come elaborazione intelligente del conflitto, Seminari Sinopsis, Brescia.
  • Ronchi E. (1997), “Gruppo operativo, emozioni istituzionali e cambiamento”, Rivista Italiana di Gruppoanalisi, Vol. XII - 3/4 dic. 1997 pp. 41-78.
  • Ronchi E. (1999), Per un ascolto progettuale della mancanza: verso un maggiore benessere gruppale e istituzionale, in: G. Di Marco (a cura), “L’istituzione come sistema di gruppi”, Cedit Ed., Venezia.
  • Ronchi E., Malus D. (2003) “Gruppo operativo e cambiamento tra conoscenza normativa e conoscenza emotiva. Un’esperienza di formazione per i cancellieri in servizio presso l’ufficio dei giudici di pace della Corte d’Appello di Brescia”, in E. Ronchi, A. Ghilardi, a cura di, “Professione psicoterapeuta. Il lavoro di gruppo nelle istituzioni”, F. Angeli, Milano.

8. Allegato: Testimonianza di una partecipante al corso (8).

La Corte d’Appello di Brescia pensando ai suoi dipendenti, che si troveranno a dover affrontare nuovi compiti, ha organizzato un corso di formazione in materia di riorganizzazione degli uffici, alla luce dei recenti interventi normativi.

La previsione dei partecipanti era quella di intervenire ad un corso classico, dove il relatore avrebbe esposto, a mo’ di decalogo, quello che si dovrà fare e quello che invece non si dovrà fare, in base alla nuova normativa. La prima lezione è stata pratica; vi è stata l’esplicazione della norma che entrerà in vigore. Le successive lezioni hanno invece avuto un’impronta radicalmente innovativa.

La struttura portante del corso era finalizzata ad un apprendimento psicosocioanalitico. L’obiettivo dello stesso era quello di permettere ai partecipanti di apprendere e sviluppare capacità proprie o nascoste o soffocate da decenni di stereotipi e burocrazia. Credo che l’impatto con il corso sia stato per tutti inatteso ed inconsueto. Personalmente, dopo un primo attimo di stupore, sono rimasta piacevolmente impressionata dagli obiettivi che si volevano raggiungere.

Tuttora penso che lavorare con piacere renda il lavoro meno pesante e più gratificante. E’ ovvio che, come in tutti gli altri aspetti della vita, vi siano degli alti e bassi, degli ostacoli da affrontare. Il corso aveva l’intento di far apprendere che ognuno di noi può arrivare a superare gli ostacoli e raggiungere degli obiettivi accettando con positività la sfida, mettendo in campo tutte le variabili esistenti (ansie e capacità personali e dei propri colleghi) e costruendo tutti insieme la risposta al problema contingente.

Sono dell’opinione che negli uffici dei Ministeri vi siano parecchie stereotipie e poca inclinazione all’innovazione. Corsi di questo genere dovrebbero essere estesi a tutti i livelli di dipendenti (dagli ausiliari ai dirigenti) per far conoscere a tutti direttamente le potenzialità di un buon lavoro di gruppo, di comunicabilità, di cooperazione.

Mi auguro che la strada intrapresa con lungimiranza dalla Corte d’Appello di Brescia sia mantenuta.


* Antonella Cioffi e' Responsabile dell’ufficio formazione distrettuale della Corte di Appello di Brescia. Da tre anni si occupa a tempo pieno della formazione del personale amministrativo degli uffici giudiziari del distretto di Brescia.

(1) Vedansi i lavori di valutazione finale dei formatori distrettuali relativi agli interventi formativi sulla riforma del giudice unico di primo grado. Una sintesi riepilogativa di questa esperienza di formazione è stata presentata al Forum della P.A. nel maggio 2000.

(2) Cfr. Ronchi E. 1997, Forti D., Varchetta G., 2001 e Ronchi E., Malus D., 2003.

(3) Il lavoro di ideazione, progettazione, gestione dell’intervento formativo è e stato curato da E. Ronchi, psicosocioanalista, consulente e formatore dello Studio Sinopsis di Brescia, Direttore del Centro Studi e Ricerche COIRAG (www.coirag.org) in collaborazione con la scrivente.

(4) Dott. Vito Figlioli.

(5) Dott. Carlo Zaza.

(6) Dott. Ermete Ronchi.

(7) Su questo specifico punto vedasi anche Ronchi E., Malus D. cit., pag. 168.

(8) Una partecipante - Loredana Antonetti cancelliere B3 presso l’ufficio di un Giudice di Pace – mi ha inviato per conoscenza questo ulteriore feed-back. Il promemoria era volto ad informare sull’esito del corso il Giudice di Pace con cui lavora.


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