PSYCHOMEDIA Telematic Review
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Sezione: SCIENZE E PENSIERO
Area: Criminologia
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Aspetti eziologici della pedofilia: una raccolta essenziale di contributi teorici
M. Strano, G. Errico, P. Germani, R. Buzzi, V. Gotti
Premessa
La difficoltà, da parte della comunità scientifica, nel definire all'unanimità la Pedofilia, influenza probabilmente anche la determinazione delle cause di tale fenomeno. La pedofilia rientra infatti nella grande classificazione delle parafilie e l'eziologia delle parafilie rimane in gran parte intrisa di mistero. Nel corso degli anni sono state elaborate diverse ipotesi interpretative riguardo all'origine del comportamento pedofilo. Le teorie sessuologiche di vecchio stampo, che hanno dominato la psicologia e la psichiatria fino ai primi del novecento, consideravano le perversioni sessuali semplicemente come delle sindromi psicopatologiche caratterizzate da alterazioni qualitative dell'istinto sessuale. Con lo sviluppo della scienza psicologica e psichiatrica sono state prodotte varie teorie sull'origine della pedofilia, alcune in evidente contrapposizione con altre. Proponiamo sinteticamente alcuni dei contributi teorici attualmente utilizzati in ambito clinico.
La psicoanalisi
La concezione psicoanalitica classica sostiene che l'atto pedofilo è legato a fissazioni e regressioni verso forme di sessualità infantile. Si sottolinea l'importanza della teoria pulsionale ma anche gli aspetti relazionali nella genesi del comportamento pedofilo. Il fattore esplicativo ipotizzato consiste nell'arresto dello sviluppo psicosessuale dovuto ad un trauma precoce o all'aver vissuto la propria sessualità in ambiente restrittivo. Oppure la pedofilia sarebbe il risultato di conflitti sessuali raggiunti senza il contributo della fantasia, probabilmente per un insuccesso o per una formazione distorta della coscienza causata da una patologia. Secondo Dettore e Fulgini " in ogni caso, l'approccio di Freud che considera la pedofilia come una perversione (1927, 1938), ripreso più recentemente da Kernberg (1992), si fonda sull'angoscia di castrazione, che ostacola il perverso nel raggiungimento di una sessualità adulta e lo fa regredire ad una pulsione parziale (anale, orale, .). La paura di affrontare una donna adulta lo fa ripiegare verso un soggetto meno potente e quindi, meno ansiogeno, con il quale può evitare la penetrazione o, se l'affronta ciò avviene da una posizione di "forza"[1] In opere più recenti di impostazione psicoanalitica sulla pedofilia si distingue tra quello che definisce comportamento o fantasia pedofiliaca di natura occasionale ed il vero pervertito pedofilo ossessivo, che deve avere un'attività sessuale con un bambino per non soffrire di una "intollerabile ed angosciosa ansia". Il pedofilo occasionale, secondo alcuni studiosi è certamente la tipologia più diffusa, mentre è relativamente più raro il pervertito ossessivo. In tale ottica si possono quindi distinguere due tipi di pedofili, secondo lo stadio di sviluppo cui si sono fissati i conflitti psicologici profondi. Le basi su cui fonda questa teoria, sono comunque esclusivamente derivate da osservazioni cliniche e in ogni caso spiegano molto poco del perché viene scelta da alcuni individui la pedofilia come meccanismo di difesa piuttosto che qualsiasi altro possibile meccanismo difensivo. Socarides afferma in tal senso che "il meccanismo più importante nella pedofilia omosessuale è l'incorporazione del bambino maschio al fine di rinforzare il senso di mascolinità, sconfiggere l'ansia della morte, rimanere giovani per sempre e poter ritornare al seno materno."
Secondo il modello psicoanalitico il parafilico è quindi una persona che non è riuscita a completare il normale processo di sviluppo verso l'adattamento eterosessuale, "fissazione o regressione a forme di sessualità infantile che persistono nella vita adulta" (Fenichel, 1945; Sachs, 1986). In quest'ottica ciò che distingue una parafilia dall'altra è il metodo scelto dalla persona per far fronte all'ansia causata dalla minaccia di castrazione da parte del padre e di separazione dalla madre (Kaplan,1993). La mancata risoluzione della crisi edipica tramite l'identificazione con il padre-aggressore (per i ragazzi) o la madre-aggressore (per le ragazze), provoca un'impropria identificazione con il genitore del sesso opposto o una scelta impropria dell'oggetto per le catarsi libidica (Gabbard,1995). I parafilici per placare le loro angosce di castrazione sono costretti ad esaminare costantemente i propri o altrui genitali; in più il fattore decisivo che impedisce il raggiungimento dell'orgasmo attraverso il rapporto genitale convenzionale è l'angoscia di castrazione. Le perversioni assolvono pertanto la funzione di negare la castrazione (Fenichel, 1945). Ricercatori psicoanalisti più recenti hanno però concluso che la sola teoria pulsionale è insufficiente a spiegare molte delle fantasie e dei comportamenti perversi che vengono visti clinicamente, e che ad una lettura comprensiva gli aspetti relazionali delle perversioni sono cruciali. Secondo Stoller (1975, 1985), l'essenza della perversione è la conversione "di un trauma infantile in un trionfo adulto"(1975, p.4). I pazienti sono spinti dalle loro fantasie a vendicare umilianti traumi infantili loro inflitti dai genitori. Il metodo di vendetta è quello di disumanizzare e umiliare il loro partner durante la fantasia o l'atto perverso. L'attività perversa può anche essere una fuga dalla relazionalità oggettuale (Mitchell, 1988). Molte persone che soffrono di parafilie si sono separate e individuate in maniera incompleta dalle loro rappresentazioni intrapsichiche della madre. Il risultato è che sentono che la loro identità come persone separate viene costantemente minacciata da una fusione o da un inglobamento da parte di oggetti interni o esterni. L'espressione sessuale può essere l'unica area nella quale riescono ad affermare la loro indipendenza. Un altro aspetto del sollievo esperito dai pazienti parafilici dopo che hanno messo in atto i loro desideri sessuali è il loro sentimento di trionfo sulla madre che controlla dall'interno (Gabbard, 1995). In particolar modo i pedofili, hanno bisogno di dominare e controllare le loro vittime, come se supplissero ai loro sentimenti di impotenza durante la crisi edipica. Alcuni teorici credono che la scelta di un bambino come oggetto d'amore da parte dei pedofili sia una scelta narcisistica. Secondo la visione classica (Fenichel, 1945; Freud, 1905), la pedofilia rappresenta una scelta oggettuale narcisistica; in quanto il pedofilo vede il bambino come un'immagine a specchio di se stesso bambino. Il narcisismo risulta dalla fissazione edipica, dove il pedofili si identifica con sua madre e vede se stesso nel bambino. I pedofili vengono inoltre considerati degli individui deboli e impotenti; scegliendo così dei bambini come oggetto sessuale in quanto questi pongono meno resistenza o creano minore ansia dei partner adulti, permettendo cosi ai pedofili di evitare l'angoscia di castrazione (Kaplan, 1993). Nella pratica clinica, si scopre che molti pedofili soffrono di una patologia narcisistica dei carattere, ivi comprese delle varianti psicopatiche del disturbo narcisistico di personalità; l'attività sessuale con bambini prepuberi può puntellare la fragile stima di sé del pedofilo. In maniera simile, molti individui con questa perversione scelgono delle professioni nelle quali possono interagire con bambini perché le risposte idealizzanti dei bambini li aiutano a mantenere la loro immagine positiva di se stessi. D'altra parte, il pedofilo spesso idealizza questi bambini; l'attività sessuale con loro comporta pertanto la fantasia inconscia di fusione con un oggetto ideale o di ristrutturazione di un Sé giovane, idealizzato. L'ansia riguardo all'invecchiamento e alla morte può essere tenuta a distanza attraverso l'attività sessuale con bambini. Quando l'attività è associata a un disturbo narcisistico di personalità con gravi tratti antisociali, come parte di un evidente struttura caratteriale psicopatica, le determinanti inconsce dei comportamento possono essere strettamente collegate alle dinamiche del sadismo. I pedofili sono frequentemente essi stessi delle vittime di abusi sessuali infantili e la conquista sessuale del bambino è lo strumento di vendetta, un senso di trionfo e di potere può accompagnare la loro trasformazione di un trauma passivo in una vittimizzazione perpetrata attivamente. (Gabbard, 1995). Kraemer, (1976) ritiene che le origini delle tendenze pedofile vadano ricercate nelle primissime interazioni madre-bambino, in quanto i bisogni narcisistici di auto-amore della madre potrebbero essere trasmessi al figlio in maniera eccessiva a causa del bisogno della madre di essere idealizzata dal figlio; ciò avrebbe come effetto la sostanziale dilazione del processo di separazione-individuazione del bambino.
L'interpretazione di Jung
La psicologia junghiana non ha dato grandi contributi allo studio della pedofilia, ad eccezione di un gruppo di analisti tra cui Gordon (1976) che sostiene che per comprendere la pedofilia è essenziale considerare la sua versione non patologica, in pratica la pedofilia cosiddetta "normale". Essa è costituita dall'interazione adulto-bambino ma al contempo è mediata ed alterata dalle caratteristiche dell'infanzia. Nella pedofilia ci potrebbe essere una tendenza a conservare un desiderio idealizzato per la purezza e l'innocenza dell'infanzia. Una caratteristica che Gordon ha rilevato, attraverso il trattamento psicoanalitico di alcuni individui pedofili, è il gran senso di vulnerabilità che deriverebbe loro dall'essere stati oggetto di una seduzione sessuale inconscia da parte di uno o di entrambi i genitori. Per difendersi, il bambino si sarebbe costruito una facciata esteriore, una maschera di riflessività e maturità. Nelle situazioni però che disturbano quest'apparente maturità, il bambino sperimenterebbe un gran senso di panico. Nel rivivere quest'esperienza in seguito, il pedofilo arriverebbe a scambiare i ruoli, in modo sadomasochistico, ripetendo così le paurose sensazioni dell'esperienza infantile. Una delle difficoltà che s'incontrano nel considerare queste spiegazioni, consiste nel fatto che esse non spiegano il comportamento sessuale manifesto che costituisce l'aspetto più drammatico della pedofilia. Possiamo affermare che la teoria junghiana contrasta decisamente con quasi tutte le altre teorie, dal momento che la pedofilia viene vista anche come una dimensione virtualmente positiva, che diventa patologica solo quando la sua dinamica fuoriesce da quello che è considerato il suo corso normale.
Teoria dell'abusato abusatore
Alcuni psicoterapisti che trattano i colpevoli di abusi sessuali contro i bambini sembrano aderire alla teoria che la pedofilia è causata dal fatto che i colpevoli sessuali siano stati loro stessi abusati durante l'infanzia (Groth, 1979). Garland e Dougher (1990) coniano per questa nozione il termine "teoria dell'abusato abusatore". I reati dell'aggressore adulto possono essere in parte una ripetizione ed un riflesso di una aggressione sessuale che egli ha subito da bambino, un tentativo distorto di dare uno sbocco a traumi sessuali precoci irrisolti. Possiamo osservare infatti come alcune aggressioni sembrano talvolta ripetere gli aspetti della vittimizzazione da loro subita; e cioè l'età della vittima, i tipi di atti compiuti e così via. La teoria dell'abusato abusatore pone anche in risalto come statisticamente tra i pedofili vi sia un elevato numero di vittime di abuso sessuale infantile. Questa teoria si fondava originariamente su una doppia spiegazione teorica di impronta psicodinamica: il soggetto adulto replica la vittimizzazione subita da bambino, secondo le medesime modalità patite allora; una volta adulto ottiene il trionfo proprio in ciò in cui da bambino era stato vittima: l'atto perverso è "odio erotizzato", un atto di vendetta mediante cui il passato è cancellato e trasformato in piacere e vittoria. Le vittime di abuso sessuale infantile, dunque agirebbero sessualmente ed aggressivamente per ridurre gli affetti dolorosi e le sensazioni, provati più volte in occasione del trauma precedente, oltre che per superare il senso di impotenza, l'immagine di sé negativa, la perdita di fiducia negli altri ed il timore di pericolo incombente, che costituiscono gli altri aspetti post-traumatici legati all'abuso sessuale. Groth afferma che la motivazione di base, che spinge l'abusatore ad agire, non è di natura sessuale, ma comporta l'espressione di bisogni non sessuali e di aspetti esistenziali non risolti; l'abuso è quindi un "atto pseudosessuale", al servizio di bisogni non sessuali. Questo autore ha anche diviso i molestatori di minori in due categorie:
- "regrediti", coloro che hanno sviluppato un orientamento sessuale ed interpersonale adeguato alla loro età, ma che, in talune circostanze, possono regredire ad un orientamento sessuale rivolto ai bambini.
- "fissati", in cui l'interesse sessuale primario non si è mai sviluppato oltre il livello di interesse verso i minori.
Numerose sono i dubbi nelle ricerche a proposito di quest'argomento:
- mancanza di campioni rappresentativi a causa dell'eterogeneità degli abusatori sessuali nei vari ambienti,
- assenza di adeguati gruppi di controllo,
- insufficienti valutazioni statistiche dei dati
- carenza di una definizione formale di "storia di abuso", in quanto se ad un abusatore si chiede se non è mai stato abusato sessualmente, la risposta dipenderà dalla sua definizione di ciò che costituisce un "abuso sessuale"[2]
Teorie dell'identificazione parentale
Un'altra branca di ricerche sulle origini della pedofilia sostiene che gli aggressori sessuali sono con molta probabilità cresciuti in famiglie devianti. Tali studi affermano che statisticamente i criminali sessuali appartengono con molta probabilità a famiglie disfunzionali. In uno studio volto a ricercare il grado di identificazione genitoriale risultò ad esempio che soggetti definiti pedofili avevano un grado di identificazione bassa verso i loro genitori rispetto a un gruppo di controllo rappresentato da studenti di un college o rispetto a un gruppo di soggetti definiti criminali in genere. Queste scoperte supportano la nozione che i criminali sessuali sono differenti da altri criminali nella loro percezione di identificazione genitoriale[3]. La mancata identificazione può evidentemente giocare un ruolo importante nello sviluppo di un disordine psicosessuale[4].
La pedofilia femminile
Il giudizio clinico tradizionale ha sostenuto che le perversioni sono rare nelle donne. Questo punto di vista è cambiato negli ultimi anni, come risultato della ricerca empirica e dell'osservazione clinica che hanno dimostrato come le fantasie perverse siano di fatto comuni nelle donne. In uno studio esauriente sulle perversioni nelle donne, Kaplan, (1991) sottolinea che i clinici non sono stati in grado di identificare le perversioni nelle donne, poiché implicano delle dinamiche più sottili rispetto alla sessualità più prevedibili delle perversioni maschili. Delle attività sessuali che derivano dalle parafilie femminili fanno parte le tematiche della separazione, dell'abbandono e della perdita. Ad esempio, alcune donne che hanno subito da bambine delle violenze sessuali adottano un modello di sessualità femminile esasperato nel tentativo di vendicarsi sugli uomini e di rassicurarsi sulla propria femminilità (Gabbard 1995).
Modello delle precondizioni
Questo modello prende in considerazione i fattori che caratterizzano il pedofilo e le circostanze che lo portano a commettere l'abuso. Il modello si basa sull'assunto che i pedofili non abbiano sviluppato la capacità di relazioni adulte e mature, ma deviate. Nonostante l'apparente fondamento sperimentale della teoria, molti dei dati presentati sono tecnicamente deboli od incompleti, ma la forza del modello nasce proprio da questa debolezza in quanto essa mette in luce la molteplicità delle cause che sono alla base della pedofilia.
Secondo tale modello il comportamento abusante si può spiegare in base alla compresenza di quattro fattori:
Fattori per cui l'abusatore ritiene i bambini sessualmente attraenti: l'abuso sessuale soddisfa alcune rilevanti esigenze emozionali dell'abusatore:
- Ricerca di una sensazione di dominio dopo essere stato vittimizzato, oppure il fatto che lui stesso è infantile. Il bambino è una fonte di attivazione sessuale e di gratificazione e, dunque, è presente una preferenza sessuale per partner sessuali di età infantile;
- Risultato di un condizionamento o di essere stato a propria volta vittima di abuso sessuale infantile. Fonti alternative di gratificazione sessuale sono bloccate o inibite per varie ragioni e quindi si tratta di fattori che impediscono all'abusatore di soddisfare le sue esigenze con soggetti adulti;
- Fobie, scarse abilità sociali, mancanza di autostima.
Fattori in grado di superare le inibizioni interne contro l'abuso sessuale su minori. Possono essere disibinitori interni al soggetto (ad es. abuso di sostanze, percezioni distorte dei desideri del minore, senilità, psicosi), oppure relativi all'ambiente socioculturale (tolleranza sociale per interessi sessuali verso i bambini o deboli sanzioni contro chi commette abusi su minori).
Fattori capaci di abbattere le inibizioni esterne contro l'abuso sessuale su minori, come nel caso di una madre assente o malata o vittima lei stessa di abuso e/o dominata da parte del partner, oppure anomale condizioni di condivisione del luogo ove dormire.
Fattori che permettono all'abusatore di superare le resistenze e la riluttanza della vittima, come la coercizione, il fare regali, oppure un bambino emotivamente insicuro o depresso o un rapporto insolitamente forte di fiducia tra vittima ed abusatore.
Finkelhor (1986) ha proposto una nuova teoria secondo cui l'abusato può provare l'esigenza di agire nuovamente su altri la vittimizzazione subita, solo quando questa è stata accompagnata da intensa umiliazione. Inoltre, lo stesso autore sottolinea come l'inibizione all'abuso sessuale altrui dovrebbe essere associata allo sviluppo di un'adeguata coscienza sociale e della capacità di identificarsi con gli altri. L'iterazione di un abuso sessuale precoce con un mancato sviluppo degli aspetti sopra citati (in seguito a deprivazione emotiva o ad altri traumi di sviluppo), potrebbe aumentare la probabilità di commettere abuso sessuale in futuro.
L'approccio psichiatrico
La psicodiagnostica psichiatrica ipotizza l'esistenza di:
- Una pedofilia primaria che comporta, in una certa misura, un'integrazione dell'Io pedofilo ed una conseguente stabilità della sua personalità;
- Una pedofilia secondaria, conseguente ad altre gravi psicopatologie come la schizofrenia, alcune psicosi organiche ed altre condizioni in cui la personalità si disintegra, provocando una serie di comportamenti perversi.
Secondo Glasser (1989) la pedofilia è un comportamento che fa parte di un gruppo di perversioni che condividono un nucleo composto da due aspetti:
Aggressività, che ha come scopo l'imposizione della sofferenza ed è finalizzata a neutralizzare le minacce alla sopravvivenza mentale e fisica dell'individuo pervertito;
Annientamento; le relazioni intime con gli altri, viste generalmente come normali, vengono viste come pericolose o distruttive dai pervertiti, poiché in tali situazioni si sentono completamente sotto il controllo dell'altro. Il focus emotivo della relazione del pedofilo con gli altri è su se stesso. C'è un'importante questione che rimane aperta: come un pedofilo possa commettere atti che l'intera società, compresi i criminali, condanna in modo forte ed inequivocabile. La spiegazione che Glasser offre sottolinea il fatto che gli standard normativi della società non diventano parte integrante della personalità del pedofilo a causa della forte repulsione che egli prova per i genitori e le altre figure autoritarie che lo hanno maltrattato durante l'infanzia. Nelle attività pedofile, ciò che viene perseguito è proprio la protesta contro costoro. Nondimeno è presente una lotta tra i bisogni psicologici interiori dell'individuo e le pressioni della società che ha come risultato il caratteristico auto-inganno del pedofilo.
Il modello neuropsicologico e biologico.
Scott et al. (1984) nel corso di una ricerca in cui hanno confrontato le valutazioni neurologiche di un gruppo di pedofili con quelle di un gruppo di violentatori, tutti detenuti in un manicomio giudiziario del Nebraska, hanno ottenuto i seguenti risultati: nel gruppo dei pedofili il 36% dei soggetti rivelava caratteristiche corrispondenti ad una diagnosi di disfunzione cerebrale, il 29% caratteristiche di tipo borderline ed il 35% caratteristiche neuropsicologiche nella norma. Gli autori hanno concluso che per una parte consistente di pedofili una disfunzione cerebrale potrebbe essere il fattore scatenante. Bisogna però ricordare che i soggetti del campione erano stati inviati al manicomio giudiziario per una valutazione psichiatrica, cosicché essi possono essere stati in qualche modo preselezionati, e quindi contenere una percentuale di soggetti disturbati più alta che quella generale. Un approccio simile ha cercato di misurare l'attività cerebrale utilizzando l'elettroencefalogramma (EEG). Flor-Henry et al. (1991) hanno confrontato un gruppo di pedofili con un gruppo di individui normali ed hanno rilevato una differenza nei pedofili per quanto riguarda la potenza e la coerenza del tracciato. I ricercatori affermano che la perversione sessuale risulterebbe da idee devianti, che sono conseguenza dei cambiamenti nelle funzioni dell'emisfero cerebrale dominante. Una patologia dell'emisfero dominante favorirebbe cioè idee sessuali perverse e sarebbe coinvolta nelle difficoltà di comunicazione tra le due metà dell'encefalo. Ovviamente ci sono alcune difficoltà nel sostenere tale teoria, per prima cosa questa teoria non ha conferme dirette; inoltre non spiega come mai solo i pensieri riferiti al sesso diventano devianti nei pedofili, mentre gli altri processi di pensiero restano più o meno normali. Wright et al. (1990) hanno esaminato forma e peso del cervello di una serie di criminali sessuali. Hanno in questo modo rilevato che l'emisfero sinistro dei criminali tende ad essere più piccolo di quello dei soggetti normali. I pedofili, in modo particolare, differiscono dai soggetti normali e dai violentatori per la particolarità di avere l'emisfero sinistro più piccolo rispetto a quello destro. I ricercatori concludono che, molto probabilmente, anomalie cerebrali strutturali sono più comuni e diffuse tra i criminali sessuali. Non ci sono ricerche che colleghino la pedofilia a disfunzioni ormonali, una delle spiegazioni che gli studiosi hanno dato di quest'affermazione è che gli ormoni sessuali dei pedofili sono in qualche maniera peculiari: troppo numerosi o troppo scarsi, troppi o troppo pochi in alcuni momenti particolari del giorno. Lang, Flor-Henry e Frenzel (1990), hanno condotto una revisione delle ricerche sui profili ormonali di soggetti pedofili ed incestuosi, sono giunti alla conclusione che una porzione (tra il 5 ed il 15%) di uomini con comportamenti sessuali anomali sembra avere un certo tipo di anomalia ormonale. Per approfondire la questione i ricercatori hanno esaminato un gruppo di soggetti pedofili, testando la concentrazione ormonale nel sangue. I risultati indicano che una percentuale tra il 9 ed il 20% dei soggetti presenta un livello clinicamente anormale di prolattina, cortisolo ed androsterone. C'è in ogni caso molta cautela nel presentare questi risultati dal momento che i livelli ormonali alterati potrebbero essere dovuti anche agli eventi stressanti subiti dai soggetti (arresto, reclusione, riprovazione morale, etc.).
L'approccio cognitivista
Il modello cognitivo sostiene che i pedofili cerchino qualsiasi mezzo per giustificare le loro azioni ed utilizzino per esempio la pornografia come fonte di rassicurazione. In essa i pedofili vedono altri adulti che fanno le cose che loro stessi fanno o vorrebbero fare e ciò crea un'aurea di normalità intorno all'abuso che può allentare le loro inibizioni, e costituire il primo passo di un'escalation che può arrivare fino agli atti più turpi. In tale ottica viene rifiutata decisamente l'idea che la pornografia serva come "valvola di sfogo", utile a dirottare l'energia sessuale lontano dal compimento materiale dell'abuso. La pedofilia viene considerata dai cognitivisti alla stregua di un comportamento additivo, come avviene per l'assunzione di alcool e di droga, ed essa perciò non può essere contenuta e combattuta offrendogli materiale che invece la alimenta. Tra le caratteristiche dello stile cognitivo dei pedofili vi è la minimizzazione dell'abuso; infatti, nei loro racconti l'abuso viene definito come qualcosa di consensuale ed in un certo senso desiderato dal bambino stesso. I pedofili spesso si difendono, adducendo come scusa per il loro comportamento, la disoccupazione o un fallimento familiare. Queste non sono altro che razionalizzazioni difensive, che fungono da fragili giustificazioni. "Quando i pedofili sono sinceri - se mai lo sono - essi ammettono che sono sessualmente attratti dai bambini e che le loro fantasie masturbatorie sono quelle tipicamente ossessive, di pedofili che hanno avuto e che continuano ad avere rapporti sessuali con bambini " (Wyre in Tate, 1990). Le giustificazioni fornite da questi soggetti arrivano talvolta ad accusare il bambino, descrivendo l'accaduto come un incidente di cui il bambino o la bambina sono stati la causa. In questo senso, i pedofili, ritenuti da Wyre "uomini di intelligenza superiore alla norma", sono molto abili nel manipolare chi sta loro intorno e coinvolgere così anche gli eventuali psicologi ed assistenti sociali in questo pericoloso circolo di eteroattribuzione della causa dell'abuso. La tendenza, ad esempio, di molti operatori a considerare il pedofilo primariamente ed essenzialmente come parte di un sistema relazionale rinforza involontariamente questo circolo e permette al pedofilo stesso di avere buon gioco nel gettare su un sistema familiare o sociale disfunzionale la colpa del suo comportamento perverso. Alcuni autori hanno ipotizzato la presenza di distorsioni cognitive (Pithers, 1989; Marshall, 1997) Si tratta di un'ipotesi abbastanza controversa, dal momento che non tutti gli autori definiscono tali distorsioni allo stesso modo. Alcuni, infatti, includono nel concetto la negazione e la minimizzazione degli effetti dell'abuso, altri si limitano alla percezione distorta degli atti del bambino e altri ancora vi inseriscono atteggiamenti più generali verso la sessualità. Anche in questo caso, però, la presenza di distorsioni cognitive non può essere considerata fattore eziologico specifico, in quanto gli abusatori distorcono le percezioni in termini vantaggiosi per loro e solo secondariamente riferiscono il loro desiderio deviante di fare sesso con il minore: è questo il precursore indicativo, non la percezione distorta. Di conseguenza, le interpretazioni distorte del comportamento dei bambini possono portare a convinzioni non appropriate, mentre è più difficile che siano le convinzioni a produrre le percezioni stesse.
Il modello del "sexual learnig"
Secondo Howells, (1981), dal momento in cui i bambini sono coinvolti abbastanza frequentemente in varie forme di attività sessuale con i loro coetanei, l'associazione tra eccitamento sessuale e caratteristiche corporee ancora immature degli altri bambini potrebbe condizionare una risposta sessuale a lungo termine (quando diventano adulti) nei confronti dei corpi immaturi. Decisivo in questo processo sarebbe la potenza dell'impulso sessuale adolescenziale che potrebbe facilitare tale distorto processo d'apprendimento. Se questa teoria spiega facilmente come cominci l'attrazione sessuale per i bambini, non spiega però perché la maggior parte degli individui passi attraverso l'adolescenza avendo avuto esperienze sessuali, senza però diventare un adulto pedofilo. L'autore suggerisce che la repulsione da parte dei coetanei e l'ostilità genitoriale potrebbero agire come rinforzi negativi e produrre così un'avversione per il rapporto sessuale adulto-bambino, favorendo così lo sviluppo di una sessualità adulta. Viceversa se l'adolescente si sentirà ansioso circa la possibilità di avere contatti con un individuo sessualmente maturo, ancor più cercherà il contatto con i bambini. Problematiche di relazione con gli adulti in generale potrebbero anche svilupparsi proprio per la difficoltà di crescere uscendo dalla pedofilia. Come la maggior parte delle teorie fin qui considerate, anche questa lascia irrisolte alcune importanti questioni, quali, ad esempio, come il pedofilo giunga a compiere il suo primo abuso.
Verso un modello misto
Le considerazioni proposte sottolineano come spesso le teorie si soffermano su singoli fattori eziologici senza adottare una visione globale che li possa comprendere tutti. La maggior parte delle teorie sulla pedofilia tentano infatti di proporsi come teorie dei singoli fattori e risultano per tal motivo spesso inadeguate in un modo o nell'altro a spiegare la diversità del comportamento pedofilo e la piena portata di esso. Quello che sembra necessario è un modello più complicato che integri una varietà di spiegazioni su singoli fattori in modo che siano collegati i diversi tipi di comportamenti pedofili.
Un possibile approccio multifattoriale dovrebbe essere in grado di spiegare questi quattro fattori:
- Congruenza emozionale, dove ci si chiede il perché una persona dovrebbe sentirsi attratta sessualmente da un bambino per essere gratificato e soddisfatto emotivamente. Alcune delle più diffuse teorie sulla pedofilia rappresentano essenzialmente dei tentavi di spiegare perché un adulto dovrebbe trovare soddisfacente dal punto di vista emotivo avere relazioni sessuali con usi bambino. Si definisce questo fenomeno "congruenza emotiva" perché esso trasmette l'idea di adattamento tra il bisogno emotivo dell'adulto e le caratteristiche dei bambino. Altre versioni di questo tipo di teoria cercano di mettere in luce non solo l'immaturità ma un senso generale di poca stima di se stessi e un senso di inferiorità che i pedofili sentono nei loro rapporti sociali.
- Stimolazione sessuale, ovvero il perché l'adulto è sessualmente stimolato da un bambino[5]. La maggior parte delle teorie che si riferiscono a questo fattore hanno impiegato a sostegno delle loro teorie la fallometria[6]. Alcuni studi hanno cercato di comprendere perché alcune persone sono eccitate o vengono maggiormente eccitate dai bambini. Una teoria generale è quella per cui essi hanno avuto presto le loro esperienze sessuali, magari costretti e segnati da queste esperienze, per cui più tardi, quando diventano adulti cercano i bambini per eccitarsi. Ad ogni modo oltre la metà dei bambini ha nella fanciullezza esperienze sessuali con altri bambini (Finkelhor, 1974), però non tutti diventano pedofili e ci sono probabilmente speciali circostanze che fanno sorgere un interesse pedofilo come ad esempio delle esperienze critiche associate a vittimizzazioni traumatiche. Molti ricercatori hanno infatti trovato alte percentuali di vittimizzazioni sessuali nella fanciullezza dei pedofili.
- Blocco, ovvero perché una persona dovrebbe sentirsi frustrata o bloccata da fonti che rientrano nella normalità. Alcune teorie sulla pedofilia cercano di spiegare perché alcuni individui si sentono frustrati o bloccati negli sforzi tesi ad ottenere gratificazione sessuale ed emotiva da fonti che rientrano nella normalità. In queste teorie si suppone che uno sviluppo normale o delle normali preferenze potrebbero condurre a esaudire i loro bisogni con individui della stessa età. Secondo tale approccio, per varie ragioni, nella pedofilia, queste normali tendenze sono inibite, così l'interesse sessuale si sviluppa verso i bambini. Teorie di psicologia individuale che si affidano alle dinamiche edipiche, rientrano in questa categoria. I pedofili sono descritti come aventi un intenso conflitto con le loro madri o l'ansia di castrazione" che li rende impossibilitati ad avere una relazione con donne adulte. Alcune volte le ricerche sull'inibizione non evidenziano dinamiche edipiche e associano il blocco ad un trauma dovuto ad un primo comportamento sessuale vissuto negativamente dal pedofilo. Gli uomini che scoprono di essere impotenti in una prima attività sessuale o si sentono abbandonati dal loro primo amore potrebbero associare la sessualità adulta al dolore e alla frustrazione.
- Disinibizione, ovvero perché l'adulto non è dissuaso da un interesse così "proibito" rispetto ai canoni della normalità. Alcune teorie sulla pedofilia essenzialmente si interrogano sul perché l'inibizione convenzionale contro il sesso con i bambini viene sopraffatta o non è presente in alcun adulti. In alcuni pedofili sembra infatti configurarsi un più alto livello di accettabilità per alcuni comportamenti. Tali teorie caratterizzano i pedofili come persone che hanno generalmente poco controllo dell'impulso.
Conclusioni
Nei modelli multifattoriali si suggerisce quindi che una completa teoria sulla pedofilia ha bisogno di essere articolata su un numero di differenti livelli in quanto il comportamento pedofilo sembra essere difficilmente spiegabile dal semplice fatto che un adulto è sessualmente stimolato da un bambino. Ci sono infatti adulti che sono stimolati sessualmente dai bambini ma che hanno fonti alternative di gratificazione sessuale, o sono inibiti da un ordinario controllo sociale. Ancora oggi non sembra possibile attribuire l'eziopatogenesi della pedofilia ad un'unica classe di eventi, sia intrapsichici sia esterni, ma occorre prendere in considerazione una molteplicità di fattori, anche in funzione del fatto che non sembra esistere un'unica tipologia di pedofili.
Riferimenti bibliografici
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NOTE
[1]l'Abuso sessuale sui minori, di D. Dettore e Carla Fulgini, McGraw-Hill 1999 pag 290
[2] La pedofilia, aspetti sociali, psico-giuridici, normativi e vittimologici a cura di L. de Cataldo Neuburger, CEDAM 1999)
[3] L'identificazione è tradizionalmente definita come la tendenza per un individuo a riprodurre le risposte emozionali, azioni, o attitudini esibite da un real-life o modello simbolico. Durante un anno formativo infantile la famiglia costituisce il gruppo di riferimento con il quale il bambino si identifica. (Bandura e Walters, 1963). Sears (1957) indica che una relazione tra "le cure adulte e il bambino" è una precondizione per l'identificazione dei bambino stesso.
[4] Consistentemente con questa letteratura, si ipotizza che sia stupratori che pedofili si identificano poco con i loro genitori rispetto ad altri gruppi di criminali non sessuali, in quanto essi percepiscono i loro genitori come: rifiutanti; come aventi una bassa attitudine ad incoraggiare i propri figli all'autonomia; infine, come aventi una forte personalità autoritaria. In realtà i criminali sessuali furono molto probabilmente rilevati in famiglie nelle quali ci furono un aumento di incidenti sessuali e fisici (Hartogs, 1951; Groth, 1979).
[5] Ad ogni modo il motivo dello stimolo sessuale nella spiegazione della pedofilia appare controverso. Un numero di approcci teoretici prendono come implicito punto di vista che questo stimolo non necessita realmente di essere spiegato. Quello che è emerso dal lavoro clinico sulle persone con disfunzione sessuale suggerisce che le preferenze sessuali o le inclinazioni sessuali possono aver un esistenza autonoma dei bisogni emotivi della persona.
[6] La pletismografia dei pene è stata usata in ambito sperimentale per valutare le varie Parafilie misurando l'eccitazione sessuale dei soggetto in risposta a stimoli visivi e uditivi. L'attendibilità e la validità di questa procedura per la valutazione cinica non sono state chiarite appieno, e l'esperienza clinica suggerisce che i soggetti possono simulare reazioni "manipolando" immagini mentali.
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