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Imre Lakatos ed i “programmi di ricerca”

Scheda di Andrea Angelozzi



Per Lakatos, sarebbe errato pensare che la mancata falsificabilità di alcune tesi trasformi una teoria in una metafisica, al più “influente”. Lakatos ha sottolineato come il procedere usuale della scienza sia proprio quello di creare un nucleo centrale infalsificabile circondato da una adeguata cintura protettiva, ove vengono prodotte serie di teorie successive, collegate fra loro.
La maniera in cui il criterio di falsificabilità si rapporta a queste teorie non è univoco. Si può intendere cioè in forme che da ingenue diventano sempre più sofisticate. Lakatos parla in questo senso di un cammino da "Popper 0" a "Popper 1", fino a "Popper 2"(1) .

Per non cadere nel “trilemma di Fries” del dogmatismo, dello psicologismo e del regresso all’infinito (2), Popper formula per gli asserti osservativi un’ipotesi convenzionalista. Lakatos descrive con molta chiarezza come la problematica osservativa neghi la possibilità di un “falsificazionismo ingenuo”. Un falsificazionismo dogmatico, appunto “ingenuo”, affermerebbe che, se la scienza non può “dimostrare”, per la assenza della induzione, può invece “refutare” con piena certezza logica su una solida base empirica, cioè dei puri e semplici fatti osservabili. Questo è il falsificazionismo che Popper non ha mai sostenuto e che Lakatos respinge in maniera netta. Tale confutazione rileva la ingenuità di un affidarsi ad una tale base empirica che propone la esistenza di un confine naturale fra proposizioni teoriche e proposizioni fattuali (osservative) e che se una proposizione è soddisfatta dal fatto di essere osservativa, allora necessariamente è vera e provata dai fatti. Lakatos, in accordo con la concezione di Popper che vede i “fatti” come impregnati di teorie, nega che possano esistere sensazioni che non sia permeate da aspettative e cioè da teorie. Nega anche che proposizioni fattuali possano essere dimostrate da esperimenti: esse, come segnala la logica elementare, possono derivare solo da altre proposizioni, non da fatti. La confutazione del falsificazionismo ingenuo in realtà conduce Lakatos ad affermare non solo la impossibilità a dimostrare teorie, ma anche a refutarle. E, d’altra parte, anche se esistesse una demarcazione naturale fra osservazione e teorie e fosse possibile stabilire con certezza il valore di verità degli enunciati osservativi, il falsificazionismo dogmatico si scontrerebbe con la riflessione metodologica che nota come le più prestigiose teorie scientifiche non riescono a vietare nessuno stato di cose osservabili. Non accetta quindi il falsificazionismo ingenuo alla "Popper 0" (quello che Popper non ha mai detto, ma che taluni gli attribuiscono) che distruggendo le tesi sul nascere, priverebbe della teoria per “malattia infantile”,

Il passo convenzionalista di Popper (il falsificazionismo “metodologico”) consiste non nel convenzionare sulle teorie, come richiede il “convenzionalista conservatore a la Duhem” ma rendendo non falsificabili “alcuni asserti (spazio temporalmente) singolari, che si distinguono per il fatto che esiste in quel tempo una Ôtecnica opportuna’ tale che Ôchiunque l’abbia imparata’ può decidere se l’asserto è Ôaccettabile’” Cioè, pur rendendosi conto che interpreta i fatti alla luce di teorie fallibili “applica queste teorie, le considera nel contesto dato non come teorie sottoposte a controllo, ma come conoscenza di fondo non problematica, cioè conoscenza Ôche accettiamo a titolo di prova’ senza metterla in questione durante il controllo dalla teoria”. E quindi “il falsificazionista metodologico usa le nostre teorie più riuscite come prolungamenti dei nostri sensi” (3).

Anche tale tesi è criticata nettamente da Lakatos, soprattutto per motivi di tipo storico, ed ad essa contrappone un proprio falsificazionismo di tipo “sofisticato” (4), imperniato sui “programmi di ricerca”.
Nei “programmi di ricerca” di Lakatos la presenza di un nocciolo infalsificabile (o “euristica negativa”) non è più un qualcosa che va tenuto esterno alle teorie, ma un loro nucleo centrale. Ogni teoria si protegge da una falsificazione che rischierebbe di farla morire di “malattia infantile” prima di avere potuto esprimere la sua produttività, rendendo infalsificabili, attraverso .cinture protettive, taluni assunti fondamentali.
Le “varianti confutabili” del programma di ricerca, le modificazioni e sofisticazioni della cintura protettiva confutabile è affidata alle proposte e suggerimenti della “euristica positiva”, Cosi può essere proposto “un programma che elenca una catena di modelli sempre più complicati, che simulano la realtà”. L’attenzione dello scienziato è volta a costruire i suoi modelli seguendo le istruzioni che sono stabilite nella parte positiva del suo modello. Egli ignora i controesempi reali, i dati disponibili (5).

Cita come esempio i modelli successivi di Newton: “Newton disprezzava coloro che come Hooke, inciamparono in un primo modello ingenuo, ma non ebbero la tenacia e l’abilità di svilupparlo in un programma di ricerca, e pensarono che una prima versione, un semplice punto di vista, costituisse di per sé una Ôscoperta’. Newton non pubblicò fino a che il suo programma non ebbe ottenuto un notevole slittamento progressivo. Quasi tutti, se non tutti, i Ôrompicapo’ di Newton, che lo portarono ad una serie di nuove varianti che si sostituivano l’un l’altra, erano prevedibili al tempo del suo primo modello ingenuo e non c’è dubbio che egli e i suoi colleghi li avevano previsti; Newton deve essere stato pienamente consapevole dell’evidente falsità delle sue prime varianti.

Nulla mostra l’esistenza di un’euristica positiva di un programma di ricerca più nettamente di questo fatto: è per questo che si parla di "modelli'' nei programmi di ricerca. Un Ômodello’ è un insieme di condizioni iniziali (possibilmente con alcune delle teorie osservative) che si sa che si sarà obbligata sostituire durante l’ulteriore sviluppo del programma, e si sa anche più o meno come” (6). Tale analisi sviluppa interessanti punti di contatto con le modalità freudiane, anche se con alcune diversità fondamentali: in Freud il nucleo metafisico non è rigido, ma ammette trasformazioni (in questo senso penso al concetto di inconscio o alla centralità della sessualità ad esempio); ed inoltre non emerge quella stretta deducibilità logica di un’ipotesi dalla successiva che chiede Lakatos.

Critica duramente la psicoanalisi nel momento in cui la confronta con i loro criteri di valutazione delle teorie. Lakatos nega che siano da ricercare nella falsificabilità, sostenendo che "se gli analisti devono essere condannati come disonesti, stando agli standard di Popper, si devono però condannare pure i newtoniani", spesso portati invece a modello epistemologico dallo stesso Popper (7). Il criterio di valutazione per Lakatos diventa invece il “potere euristico”, lo slittamento progressivo di problema . Cioè: “ [...] non si deve scartare un programma di ricerca sul nascere soltanto perché non è riuscito a superare un potente programma rivale. Non si deve abbandonarlo se, nella supposizione che non abbia rivali potenti, esso costituisce uno slittamento di problema progressivo” (8). Un programma non va abbandonato finche produce “fatti nuovi” e fino a che non vi è un programma di ricerca rivale “che spiega il successo del suo rivale e lo supera con un ulteriore spiegamento di potere euristico” (9).

Lakatos utilizza duramente il suo criterio di "esigenza di crescita continua" (10) contro Freud. A suo parere infatti mostra: “la debolezza di programmi come il marxismo e il freudismo, che. senza dubbio sono Ôunificati’, che tratteggiano un importante abbozzo delle teorie ausiliarie che impiegano per assorbire le anomalie, ma che immancabilmente modellano le loro reali teorie ausiliarie sulla scia di alcuni fatti, senza al tempo stesso anticiparne altri” (11).


Per la sintesi di questi passaggi sono debitore a Dario ANTISERI e alle sue preziose lezioni al Corso di Perfezionamento in Metodologia della Ricerca Filosofica e Filosofia della Scienza a Padova, nei lontani anni ’80.
2 POPPER K.R., Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino, 1970, p. 86
3 LAKATOS I. & MUSGRAVE A., (a cura di ), Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1976, p. 18.
4 LAKATOS I., La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici, in LAKATOS I. & MUSGRAVE A., (a cura di ), Critica e crescita della conoscenza, op. cit.
5 LAKATOS I. & MUSGRAVE A., (a cura di ), Critica e crescita della conoscenza, op. cit., p. 211.
6 LAKATOS I. & MUSGRAVE A., (a cura di ), Critica e crescita della conoscenza, op. cit., p. 212.
7 LAKATOS I., La storia della scienza e delle sue ricostruzioni razionali, in LAKATOS I., & MUSGRAVE A., Critica e crescita della conoscenza, cit., pp. 391-392.
8 LAKATOS I., La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici, cit., 232-233.
9 Op. cit ., p. 253 .
10 LAKATOS I., La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici, cit., p. 253.
11 Ibidem


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