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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING INDIVIDUALE
Psicoanalisi in America Latina



Cambiamento Catastrofico
Transitando per la Clinica e la Tragedia

Regina Almeida e Sonia Wetzel i




Introduzione

Mentre pensavamo ai temi Funzione Alfa e Cambiamento Catastrofico, ci sono venute in mente delle situazioni riscontrabili nella letteratura, nei film, nel quotidiano e nella nostra pratica clinica. Tramite tali esperienze, abbiamo fatto delle connessioni con tutto quello, che lungo il tempo, abbiamo imparato dalle osservazioni di Bion e dalle sue concezioni sui temi attinenti.

Non ci rendiamo conto, ma la nostra esistenza quotidiana si protende talmente tanto verso l’organizzazione che pensare e affrontare delle novità ci procura delle turbolenze e timori. La disorganizzazione promuove il contatto con l’ignoto e vice-versa.

Nonostante il nostro lungo percorso come psicanaliste e la realizzazione constante di analisi personale diretta a noi stesse, avvertiamo la difficoltà esistente nel mantenersi “senza memoria e senza desideri”; ci accorgiamo che per riuscirci occorre una ferma e costante attenzione al processo.

Non a caso ci rimandiamo alla proposizione enunciata da Susanne Langer, secondo la quale la ‘tecnica’ o il trattamento di un problema si esprime inizialmente travestito di una domanda. Il modo in cui una domanda viene proposta limita e pone i mezzi attraverso i quali qualunque tipo di risposta – esatta o inesatta – possa essere data.”1

Quando l’analista propone all’analizzando una nuova idea in grado di esaminare le sue lagnanze, gli provoca un dis-ordine giacché la risposta dell’analista alla questione rifiuta in pieno la struttura del pensiero dell’analizzando, ovvero rifiuta l’orientamento della sua mente, quello che, dall’analizzando, è stato sempre ritenuto espressione di buon senso, seguendolo senza accorgersene.

Il punto nodale dell’analisi si trova proprio qui. Tale turbolenza può tanto spingere alla nascita di pensiero quanto concludersi in impasse, ostilità e rottura.

La tragedia Edipo Re, di Sofocle, se letta alla luce di questa prospettiva, illustra tali movimenti mentali configurati da Bion come cambiamento catastrofico.

Dialogando con la Tragedia

Edipo crede che il suo problema sia la peste che incombe sulla città di Tebe e vuole quindi scoprirne l’autore. Convoca pertanto l’indovino Tiresia il quale, avendolo avvertito sul dolore della conoscenza, cerca di andarsene. Duramente rimproverato da Edipo, Tiresia finisce per risponderglielo, però la risposta dal vecchio non è quella che il re desidera udire. Gli animi si fanno cupi e angoscianti.

EDIPO

O Tiresia, tu sai la ragione d’ogni cosa,

di quelle che appariscono e di quelle più segrete,

delle cose del cielo e di quelle della terra;

tu non vedi, ma certo intendi il male

che invade la città. E da questo male,

riconosciamo che tu solo puoi, signore,

difenderci e salvare. Febo (se già non lo sai

dai messaggeri), da noi interrogato,

ci rispose che saremo liberi dal male

quando, appena scoperti,

gli uccisori di Laio

saranno puniti con la morte o allontanati

per sempre dalla nostra terra(...)

TIRESIA:

Ah! Come il sapere è cosa tremenda,

quando non può servire a chi conosce.

Ed io sapevo questo; ma l’ho dimenticato,

perchè certo non sarei venuto.(...)

EDIPO:

Ma, in nomi degli dèi, tu certamente sai;

Rimani, ascolta l’umile preghiera.(...)

TIRESIA:

Dico: tu che cerchi, tu, hai ucciso Laio.(...)2

Nei momenti in cui ci avviciniamo agli stati mentali dei nostri analizzanti, si ripete, in un certo senso, la scena ideata da Sofocle. In genere, gli analizzanti attribuiscono i loro dolori e sofferenze ad altri, al mondo ovvero a tutto ciò che sia loro esterno. Nel caso in cui li invitassimo a rivolgere lo sguardo al proprio soggetto cagioneremo fatalmente delle controversie, ostilità e sofferenza: elementi assai vivi nel nostro mestiere. E a volte il tumulto può essere intollerabile.

Nella prima seduta, M arriva abbattuta all’estremo; l’attuale rapporto con i colleghi di lavoro l’avvilisce. È dellusa e stupita anche della sua ingenuità giacché mai, prima di allora, si era resa conto del tipo di gente con cui lavora. È una donna dolce e garbata che mi parla di una vita abbastanza ben integrata insieme al marito, figli e colleghi con cui ha lavorato armoniosamente per oltre vent’anni, fino a due anni fa, quando ha deciso di dividere il suo studio, negli orari in cui non faceva delle visite, con il figlio neo laureato. La decisione ha suscitato una gran discordia fra tutti i membri del gruppo. La situazione di disagio era talmente forte che, il figlio è stato costretto ad andarsene mentre lei ha proposto ai soci la sua uscita dalla società. La situazione si trascina da due anni e lei n’è insofferente, ormai soffoca in quell’ambiente. La sua dolcezza e gentilezza indubbiamente mi hanno conquistato, però mi stupisce che non si accorga di essere stata lei ad introdurre un elemento di rottura all’interno del gruppo, cioè, il figlio.

Io avverto che si sente in mezzo ad una grave ingiustizia, ove la vittima è lei, ferita dall’aggressività e dal sentimento di distruzione dei colleghi, uniti nel combatterla.

In quel momento, mi viene in mente la tragedia di Aiace e gli racconto che, il nostro eroe greco si sentiva vittima di un’ingiustizia, e, non avendo ricevuto le armi di Achille tramò subito un’ingegnosa vendetta. Adescato da Atene, però, uccise gli animali, spogli da guerra, avendoli giudicati erroneamente suoi nemici. Mentre gliela raccontavo, più che altro pensavo all’ingiustizia e al dolore subiti. Invece lei, pian piano, ha tirato in ballo tutto l’odio che provava, le vendette bramate contro i soci e, al tempo stesso, sembrava sorpresa e sollevata da quel contatto con le proprie emozioni. Al termine della seduta, prende accordi per l’analisi, ma poi, telefona e informa che non ritornerà più. È possibile che, in un primo momento, la nuova percezione le facesse senso, invece posteriormente, è diventata così dolorosa fino al punto di impedire il suo ritorno.

La controversia

Lungo la trama di Sofocle, Edipo prega l’indovino di rivelargli la verità, ma, una volta obbedito, non può sopportarla e accusa Tiresia di cospirare con Creonte. Pieno di sé e della sua superiorità giacché aveva liberato la città di Tebe di cui, successivamente, era stato scelto re, si presenta come colui che giudica il proprio pensiero più grande della stessa espressione divina.

EDIPO:

E queste fantasie, sono tue o sono di Creonte?

TIRESIA:

Tu fai male a te stesso, non Creonte.

EDIPO:

(...)

O ricchezza, o forza del potere, o arte

che supera ogni arte nella vita,

quanta invidia per voi sta in agguato,

se per questo regno che m’offrirono i tebani,(...)

E dimmi, forse sei stato profeta qualche volta?

Perché quando la cagna era qui a cantare

non dicesti qualcosa per salvare i tebani?

L’enigma non poteva essere svelato

da chiunque, ma da un profeta vero;

e la tua arte non parve quella di chi impara

dal volo degli uccelli o da un dio.

Ma io, Edipo, che ignoravo l’arte dei presagi,

appena giunto qui feci muta la cagna.

Con la mente sola ho indovinato,

senza imparare nulla dagli uccelli.(...)

Corifeo

A noi sembra che le parole di Tiresia

Siano nate dall’ira, ma anche le tue, o Edipo(...) 3

L’analizzando arriva scoraggiato e vede nell’analista uno che lo aiuta a liberarsi dalle sue difficoltà. Vi è nel suo bagaglio, oltre al dolore che avverte e la certezza di conoscerne le cause, anche l’attesa che l’intervento sia in grado di risolvere il problema in esatta corrispondenza al suo modo di intenderlo. L’analista, benché disposto ad accoglierlo, gli propone di esaminare la questione da un’altra prospettiva: conoscersi in quanto soggetto. Quando l’analizzando è in grado di tollerare il tumulto e proseguire l’analisi, forme organizzate di “pensieri” – razionalizzazioni, memoria, desideri, fantasie onnipotenti – emergono e si intravede la possibilità di una nuova forma de organizzazione.

D arriva triste, malinconica, afferma che i suoi mali derivano dal fatto che il marito la trascura, lavorando smoderatamente lui è sempre stanco e lei viene lasciata a casa da sola; i problemi della famiglia non vengono, quindi, condivisi, toccando, addirittura, unicamente a lei badare ai figli adolescenti. Si lamenta pure delle sue attività, di cui è insoddisfatta, le rimprovera e le sminuisce. È come se avesse una scatola di piombo al petto che la legga al letto.

Commento che, sin dall’Antichità, l’uomo andava a caccia, mentre la donna si occupava dei lavori domestici e delle colture agricole; osservo che tale divisione del lavoro era piuttosto importante alla sopravvivenza del gruppo. Al mio tentativo di farla riflettere su un paragone lei si irrita e si sente come perseguitata. In modo ostile, taglia corto e mi domanda se per caso, secondo me, siamo ancora all’epoca delle caverne. Per il momento, l’analizzanda non è in grado di assimilare un nuovo modo di riflettere sulla sua sofferenza.

 

Conosciti a te stesso4

Nonostante l’ostilità provocata dall’accusa di Tiresia, la rivelazione della verità apre delle fessure attraverso le quali Edipo, curioso, inizia l’indagine sulla propria origine, fino a risalire a tutta la sua storia, dal vaticinio fino all’assassinio di Laio, e, alla fine, il soggetto che, lentamente, si svela sotto i suoi occhi gli è assolutamente ignoto. Edipo si rivede come il bambino abbandonato dai genitori, per conto della rivelazione dell’oracolo; il giovane che crede di essere capace di liberarsi dalle maglie del proprio destino, che, essendosi incrociata la sua strada con quella di Laio, intempestivamente lo affronta e lo uccide; l’eroe che risolve l’enigma della sfinge e vince un regno; l’uomo che sposa la madre e con lei procreerà.

I pazienti che proseguono l’analisi vivono la stessa contraddizione fra l’ostilità e la spinta verso la conoscenza, benché essa si manifesti come una rivelazione tragica, un cambiamento catastrofico.

Quando scopre chi è, Edipo riconosce:

Ahimè, ahimè! Ora tutto è chiaro.

O luce, ch’io ti veda per l’ultima volta,

io che sono nato da chi non dovevo nascere,

io che mi sono unito con chi non dovevo unirmi,

io che ho ucciso chi non dovevo uccidere5

Dal suo rammarico, annuncia che anziché continuare a rivolgersi all’esterno, il suo sguardo si poserà su di sé. Secondo Trajano6, studioso della letteratura greca e uno dei traduttori di quest’opera alla lingua portoghese, la grande sciagura che abbatte Edipo è il fatto di scoprire la propria identità e, al tempo stesso, accorgersene delle sue tante dimensioni indecifrabili.

J è un analizzando piuttosto piagnucoloso, il quale sollecita delle risposte e soluzioni alle sue difficoltà e insoddisfazioni. Quel giorno, come arriva al nostro appuntamento comincia a lamentarsi del lavoro, della situazione politica, della corruzione, afferma che tutto è inutile, senza speranze e che, insomma, deve cambiare vita, cambiare paese.

Vedendolo tutto preso dalle lagnanze e insofferenze, in un primo momento mi sento paralizzata; mi manca una breccia, anche se piccola, perché possa intervenire. Dopodiché sono aiutata dal ricordo di un servizio, visto qualche tempo prima, ove si faceva notare come, nell’emisfero nord, il rigido clima renda la popolazione di quelle terre, riguardo alla vita, introspettiva, previdente e cauta, esattamente l’opposto di quello che avviene nell’emisfero sud, ove clima mite e natura abbondante favoriscono la nascita di culture assai meno caute e piuttosto irresponsabili.

In seguito penso al film Maria Antonietta, della regista Sophia Coppola, ove si vede la vita alla corte di Luigi XVI, la Reggia di Versailles, il sacrificio imposto al popolo e lo stacco dalla realtà; il tutto culmina, poi, nella morte dei sovrani.

Scambiamo allora delle idee a proposito, giacché l’analizzando visita spesso l’Europa e ne fa sempre dei grandi elogi alle sue meraviglie.

Tale conversazione ha cambiato sensibilmente il nostro stato d’animo. Dove prima c’erano delle lagnanze e si avvertiva un desiderio di evasione, ora si apriva una percezione più ampia della vita, possibilità di associazioni e cambiamento di flusso dall’esterno verso l’interno. La critica, cui fine era quello di liberarlo dai suoi contenuti, si è tramutata in una conversazione riflessiva e creativa.

La traiettoria di un’analisi può essere pensata come quella della tragedia: la ricerca della conoscenza e l’ostilità che il sapere promuove, il dolore e la sofferenza che la visione di noi stessi ci procura, rivelano, in fondo, la nostra condizione umana. Parafrasando le parole di Sofocle:

Corifeo:

(...) Mai nessuno giudichi felice un uomo

prima del giorno della morte,

prima che la sua vita sia trascorsa priva di dolore.7

Al nostro avviso, è questa la dolorosa scoperta fatta dai nostri analizzanti, quando un’analisi è possibile.

Commenti

In un’analisi, la coppia costituita dall’analista e analizzando deve capovolgere la logica del quotidiano e adoperare altri strumenti d’indagine, solo così potrà addentrare in un altro universo, ove si fanno a meno delle nozioni di tempo e spazio, causa ed effetto. Dall’analista, si spera che sia in grado di dialogare, aspettare e seguire l’analizzando in questo trapasso dal concreto verso l’apparente invisibile e impalpabile.

Nella situazione d’analisi, a volte, certe percezioni vissute non possono essere utilizzate o apparentemente svaniscono. In un andirivieni di percezioni, l’analista è assalito dai dubbi e incertezze; spesso si domanda se, contribuisca positivamente al processo oppure se il suo discorso sia irrilevante, e, la propria analisi, addirittura, insufficiente.

Gli analizzanti premono e non è difficile che l’analista si ritrovi in mezzo a sensazioni spiacevoli, sentimenti ostili, immagini visuali, vaneggiamenti, assenza di ragione, ricordi della vita quotidiana, miti, letteratura.

Nonostante tutto, il lavoro va proseguito pazientemente _ da noi e dall’analizzando _ finché quello che, tante volte è stato solo percepito, si costituisca ormai in un pensiero- conoscenza, suscettivo di uso. Tale processo è una considerevole attesa, apparentemente inutile, ma attiva8, richiede delle condizioni psichiche affinché si possano lavorare sulle incertezze.

L’analisi, quindi, si costituisce da questa materia viva. Se l’analista è capace di tenere la continenza, gli elementi che sfiorano la coscienza subiscono trasformazioni, sono processati e formano delle idee che possono essere comunicate. Attendiamo un nuovo momento di rottura.



Riassunto

In questa sede le autrici rapportano un´esperienza di avvicinamento alle idee di Bion, nata da una rilettura dei suoi testi e dal recupero di esperienze cliniche vissute, ricordi di testi letterari, film, scene del quotidiano. Il processo è aprrodato ad un’apprensione, all’interno della tragedia Edipo re, di Sofocle, delle configurazioni Funzione Alfa e Cambiamento Catastrofico. Tale apprensione e la sua correlazione com la clinica è l’oggetto della presente comunicazione.

 

Bibliografia

BARONI, Matilde; FADDA, Paola. Alcune considerazioni a proposito del cambiamento catastrofico. Roma:1987.

BIANCHEDI,E.T.Problemas epistemológicos en la obra de W. R. Bion.Psicoanalisis,10(3),1988.

BION, W.R. Atenção e Interpretação. Rio de Janeiro: Imago, 1973.

BION, W.R. Mudança Catastrófica. Tradução de Carlos Heleodoro Pinto Affonso e Maria Regina Minarski Affonso, Jornal de Psicanálise, 6 (17), 1971.

BRIA, Pietro. Estratto da Il pensiero e l´infinito. Il cambiamento catastrofico come strutura astratta bi-logica. Roma: Teda, 1989.

GOYENA, J. L. (Org.). W.R. Bion, une theórie pour lávenir. Nouvelles idées, nouvelles théories et changement catastrophique. Paris: Métailié, 1991.

GUIMARÃES, R.. Tutaméia: terceiras estórias. Rio de Janeiro: Nova Fronteira, 1985.

HARVEY, P. Dicionário Oxford de literatura clássica grega e latina. Rio de Janeiro: Jorge Zahar, 1987.

LANGER, Susanne K. Filosofia em nova chave. São Paulo: Perspectiva, 2004.

SOFOCLE. Edipo Re. Tradução de Salvatore Quasimodo, Arnoldo Mondadori Editore,Itália:1974

TOSI, R. Dicionário de sentenças latinas e gregas. Trad. I. C. Benedetti. São Paulo: Martins Fontes, 2000.

VIEIRA, Trajano. Édipo Rei de Sófocles. São Paulo: Perspectiva, 2004.

 

Note:

i. ALMEIDA, Regina e WETZEL, Sonia. Membros Associadas da Sociedade Brasileira de Psicanálise de São Paulo, Brasil.

 

1. LANGER, S. Filosofia em nova chave. Ed. Perspectiva São Paulo, 2004 pág. 16.

2. SOFOCLE Edipo Re, Traduzione di Salvatore Quasimodo, Arnoldo Mondadori Editore,1974, pg 51,53,57.

3. SOFOCLE. Op. cit., pg. 61,63.

4.Oráculo de Apolo em Delfos / Oracolo di Apollo a Delfi :

HARVEY, P. Dicionário Oxford de literatura clássica grega e latina. Trad. M. da G. Kury. Rio de Janeiro: Jorge Zahar, 1987. [1ª ed. orig.: 1937].

TOSI, R. Dicionário de sentenças latinas e gregas. Trad. I. C. Benedetti. São Paulo: Martins Fontes, 2000.

5. SOFOCLE. op. cit., pg 168.

6. VIEIRA,Trajano. Édipo Rei de Sófocles, pg. 36 São Paulo, Perspectiva, 2004.

7.SOFOCLE, op. cit., pg 205.

8.GUIMARÃES, R. Tutaméia: terceiras estórias. – 6ª. Ed., Rio de Janeiro: Nova Fronteira, 1985, p.123: “Esperar é um à toa muito ativo”:“Saper aspettare é una sorta d’inerzia attiva”.


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