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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING ISTITUZIONALE
Centri per la Salute Mentale



Il caso V.G. e la paranoiagenesi istituzionale

Antonio Augusto Rizzoli*

(*Primo Servizio Psichiatrico dell'ULSS n.9 - Treviso)



La paranoia o, secondo la dizione attuale, il Disturbo Delirante, non ha ricevuto grande attenzione negli ultimi anni, soprattutto a paragone con la mole di studi che furono ad essa dedicati nei primi decenni del secolo.
I dati più recenti indicano che il lungo discettare su di un conflitto omosessuale inconscio, postulato da FREUD nel 1911, ha ceduto il passo allo studio delle motivazioni aggressive ed all'importanza, in anamnesi, di episodi di violenza sessuale nell'infanzia.

La perdita dell'autostima e la paura dell'umiliazione sono gli elementi essenziali della patologia paranoide: la grandiosità dell'auto-referenziazione del paranoide è la manifestazione della sua sensibilità all'umiliazione. Questa estrema sensibilità fa sì che questi pazienti siano estremamente attenti a ciò che accade attorno a loro e che esercitino continui cicli di attacchi sadomasochisti, mantenendo, in tal modo, un costante legame con l'oggetto odiato.

Ciò, in qualche modo, riporta in modo unitario alle differenziazioni che sono state effettuate da per primo da BUMKE (1) nel 1927: secondo questo psichiatra tedesco, che , come tutti sanno, fu il diretto successore di KRAEPELIN alla cattedra di psichiatria dell'Università di Monaco ed alla direzione dello Psychiatrisches Institut, vi sono individui orgogliosi, combattivi, ma vulnerabili che egli raggruppa sotto il nome di "querulanti" e degli individui incerti, timidi e con senso della propria insufficienza che egli chiama "sensitivi".
Il BUMKE si dichiara d'accordo con BONHOEFFER, SIEFFERT, WILMANS e GAUPP che la vera paranoia pura sia nient'altro che "un'aberrazione dello sviluppo mentale che si produce in seguito ad una vicenda carica di contenuto affettivo" (WILLMANS).

Questa distinzione viene ripresa anche da LANTERI-LAURA (2) "et.al." nel 1985, che distingue all'interno della paranoia:
1) la paranoia iperstenica di GENIL-PERRIN caratterizzata da orgoglio, malfidenza, giudizio erroneo, ed inadattabilità (ovvero, secondo uno schema americano: malfidenza per tutti ed ingiustificata, ipersensibilità con facilità a reagire, ad aumentare le difficoltà, a sentirsi minacciato, a non rilassarsi) con restrizione dell'affettività (freddo, orgoglioso, senza humor o tenerezza)
2) la paranoia sensitiva di KRETSCHMER in cui è presente astenia, inibizione affettiva,vulnerabilità, ipersensibilità, dolorosa certezza del proprio merito e della proprie sconfitte, introversione.

In tutte le organizzazioni sociali esistono delle potenti forze paranoiagenetiche responsabili di un ampio spettro di comportamenti che vedono da un lato dei comportamenti antisociali, all'altro estremo dei comportamenti critici e depressivi. Nel mezzo di questi comportamenti sta la situazione paranoide.
Tali forze paranoiagenetiche si sviluppano quando i compiti fondamentali dell'organizzazione vengono sostituiti da strategie ed obbiettivi che non hanno più nulla a spartire con la ragione per la quale l'organizzazione è nata.

E' anche vero, e lo vedremo nel caso in esame, che pure il semplice malfunzionamento dell'organizzazione provoca la costituzione di gruppi paranoidi all'interno della stessa, dato che ognuno di noi alberga una predisposizione latente allo sviluppo di temi paranoidi.
La gestione errata di una organizzazione è la causa maggiore della perdita degli indirizzi per cui l'organizzazione è nata.

Analizzerò in questo breve intervento l'interazione patologica tra la figura di un leader, appunto V.G. ed una organizzazione preposta alla tutela della salute.
Questo tipo di organizzazione, sviluppatasi attraverso vari momenti storici (e vi rimando alle monografie di COSMACINI (3) è particolarmente complicata: quando la persona preposta ai livelli massimi non dispone di elevata intelligenza, di onestà intellettuale a tutta prova, di un sano narcisimo, della capacità di mantenere saldi i legami oggettuali è facile che l'organizzazione, inverta le polarità e gli scopi istituzionali.
Questo leader è arrivato alla carica agevolato da gruppi che hanno sfruttato e valorizzato le sue qualità ed i suoi tratti paranoidi.

Nel processo di formazione di gruppi in cui vi siano costanti sforzi libidici ed aggressivi si addiviene ad una regressione, con l'attivazione di comportamenti quali il "combattimento-fuga" e la "dipendenza", già descritti da BION nel 1961 (4).L'aggressività di questi gruppi è controllata, a sua volta, da operazioni difensive, che proiettano la loro aggressività sul leader.
L'aggressività reale e l'aggressività proiettata rinforzano nel leader la ideazione paranoide.
Quando ragioni storiche ed economiche conferiscono al leader un'autorità eccessiva questi la usa in termini perversi, trasformandola da autorità funzionale in potere autoritario, che gli permette lo scarico di una quantità eccedente di aggressività, con un effetto paranoiagenetico su tutta l'organizzazione.

Naturalmente la forza del leader non è mai stabile dacché può essere aumentata o diminuita dalle deleghe che egli riceve, di modo che egli è investito di cariche aggressive provenienti sia dal basso (l'organizzazione) che dall'alto (i deleganti il potere, ad esempio la società).
E' così che nell'assumere il potere un soggetto che abbia già in sé tratti paranoidi può sviluppare una vera e propria paranoia, dacché tutte le persone che in qualche modo potrebbero minare il suo narcisismo patologico vengono eliminate ed egli coltiva e valorizza solo quelle persone che attivano i suoi meccanismi di autovalutazione ed aggressività. Le persone da lui dipendenti ricevono, a loro volta, messaggi dal leader che sono quelli dell'identificazione proiettiva. Quando questo processo di identificazione proiettiva fallisce, il suo meccanismo è amplificato ed il leader proietta il suo mondo oggettuale interno sulla massa dei dipendenti, accentuando i processi di ambivalenza.

Il leader di cui vi riporterò l'osservazione nasce da umili origini ed ha una vita professionale ed affettiva estremamente insoddifacente. Di aspetto sgraziato, non è riuscito nel suo primo impegno professionale e la frustrazione conseguente ne ha determinato una grande aggressività, sostenuta da un'indomita maniacalità. Al di sotto di un aspetto sicuro ed arrogante, che potrebbe ingannare un osservatore poco accorto, tradisce in realtà una immensa paura di venire, come lo è stato in realtà, umiliato e maltrattato.
Raggiunta la sua posizione di leader egli l'ha utilizzata con un uso massivo e spropositato di pulsioni narcisiste ed aggressive nella declinazione di un personaggio che assomma in sé diverse tipologie del leader paranoide come descritto da OTTO KERNBERG (5):

1. quella del leader che ha bisogno di essere amato ed ammirato
2. quella del leader che ha bisogno di esercitare il controllo totale
3. quella del leader corrotto.

Le tre caratteristiche sono elencate in ordine psicodinamico, dacché il parziale fallimento negli scopi della prima porta al passaggio alla seconda e, a sua volta, il non completo adempimento degli scopi della seconda, porta all'adozione della terza tipologia, quella del leader corrotto. In questa il legame oggettuale con il denaro è la ricercata controprova della saldezza di legame con l'oggetto.

Il primo tipo di leader, quello che ha bisogno di essere amato ed ammirato, rivela in V.G. la presenza di un narcisismo patologico banalmente tradito da alcuni rozzi particolari cui egli indulge (ad esempio tingersi i capelli e stendere sul volto uno strato di cerone). La pretesa frequentazione di personaggi altolocati e di ristoranti alla moda, rientra nel suo tentativo di vendere un'immagine di sé come quella di persona amata ed ammirata.

Una sua predilezione (ma anche una sua grande paura) sono gli articoli sui quotidiani locali, articoli che provvede egli stesso, in prima persona - tradito da uno stile ampolloso e roboante - a scrivere, facendoli firmare ad un cronista di paglia. Sono articoli che descrivono sempre ciò che egli fa come sicuro, riuscito, grandioso, circondato da applausi. E, questi articoli, compaiono soprattutto quando egli incappa in incidenti di percorso economico e politico che, in un Paese meno destrutturato del nostro, avrebbero atterrato chiunque. Dietro questa voce pomposa e digressiva si legge a chiare lettere la paura.

La paura ha fatto sì che egli dividesse, nell'organizzazione presieduta, i sicofanti, che gli alimentano il narcisismo, dai "nemici", identificando nei "nemici" tutti coloro che gli negano la gratificazione al narcisismo patologico. Essendo egli di preparazione molto superficiale, assonante e azzardata sul piano intellettuale e culturale, la sola presenza di un dipendente colto ingenera in lui un terrore che egli scotomizza con lunghissime tirate verbali in cui, accortamente, evita i sentieri ben conosciuti all'interlocutore, per aggirarsi nell'unica cosa che conosce, le paludi istituzionali.

La ben nota mancanza nel valutare le caratteristiche psicologiche dell'altro, tipica del narcisista, fanno sì che, ben presto, egli si trovi circondato da uno stuolo di persone di scarsa rilevanza, che producono ulteriori guasti all'organizzazione. D'altro canto, proprio in virtù del suo narcisismo e della sua struttura rigida, egli evita, come farebbe un leader flessibile, di delegare ad altri i compiti che essi potrebbero svolgere. La creatività e l'innovatività, in virtù dell'invidia, vengono sistematicamente combattute, sicché, alla fine, egli si trova circondato da un gruppo di fantocci ambivalenti. Con un altro tratto assai tipico del leader narcisista ed invidioso anziché sfruttare ed utilizzare adeguatamente i membri della sua organizzazione egli trova molto più conveniente assoldare consulenti esterni, che non intacchino in alcun modo la già bassa stima che egli ha di sé.

Questo bisogno di difesa (Abwehr) lo porta, automaticamente, a gestirsi anche come figura del leader che ha bisogno del controllo totale, perdendosi in minuzie di tipo ossessivo compulsivo quali quelle ben descritte da Cremerius nel suo saggio su Filippo II di Spagna. Nel caso specifico tutto ciò che è apparenza (edifici, dipinture, macchinari) trova in V.G. un entusiastico consenso, mentre ciò che è sostanza, in altre parole la qualità, gli scopi del lavoro e la produttività, viene tenuto sotto controllo al punto tale da vanificare, in buona sostanza, gli scopi fondamentali dell'organizzazione che presiede.

Anche qui la tendenza al controllo ed all'inibizione rivela l'origine narcisista (l'inconscia paura di essere lasciato fuori e quella di essere giudicato incompetente per il ruolo che ha). La lotta non è mai per il fine istituzionale dell'organizzazione, ma contro la supposta manipolazione, il paventato tradimento, la paura di essere truffato e "passare per fesso". Tuttavia, nel caso in esame, mancano quelle caratteristiche dell'ossessivo-compulsivo che lo fanno ben aderente all'oggetto, dacché anche questo atteggiamento compulsivo tradisce, alla fine, solo il fondamentale desiderio di essere amato ed ammirato. L'organizzazione presieduta, in base a questi atteggiamenti, si struttura a livelli di conservativismo e di estrema cautela e perde competitività sul mercato.

L'angoscia di perdere il contatto con l'oggetto si manifesta, alfine, in maniera plateale nella gestione finanziaria dell'organizzazione: pur in presenza di doviziosa quantità di fondi ogni futuro investimento viene soppesato in termini oggettuali e deve essere visto e "palpato" immediatamente. Ogni azione finanziaria che comporti una diminuzione delle riserve dell'organizzazione gli provoca il panico, il che porta, come è evidente alla totale mancanza di quella gestione snella che utilizzi in modo adeguato gli strumenti creditizi, riducendo la amministrazione all'elementare assioma del vendere e comprare in liquido.

Così facendo, d'altronde, egli appaga anche quella che è la sua fondamentale corruzione, dato che egli, dall'uso di denaro praticamente contante, ne trae quei benefici che restano scoperti ai più (V.G. conduce una vita spartana e la fa condurre alla sua famiglia), ma vengono sistematicamente ammucchiati. Spesso le personalità narcisiste patologiche con un Superego immaturo ritengono sia loro diritto appropriarsi di quei beni dati loro in amministrazione dalla società, anche perché gli stessi gli serviranno, egli pensa, per difendersi dalla moltitudine di nemici che egli vede. Così come egli è corrotto pensa che anche gli altri (e non a torto) lo siano. Ma mentre per sé riserva -in virtù della necessità di mantenere elevata l'autovalutazione - laute prebende, egli ha la tendenza a considerare gli altri come facilmente corruttibili, magari, come egli mi disse ridendo a proposito di un collega "con una forma di prosciutto".

Quando l'azione di corruzione dei terzi non riesce egli la prova come una ferita narcisistica e sposta il corrompendo non corrotto dal cerchio degli amici a quello, già grande, dei nemici. Egli compera, ma vuole comperare per poco, dacché, come assioma, egli vale molto e gli altri valgono poco. Vi è ampia letteratura sullo spandersi di questa corruzione nel ristretto gruppo accanto a questo tipo di leader, nel nostro caso in quella che viene chiamata, apertamente, "la cupola" e sulle farneticazioni dei singoli membri che si sentono autorizzati a trattare il denaro pubblico come di proprietà. Questo tipo di ricaduta a cascata del potere e del denaro demarca e rende più netti i confini tra "coloro che sono dentro" e "coloro che sono fuori", come ha ben descritto G. SCHABOWSKI nel suo saggio del 1991 dedicato al Politbüro nella Repubblica Democratica tedesca (6).

E' abbastanza evidente, a questo punto che sia il leader che il gruppo formano un bozzolo che è, di base, ostile ad ogni possibilità di analisi e che ciò porta sullo psichiatra un formidabile odio gruppale. E, in effetti, come dice ERIC R. MARCUS (7) quando le risorse sono allocate in maniera ineguale in forma nascosta od inaccessibile ciò porta alla formazione di una reazione paranoide acuta o cronica. Tale odio viene fomentato sistematicamente con la costituzione di quei processi paranoidi di odio sociale ben illustrati dal Nazismo ed agevolati dalla perdita di reputazione e di carisma della professione medica. In questo senso la paranoiagenesi si estende oltre l'istituzione allargandosi nei gruppi sociali cittadini che vengono manipolati vuoi attraverso la stampa, vuoi, soprattutto, attraverso l'alleanza con le organizzazioni sociali più retrive e meno critiche. Tale operazione ha il duplice vantaggio di attivare l'odio sociale per le inadempienze dell'amministrazione e di distruggere un "nemico", con la formazione di quei simboli attivatori di fantasie come quella dello psichiatra persecutore, ben descritta nel film espressionista "Il gabinetto del dott. Caligari".

E, quello che è più grave ancora nel caso specifico (che sarà eliminato solo dall'impietoso scorrere del tempo) è che il Disturbo Delirante del V.G. ha le sottocaratteristiche della paranoia involutiva con spunti demenziali. Spunti demenziali legati non solo all'età involutiva, ma anche all'abuso di alcolici, assunti per gestire al meglio l'ansia psicotica.

In lui qualsiasi tentativo di approccio per un migliore aggancio alla realtà viene largamente invalidato con argomentazioni deliranti, velate da una tenue coltre giuridica, assai permeabile ad ogni argomentazione di tipo tecnico.

Il caso V.G. è emblematico, nella storia delle istituzioni italiane, ed in particolare di quelle deputate alla cura della malattia ed alla tutela della salute, per lo scambiarsi di effetti paranoiagenetici tra il paranoide e l'istituzione, in cui è difficile riuscire a comprendere se l'istituzione paranoidea abbia generato la paranoia del leader o se il leader paranoico abbia generato l'istituzione paranoidea. Ed è ancora più grave nel suo estendersi, in una vera e propria "caccia alle streghe" (di cui gli innumerevoli processi intentati ai medici in questi ultimi anni sono un valido esempio) all'intera categoria, resa capro espiatorio di "colpe" psicotiche proiettive. In questo senso la sottrazione degli spazi manicomiali deputati al contenimento della follia viene ad intendersi come colpa di una singola categoria: quella degli psichiatri.

Ne rimane l'amara constatazione - certo non unica nei secoli, pensiamo al conflitto tra von Scanzoni, l'accoucheur royal e Semmelweiss - che qualsiasi tipo di organizzazione, priva dei controlli di uno Stato democratico e garantista, porta, inevitabilmente, alla regressione operativa.

Riassunto: Viene descritto il caso di V.G., leader di una azienda, che, arrivato in carica per i suoi tratti paranoidi, sviluppa una vera e propria paranoia (Disturbo Delirante) che si proietta e viene alimentata dalle forze istituzionali. Il caso è una chiara dimostrazione sulle genesi delle motivazioni aggressive, perdita dell'autostima e paura dell'umiliazione che sono alla base della costituzione dei deliri paranoicali.

Bibliografia

(1) Oswald Bumke "Trattato di psichiatria", tradotto da Ferrio e Tirelli, Cap. VIII "Disposizioni e sviluppi paranoici", pg.198-232. UTET, Torino, 1927.
(2) G.Lanteri-Laura, L. Del Pistoia, H.Bel Habib "Paranoia", Encyclopédie Mèdico-Chirurgicale, (Paris) 37299 D10, 10, 1995.
(3) Giorgio Cosmacini " Storia della medicina e della Sanità in Italia", Laterza,1987, "Medicina e Sanità in Italia nel ventesimo secolo", Laterza,1989, Bari.
(4) Bion W.R. "Experiences in Groups", Basic Books, New York, 1961.
(5) Kernberg O.F. "Paranoiagenesis in organizations" in : Comprehensive Textbook of group Psychotherapy, 3rd. Ed., pp. 47-57, ed by Kaplan H. and Sadock B.J., Williams and Wilkins, Baltimore,
(6) Schabowski G. "Das Politbüro" , Reinbek, Hamburg : Rowohlt Taschenbuch (1991).
(7) Marcus Eric. R. "Paranoid Symbol Formation in Social Organizations" in "Paranoia, New Psychoanalytic Perspectives" John M. Oldham and Stanley Bone eds., International Universities Press, Madison Connecticut, 1994.


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