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MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA
Modelli e Tecniche in Psichiatria



Funzionalità e morfologia cerebrali, disturbi dell'apprendimento ed ontogenesi del sè, nelle patologie psichiatriche

Simonetta Filesi, Angelo Torre



Molte alterazioni morfologico-funzionali cerebrali giungono all'osservazione solo dopo la comparsa di manifestazioni psicopatologiche. Questi correlati delle patologie psichiatriche sono studiati per comprendere eventuali rapporti causali tra il livello neurologico-funzionale e quello dei processi psichici. Anche per la schizofrenia non sembra raggiunto un generale consenso sulla specificità del ruolo di questi reperti nella patogenesi dei disturbi psichiatrici (1). Studi epidemiologici mostrano come persone con disturbi funzionali della matrice neurologica, associati a lievi problemi dell'apprendimento, incorrono in patologie di tipo schizofrenico con frequenza tre volte più elevata rispetto alla popolazione generale (2).
Walker (3) ha ipotizzato che le alterazioni cognitive, motorie e sociali possano avere un ruolo determinante nella genesi delle forme più gravi di schizofrenia. Parimenti Doody (4) ipotizza che, alterazioni dell'apprendimento, possano costituire un fattore di rischio per le psicosi paranoidi. Di recente Sanderson (5), ha studiato tre gruppi di pazienti, rispettivamente affetti da disabilità dell'apprendimento (QI 50-70), schizofrenia e da schizofrenia e disabilità dell'apprendimento. Le risonanze magnetiche hanno mostrato un volume ventricolare significativamente più grande nel gruppo di pazienti con disabilità dell'apprendimento, rispetto al gruppo di pazienti con schizofrenia. Non vi erano differenze tra il gruppo di pazienti affetti da sola schizofrenia rispetto al gruppo con comorbilità: schizofrenia e disabilità. Il volume cerebrale complessivo del gruppo di controllo (soggetti sani) era però molto più ampio di quello rilevato in ciascun gruppo sperimentale (p< 05-0001). Tale dato conferma il coinvolgimento cerebrale nel determinismo delle patologie dei tre gruppi sperimentali, senza mostrare specificità nosografica.
Erlenmeyer-Kimling (6) ha condotto un complesso studio prospettico su un gruppo di bambini, figli di pazienti schizofrenici, misurandone le prestazioni nella memoria verbale, nelle abilità motorie grossolane e nelle capacità attentive. Tali indicatori neuro-funzionali delle funzioni cerebrali erano confrontati con quelli dei figli di pazienti affetti da disturbi dell'umore e figli di soggetti sani. Il lavoro intendeva verificare la frequenza di comparsa di psicosi di tipo schizofrenico nei diversi gruppi. I figli di genitori schizofrenici avevano le peggiori performances neuropsicologiche, ed in età adulta, mostravano la maggiore incidenza di psicosi di tipo schizofrenico. Gli autori concludevano che, le alterazioni nelle abilità motorie, nell'attenzione e nella memoria verbale, permettono di predire, già dall'infanzia, il verificarsi d'una psicosi di tipo schizofrenico, traendo da tali dati conferma del modello genetico della schizofrenia, anche se non controllavano se quelle alterazioni funzionali potessero derivare da alterazioni cerebrali dipendenti da cause non genetiche, come suggeriscono altri autori (7).
Verdoux (8) ha esaminato, con lo Stroop color test e il Wisconsin Card Sorting Test, alcune funzioni neuropsicologiche in un gruppo di pazienti schizofrenici, in un gruppo di pazienti con disturbi psicotici non schizofrenici, in un gruppo con disturbi bipolari e infine in un gruppo con depressione maggiore. Il gruppo degli schizofrenici si distingueva per le peggiori performances mnesiche globali e per una peggiore memoria verbale.
Riteniamo che, per comprendere le relazioni tra le alterazioni del cervello ed i quadri psicopatologici degli adulti, sia necessario mettere in evidenza il ruolo delle alterazioni neuropsicologiche. Queste nell'ontogenesi hanno un importante ruolo nei processi di formazione del sé, contribuendo a spiegare la genesi di molti quadri psicopatologici, sia che li si consideri ad eziologia genetica (6) che biopatica (7).
Le disfunzioni neurali minano la capacità d'apprendimento, che richiede adeguati livelli d'attenzione, ottimali abilità motorie e sensoriali, prerequisiti degli apprendimenti associativi.
Schatz (9) ha evidenziato che bambini affetti da lesioni cerebrali perinatali, con diplegia spastica, mostrano difficoltà in questi apprendimenti, detti altrimenti simbolici, o sovramodali (10). Il termine "simbolico", è qui usato in un'accezione prettamente neurologica. Si definiscono, infatti, apprendimenti simbolici, sovramodali o associativi quelli che richiedono la capacità di poter trasferire quanto appreso da una modalità sensoriale in un'altra. Ad es. impare ad applicare un codice acustico ad un segno visivo, trascrivendolo, usando un canale sensomotorio, o come avviene nell'imparare a dare il suono di A al segno A, imparando a pronunciarlo ed a leggerlo. Tali apprendimenti richiedono l'integrità di tutte le aree corticali implicate nel processo, strutture sottocorticali attivanti, corteccia visiva, acustica e senso-motoria, come ha messo in evidenza Luria (11) Gli apprendimenti simbolici sono quelli che permettono all'uomo di accedere alle funzioni linguistiche, il parlare, il leggere, lo scrivere, la capacità di calcolo (12), consentendo di sovrapporre, ai dati percettivi dei diversi analizzatori cerebrali della vista, dell'udito e del tatto, quei codici arbitrari che gli assegnano valore semantico. La capacità neurale di creare un'associazione tra la materia del significante ed il mondo del significato, rende questi segni, inscritti sul registro visivo, tattile acustico e motorio, disponibili per la comunicazione simbolica propriamente detta (quella semantica), in cui il segno acquista significato per effetto d'una convenzione (13). Dalla comunicazione simbolica (14) prende vita quel regno della natura, tutto umano, che è il simbolico, che è il luogo della formazione del sé, che nasce dalla parola.
Queste alterazioni neurologiche più sottili, non evidenti, condizionano lo sviluppo psichico. Le lesioni più evidenti s'impongono allo sguardo, la loro presenza è evidente, non è possibile equivocare sui limiti che da esse derivano. Diversamente avviene proprio per le disfunzioni più sfumate, che passano inosservate. Si crea una comunicazione confondente, dalle grosse conseguenze psicologiche. Non riconoscere gli effetti di una disfunzione neurocognitiva sull'apprendimento porta a colpevolizzare il bambino per una presunta scarsa volontà. Gli effetti di tale atteggiamento si esaltano in particolare nella fase di latenza, periodo della massima importanza per gli apprendimenti "simbolici".
Steingard (15), come altri, ci mostra che, già in età scolare, tali alterazioni neurologiche possono determinare frequenti disturbi d'interesse psichiatrico.
Il DSM-IV (16), pone molti disturbi dell' età evolutiva in relazione con le alterazioni della matrice neurale, che appare il motore immobile di molti quadri clinici. L'associazione con lesioni cerebrali è richiamata sia per la categoria dei Disturbi dell'Apprendimento, che per quella dei Disturbi da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente e delle rispettive sottocategorie. Il manuale sottolinea l'associazione di questi disturbi con più quadri psichiatrici dell'asse I, suggerendo la continuità dei disturbi infantili con molti disturbi dell'età adulta.
La ricostruzione storica dei rapporti tra le alterazioni morfologico-funzionali, la personalità e le complicazioni patologiche, richiede un modello teorico dello sviluppo psichico, che consideri attentamente i rapporti tra l'ambiente interno ed esterno nel corso dell'ontogenesi. La costruzione teorica di Erik Erikson (17) ci fornisce un modello dello sviluppo che considera gli effetti psicologici dello sviluppo psicomotorio, tenendo conto dell''influenza che ogni fase evolutiva ha su quelle successive, lasciandovi traccia di sé, nel bene e nel male (epigenesi). Erikson mostra come già l'apprendimento della stazione eretta, condiziona la sicurezza di base del bambino, influenzando le successive fasi evolutive. Erikson inoltre mette in evidenza che il fanciullo, nella fase di latenza, vista la pausa dei conflitti "libidici", trae gratificazione nel conquistare l'approvazione degli altri, mediante "l'industriosità", ovvero con la conquista di quelle abilità, che fanno maturare in lui la sicurezza di poter entrare nel mondo degli adulti. L'apprendimento scolastico svolge un ruolo determinante in tale fase, essendo la scuola, un luogo importante per tali gratificazioni.
Il collegamento fatto da Erikson tra industriosità ed formazione della personalità, permette di considerare sotto nuova luce le alterazioni minori neurologico-funzionali e l'apprendimento. Se Hartman (18) considerava la motricità, la percezione e la memoria come aree dell'io, libere da conflitti psichici, nella prospettiva di Erikson avvertiamo che alterazioni di queste funzioni, possono dare complicazioni psicologiche evolutive.
La concezione epigenetica di Erikson ci suggerisce che il riscontro di segni neurologici "minori" nelle sindromi psichiatriche dell'età adulta (19), non sia un correlato casuale, ma che si colleghi a scacchi evolutivi passati inosservati.
La diagnosi precoce di tali difficoltà neurologiche in età evolutiva ha grande importanza, offrendo la possibilità d'interventi riabilitativi, capaci di facilitare il superamento di questa fase.
Varie ricerche mostrano gli effetti disadattativi dei disturbi neurologici minori.
Shelton (20) ha osservato nei bambini, la stretta correlazione tra disturbo del deficit dell''attenzione (ADHD), disturbo oppositivo provocatorio e disturbo della condotta con i disturbi comportamentali. Moss (21) conferma la correlazione tra difficoltà nell'apprendimento e presenza di disturbi psichiatrici comportamentali.
Schachter (22) ha evidenziato, su 632 bambini, affetti da disturbi specifici dell'apprendimento (lettura, scrittura e calcolo), che ben il 43% presentava chiari problemi comportamentali, che, nel gruppo di controllo, erano presenti solo nel 10% dei casi. Una differenza del 330%, che testimonia il valore disadattivo di tali disturbi.
Gli autori concludevano che la diagnosi ed il trattamento riabilitativo precoce è di estrema importanza in questi casi, addirittura prioritario rispetto a trattamenti solo psicoterapeutici. Infatti il trattamento precoce di queste disfunzuioni neurali, può prevenire quelle comportamentali, evitando il sommarsi delle frustrazioni evolutive che determinano la fissazione o la regressione a schemi comportamentali poco evoluti e ripetitivi, ostacolando le conquiste proprie delle diverse età della vita.
Non comprendendo la natura dei problemi comportamentali, prevale la colpevolizzazione per lo scarso rendimento scolastico e l'incomprensione delle profonde motivazioni personali.
Il bambino, non sentendosi riconosciuto nel suo desiderio di evolvere, struttura un falso sé, nel senso di Winnicott (23). Tale errata lettura degli stati motivazionali interni del bambino realizza, in termini cognitivi, il rovescio di quanto prevede la teoria della mente nell'autismo (24). Qui le persone normali, senza alterazioni neurologiche, sono incapaci di riconoscere correttamente gli stati emotivi interni del bambino, e non il contrario. Una incomprensione che ha effetti dirompenti sullo psichismo di chi ne è bersaglio. Questi avverte la sensazione di trovarsi al centro di una crisi dell'evidenza naturale e della comunicazione, maturando sfiducia nella possibilità di farsi capire (25). Si determina così lo scivolamento verso una condizione apatico-depressiva o iperattivo-aggressiva, che costituisce il nucleo di cristallizzazione di una personalità patologica, a rischio di ulteriori sconfitte nelle altre età della vita. Le incomprensioni verificatisi nella fase della "industriosità", non consentono di vivere, nell'adolescenza, l'intimità, né nell'amicizia, né nella coppia. Emergono l'autoemarginazione e carenza d' entusiasmo. Si stabilisce un tono depressivo, che, sul fragile terreno adolescenziale, può determinare comportamenti asociali e delinquenziali, alla disperata ricerca di una "rivalorizzazione" del sé, per dimostrare una qualche "superiorità" sugli altri.
Barkley (26) conferma questo tipo di complicazioni evolutive con uno studio longitudinale controllato su 133 bambini affetti da ADHD con iperattività. Alla pubertà questi presentavano le due caratteristiche patologiche ancora nell'83% dei casi. In particolare il gruppo ADHD mostrava, rispetto al gruppo di controllo, una maggiore frequenza di disturbi antisociali con abuso di droghe. Il rapporto tra disturbo neurologico e genesi della psicosi viene sottolineato da Goldberg (27), che ha messo in evidenza, in 16 coppie di gemelli omozigoti discordanti per la schizofrenia, che il danno neurologico e le alterazioni cognitive di una certa entità erano sempre presenti. Tale danno era invece sempre più sfumato nei gemelli omozigoti non schizofrenici. Inoltre queste alterazioni non erano determinate geneticamente, ma dipendevano da eventi perinatali.
Analogamente Suddath (28), su 15 coppie di gemelli, discordanti per la schizofrenia, riusciva a predire, valutando l'entità delle lesioni cerebrali presenti, tramite l'esame delle RM cerebrali, quale dei gemelli fosse quello affetto da schizofrenia. In questo campione ben 13 schizofrenici su 15 presentavano una ipotrofia della corteccia temporale sinistra, alterazioni anche qui collegate a danni causati dalla anossia perinatale, più che a cause genetiche.
Un dato suggestivo sul ruolo delle alterazioni neurologiche nel determinismo delle patologie mentali, ci viene da Manschreek ed Ames (29), che hanno rintracciato tali alterazioni nel 92% degli schizofrenici osservati, mentre era presente solo nel 5% del gruppo di controllo.
L'importanza evolutiva dell'apprendimento e dei fattori che l'ostacolano era ben chiara alla Montessori (30), che, già all'inizio del secolo, si proponeva di facilitare gli apprendimenti scolastici dei fanciulli e il loro senso di sicurezza, attraverso l'analisi e la stimolazione delle performance neurologiche sovramodali, necessarie all'apprendimento dei complessi compiti della lettura e della scritttura, mediante un'educazione psicomotoria, in età prescolare, propedeutica agli apprendimenti sovramodali scolastici, stimolando tutte le modalità sensoriali, acustiche, tattili, visive. Noi psichiatri spesso trascuriamo tali fattori di disagio evolutivo, in favore di altri livelli di lettura della realtà, perdendo la possibilità di aiutare i bambini, incoraggiandoli nel progredire verso altre tappe maturative, liberandoli dalla disperazione di non essere compresi, ostacolando la comunicazione simbolica destinata alla costruzione di un'immagine di sé condivisa.


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