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PSYCHOMEDIA
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PsicoTraumatologia



Gravi stress, traumi e salute

a cura del Gruppo di studio, ricerca ed intervento clinico,

attualmente composto da :

- Maura Sgarro, Psicologa clinica e psicoterapeuta Ospedale Cto, Asl Rm C
- Gianni Biondi, Responsabile Servizio Psicosociale Ospedale Pediatrico - Bambin Gesù IRCCS, Roma
- Federica Bruni, Psicologa clinica, Roma
- Adele Calabria, Psicologa clinica, Istituto S. Giovanni Battista Caval. Malta, Roma
- Massimo Fiori, Psicologo clinico, Istituto S. Giovanni Battista Caval. Malta, Roma
- Letizia Palumbo, Psicologa clinica, Roma
- Roberto Parisi, Sociologo, Asl RmE, Roma
- Orietta Rosati, Sociologa, Roma
- Angela Rossi, Psicologa clinica, Servizio psicosociale, Osped. Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma
- Giovanna Saviantoni, Psicologa clinica, Roma

Indirizzi: e-mail di gruppo: grastress@yahoo.it, gli e-mail dei curatori delle varie Aree sono indicati individualmente.




- Breve premessa -
(a cura di Maura Sgarro)

Una lettura della "Bibliografia ragionata sul Ptsd" di Luca Pezzullo, in questo stesso sito, ci fa intuire immediatamente che, nel campo dei traumi e dei disturbi post traumatici, esiste ormai da vari anni il modello scientifico dei "Post Traumatic Stress Disorder". Strano a dirsi, ma tale esistenza deve ancora essere acquisita da alcuni psicologi e psichiatri, che si riferiscono talvolta, sempre a proposito di gravi stress e traumi, a teorie "accomodate" od "adattate", ed altre volte a teorie solo psicologiche, o solo biologiche.
Il modello dei Ptsd è complesso e decisamente affascinante: venutosi a delineare verso gli anni '70 ed affermatosi tra gli anni '80 e '90, include attualmente centinaia di libri e pubblicazioni su ogni aspetto dei traumi psicologici.
Il Ptsd abbraccia uno spetto vasto, ed apparentemente eterogeneo di fenomeni: dagli eventi naturali catastrofici agli incidenti tecnologici e con i mezzi di trasporto, dalle violenze, maltrattamenti ed abusi su bambini ed adulti ad altre forme di aggressioni fisiche, gravi malattie ed interventi chirurgici, gravi problemi al lavoro, come il mobbing, ecc. Molti (specialmente psicologi) reagiscono al lungo elenco di eventi in prima battuta con criticismo, affermando - come da una parte è vero - la diversità di vissuto psicologico tra un tipo di avvenimento stressante ed un altro. Tuttavia molti studi hanno messo in luce:
- l'esistenza di simili caratteristiche di fondo, in vari tipi di eventi traumatici (soprattutto, il carattere di immediatezza ed imprevedibilità, i forti vissuti emotivi di angoscia e paura "senza freni", ecc.),
- l'esistenza di processi psicobiologici simili nei vari tipi di gravi stress (in fase acuta e nell'eventuale cronicizzazione),
- l'esistenza di tipologie simili di "coping",
- l'esistenza di una gamma di eventuali disturbi, psicopatologici e non, varia, ma spesso anche qui generalmente simile, tra le varie persone (pensiamo, ad esempio, agli incubi, le reazioni dissociative, i flashback, ecc.),
- l'attualizzazione di simili comportamenti maladattativi (pensiamo, ad esempio, alla persona che ha subito una violenza, che comincia talvolta a bere, similmente ad un soggetto post un altro grave stress, ecc.),
- l'esistenza di alcuni "fattori protettivi" e talvolta "curativi" (fattori di personalità, situazionali, psicosociali, relativi al sostegno sociale, ecc.), che appaiono attivi in varie circostanze.

In tale prospettiva, anche se esiste una diversità tra i "contenuti interiori traumatici", è legittimo parlare dell'esistenza scientifica di gravi stress e traumi, cioè è legittimo parlare dei Ptsd come entità specifica.
Attualmente - ma non trattiamo qui questo problema - il settore dei Ptsd si va così espandendo, nella letteratura estera, che sarebbe forse necessario procedere ad una maggiore delimitazione delle tipologie di gravi stress e traumi, e dei sintomi che rientrano nei parametri diagnostici dei Ptsd.
Ad ogni modo, questo modello racchiude oggi migliaia di studi scientifici sui processi psicobiologici, sulle svariate tecniche d'approccio e psicoterapeutiche (tutte le scuole si sono cimentate nel trattamento dei gravi stress e traumi, da quelle psicoanalitiche alle cognitivo-comportamentali, relazionali, di gruppo, all'ipnosi, le tecniche di rilassamento, le arti-terapie, e molte tecniche specifiche di piuttosto recente applicazione), sui test psicologici usati nelle ricerche, sugli aspetti medico-legali, sulle problematiche dei vari tipi di gravi eventi stressanti, e su molti altri argomenti.
I vari contributi scientifici si confrontano - e talvolta si scontrano - nell'ambito di dibattiti appassionanti, talvolta affascinanti, dato che si riferiscono alle possibilità di sopravvivenza dell'uomo in condizioni estreme.
Il ruolo concreto degli psicologi, degli psichiatri e di altre figure professionali non è sempre di tipo clinico. Vi sono delle tipologie di eventi - ad esempio le emergenze naturali - nei quali il primo lavoro svolto in loco, senz'altro comunque spesso utile, è forse più di tipo organizzativo e psicosociale.
L'approccio clinico, che richiede necessariamente setting specifici, pubblici o privati, viene dopo l'evento: vede implicati il traumatizzato, la sua famiglia, il professionista - psicologo, psichiatra, ma anche il medico, l'assistente sociale - e l'istituzione in cui si svolge l'incontro.
Va ricordato, sia pur molto sinteticamente, che il lavoro con persone che hanno vissuto dei gravi stress e traumi, spesso carico di emozioni e di risvolti interiori, attiva immediatamente il controtransfert dell'interlocutore, che si esprime in ogni atto o parola dell'incontro. Questo tema verrà ripreso più avanti.
Nell'insieme, tutti noi qui scriventi siamo interessati soprattutto al lato clinico dei Pstd e delle persone che hanno tali vissuti. Siamo consapevoli del fatto che, se da un lato i Ptsd presentano notevoli complessità e difficoltà di trattamento, dall'altro esprimono il disagio di quella "fase di passaggio", estremamente importante per il soggetto.
In altre parole, vi è una "posta in gioco" di grande importanza vitale.


- Un forte richiamo all'etica professionale -

Le persone che vivono od hanno vissuto gravi stress e traumi (come detto, incidenti stradali o infortuni di altro tipo, gravi malattie o interventi chirurgici, maltrattamenti, violenze, abusi ecc.) sono, in una dimensione clinica, pazienti particolari, nei confronti dei quali è indispensabile tenere presente delle norme etiche speciali, ed adottare degli speciali comportamenti professionali. Quanto riferiamo qui è oggetto, negli ultimi tempi, anche di studi e di articoli apparsi nella specifica letteratura internazionale.
In sintesi:

L'approccio psicologico ai pazienti con gravi stress e traumi - sia che si tratti di ricerca o di approccio clinico - deve essere svolto, per quanto più possibile, da personale già specializzato, formato e con esperienza nello specifico settore. Infatti anche una banale intervista clinica può sollevare particolari echi nel paziente, per non parlare delle domande "di ricordo degli aspetti del trauma", rispetto alle quali va ponderata l'opportunità, o meno, di porle, soprattutto in fase immediatamente acuta (occorre considerare, tra l'altro, anche la condizione fisica complessiva del paziente!).

Va ricordato che l'amnesia traumatica rappresenta a volte un importante coping della persona, sul quale occorre fare una approfondita preventiva valutazione di utilità soggettiva.
La necessità di professionisti lungamente formati e preparati scaturisce anche dal fatto che troppo spesso si dimentica che lo stesso psicologo, o psichiatra, se non debitamente preparato, è a rischio della "traumatizzazione vicaria", derivante anche dal semplice approccio o colloquio.

Riteniamo parimenti indispensabile, e rispettoso per il paziente, che ogni colloquio psicologico, svolto a scopi di ricerca o clinici, debba prevedere sempre perlomeno la proposta, al paziente, di successiva assistenza continuativa e di aiuto psicoterapeutico o di sostegno, o riabilitativo, o psicosociale, ecc. che il paziente è libero di accettare, o meno. Ciò implica che il professionista deve avere ben chiaro, all'inizio di ogni approccio, gli scopi e la finalità del colloquio, le problematiche di quei pazienti traumatizzati, le specifiche domande da porre e conoscenze da acquisire, la necessità, spesso, di limitare le proprie personali opinioni o credenze controtransferali.

In altre parole, il tutto va svolto solo e soltanto in una vera dimensione di aiuto del paziente. Non riteniamo molto etico che il professionista si avvicini a questi pazienti con curiosità conoscitive, e che poi "lasci" il paziente ai suoi eventuali problemi, talvolta drammatici. Accade talvolta che il paziente opponga delle resistenze all'approccio, o ponga dei problemi di vario tipo, o non voglia l'incontro. Chiediamoci quindi, molto onestamente, se il paziente non stia anche, a ragione, opponendosi a dei tentativi di manipolazione.

Va poi fatta una riflessione etica a proposito di alcune ricerche che vengono svolte nei vari settori, talvolta soltanto finalizzate a scopi conoscitivi o di verifica di ipotesi psicologiche collegate a quello o quell'altra scuola psicologica o intuizione dei ricercatori. Noi riteniamo che, nello specifico settore dei traumi e dei gravi stress, le ricerche debbano essere, sia in fase progettuale che esecutiva, quanto più possibile destinate ad acquisire delle conoscenze successivamente concretamente traducibili in azioni preventive, o terapeutiche, o d'intervento, a favore degli specifici pazienti.
Diversamente, le conoscenze ottenute non sono solo spesso inutili per il paziente, ma anche dannose, poiché, se risapute anche lui, rischiano di essere vissute come delle valutazioni e "speculazioni" che il paziente critica e rigetta, rifiutando anche la collaborazione successiva con lo psicologo/psichiatra.

Il paziente che vive od ha vissuto gravi stress e traumi ha spesso anche dei danni e delle difficoltà materiali ed economiche. Pensiamo, ad esempio, ai correlati concreti di eventi come crolli di case, incidenti stradali, gravi malattie inabilitanti, furti, rapine, aggressioni ecc. Se la persona riporta delle conseguenze psicologiche da questi eventi, noi riteniamo etico - cerchiamo di non ri-traumatizzare la persona! - che possa avere la possibilità, prima di tutto, di un aiuto psicologico in ambito pubblico o convenzionato, evitando che ai danni anche economici già vissuti si aggiungano altri aggravi economici.

Il paziente ha diritto alla privacy ed all'informazione preventiva di ogni atto professionale a lui rivolto. Ciò non è dato solo dal consenso informato sottoposto preventivamente al soggetto - diventeremmo, anche noi psicologi e psichiatri, dei burocrati - ma è dato soprattutto dal rapporto di fiducia, limpido e chiaro nel percorso e nelle finalità - che si può instaurare tra il paziente ed il professionista. Il paziente con gravi stress, e i suoi parenti, sono molto percettivi di questi aspetti di rapporto - la professionalità, l'esperienza , la correttezza, l'intenzione di vero aiuto - e questi stessi aspetti, che sono ancora una volta altamente etici, vanno indispensabilmente posseduti dall'"helper".

Esistono poi molte altre norme di etica professionale, spesso implicite, inerenti sia ai vari settori dei gravi stress e traumi, sia ad alcuni tipi di psicoterapie (pensiamo, ad esempio, ad alcuni problemi etici nelle psicoterapie dei maltrattamenti fisici, o degli abusi sessuali, ecc.).Non è possibile, in questo momento, dilungarci su tale argomento, sul quale comunque sarà possibile tornare in futuro.

Ribadiamo in ogni caso, come concetto di fondo, la necessità che l'intero approccio clinico sia gestito per quanto più possibile da professionisti specificatamente formati e con esperienza. Soprattutto loro possono avere una "preventiva visione d'insieme, anche in un'ottica prospettica" sullo specifico paziente.


- Il nostro gruppo, "Gravi stress, traumi e salute", ed alcune Aree dei Post Traumatic Stress Disorder -

Dal mese di gennaio 2000 ci occupiamo in gruppo, a fini di studio e, per alcuni di noi, anche di concreto lavoro professionale svolto quotidianamente, di alcuni tipi di gravi stress e traumi. Questi stessi non coprono tutta la gamma di temi, per il momento.
Siamo disponibili a collaborazioni ed approfondimenti con i nostri lettori, sia nel caso in cui siete interessati ad alcune Aree qui descritte, sia nel caso in cui desiderate trattare argomenti ancora non affrontati nel nostro gruppo (ad esempio, i maltrattamenti, le violenze, incidenti di vario tipo, ecc.). Attendiamo un vostro contatto via e-mail, e sarà nostra cura fornirvi anche varie notizie generali.
Ricordiamo che, a nostro parere, l'argomento dei gravi stress e dei traumi è, per sua natura, un argomento affondabile in modo adeguato attraverso una pluralità di contributi e di professionalità.
Riportiamo qui di seguito i contributi dei membri del nostro gruppo.


- Area "Ptsd e malattia cronica in età evolutiva" -
(Gianni Biondi, Angela Rossi, e-mail: biondi@opbg.net)

Solo da pochi anni, si è osservato come anche i bambini possano soffrire degli effetti di forti traumi attraverso una sintomatologia che è stata definita Post Traumatic Stress Disorder (Ptsd).
Nella malattia cronica infantile il Ptsd sembra essere più presente di quanto fino ad oggi si riteneva essendo rilevabili entrambe le condizioni descritte nel crierio (a) del DMS IV.
Pur esistendo classificazioni utili ed importanti come l'Ads (Disturbo acuto da Stress) ed il Ptsr (Post Traumatic Stress Reaction), si è preferito riferirsi al Ptsd poiché tale classificazione comprende in modo esaustivo diversi dei disturbi presenti nella malattia cronica infantile.
La condizione di malattia impegna severamente lo stato psicologico di una persona sottoponendo l'individuo ad uno stress di notevole intensità.
Nell'infanzia la malattia incide e viene influenzata dalle condizioni presenti nelle diverse fasi dello sviluppo che a loro volta, rappresentano diversi livelli di bisogni: dal legame affettivo e rassicurativo, alla percezione del Sè, al desiderio di autonomia, alle capacità cognitive, relazionali etc.
La malattia cronica per il suo carattere di persistenza nel tempo determina una presenza ripetuta di situazioni di stress alle quali il bambino non sempre è in grado di reagire adeguatamente (il confronto con il dolore, con l'invasività delle cure, con le paure derivanti dalla specificità della condizione sofferta).
L'esperienza clinica evidenzia che gli adulti (genitori, personale sanitario, insegnanti) rivolgono una scarsa attenzione ai primi segnali di disagio psicologico attivandosi solo nel momento che tali segnali sono divenuti sintomi conclamati.
I segnali più frequenti di sofferenza psicologica nei bambini ed adolescenti affetti da malattia cronica possono essere indicati in:

aspetti individuali (solitudine, isolamento, scarsa progettualità, abulia, apatia, ritiro dalle relazioni con i coetanei/dai familiari, ansia, etc.)
aspetti sociali (difficoltà nella relazione nell'ambiente, percezione di indifferenza/emarginazione/discriminazione da parte dei coetanei e/o degli adulti ad esempio).

I sentimenti di paura caratterizzano in modo specifico la condizione di malattia cronica e possono essere indicati come:

paura dello sconosciuto e dell'imprevedibile;
paura per il ripetersi di alcune pratiche cliniche invasive dolorose non sempre adeguatamente spiegate;
paura per la violenza avvertita in certi interventi clinici che seppure necessari, possono essere percepiti come dei veri e propri attacchi con un vissuto doloroso di espropriazione del proprio corpo.

Un ulteriore condizione di rischio è rappresentata dalla qualità della relazione della coppia genitoriale antecedente all'insorgere della malattia del figlio.
Le aree di intervento per la prevenzione di PTSD vengono sintetizzate nei seguenti punti:

studio, applicazione e verifica di protocolli concordati interdisciplinarmente specifici per età e per malattia cronica;
qualità della comunicazione della diagnosi ai genitori
supporto psicologico ai genitori e al bambino/adolescente malato cronico non solo nella fase acuta
formazione permanente degli operatori sanitari (medici/infermieri)
gruppi Balint per gli operatori.


(Liberamente riassunto da Gianni Biondi: "Ptsd e malattia cronica infantile" in (a cura) Maura Sgarro, Atti del Convegno "Gravi stress, traumi e salute" Kappa, Roma, 2000 (pp 57-66)


Bibliografia

Ascani, E., Biondi G., Lauri A., Mignani S. (1984) "La preparazione all'intervento chirurgico delle malformazioni della colonna vertebrale. Primi dati di una sperimentazione con il Training autogeno respiratorio (RAT)"., Atti e memorie dell'Accademia di storia e dell'arte sanitaria, n.1/2.

Biondi G. (1985): "L'esperienza di Palidoro"; Atti del Convegno Nazionale "Scuola e Gioco in ospedale" Amministrazione Provinciale di Pavia. Assessorato ai Servizi Sociali. IRCCS. Policlinico San Matteo. Pavia.

Biondi G. (1988): "Il Servizio Psico-sociale nell'organizzazione dell'ospedale pediatrico: descrizione di un'intervento ed alcune considerazioni"; in AA.VV.: Il laboratorio e la città; Guerini Ed. e Assoc. Vol 10/1.

Biondi G. (1989): "Papel da psicologia no hospital"; Accao Mèdica, Ano LIII, n.2.

Biondi G., Tabarini, Miano C., Rosati D. (1990) "Alcune considerazioni circa le principali problematiche relative alle difficoltà di un approccio interdisciplinare in un reparto di Ematologia"; in Aa.Vv.: La problematica psicosociale del bambino leucemico e della sua famiglia. Assoc. Ital. Di Ematologia ed Oncologia Pediatrica. Milano. Fondazione Tettamanti. Monza.

Biondi G., De Ranieri C., Tabarini P. (1990) "Il trapianto cardiaco in età pediatrica e neonatale: l'assistenza psicologica"; da: Marino B., Piccoli G. (a cura) Il trapianto cardiaco ortotopico. Masson, Milano.

Biondi G. (1991): " Rischio di abuso nel bambino con malattia cronica" in Montecchi F. (a cura): Prevenzione, rilevamento e trattamento dell'abuso dell'infanzia; Borla, Roma.

Biondi G. (eds) (1991): Psicologia in ospedale/Psychology in Hospital/; Nuova Ed. Spada. Roma.

Biondi G., Mignani S., Parisi F., and Marcelletti C. (1991): "Psycho-motor and affective development comparison before and after the heart transplantation in pediatric age"; in Johnston M., Herbert M and Marteau T. (edited by): European Health Psychology. Proceedings. 4th Annual Conference of European Health Psychology society. Bocardo Press. Leicester.

Biondi G. (1993): "La qualità di vita nei bambini trapiantati"; in AA.Vv.: Qualità della vita del cardiopatico operato. Fondazione Arturo Pinna Pintor. Torino.

Biondi G. (1994): "Prevenzione dello stress nel personale sanitario"; in Melino C., Rubino S., Allocca A., Messineo A., L'ospedale. Igiene, sicurezza e prevenzione. Ed Universo. Roma.


- Area "Gravi stress, traumi e Ptsd per incidenti stradali ed infortuni". -
(Maura Sgarro, M. V. Zaccagnini, B. M. Porcari, e-mail: MVATEAM@libero.it)

In questa Area vengono studiati vari aspetti degli incidenti stradali e degli infortuni, esaminandone soprattutto i risvolti clinici, gli eventuali disturbi post-traumatici, le modalità di intervento e le attività preventive.
La specifica letteratura scientifica, presente ormai da vari decenni - è stato subito palese che "il fattore umano" gioca un ruolo preponderante negli incidenti e negli infortuni - si dettaglia, oggi, in vari argomenti: la psicologia della guida, la psicologia infortunistica, la psicologia cognitiva nella guida e negli incidenti, i fattori di rischio agli incidenti, la psicologia clinica post-traumatica, i livelli di intervento post-incidente, ecc.
Nell' insieme, anche in quest' Area noi riteniamo opportuno svolgere studi nel pieno rispetto concreto del paziente/soggetto intervistato, il che implica seguire alcune norme etiche di comportamento professionale descritte nella Introduzione di questo Articolo. Una particolare attenzione, a nostro parere, va posta nel non svolgere indagini, od effettuare colloqui/interventi psicologici che possono essere vissuti dal paziente in senso colpevolizzante, o inutilmente critico, o non-empatico nei loro confronti.
Sul piano della ricerca, è opportuno, a nostro avviso, seguire i "filoni" scientifici già delineati nella letteratura scientifica, promovendo la verifica positiva o negativa di varie ipotesi, che si sono affacciate, negli anni, a proposito degli incidenti.
Similmente, è opportuno esaminare e cercare di utilizzare degli strumenti di valutazione specifici degli studi del settore, per avere risultati anche paragonabili a quelli del resto della particolare letteratura.
Nel convegno "Gravi stress, traumi e salute" svoltosi nel gennaio 2000, sono stati presentati i risultati di una ricerca scientifica svolta all'interno del Centro Traumatologico Ortopedico di Roma su di un campione di presenti traumatizzati, ricoverati in fase acuta. I risultati, molto focalizzati sulle manifestazioni cliniche di Ads e sui vissuti stressanti pregressi agli incidenti (Atti in bibliografia) stanno dando luogo ad un progetto di concreta assistenza psicologica dei pazienti, anche post-dimissioni.
La psicologia della guida e degli incidenti stradali sta assumendo, negli ultimi anni, una particolare importanza, per via della crescente frequenza degli incidenti (dagli ultimi dati oggi disponibili, risalenti al 1998, sembrerebbero aumentati sia il numero degli incidenti che dei feriti, cfr. statistiche Aci-Istat 1998).
Poiché il fenomeno appare particolarmente presente nelle fasce di guidatori più giovani (tra i 18-19 e i 28-30 anni), questo tema risulta appetibile a molti psicologi che, a tale riguardo, propongono svariate letture ed interpretazioni basate, in molti casi, su conflitti e problematiche adolescenziali e giovanili. Oltre a suggerire, a nostro parere, tutte le varie considerazioni etiche e professionali di cui sopra, noi riteniamo doveroso e rispettoso per il paziente, a questo punto, cercare delle nuove visioni ed interpretazioni dello specifico fenomeno, che non si traducano poi necessariamente in proposte psicoterapeutiche (non sempre accettate dai giovani, non sempre realmente efficaci, ecc.), ma anche in varie attività preventive, forse anche da scoprire ex novo (oltre a ciò che si fa attualmente nelle scuole, ecc.)


Bibliografia

Barton K.A., Blanchard E.D., Hickling E.J. (1996) - "Antecedent and conseguences of acute stress disorder among motor vehicle accident victims", Behavior Research Therapy, 34, (10), pp. 805-813.

Blanchard E.D. et al. (1994) - "Psychological morbility associated with motor vehicle accidents", Behavior Research Therapy, 32(3), pp. 283-290.

Brom D., - Kleber R.J.,Hofman M.C. (1993) - "Victims of traffic accident: incidence and prevention of post-traumatic stress disorder", Journal of Clinical Psychology,49(2),pp. 131-140.

Bryant R.A., Harvey A.G. (1995) - "Avoidant coping style and post-traumatic stress following motor vehicle accidents", Behavior Research'Therapy, 33(6), pp.631-635.

Horowitz M.J. - "Psychological response to serious life events" (1979) in Hamilton V., Warburton D.M. (Eds) "Human stress and cognition: an information processing approach", Wiley, New York.

Sgarro M. (1998) - Post Traumatic Stress Disorder, aspetti clinici e psicoterapie, Ed. Kappa, Roma.

Sgarro M., Mazzara M. (2000) - "Stress e sintomi post-traumatici in pazienti ricoverati per incidenti stradali" in Sgarro M. (a cura di) "Atti delle 1(inf) giornate di studio su Gravi stress, traumi e salute" ed. Kappa, Roma.

Ursano R.J. et al. (1999) - "Acute and chronic post-traumatic stress disorder in motor vehicle accidents victims", American Journal of Psychiatry, 156, pp. 589-595.


- Area "Il Ptsd nei traumatismi cranio-encefalici" -
(Massimo Fiori, Adele Calabria, Federica Bruni, e-mail: grastress@yahoo.it)

In ambito neuropsicologico è valso per lunghi anni un assunto implicito: quello secondo cui un Post Traumatic Stress Disorder (Ptsd) non può avere luogo nella circostanza di un trauma cranico grave poiché le premesse di coscienza e di memoria notoriamente occorrenti allo sviluppo di un Ptsd non sussistono in queste gravi circostanze. Solo in tempi recenti questo implicito assunto è stato sottoposto a verifica e sostanzialmente confutato. Se a tutt'oggi non esiste un accordo totale tra gli autori relativamente all'incidenza del fenomeno nella popolazione con lesione organico-cerebrale, esiste invece una crescente consapevolezza dell'esistenza del problema in questo ambito e dei meccanismi che presiedono al suo sviluppo. La letteratura è ricca di studi atti a stimare l'incidenza di Ptsd a seguito di trauma cranico. Vari autori riportano l'incidenza di tale sindrome a seguito di traumi cranici medi in valori compresi tra il 17% e il 33% (Middelboe et al. 1991; Ohry et al. 1996; Rattock & Ross,1993), altri del 40% (Hickling et al. 1998), ed infine dati provenienti da più recenti ricerche ne stimano l'incidenza nella misura del 14% (Allison et al. 2000).
Nuove rilevazioni cliniche ci autorizzano inoltre ad affermare che il Ptsd può occorrere non solo nella circostanza di un trauma cranico medio, ma anche a seguito di forme gravi con una incidenza del 27,1% (Bryant et al. 2000).
Due sono i meccanismi riconosciuti come responsabili del Ptsd nelle lesioni organico-cerebrali traumatiche: le isole di memoria e la memoria implicita.
Le isole di memoria sono frammenti o schegge della memoria dichiarativa che veicolano fotogrammi isolati di un evento. Questi isolati fotogrammi non sono sufficienti a ricostruire una memoria integrata dell'evento traumatico ma sono comunque sufficienti a sostenere l'angoscia dello stesso evento, che fatalmente conduce alla riesperienza anche nella forma di memorie intrusive. La memoria implicita è invece una memoria non dichiarativa che trova una rappresentazione sottocorticale ed una espressione estranea alla consapevolezza. Una efficace descrizione di questa memoria viene dalla oramai classica esperienza di Claparède (1911). Questo psicologo svizzero si nascose uno spillo tra le dita per poi stringere la mano ad una paziente. Alla percezione della puntura la paziente ritirò la mano. Bastarono pochi minuti perché la paziente, gravemente amnesica, dimenticasse l'episodio. Tuttavia il giorno seguente quella stessa paziente, che pure non ricordava nulla del fatto, non concesse la sua mano allo psicologo. Si può in base a questa esperienza parlare di una memoria profonda e resistente al danno cerebrale che attiene elettivamente ai contenuti basilari dell'esperienza, quelli che, come il dolore, ineriscono più strettamente alla sopravvivenza. La memoria implicita può essere all'origine del Ptsd nell'occorrenza di un trauma cranico, anche se le modalità della riesperienza del trauma avranno prevalente caratteristica di reattività emozionale e fisiologica piuttosto che di memoria intrusiva. Rimane una sfida aperta proseguire l'indagine sui meccanismi attraverso i quali l'emozionalità riesce a oltrepassare i confini della consapevolezza.


Bibliografia

Allison G. H. and Bryant R. A. (1998) "Predictors of acute stress following mild traumatic brain injury" - Brain injury, Voi 12, No 2, 147-154.

Allison G. H. and Bryant R. A. (2000) "Two-year Prospective Evalutation of the Relationship Between Acute Stress Disorder and Post-traumatic Stress Disorder Following Mild Traumatic Brain - Injury" - Am J Psychiatry 200Q 157: 626-628

Bryant R. A., Marosszeky J. E.; Crooks J., Baguley I. and Gurka J. A. (2000) "Coping style and post-traumatic stress disorder following severe traumatic brain injury" - Brain injury, 2000, Voi 14, No 2, 175-180

Bryant R. A., Marosszeky J. E. ; Crooks J. and Gurka J. A. (2000) "Posttraumatic Stress Disorder After Severe Traumatic Brain - Injury" Am J Psychiatry 2000; 157: 629-631

Hickling E. J.; Gillen R.; Blanchard E. B.; Burckley T. and Taylor A. (1998) "Traumatic brain injury and posttraumatic stress disorder: a preliminary investigation of neuropsychological test restults in PTSD secondary to motor vehicle accidents" - Brain injury, 1998 Voi 12, No 4, 265-274


- Area "Aspetti clinici e psicoterapeutici". -
(Letizia Palumbo, e-mail: grastress@yahoo.it)

L'argomento centrale di questa Area di interesse del nostro gruppo è lo studio approfondito delle conseguenze che il trauma reale può avere sulla vita psichica degli individui.
Durante lo scorso secolo, il peso eziologico attribuito al trauma reale ha subito notevoli fluttuazioni (Migone, 1991); è solo in tempi relativamente recenti, che gli è stato riconosciuto un ruolo determinante nello sviluppo di un certo numero di sintomi e disturbi mentali, conseguenti l'aver subito eventi traumatizzanti in maniera episodica o continuata nell'arco dell'esistenza (Van der Kolk, 1989).
Nel corso del tempo infatti gli studiosi di questo argomento, attraverso l'accumularsi di osservazioni cliniche, ricerche epidemiologiche e sperimentali, hanno consolidato l'opinione dell'esistenza di una consistente relazione tra i costrutti di trauma psichico di origine ambientale, la dissociazione e l'area del disagio psichico a spettro traumatico (Gershuny, Thayer, 1999). Il concetto di dissociazione a cui si fa riferimento è quello del processo disgregativo dell'unitarietà della stato di coscienza (Kihlstrom et al., 1994), espressione di un meccanismo difensivo psichico specificatamente preposto a fronteggiare situazioni soggettivamente percepite dall'individuo come catastrofiche, senza via di scampo e sopraffacenti le normali strategie difensive.
L'originario valore adattativo di questo meccanismo difensivo può tramutarsi in causa patogenetica, qualora diventi lo stile difensivo prevalentemente utilizzato dall'individuo, che ne modella il modo di stare al mondo e di affrontare ogni altro evento stressante nel corso della sua esistenza (Spiegel, 1986).
In base a queste osservazioni si viene perciò a delineare un'area del disagio psichico trasversale rispetto alla consueta classificazione nosografica, che raccoglie in sè un'insieme di patologie più largamente connesse ad una patologia traumatica (Van der kolk, Van der hart, 1989), che vanno dal disturbo somatoforme, ad alcuni tipi di disturbi d'ansia ed in modo peculiare le sindromi post-traumatiche da stress, alla bulimia, per arrivare in un grado crescente di gravità, alcuni tipi di disturbi bipolari e di sindromi bordeline.
Si descrivono, quindi infine anche i disturbi dissociativi propriamente detti, di cui il Disturbo Dissociativo dell'Identità - DID, ex Disturbo da personalità Multipla - ne rappresenta il grado più estremo di espressione. In questo Disturbo l'antecendente traumatico di gravi abusi fisici e sessuali subiti nell'infanzia è stato riscontrato nel 90% dei pazienti (Gabbard, 1995).
La categoria nosografica dei Disturbi Dissociativi, di cui il DID fa parte, è stata inserita come tale nel DSM III-R del 1987, e raggruppa sindromi caratterizzate essenzialmente da alterazioni dello stato di coscienza dell'individuo, più o meno transitorie, che possono influenzare in modo specifico lo stato della sua memoria ed il senso integrato di identità, e che compromettono in modo più o meno grave il funzionamento sociale dell'individuo e la sua qualità di vita (Kihlstrom et al., 1994).
Invece le sindromi post-traumatiche da stress, e cioè il Disturbo post-traumatico da stress - Ptsd - presente nel DSM dalla sua terza edizione del 1980, e la sua forma acuta, il Disturbo Acuto da Stress - Asd - inserita nel manuale nell'edizione rivista del 1987, sono inquadrati nella categoria generale dei Disturbi d'Ansia, e descrivono le conseguenze disadattive che si possono riscontrare in alcuni individui, in relazione al fatto di essere stati coinvolti in prima persona, o come testimoni diretti, in eventi che per il soggetto possono assumere un particolare grado di drammaticità, sia a causa della loro violenza che per l'intensità o durata di esposizione, eccedendo in questo modo il normale livello di tolleranza allo stress dell'individuo stesso.
L'insorgenza di queste risposte reattive al trauma variano dalla manifestazione della forma acuta, entro le 4 settimane dall'evento stressante, per un protrarsi minimo di 2 giorni sino ad un massimo di 4 settimane, e per il Ptsd dall'insorgenza ad un mese di distanza dall'accaduto con una durata che va dai 3 mesi ed oltre (DSM IV).
Gli eventi che vengono usualmente associati a queste risposte traumatiche comprendono disastri di origine naturale, combattimenti, aggressioni fisiche e sessuali, e tutte le possibili forme di incidenti, aerei, stradali, ferroviari ecc.
I disturbi sarebbero la diretta conseguenza dello stress subito, e si evidenziano in una marcata alterazione della consapevolezza dell'individuo, che si esprime attraverso manifestazioni dissociative più o meno intense: stupore dearealizzazione-depersonalizzazione, intorpidimento emotivo e cognitivo, vari gradi di amnesia rispetto gli avvenimenti occorsi, ed un massiccio incremento dello stato d'ansia dell'individuo e delle risposte fisiologiche e comportamentali ad esso correlato. Vi sono anche fenomeni di hyperarousal ed evitamento, nonché una caratteristica intrusività dei ricordi e delle sensazioni sperimentate durante l'evento traumatico, che si ripropongono in incubi o flashback non controllabili da parte dell'individuo. Essi rappresentano i sintomi più dolorosi per i pazienti e difficili da trattare, rendendo questa sindrome particolarmente invalidante (Sgarro, 1998).
Come si vede dunque, l'area dell'interesse clinico è per la natura stessa della patologia post-traumatica particolarmente vasta, e tale da sollecitare una particolare riflessione sistematica sui fattori di rischio che inducono a sviluppare in maniera differenziata uno dei disturbi dello spettro traumatico. Un'altra tematica di interesse è rappresentata degli alti livelli di comorbidità che questi disturbi intrattengono con altre categorie nosografiche, in modo particolare: depressione maggiore, disturbi dell'umore, abuso di alcol e altre sostanze, alterazioni alimentari e della condotta sessuale, altri tipi di disturbi d'ansia, disturbi somatoformi, fobici ed ossessivi, ed anche talvolta episodi deliranti acuti.
Un tale sforzo si rende necessario, come fanno notare Cotugno e Monticelli, soprattutto in vista dell'individuazione di trattamenti psicoterapeutici il più possibile mirati ed efficaci per questo tipo di problematiche (Cotugno, Monticelli, 1999).


Bibliografia

Migone P. (1991): Trauma Reale e futuro della Psicoanalisi. Giornale Italiano di Psicologia a. XVIII, n. 5 pg. 711

Van der Kolk BA, Van der Hart (1989): "P. Janet and the breakdown of Adaptantion in Psychological Trauma". Am. J. Psychiatry , v. 146, pg. 1530

Gershuny BS, Thayer JF (1999): "Relations among psychological trauma, dissociative phenomena, and trauma-related distress: a review and integration" .Clin. Psychol. Rev; v.19 pg 631

Cotugno A e Monticelli F ( 1999): "Trauma e Psicopatologia. Il trattamento nella prospettiva cognitivo-evoluzionistica". Psicoterapia v.16/17 pg.99.

Gabbard GO (1995): Psichiatria Psicodinamica. Nuova edizione basata sul DSM IV. R. Cortina, Milano.

Kihlstrom JF, Glisky M, Angiulo MJ (1994): "Dissociative Tendencies and Dissociative Disorders". J. Abno. Psychology; v. 103 pg.117

Sgarro M (1998): Post Traumatic Stress Disorder. Aspetti clinici e psicoterapie. Edizioni Kappa, Roma

Spiegel D (1986): "Dissociating Damage" .Am J Clin Hypnosis ; v. 29 pg. 123


- Area "Gravi stress negli ambienti lavorativi. Il mobbing ed altri problemi" -
(Orietta Rosati, e-mail: orosat@libero.it)

In questa Area sono studiati alcuni fenomeni psicosociali, che avvengono negli ambienti lavorativi e che comportano particolari danni ed una particolare sofferenza psicofisica alla/e persone che li vivono. Per la gravità dei risvolti umani, questi fenomeni sono stati anche inclusi nella gamma di disturbi Ptsd (vedi oltre).
Per quanto riguarda il mobbing, sappiamo che è ormai un fenomeno internazionalmente noto. Il termine, derivato dal verbo inglese to mob (attaccare, assalire) è stato usato per primo da Conrad Lorenz in etologia e si riferisce al comportamento di alcune specie animali, che, in circostanze particolari, sono solite circondare minacciosamente uno del gruppo per costringerlo all'isolamento e all'allontanamento.
Agli inizi degli anni '90 il termine mobbing è stato utilizzato dallo psicologo Tedesco Heinz Leymann per indicare un fenomeno riscontrato in alcuni ambienti di lavoro, che si manifesta attraverso molestie morali e psicologiche messe in atto deliberatamente nei confronti di una vittima designata.
>> opportuno però operare una distinzione concettuale e lessicale in rapporto all'origine della violenza psicologica. Quando essa è posta in essere da uno o più colleghi di lavoro che sottopongono la vittima a continui attacchi e vessazioni con lo scopo di isolarla, allora siamo di fronte ad un fenomeno di mobbing. Quando invece sono i capi ad esercitare sistematicamente molestie psicologiche sui propri sottoposti, nell'ambito di una strategia aziendale più ampia volta alla riduzione dell'organico, allora siamo di fronte ad un fenomeno di bossing (dall'Inglese boss: capo) o bullying (dall'Inglese bully: prepotente).
Qualunque ne siano le cause, è bene sottolineare che, in ogni caso, il risultato di tali pratiche è di far vivere alle persone colpite una condizione di estremo disagio psicologico che in alcuni casi può causare addirittura un crollo del loro equilibrio psicofisico.
Il criterio utilizzato - anche se non scientificamente - per definire il fenomeno del mobbing è l'aggressione che deve essere frequente, sistematica e ripetuta in un periodo di tempo abbastanza lungo (almeno sei mesi).
>> importante sottolineare che il mobbing, per quanto orribile, non è altro che un sintomo, cioè la manifestazione di un conflitto tra individui all'interno delle organizzazioni. Rimane quindi necessario ricercare l'esistenza di altre possibili cause, tra le quali, in primo luogo, è opportuno considerare anche gli aspetti organizzativi dell'azienda.
La conseguenza inevitabile e rilevante a carico della persona oggetto di una pratica di mobbing è l'instaurarsi di una vera e propria sindrome da stress. Lo psicologo clinico americano Wilson, in uno studio condotto in Arizona su un gruppo di lavoratori vittime del mobbing, ha concluso che i disturbi di cui soffrivano gli esaminati potevano essere raggruppati nel "Ptsd" secondo la definizione data nel DSM IV. Il disturbo post-traumatico da stress corrisponde ad una "variante dei disturbi d'ansia caratterizzato dalla sperimentazione di uno stato d'animo di particolare risonanza affettiva evocato da eventi estremamente traumatizzanti di cui il soggetto sia vittima o sia testimone o risulti comunque coinvolto (lutto, aggressione violenta, calamità naturali, disastri stradali, ferroviari, mobbing, ecc.). La sintomatologia si caratterizza per l'esistenza di un ricordo invasivo (flash back) attraverso il quale il soggetto rivive l'evento traumatizzante accompagnato da attenuazione della responsività, da ridotto coinvolgimento verso il mondo esterno, da disturbi neurovegetativi, disforici e/o cognitivi, da tendenza ad evitare attività o situazioni che possano ricordare il trauma, da insonnia".


Bibliografia

A., R. Gilioli, (2000) Cattivi capi, cattivi colleghi, Mondadori, Milano.

A. Casilli, (2000) Stop al mobbing, DeriveApprodi, Roma.

Harald E., (1997) Il mobbing in Italia. Introduzione al mobbing culturale. Pitagora, Bologna.

A. Adams, N. Crawford, (1992) Bullyng at work: how to confront and overcome it, Virago Press, London.


- Area "Burnout e traumatizzazione vicaria nelle professioni socio-sanitarie" -
(G. Saviantoni, R. Parisi, e-mail:grastress@yahoo.it)

Quest'area si occupa delle problematiche inerenti alla salute professionale dell'operatore e del professionista socio-sanitario, e del disagio di coloro che svolgono una professione sanitaria di aiuto.
Il termine burn-out (dall'inglese letteralmente "esser bruciato") sta a indicare un "logoramento" ed una condizione di esaurimento emotivo derivante da stress dovuto alle condizioni specifiche di lavoro, con conseguenze comportamentali e psicologiche quali: derealizzazione personale e idee negative su di sè, perdita di fiducia nell'organizzazione e rifiuto verso il lavoro, distacco emotivo, ritiro, evitamento nei confronti degli utenti.
La sindrome di burn-out si manifesta con sintomi molteplici: sintomi fisici e disturbi psicosomatici, disturbi cognitivi, emozionali e stati ansiosi, problemi relazionali e nella performance lavorativa.
Le cause del burn-out sono attribuibili a svariati fattori inerenti alla sfera personale e ambientale.
Secondo l'approccio di Cherniss, che prende in considerazione principalmente l'organizzazione e l'ambiente di lavoro, il burn-out rappresenta una crisi tra le aspettative e le motivazioni iniziali alla professione e la realtà lavorativa, un divario tra le richieste e le attese personali e le risorse messe a disposizione dall'organizzazione.
L'approccio più prettamente psicologico, sviluppato dalla Maslach, considera il burn-out come il momento finale di un processo in cui lo stress si converte in un nuovo comportamento elaborativo, ovvero un meccanismo di difesa che sfocia in distacco emozionale ed evitamento dello stress lavorativo e del rapporto con l'utente.
Il burn-out quindi può essere inteso non come il processo di stress, ma come una strategia di risposta possibile nel tentativo di arginare il disagio psicologico inerente alla professione di aiuto.
Ulteriori fattori predisponenti sono da ricercare nei compiti lavorativi, nelle eventuali aspettative irrazionali dell'operatore, nella professionalità e formazione della gestione dello stress e del contatto con persone in difficoltà.

Un altro aspetto importante di quest'area è quello denominato della traumatizzazione vicaria o secondaria, inerente il vissuto dell'operatore (psicologo, assistente sociale, educatore etc.) o del terapeuta che vengono in contatto con persone traumatizzate, che hanno vissuto un evento estremo con conseguente sviluppo di un disturbo ADS e Ptsd.
La traumatizzazione secondaria riguarda l'impatto "negativo" del vissuto traumatico del paziente sull'operatore (o anche su chi è vicino al paziente: partner, familiare, conoscente o amico). Sottolinea così la complessa e difficile gestione del paziente con Ptsd.
Attraverso il contatto con la persona che ha vissuto il trauma, il terapeuta viene investito dallo stesso trauma, in modo però secondario e non diretto.
La traumatizzazione vicaria ha una specificità che la differenzia dal burn-out: ha all'origine l'esperienza del trauma e tratta dell'esperienza della cura e della relazione col paziente traumatizzato.
Anche in questo caso vi sono sintomi cognitivi, emozionali, comportamentali, fisici, relazionali e lavorativi, con manifestazioni quali: affaticamento, irritabilità, depressione, senso di sfiducia nei propri mezzi e di inutilità, sintomi psicosomatici, problemi familiari o crisi ideologiche. L'operatore sanitario presenta, in questi casi, egli stesso sintomi di ADS o Ptsd.
La traumatizzazione vicaria può essere considerata un effetto del rapporto col paziente con Ptsd ed anche una strategia di difesa verso le difficoltà e lo stress.
Si può manifestare quando:
Il trauma del paziente evoca particolari emozioni o fantasie che si impongono e che il terapeuta non riesce a gestire;
quando vi è un eccessivo coinvolgimento e identificazione col paziente (controtransfert disfunzionale di tipo 2);
quando il terapeuta vive apparentemente in modo superficiale, o fobico la relazione col paziente (Controtransfert disfunzionale di tipo 1);
quando non vi è un'adeguata formazione professionale per trattare tali tipi di clienti e di situazioni traumatiche.


Bibliografia

D.T. Blair, Ramones V.A. ( 1996 ), Understanding vicarous traumatization, J. Psychosoc. Nurs. Ment. Health Serv., 34 (11), 24-30

M.Blumenfield, Byrne D. W. ( 1997 ), Development of Ptsd in urban emergency mediacal service workers, Medscape MentalHealth 2, (9 ).

C. Cherniss (1980) Professional burnout in human service organization, Praeger. New York

C.Maslach (1976) "Burned out" Human behavior 5, 16-22

M. Sgarro (1998) Post Traumatic Stress Disorder. Aspetti clinici e psicoterapie Ed. Kappa

Townsend C. J., Loughlin J. M. (1998 ), Critical incident stress debriefing in international aid workers, J. Travel Med. 5 (4), 226-7


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