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PSYCHOMEDIA
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Psiche e Storia

Maurizio Mottola


Sabato 13 marzo 2010 si è svolta a Napoli, all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la presentazione di Psiche e Storia. Il caso clinico, la storia, il metodo (a cura di Maurizio Balsamo, Franco Angeli Edizioni, pagine 224), organizzata dalla sezione regionale Campania - Puglia della Società Italiana Psicoterapia Psicoanalitica (SIPP).

Il libro sollecita taluni quesiti:

- La psicoanalisi è utile solo per delle persone che sono nello stesso tempo, nello stesso spazio e nella stessa etnia ?;

- Quali sono gli assunti teorici e metodologici dell'indagine sull'interazione tra psiche e storia;

- Come si coniuga il concetto di "principio di realtà" di Sigmund Freud con l'attuale frammentazione dell'ordinaria esistenza quotidiana ?

Secondo J. B. Pontalis il campo della psicoanalisi è illimitato perché è a tutto il territorio dell'inconscio, dei suoi meccanismi, delle sue manifestazioni, delle sue produzioni, del suo modo di organizzazione e l'analista ha se non libero accesso almeno qualche apertura. A partire dal postulato dell'inconscio non ci sono infatti distinzioni di tempo, di spazio o di etnia.

Secondo i suoi sostenitori, dunque, la psicoanalisi non conosce frontiere, perché forse la sua lezione fondamentale è proprio quella di riconoscere pienamente l'umanità degli altri, malgrado volti e abitudini diverse dalle proprie, di sapersi mettere al posto dell'altro e sapere guardare se stessi collocandosi al di fuori, nel rispetto più rigoroso di questa alterità.

La psicoanalisi costituisce una fonte di conoscenza ed essa continuerà ad esserlo nel futuro, perché è una pratica di esplorazione che apre alla conoscenza e che si rinnova come processo di scoperta ogni volta che una psicoanalisi è in corso.

L'auspicio è che ci sia un reale scambio ed una reale apertura tra modelli teorici e pratiche diversi. Un'interazione reciproca ha da rinnovare il dialogo tra scienze sociali e psicoanalisi. Questo dialogo ha conosciuto una prima fase negli anni settanta, ma le traslazioni superficiali di nozioni psicoanalitiche verso le scienze sociali, e particolarmente la storia, si sono spesso rivelate poco produttive.

Sigmund Freud aveva certamente ragione e notevole merito nel richiamare l'attenzione sull'aspetto non cosciente dell'uomo e sul suo ruolo fondamentale. Aveva anche ragione nel mettere a punto un metodo di analisi di tali contenuti (interpretazione) in ambito clinico. Ciò non toglie che alcune delle sue conclusioni risentano ora del diverso clima culturale del nostro tempo, che ha sviluppato strade diverse, giungendo ad altre conclusioni.

Comunque un incontro si è andato delineando tra psicoanalisi e scoperte neuro scientifiche; i temi fondamentali in questo ambito spaziano dal decision-making della neuroeconomia alla neurobiologia dell'innamoramento, dall'uso dei cognitive enhancers ai dilemmi morali della neuroetica, dalle nuove concezioni sull'inconscio al concetto di libertà e di libero arbitrio, dalla teoria della mente all'empatia ed inoltre al fenomeno del mirroring ed alle sue implicazioni per la psicologia e per la psicoanalisi stessa.

Molto è stato tentato nella ricerca dei correlati cerebrali di questo o quell'aspetto del canone psicoanalitico e però entrare troppo nello specifico delle relazioni tra mentale e fisico non è la cosa più semplice, soprattutto per le difficoltà di individuare metodologie corrette.

Per quanto riguarda la psicopatologia, lo schema generale di Freud imperniato sul trauma è ancora attuale e tuttavia altri concetti come quello di mancanza (Bion) e di attaccamento (Bowlby e Balint) si sono affiancati. Inoltre l'ortodossa logica freudiana, per cui solo se non c'è interazione emozionale tra paziente e terapeuta il rapporto è curativo (la neutralità del terapeuta), è stata messa in discussione dalla lezione di Albert Einstein, secondo la quale il soggetto che osserva (ricercatore, clinico, docente) fa parte dell'interazione e va considerato nell'ambito dello stesso piano della realtà esterna ad esso, realtà esterna finora l'unica ad essere considerata oggettiva.

Comunque l'epoca in cui viviamo è lontana dalla società degli inizi del 1900 di Freud e gli effetti prodotti dall'era tecnologica e mediatica attuali sono del tutto differenti rispetto a quelli prodotti dal mondo dominato dai valori tradizionali a cui Freud apparteneva. La formazione dell'identità, in un periodo in cui è radicato il pluralismo, si contestano le autorità e si prendono le distanze dalle norme, diviene complessa ed è difficile sostenere adeguatamente le nuove generazioni nella capacità di far fronte alle continue, complicate, eccessive ed impellenti richieste proprie della società post-moderna.

L'impostazione freudiana ha riferimenti basilari in Logos e Ananke, l'inflessibile ragione ed il destino necessario: lo sforzo dell'intelligenza (Logos) si esercita in effetti nei limiti umani e per quel tanto che lo consente la realtà esterna, l'Ananke. La dura necessità insomma è presa in una congiunzione con la ragione umana, per cui occorre fare i conti con il reciproco legame tra pensiero e necessità.

Il principio di realtà, inteso in senso ampio, potrebbe essere inteso come il riconoscimento di questa forza delle cose, alla quale non si può controbattere che con il potere della ragione. E' nel suo scritto La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi (1924) che Freud ne dà la formulazione più netta: "Nevrosi e psicosi sono entrambe espressioni della ribellione dell'Es contro il mondo esterno, del suo dispiacere o della sua incapacità di adattarsi alla dura realtà, all'Ananke", nel senso dell'esistenza di un conflitto permanente tra ratio desiderante e realtà in ognuno di noi, piuttosto che in una funzione immediatamente e meramente "adattativa".

La frammentazione dell'ordinaria esistenza quotidiana rimanda all'acutizzarsi di questo conflitto ed alla difficoltà crescente di far fronte con la ragione ai cambiamenti traumatici, che nelle società contemporanee si susseguono più rapidamente di quanto le nostre organizzazioni egoiche possano elaborarli. Si starebbe affermando dunque una tendenza alla scarica o all'evacuazione della tensione psichica ad ogni costo, che rende sempre più difficile inscrivere la realtà sotto il primato del principio di realtà.

La psicoanalisi (e la psicoterapia più in generale) sostiene il paziente sia nel processo di un più funzionale adattamento, sia nello sviluppo delle parti più profonde attraverso un percorso di conoscenza, che lo coinvolge sia a livello emotivo che cognitivo e relazionale. È dunque cura, laddove contribuisce ad alleviare i disagi ed i conflitti ed anche conoscenza, laddove favorisce l'introspezione come capacità di comprensione del proprio esserci nel mondo. Riconosciuta nella clinica istituzionale, pur essendo nata nell'ambito privato, la psicoanalisi si trova però oggi a confrontarsi serratamente con altri approcci psicoterapeutici che - di pari efficacia - si rivelano più efficienti e più accessibili nei servizi pubblici.

Occorrono dunque nuovi strumenti e nuovi linguaggi per la mente di oggi e quindi vanno ridefinite le modalità e le metodologie di intervento in ambito sia teorico che clinico, in quanto il rapporto tra psiche e storia è anch'esso soggetto al trascorrere del tempo ed al mutare delle circostanze.


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