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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Conversazione sulla Nascita della mente e relazione primaria con Paola Giusti

Maurizio Mottola


Sabato 24 aprile 2010 si è svolto a Napoli, all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, l’incontro conclusivo del ciclo di seminari Nascita della mente e relazione primaria: manifestazioni ed aspetti clinici, organizzato dalla sede di Napoli dell’Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile (AIPPI). Alla psicologa e psicoterapeuta Paola Giusti, responsabile scientifico dell’evento abbiamo posto alcune domande.

Che tematica ha approfondito il ciclo di seminari Nascita della mente e relazione primaria: manifestazioni ed aspetti clinici?

Il corso ha inteso proporre ai partecipanti alcune riflessioni teorico-cliniche su di una tematica di rilevante interesse, esplorando in un ottica psicoanalitica i più precoci movimenti dello sviluppo mentale soggettivo. In tale prospettiva l’essere bambino, il diventare soggetto psichico si costituisce nella relazione oggettuale primaria con la madre, già a partire dalle fantasie ed aspettative materne -ed in senso più ampio genitoriali- in relazione al nascituro. Nell'ambito dei seminari sono state dunque prese in considerazione le più arcaiche interazioni del nascituro e del neonato con la madre, mostrando il gioco fantasmatico e speculare con l’altro. Nell'ottica proposta ci riferiamo ad un materno che include in sé il paterno e con questo si articola a partire dalla vita prenatale del figlio. Sulla base di questa comune premessa, alcuni seminari si sono soffermati su alcune condizioni cliniche ostacolanti il fisiologico processo di costituzione della mente e della relazione primaria: il rischio della morte o del non concepimento psichico del bambino nelle gravidanze a rischio; le angosce di morte ed i fantasmi del danno, quando il bambino nasce pretermine o malato ed è bisognoso di cure intensive; infine, la barriera autistica, indagata nella sua natura ancora per molti versi oscura. Nel primo seminario, la relazione L'alba della mente. Spazio tempo e reciprocità nelle esperienze prenatali (Suzanne Maiello) si è interrogata sulle origini prenatali della vita mentale ed ha esaminato alcuni aspetti spaziali e temporali dell’esperienza fetale. Sul versante dell’esperienza spaziale, tattile e cinestesica, la relazione ha riflettuto su possibili vissuti prenatali legati alla configurazione contenitore/contenuto. L’esperienza uditiva dal canto suo si iscrive nella dimensione del tempo. Vengono differenziate le percezioni dei rumori ritmici continui dell’organismo materno da parte del bambino non nato dal suo ascolto della voce della madre. La voce è espressione dell’attività mentale materna e viene vista, anche in ragione della sua discontinuità, come elemento di stimolo alle prime forme di attività protomentale del bambino prenatale e come “materia prima” per la costituzione dell’oggetto sonoro, precursore e nucleo del futuro oggetto interno materno. La coincidenza della ritmicità dei movimenti del bambino con quella della lingua materna sembra testimoniare di una forma di proto-dialogo prenatale tra il bambino e la madre. L'esperienza della infant osbservation secondo il modello psicoanalitico e ripetute esperienze terapeutiche rivolte alla coppia madre- bambino in età precoce hanno offerto alla relatrice la possibilità di sostanziare le sue riflessioni con osservazioni tratte dalla pratica clinica. Nel secondo seminario, la relazione Un doloroso paradosso:un'esperienza clinica e di ricerca nelle gravidanze a rischio (Emanuela Quagliata) si è addentrata in una particolare area di interesse clinico, che riguarda l’esplorazione dello stato emotivo -nell'ambito di interventi terapeutici brevi- di donne che hanno avuto due o più aborti spontanei e che sono state sottoposte ad un particolare stress emotivo nel corso di una successiva gravidanza. Il lavoro descritto si è basato su uno studio condotto per oltre dieci anni presso un Servizio Ospedaliero di Diagnosi Prenatale. Attraverso esemplificazioni cliniche è stato illustrato il modello di intervento psicoterapeutico offerto alle donne nel corso della gravidanza, allo scopo di comprendere e contenerne le angosce ed i conflitti connessi alle precedenti perdite. Nel terzo seminario, la relazione Lo sviluppo della relazione madre bambino in un reparto di terapia intensiva neonatale (M. Giulia Torrioli) ha descritto le principali dinamiche che si creano quando un bambino nasce pretermine, quando cioè si interrompe il rapporto madre-feto senza che esso trovi immediata continuità nel rapporto madre-bambino. Il rapporto deve iniziare, o meglio riprendere, dopo un'interruzione più o meno lunga, in un ambiente molto particolare come quello della terapia intensiva neonatale. In questa situazione la madre impara a conoscere il proprio bambino con un contatto fisico che è, almeno all'inizio, minimo. Il lavoro ha mostrato, attraverso esemplificazioni cliniche e brani di infant observation, il tipo di sostegno fornito alla relazione madre-bambino ed alla coppia genitoriale nel primo periodo dopo la nascita e l'accompagnamento nelle prime fasi dello sviluppo del bambino. Nel quarto seminario, la relazione Stati precoci della mente nell'analisi di un bambino di tre anni (Nietta Lucariello) si è basata su alcuni concetti della letteratura psicoanalitica relativa agli stati precoci della mente ed all'organizzazione e coesione del Sé. In particolare si sono esaminate e discusse le organizzazioni psicopatologiche degli stati autistici, in rapporto alla relazione primaria ed alle peculiari modalità percettive del bambino autistico, all'uso del linguaggio ed in generale delle forme sonore ed espressivo- comportamentali. Queste ultime sono intese come cifra di un'organizzazione psicopatologica ma al contempo come segnale di richiesta di aiuto nell'ambito della relazione terapeutica. Sul tema affrontato nella relazione e sulle sue specifiche articolazioni è stato fornito un dettagliato esempio clinico, riguardante un bambino seguito con una psicoterapia psicoanalitica intensiva da quando aveva tre anni e 8 mesi. Quest'ultimo presentava preoccupanti chiusure autistiche, apparendo molto confuso e sofferente. Il linguaggio era praticamente assente, la percezione del tutto frammentata e l’organizzazione mentale si presentava con un funzionamento piatto, senza spessore, bidimensionale. Il lavoro psicoterapico ha aiutato il bambino a sviluppare delle rappresentazioni mentali meno frammentate e caotiche ed a sviluppare un linguaggio sociale sufficientemente comprensibile e condivisibile. Il corso nel suo complesso ha proposto dunque ai partecipanti un significativo approccio, con aree di ricerca profondamente innovative, attraverso il confronto con esperienze connotate da un sostanziale rigore teorico clinico e metodologico nell'ambito del modello concettuale psicoanalitico di riferimento. La modalità di svolgimento prescelta, in cui alla relazione magistrale si è affiancata la presentazione e discussione di esperienze cliniche, relative al tema dei singoli seminari, ha consentito una più attiva ed esperienziale partecipazione dei destinatari del corso, favorendo al contempo una più approfondita riflessione sugli aspetti peculiari della tecnica utilizzata nei diversi interventi terapeutici posti in essere.

Che difficoltà incontra nel servizio pubblico l’utilizzazione del modello psicodinamico/psicoanalitico?

La spinta propulsiva che negli anni 70, grazie alla diffusione del modello psicoanalitico, ha permesso nel nostro Paese una crescita delle potenzialità terapeutiche nelle istituzioni, si è da tempo esaurita. Il diffondersi dell'aziendalismo, di modelli organizzativi vincolati da criteri di efficienza e profitto, anche nella gestione della salute mentale ed in particolare nei servizi per minori, ha comportato un cruciale attacco agli spazi deputati all’accoglienza, all’ascolto, sacrificando il lavoro gruppale che riesce, per sua natura, a garantire una reale interdisciplinarietà. Si assiste sempre più ad una crescente burocratizzazione che porta inevitabilmente ad un restringimento e appiattimento del lavoro clinico. Anche a livello dei protocolli diagnostici il modello psicoanalitico, orientato ad una visione antropologica e fenomenologica, si scontra con un iter improntato alla ricerca di dati oggettivabili e misurabili con test, questionari, schede di rilevamento, al fine di giungere ad una valutazione connotata da una presunzione scientifica, che esenta ed esclude il terapeuta come persona con il suo investimento emotivo. E’ d'altra parte utile riflettere su come proprio nel contesto istituzionale un gruppo di operatori, disposti a garantire il setting -inteso sia come spazio concreto per la pratica clinica sia come assetto mentale-, possa costituire un adeguato contenitore per un gruppo familiare attraversato dal disagio emotivo espresso da un bambino o da un adolescente, specie se egli si trova in una condizione di particolare gravità. Preservare il modello psicoanalitico in un’istituzione pubblica “significa mettere in moto una pensabilità continua, sospendere il proprio ideale psicoanalitico impegnandosi costantemente a creare luoghi e dispositivi possibili di vera accoglienza e cura”. In tal senso la scelta di garantire un modello psicoanalitico può essere sostenuta non solo dalla possibilità di mantenere aperti gli spazi per la psicoterapia, ma anche dall'adozione di modelli psicoanalitici per l’assessment e la valutazione diagnostica. La consultazione psicoanalitica, nella sua accezione di assessment o di counselling, rappresenta in particolare una preziosa risorsa nei servizi che si occupano di salute mentale in età evolutiva. In molti casi, come ad esempio quello della crisi in adolescenza, prende valore il concetto di consultazione come esperienza valida di per sé, non solo finalizzata alla diagnosi o all’indicazione di terapia, ma intesa come luogo di ascolto e di accoglienza partecipe, che favorisce la ricerca di significati e nessi e che può costituire il presupposto per una successiva esperienza terapeutica, scelta più consapevolmente.

Ad oltre 70 anni dalla morte di Freud (23 settembre 1939), a suo avviso che cosa è attuale e che cosa è inattuale nel modello psicoanalitico?

L’attualità del pensiero di Freud consiste proprio nel fatto che gli psicoanalisti stanno proseguendo il suo pensiero e stanno testimoniando così la vitalità di tale approccio, come ho già illustrato. Più che di inattualità parlerei di datazione per quegli aspetti della psicoanalisi che sono molto legati al periodo ed al contesto in cui è nata.


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