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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Conversazione sulle esplorazioni dell’inconscio con Luigi Rinaldi

Maurizio Mottola


Da giovedì 27 a domenica 30 maggio 2010 si è svolto a Taormina il XV Congresso Nazionale della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) Esplorazioni dell'inconscio: prospettive cliniche. Allo psichiatra e psicoanalista Luigi Rinaldi, presidente del Centro Napoletano di Psicoanalisi (CNP) e tra i relatori del congresso, abbiamo posto alcune domande.

Attualmente quali sono a suo avviso le prospettive cliniche nelle esplorazioni dell'inconscio?

Voglio innanzitutto ricordare che la psicoanalisi può essere definita la "scienza dell'inconscio" e che, lungi dal temere di scivolare in un ossimoro, a causa dell'irriducibilità dell'inconscio a rendersi cosciente, gli psicoanalisti si sono fatti carico di questa aporia. Lo hanno fatto con l'adozione di un metodo peculiare che si avvicina alla psicologia introspettiva, con l'importante differenza che il processo d'introspezione non avviene in isolamento, ma nel contesto di una relazione intersoggettiva, che a sua volta diventa il terzo attore (che Freud voleva assimilare al contesto elaborato dal punto di vista dell'osservatore esterno) di una vicenda, dettata principalmente dalla capacità di riconoscere gli effetti della comunicazione inconscia tra analista e analizzando. In questo modo, a partire da Freud, gli psicoanalisti sono stati in grado di riconoscere nella stanza d'analisi non solo le forme della rimozione (l'inconscio cosiddetto rimosso), vale a dire i sintomi nevrotici che - come si sa - sono formazioni di compromesso tra il desiderio inconscio e le altre istanze psichiche (Super-Io e Ideale dell'Io), ma anche i derivati dell'inconscio, che esulano dall'ambito del rimosso. E' su questo ultimo aspetto che ci si è soffermati di più in questo Congresso, in quanto la ricerca psicoanalitica ha ormai acquisito che né le psicosi, né le altre patologie extranevrotiche hanno a che vedere con i problemi che investono i desideri rimossi. In queste patologie abbiamo a che fare con meccanismi di difesa dell'Io molto più primitivi ed "energici" della rimozione e tra questi un ruolo cruciale ha il meccanismo del "rigetto" (Verwerfung), che - come diceva Freud nel saggio "Le neuropsicosi da difesa" - consiste nel fatto che "l'Io rigetta l'idea incompatibile (con la coscienza) insieme al suo affetto e si comporta come se all'Io non fosse mai pervenuta". Il rigetto quindi comporta una sorta di "abolizione" di determinati contenuti psichici e la loro sostituzione con oggetti reali: i pensieri diventano corpi, azioni, cose, allucinazioni. Si pensi, per esempio, come ha messo in evidenza Fernando Riolo, alla realizzazione allucinatoria di un corpo perfetto nell'anoressia, quale risultato del rigetto della propria realtà psichica e della creazione sostitutiva di un mondo ideale, di cui il corpo è l'immagine.

Cosa ha approfondito nella sua relazione L'après-coup, la coazione a ripetere e la nascita del tempo?

Attraverso l'analisi di tre sogni portati in analisi da una persona, a ridosso della separazione per le vacanze, ho cercato di dimostrare come il coup, il colpo ricevuto per l'interruzione dell'analisi, rappresentasse una spinta regressiva capace di rendere non distinguibile quanto è successo in tempi antichi da quanto succede oggi. I tre sogni rappresentano tre "nicchie identitarie", che continuano ad essere fonti invisibili e non negoziabili del senso di sé, fino a provocare dei disturbi dell'identità, a causa della quantità di energia psichica, assorbita dal lavoro di conservazione della nicchia, e della rigidità ed impermeabilità della scissione creatasi tra questi resti di identità senza tempo, non simbolizzati, e l'identità socialmente riconosciuta. Queste nicchie identitarie, depositatesi nella memoria come stratificazioni successive, sono risucchiate in un passato inconscio ed atemporale, dove si succedono al di fuori dell'ordine temporale lineare, per poi riemergere nel sogno, negli acting e nei comportamenti sintomatici. Questo succede come effetto della coazione a ripetere e dei ripetuti fallimenti della funzione continua di après-coup, ad opera della nostra psiche, nei confronti dei "colpi" ricevuti nel presente e che si confondono con le situazioni similari del passato, che hanno lasciato un segno nella memoria traumatica e procedurale. L'après-coup  è quell'operazione tesa alla risignificazione delle tracce mnestiche delle esperienze traumatiche, indispensabile per la ristoricizzazione e soggettivazione dell'esperienza. Al fallimento dell'après-coup, operato dal paziente, cerca di porre rimedio l'analista, attraverso l'interpretazione transferale ed il legame al passato, un'interpretazione che - se riesce - produce l'insight di come il passato possa essere un eterno presente e segnare in questo modo - paradossalmente e forse per la prima volta - la nascita del tempo.

Ad oltre 70 anni dalla morte di Freud (23 settembre 1939), a suo avviso che cosa è attuale e che cosa è inattuale nel modello psicoanalitico?

L'eredità più preziosa e sempre attuale lasciataci da Freud è - a mio parere - il suo metodo: quel metodo fondato sulle associazioni libere del paziente e sull'attenzione uniformemente fluttuante dell'analista anche sui dettagli e gli scarti della comunicazione - sogni, lapsus, comunicazione non verbale, agiti - e che consente all'inconscio dell'analista di funzionare come un organo ricevente nei confronti dell'inconscio dell'analizzando. In una definizione concisa, scritta per una voce di enciclopedia nel 1922, Freud stesso mette al primo posto il metodo: "Psicoanalisi è il nome: 1° di un procedimento per l'indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile accedere; 2° di un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei disturbi nevrotici; 3° di una serie di conoscenze psicologiche acquisite per questa via che gradualmente si assommano e convergono in una nuova disciplina scientifica". Quello che qui è indicato come caratterizzante la psicoanalisi è innanzitutto il metodo: il procedimento d'indagine ... ed anche il trattamento viene chiamato metodo terapeutico, in modo da specificare che questo procedimento ha valore di metodo, cioè si tratta di qualcosa che è comunicabile, anzi codificabile come canone. Solo per ultimo sono menzionate le teorie, da lui considerate come una sovrastruttura, il tetto di una costruzione che avrebbe potuto anche cadere senza provocare il crollo dell'intero edificio. Motivo per cui Freud si è sempre mostrato disponibile ad una continua revisione delle sue teorie, e così hanno fatto tutti i grandi psicoanalisti dopo di lui, da Klein a Bion ed a Winnicott. Per esempio le teorie freudiane sull'incapacità degli psicotici di formare un transfert si sono rivelate inesatte, grazie all'accresciuta capacità degli analisti di individuare transfert fugaci, preverbali, estremamente fragili, eccetera. D'altra parte il mio accenno alla Verwerfung, al rigetto ed all'après-coup, che è la traduzione francese, ormai adottata anche dagli psicoanalisti italiani del termine originario freudiano di Nacktraglickeit, rappresentano un esempio delle feconde anticipazioni -presenti nei testi freudiani- dei compiti odierni, che sono chiamati ad affrontare gli psicoanalisti di oggi. Si tratta di quanto, in quest'ultimo Congresso della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), Fernando Riolo ha chiamato la "sfida della rappresentabilità" (e di cui anche io ho scritto sulla Rivista di psicoanalisi 2010/1): non solo il recupero del rimosso, ma anche di atti psichici mai divenuti pensieri - impulsi emotivi, esperienze ed affetti non riconosciuti e non rappresentati, e tuttavia psichicamente influenti - e che, non esprimendosi in pensieri, si ripresentano in forma di sensazioni, psicosomatosi, agiti di vario genere. Si tratta di quella ricerca continua e frenetica di sensazioni ed azioni, a cui il consumismo globale dei nostri tempi ha dato manforte, sfruttando ed inducendo la domanda sempre crescente di realtà illusionali e virtuali, capaci di fornire esperienze emozionali e sensoriali. Questa ricerca frenetica - finalizzata a bloccare il pensiero, per evitare il riconoscimento di sé e dei propri limiti - cristallizza la patologia dei nostri tempi, al cui capezzale gli psicoanalisti - e non solo loro - sono chiamati a porvi rimedio.


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