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PSYCHOMEDIA
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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Psicopolitica del denaro

Maurizio Mottola


Pochi hanno chiarito il proprio rapporto con il denaro ed individuato ciò che può essere migliorato a breve, medio e lungo termine. Spesso rincorriamo cose di cui non abbiamo bisogno, con denaro che non abbiamo, per vantarci di fronte a persone che non ci piacciono. 

Alla domanda di che cosa faremmo se all'improvviso disponessimo di un milione di euro, molti potrebbero rispondere come un noto banchiere: "Mi dovrei limitare molto!". Infatti invece di confrontarsi con altri che hanno di meno ed accettare di sentirsi privilegiati, il più delle volte ci si paragona con chi ha di più, optando per l'essere invidiosi.

Il rapporto con il denaro è basilarmente emotivo e quindi è fasullo dire che l'economia si basa su oggettività e razionalità, che invece si sovrappongono successivamente sul nucleo emotivo di fondo del rapporto con il denaro. Non esisterebbero dunque leggi economiche che siano indipendenti dai fondamentali atteggiamenti e comportamenti degli individui. E' l'economia parte dell'esistenza e non l'esistenza parte dell'economia!

Oggi il denaro è solo carta stampata o un numero su di uno schermo. Il vecchio denaro incarnava un valore, era fatto di vero oro, argento o almeno rame. Poi il 15 agosto 1971, a Camp David, il presidente statunitense Richard Nixon annunciò la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, perché il Tesoro americano non era più in grado di sostenere le richieste di convertibilità.

Tale data, pietra miliare nella storia del denaro, costituisce il momento cruciale per comprendere la vera natura della moneta. Da allora, infatti, il denaro è definitivamente svincolato da ogni relazione con l'oro e quindi da ogni relazione con la concretezza. Da allora, quindi, nel mondo si è continuato a stampare denaro, fondandolo però su di una base priva di concretezza, cioè sul nulla, in quanto non ci sono più a garantirne la materialità le riserve auree (le quali attualmente non superano le 200.000 tonnellate, mentre il corrispettivo in oro di tutte le banconote e gli equivalenti monetari che girano per il mondo ammonta ai prezzi correnti ad un corrispettivo di 75.000.000 di tonnellate di oro!). Alcuni paesi conoscono ancora il sistema aureo e posseggono ancora oggi un tesoro in oro, però in effetti il sistema aureo è stato quasi completamente abbandonato.

In realtà il denaro soggiace alla regola della somma zero, cioè se ne sono in possesso io, vuol dire che è stato sottratto a qualcun altro (al meglio in modi socialmente accettabili). Che fosse stipendio, onorario, fitto od altro, prima di me quello stesso denaro lo possedeva qualcun altro (la collettività in caso di stipendio, il cliente in caso di onorario, l'inquilino in caso di fitto e così via).

Per guadagnare denaro bisogna accettare di sottrarlo ad altri: prima insomma non poteva non essere in possesso di qualcun altro. Anche coloro (come i responsabili delle banche nazionali o taluni dittatori), i quali hanno il potere di far stampare nuovo denaro, lo sottraggono ad altri, in quanto incrementando la quantità di denaro in circolazione ne riducono il valore ed in questo modo lo sottraggono ad altri, ad esempio a coloro che lo hanno guadagnato con lo stipendio, l'onorario, il fitto od altro (del resto anche questo denaro proviene da altri).

Dunque non esisterebbe denaro senza padrone e per entrarne in possesso perciò bisognerebbe sottrarlo ad altri. Questa affermazione disturba non pochi, ma è molto difficile dimostrare che non faccia parte del principio di realtà.

Nella nostra attuale società, sempre meno persone guadagnano sempre più soldi. Mentre gli stipendi dei ceti bassi ristagnano o addirittura si riducono, aumentano in modo pressoché inarrestabile quelli delle classi alte. A causa del processo di concentrazione attraverso le fusioni, il numero di coloro che guadagnano tanto diminuisce, mentre aumenta quello di chi guadagna poco. Questi ultimi producono una quantità sempre maggiore di prodotti, che loro stessi non si possono più permettere.

Dunque chi guadagna tanto possiede il denaro per potersi permettere l'esaudimento dei propri desideri, ma purtroppo non ha tempo! Questa contraddizione diviene lampante nel paradosso per il quale giovani, anziani e disoccupati, che avrebbero il tempo per realizzare i loro desideri, non hanno però il denaro per poterselo permettere!

Insomma, le società attuali producono cose in eccesso per persone che non si concedono il tempo per godersele, mentre coloro che hanno tempo non dispongono del denaro necessario!

Mentre in società arcaiche chi costruisce decine di capanne quando ne può abitare solo una viene preso per matto ed accompagnato dallo stregone, invece nelle nostre società chi possiede diecine di palazzi con centinaia di appartamenti senza abitarne e godersene nessuno viene riverito ed invidiato: quale dei due tipi di società ha da essere considerata sana/insana ed evoluta/retrograda?

La ragionevolezza e la razionalità escono sconfitte da tali contraddizioni, evidenziandosi anche che l'emozionalizzazione degli atteggiamenti e dei comportamenti diviene un fattore peculiare della "civilizzazione".

Inoltre che il tempo sia denaro è uno stereotipo fasullo, che porta amare conseguenze, soprattutto in chi ha dedicato l'intero suo tempo ad accumulare denaro ed ad un certo punto scopre di essere un ammalato inguaribile, con poco tempo di vita a disposizione. Si accorge che non può riconvertire il proprio denaro in tempo (di vita) e che l'equazione tempo uguale denaro, su cui aveva basato la propria vita, è sempre stata erronea ed adesso si trova denaro (per il cui guadagno ha speso il proprio tempo), inutilizzabile per acquisire tempo per vivere. La consapevolezza che la ricchezza di denaro non abbia grande valore in tale situazione aggiunge disagio al vissuto di malattia.

Indicativamente il rapporto con il denaro può articolarsi in varie modalità:

         - si guadagna denaro con il proprio lavoro (operai, impiegati);

        - si guadagna denaro con il lavoro degli altri (imprenditori);

         - si guadagna denaro con il proprio denaro (proventi da interessi);

           - si guadagna denaro con il denaro degli altri (per esempio, le banche);

            - si guadagna denaro con il denaro che avranno altri in futuro.

Strettamente legato alla speculazione è il sistema degli interessi e degli interessi composti. Inventato originariamente come mezzo di scambio, il denaro ha sviluppato nel frattempo un'incredibile vita propria: ha la più grande ed efficace lobby del mondo, di cui è la merce più ambita. Supera tutti i limiti, anche quelli posti originariamente dalle religioni. Infatti la richiesta di interessi veniva severamente sanzionata da tutte le religioni, alcuna delle quali hanno anche sollecitato a non prendere mai più di ciò che si può dare e soprattutto a prendere solo ciò che serve per vivere, escludendo a priori l'accumulo di ricchezza, la speculazione e gli interessi.

Le limitazioni delle religioni non hanno impedito che il denaro sviluppasse nel tempo ed ovunque una dinamica propria ed un fascino tale da trasformarlo in obiettivo essenziale, invece che servire come mezzo di scambio. Ciò però determina una svalutazione del denaro, in quanto se tutti vogliono averne sempre di più, i prezzi saliranno e si verificherà il fenomeno dell'inflazione, che mantiene in circolazione il denaro, ma solo se gli interessi permettono di evitarne o almeno limitarne la svalutazione. Compensare la svalutazione è quindi il principale e peculiare obiettivo degli interessi: presto il denaro solo se posso essere sicuro che mantenga il suo valore e compensi l'inflazione ed anzi richiedo di più della semplice compensazione dell'inflazione e cioè un guadagno.

E' in questo passaggio che si sviluppa il tumore della speculazione: fattori preminentemente psicoemozionali, quali avidità, pretese, ambizioni ed altri ne sono il terreno di coltura, mentre i fatti concreti della produttività, dell'indebitamento, del prodotto interno lordo fungono da mero contesto. L'affannarsi degli economisti sull'individuazione dei fattori oggettivi che determinerebbero le crisi corre il rischio di coprire il fatto che sono i fattori soggettivi che giocano un ruolo predominante.

La situazione potrebbe cambiare solo se il denaro recuperasse la sua funzione originaria di mezzo di scambio e si accettasse di ridefinire il sistema degli interessi e degli interessi composti, che a lungo termine rende impossibile il pagamento se non determinando periodicamente vari crolli che fanno perdere interi patrimoni a cittadini e nazioni.

In conclusione, si pone il dilemma: il singolo e la collettività devono necessariamente affidare il proprio denaro al sistema degli interessi per guadagnare o esistono delle valide alternative?

Non ci resta che attendere la concreta ricetta di un prossimo premio Nobel, che all'approssimarsi del crollo del sistema vigente sappia indicare ulteriori vie di equilibrio e sviluppo: comunque la Storia non finisce certamente qui ed ora.


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