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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Psicologia clinica sanitaria - conversazione con Giuseppe Ruggiero

Maurizio Mottola


L' Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, per iniziativa della Facoltà di Psicologia, in collaborazione con l'Alta Scuola di Psicologia "Agostino Gemelli" (ASAG) e con l'Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMePS), istituisce per l'anno accademico 2010-2011 il Master di II livello in Psicologia Clinica Sanitaria. Il Master si svolgerà presso la sede dell'IMePS di Napoli. Allo psichiatra e psicoterapeuta Giuseppe Ruggiero, direttore dell'IMePS, abbiamo posto alcune domande.

Quali obiettivi si propone il master in Psicologia Clinica Sanitaria e quali competenze consente di acquisire?

Il Master intende favorire il dialogo e la collaborazione tra professionisti di formazione medica e psicologica, al fine di promuovere una reale integrazione dei saperi e delle pratiche sanitarie, nel rispetto delle differenze di identità, di stile e di competenze professionali. L'obiettivo principale è quello di offrire a medici psicologi l'opportunità di apprendere una metodologia scientifica finalizzata alla costruzione dell'alleanza terapeutica con il paziente e con la famiglia, in tutte quelle situazioni patologiche, in cui è necessario accrescere l'empowerment del paziente, attivando le risorse presenti nei propri sistemi di riferimento. Il Master consente di acquisire competenze relazionali per favorire una comunicazione più efficace ed empatica, la gestione creativa dei conflitti interpersonali, lo sviluppo di buone pratiche fondate sull'ascolto e sulla comprensione dei bisogni psicologici del paziente.

La specializzazione in psicologia clinica a livello universitario da alcuni anni è stata preclusa ai medici e consentita ai soli psicologi: quali sono le convergenze e quali le divergenze tra psicologia clinica e psicologia clinica sanitaria?

Le questioni sono diverse. Innanzitutto è doveroso sottolineare la carenza di formazione psicologica nei percorsi universitari della facoltà di Medicina, che continua ad avere una considerevole ricaduta sulla qualità della relazione terapeutica e dei servizi erogati in ambito sanitario. Molti medici sono infatti costretti ad orientarsi verso altre esperienze di formazione psicologica per arricchire il proprio patrimonio clinico. Un discorso a parte riguarda la specializzazione in psicoterapia, aperta a laureati in medicina e psicologia, che molto spesso costituisce una buona opportunità per i medici specialisti in diverse discipline di ricevere una formazione più completa, di carattere psicologico, anche se con uno specifico indirizzo applicativo.

L'ambito della psicologia clinica sanitaria costituisce pertanto, a mio avviso, un fertile terreno di incontro tra professionisti di area psicologica e medica: dal momento che l'impianto teorico e metodologico della psicologia clinica viene applicato alle dinamiche che si sviluppano intorno all'esperienza della malattia, l'intervento del medico curante e quello dello psicologo si strutturano all'interno di una cornice di integrazione operativa, che può solo migliorare la qualità dei servizi erogati.

Che difficoltà incontra nel servizio pubblico l'utilizzazione della psicoterapia ed in particolare l'approccio sistemico-relazionale?

Credo che le difficoltà riguardino l'applicazione nei servizi pubblici della psicoterapia in genere, non solo sistemico-relazionale. Tra l'altro, vorrei ricordare che il modello sistemico ha sempre rappresentato una importante risorsa operativa a disposizione del clinico nell'ambito dei servizi per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del disagio psichico.

L'epistemologia sistemica e i relativi modelli teorico-clinici si sono affermati, infatti, proprio nel periodo storico in cui la psichiatria si apriva al territorio, richiedendo da parte degli operatori la conoscenza delle dinamiche relazionali alla base del malessere psicologico degli utenti ed una particolare attenzione alle matrici contestuali, familiari e sociali, della sofferenza psichica.

Prima di declinarsi come intervento terapeutico, il paradigma sistemico si propone, pertanto, come maniera di guardare il mondo, permettendo una lettura articolata e complessa dei problemi correlati alla dialettica salute-malattia e a quella individuo-gruppo-istituzione.

L'idea di formare medici e psicologi a quest'ottica attraverso diversi percorsi formativi (dalla specializzazione post-universitaria ai master in psicologia clinica sanitaria) va proprio nella direzione di riportare al centro del processo di cura la "persona in relazione", con i suoi sistemi affettivi, le sue appartenenze e i suoi legami significativi, restituendole un ruolo da protagonista all'interno della vicenda storica ed esistenziale che la riguarda.

Il mio personale punto di vista è che prima di mettere in atto un dispositivo strettamente clinico, all'interno di uno specifico setting psicoterapeutico, il professionista debba essere in grado di porsi domande sulla natura sistemica dei fenomeni con cui egli si confronta, nel rispetto della complessità intrinseca delle diverse storie, culture e stili di relazione che si intrecciano nella vita di qualsiasi organismo istituzionale.


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