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Psichiatria - Documenti



Depenalizzare la sessualità

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


La Francia, a nome dei Paesi dell'Unione Europea (UE), si appresta a presentare all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) la proposta per depenalizzare l'omosessualità nel mondo. Che ancora oggi la sessualità, nella sua pratica tra soggetti adulti consenzienti, sia collegata al codice penale ed in alcuni casi ed in alcuni paesi il suo esercizio possa prefigurare un reato è una marcata dissonanza con i livelli di civiltà, tolleranza e pacifica convivenza propri delle attuali impostazioni di vita. E' evidente che ogni società per la sua sopravvivenza punti sul binomio sessualità-riproduzione ed indubbiamente non intenda sostenere condotte sessuali che non garantiscono la trasmissione della specie, ma da questo a prefigurarle come reato -per motivi intrecciati di tipo religioso, ideologico, sociale e culturale- ce ne corre. Tale discrasia oggi non è accettabile e la società istituzionalizzata non ha alcuna base logica e tecnico-scientifica per mantenere il collegamento tra sessualità e codice penale, nell'ambito per l'appunto di pratiche sessuali tra adulti consenzienti. Ciò riguarda anche la pratica dell'aborto. Esso scaturisce da una gravidanza indesiderata, cioè da un "errore sessuale della coppia". Questo errore sessuale, inteso come agire culturalmente inadeguato sull'intreccio naturale sessualità-riproduzione, va analizzato compiutamente: l'aborto conserva notevoli elementi di sacralità perché in realtà è la sessualità a conservare forti connotazioni di sacralità, di fantasia, di onnipotenza. Dietro lo schermo dei valori hanno sempre agito sentimenti ed equilibri emozionali nei confronti della "potenza" riproduttiva della donna, per questo l'autogestione della potenzialità riproduttiva sia attraverso la contraccezione che l'aborto è stata ritenuta intollerabile dai valori dominanti: in Italia si è avuta dapprima la legge sul divorzio nel 1970 e poi nel 1971 la liberalizzazione degli anticoncezionali. Che anche l'aborto abbia a che fare ancora con il codice penale è l'attestazione del controllo sociale sul porsi antropologico dell'uomo nei confronti della donna. La società si regge ancora sullo scambio ordinato delle donne diretto dagli uomini. é intollerabile per questo tipo di società che ella voglia sottrarsene attraverso una propria gestione della sessualità non ricattabile da norme e sanzioni penali. La società delle leggi relegò a una sorta di "contrabbando" la storica scoperta contraccettiva del blocco dell'ovulazione: dall'inizio degli anni sessanta, data in cui è cominciata una significativa diffusione degli estroprogestinici in Italia, al 1971, data della dichiarazione di incostituzionalità della norma penale sulla propaganda e la diffusione degli anticoncezionali, era la regolazione del ciclo mestruale ciò che risultava. Un decennio di regolazioni mestruali era il tributo di ipocrisia alle leggi scritte. I ritardi "burocratici" all'introduzione nella Farmacopea Ufficiale Italiana della pillola RU486 per l'interruzione farmacologica di gravidanza iniziale fanno parte di una logica di controllo sociale che intende tenere ancorata al codice penale la sessualità. Infatti la pillola RU486 sottrae la donna al traumatico vissuto dell'aborto chirurgico con annessa ospedalizzazione, eventuale ricorso all'anestesia generale, continuo impatto emozionale con persone e strutture potenzialmente inquisitorie ed in quanto autosomministrabile dalla donna circoscrive il ruolo medico all'assistenza degli eventuali scarsi effetti collaterali. Quindi si sacrificano le prerogative di migliore tutela della salute della donna a mere istanze di indebito controllo sociale. Che sia l'omosessualità oppure l'aborto farmacologico di gravidanza iniziale, per taluni quello che conta non è per niente l'autodeterminazione ma piuttosto tenere sotto controllo, tramite il codice penale, i cittadini anche nell'ambito della sessualità.


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