Conversazione sui disordini della differenziazione sessuale Giovedì 31 maggio 2007 si è svolto a Napoli l'incontro dibattito "Un punto di vista multidisciplinare sui disordini della differenziazione sessuale - I pazienti, le famiglie, i medici, il sociale", organizzato dal Distretto 108YA dell'International Association of Lions Club; allo psicologo clinico Paolo Valerio, professore Ordinario di Psicologia Clinica all'Università degli Studi di Napoli "Federico II" e tra i relatori dell'evento, abbiamo posto alcune domande. In che consiste la multidisciplinarietà nei riguardi dei disordini della differenziazione sessuale? Il nostro interesse per le problematiche connesse alle condizioni intersessuali è nato in risposta alle richieste giunte, negli ultimi anni, all'Unità di Psicologia Clinica e Psicoanalisi Applicata dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" da parte di operatori, pediatri in particolare, e di pazienti che richiedevano un sostegno psicologico per affrontare nel migliore dei modi tali condizioni.
La nostra attività si avvale, quindi, della collaborazione tra l'Unità di Psicologia Clinica e Psicoanalisi Applicata e il Dipartimento di Pediatria della medesima Università e si colloca all'interno delle attività del Gruppo di ricerca-intervento impegnato nell'Area dell'Identità di Genere (http://www.progettorlando.unina.it/), attivo dal 1997 presso l'Unità di Psicologia Clinica e Psicoanalisi Applicata, e del Dottorato di Ricerca in Studi di Genere dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Tutto ciò ha portato a riflettere sulla necessità di dover riconsiderare l'approccio terapeutico a queste complesse condizioni, evidenziando l'importanza di poter lavorare in questo ambito all'interno di un team interdisciplinare specialistico, composto da pediatri, endocrinologi, genetisti, chirurghi, psicologi clinici, psicoterapeuti dell'età evolutiva e psicoanalisti.
Bisogna, infatti, considerare come i medici insieme alla famiglia siano chiamati a prendere di volta in volta decisioni estremamente delicate legate all'assegnazione del sesso al momento della nascita, alla riassegnazione, ai tempi dell'operazione chirurgica e della terapia successiva, nell'ambito di situazioni che da un punto di vista medico ed eziologico si presentano come estremamente eterogenee. 1. svolgere un'analisi della casistica presente nelle principali strutture ospedaliere ed assistenziali del territorio napoletano e dei modelli d'intervento utilizzati dai medici; 2. condurre osservazioni dei bambini e loro famiglie al fine di individuare elementi utili a formulare ipotesi di lavoro successive; 3. interventi psicologici con bambini e genitori tesi ad esplorare i vissuti emozionali attivati dalla presenza di tale condizione. Il fine di questi interventi è, col bambino, prevenire lo sviluppo di forme di psicopatologia in età adulta, e con le famiglie, sostenerle in questo delicato momento ed aiutarle ad elaborare nel migliore dei modi la problematica dei figli.
Considerando le limitate conoscenze empiriche disponibili e l'esperienza clinica acquisita su tali condizioni, riteniamo importante affrontare ogni caso come caso singolo evitando pericolose generalizzazioni. Alla base di un lavoro clinico in tali circostanze, come precedentemente detto, riteniamo fondamentale un lavoro di équipe interdisciplinare: pediatri in primo luogo, chirurghi, psicologi ed endocrinologi, i quali devono lavorare congiuntamente e secondo gli interessi non solo attuali, ma anche futuri, sia del bambino che dei suoi genitori. La nostra esperienza clinica ci ha consentito di rilevare che alle componenti genetiche ed ormonali si aggiungono quelle relazionali, fondamentali per lo strutturarsi dell'identità di genere nel bambino. In particolare concordiamo con quelle ricerche che rilevano le conseguenze negative legate al segreto sulla diagnosi.
Riteniamo, infatti, molto importante comunicare la diagnosi ai genitori e al bambino, nonostante le evidenti difficoltà per un operatore che si deve confrontare su tematiche tanto complesse e cariche emotivamente e nonostante i forti stereotipi, pregiudizi e tabù presenti nel nostro contesto sociale.
Per la madre, in particolare, è fondamentale un lavoro che consenta una graduale elaborazione del lutto legato alla perdita del bambino sano tanto desiderato in gravidanza; perdita con la quale una madre di un bambino nato con deficit deve necessariamente fare i conti.
All'interno di tale spazio psicologico, i genitori potranno esprimere i dubbi, le ansie e le paure che tali condizioni possono alimentare. Pensiamo, per esempio, ai dubbi che i genitori possono nutrire rispetto al comunicare al bambino notizie riguardanti la sua condizione e i trattamenti medici cui dovrà andare incontro per tutta la vita.
Essi, infatti, sebbene siano profondamente impegnati nel cercare di trovare una soluzione a quanto accaduto al loro bambino, devono principalmente fargli sentire di essere amato e accettato con il suo corpo, qualunque esso sia.
Come già precedentemente detto, l'esperienza clinica con bambini con Disordini della Differenziazione sessuale è ancora piuttosto limitata. Riteniamo, a tal proposito, fondamentale, nelle Unità pediatriche dove vengono diagnosticate tali condizioni, la presenza dello psicologo all'interno di un gruppo di lavoro interdisciplinare, per effettuare innanzitutto un colloquio di accoglienza con i genitori al fine di facilitare la rielaborazione della diagnosi fatta al figlio e fornire un adeguato spazio di contenimento dei loro vissuti.
Durante la gravidanza, infatti, la preparazione psicologica al nuovo bambino comporta normalmente il desiderio di un bambino perfetto e la paura di un bambino con qualche deficit.
é per questo motivo molto importante fornire ai genitori uno spazio psicologico che consenta loro di far tornare alla mente la delusione per aver avuto un figlio diverso da quello che ci si aspettava, così da consentirne una graduale elaborazione.
Dopo i primi colloqui di accoglienza ai genitori può essere importante fornire un sostegno psicologico anche al bambino con l'obiettivo di aiutarlo ad esprimere e rielaborare le sue fantasie, le sue paure ed emozioni attraverso il gioco, il disegno e/o la verbalizzazione. Tali considerazioni rendono evidente l'importanza di un'alleanza tra psicologi e pediatri che devono lavorare congiuntamente per il benessere attuale e futuro non solo del bambino ma anche della sua famiglia.
Riteniamo, infine, fondamentale il ruolo della riflessione scientifica su tali questioni al fine di comprenderle meglio per dissipare pregiudizi, stereotipi e tabù ancora tanto forti nel nostro contesto sociale e per sensibilizzare in modo corretto l'opinione pubblica e le Agenzie Politiche e Governative.
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