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Meditazione: risveglio della consapevolezza

Maurizio Mottola


Sabato 6 e domenica 7 marzo 2010 si è svolto ad Ischia (Napoli) il workshop Meditazione: risveglio della consapevolezza, organizzato dal Club del Benessere di Napoli.

Cos'è la meditazione? Attualmente ormai tutto viene chiamato meditazione. Alcuni confondono la meditazione con il rilassamento, altri con la concentrazione, altri con il distacco dalle cose del mondo, altri ritengono che sia uno speciale equilibrio da raggiungere nella propria mente.

Quando ad un famoso maestro zen venne chiesto quali fossero gli ingredienti della meditazione, egli rispose: "Sono tre. Il primo è la consapevolezza. Il secondo è la consapevolezza. Il terzo è la consapevolezza". Consapevolezza significa essere coscienti ed attenti sia delle sensazioni nel corpo, sia dei pensieri, sia delle emozioni, sia di uno stato d'animo, sia del respiro. Invece comunemente ci si identifica con tutto ciò e pertanto non se ne è consapevoli. Appena si iniziano ad osservare questi fenomeni interiori, cessa l'identificazione con essi e si oltrepassa la mente ordinaria.

 

Come dice il Dalai Lama: "Nella meditazione non devi permettere alla coscienza di seguire i sentieri del passato o di fare programmi per il futuro: bisogna creare un vuoto, al posto di tutti questi processi mentali. Quando la coscienza è liberata e sgombrata da tutti i processi mentali, essa rimane in uno stato puro, chiaro,

indistinto e silenzioso".

Per molti la meditazione è un lusso; è una conquista per taluni riuscire a concedersi mezz'ora di silenzio, di quel silenzio interiore, in cui la mente ed il corpo sono nel presente, completamente nel presente ed in cui ogni attimo è denso e vivo. Tutta la nostra cultura è orientata verso l'esterno, a distrarsi da se stessi e tutto ciò tiene continuamente occupati ed evita che nascano quei momenti in cui poter incontrare le proprie domande esistenziali o in cui potersi sentire più a contatto con se stessi, momenti senza parole, senza pensieri, senza attività.

Nella meditazione la mente - che nella nostra cultura è generalmente associata all'azione ed alla realizzazione - passa ad una modalità ricettiva, in cui è pronta a cogliere subito un qualsiasi fenomeno per quello che è senza etichettarlo. Nella meditazione l'obiettivo non è quello di cambiare se stessi, ma quello di accorgersi di ciò che si è. Al contrario della psicoterapia e di molte discipline di crescita personale, mediante le quali si modificano le proprie capacità, i propri modi di pensare, i propri modi di percepire se stessi e gli altri, nella meditazione non ci si occupa affatto degli strati superficiali della propria personalità, ma ci si accorge semplicemente di ciò che c'è senza giudizi. Dunque meditare significa dis-identificarsi dai contenuti della mente e rimanere nel proprio centro interiore, nella coscienza che osserva.

Il cervello può essere considerato un "organo informatico" che elabora informazioni interne ed esterne a mezzo di una struttura organica (hardware) e di una serie di programmi di gestione (software), questi ultimi definiti "mente".

La mente è dunque un'interfaccia tra cervello (individuo) ed ambiente circostante. L'individuo pertanto si rapporta alla realtà attraverso un processo di costruzione ed attribuzione di senso, con il quale si sforza incessantemente di trovare un senso oggettivo delle cose, rimanendo poi ogni volta con il solitario e personale senso della realtà, ineluttabilmente non oggettivo ed al massimo condivisibile con altri.

La mente non è in grado di rapportarci adeguatamente con la realtà, perché mentre la realtà è mutevole e contemporanea, la mente è zavorrata attraverso la memoria al passato e sbilanciata in avanti attraverso la proiezione nel futuro. Nel rapporto con la realtà si svolge dunque un continuativo processo di costruzione ed attribuzione di senso, di cui è artefice ogni singolo individuo.

Noi entriamo in relazione con il mondo attraverso le nostre idee e non in modo diretto e così ci separiamo dalla realtà. Riteniamo che il mondo sia esattamente come lo interpretiamo e questo distorce il nostro rapporto con la realtà. Attraverso le supposizioni -e cioè quella serie di definizioni, interpretazioni, idee e giudizi perentori- ci allontaniamo dalla realtà, in quanto tali supposizioni fanno parte della nostra struttura mentale, non dell'evento.

Le nostre supposizioni -mettendoci in rapporto con la realtà in un determinato modo- creano una tendenza. Non esiste pertanto una realtà vera in sé, ma tante realtà quante sono le diverse interazioni tra soggetto e realtà. Da questo assunto deriva che qualunque condizione ci troviamo a vivere -sana o insana- è il prodotto di un'attiva relazione tra noi stessi e ciò che viviamo, insomma ognuno costruisce la realtà che poi subisce.

Gli unici due poteri per noi effettivamente disponibili sono l'attenzione -cioè la capacità di rimanere presenti all'esperienza- e l'intenzione -cioè la capacità di decidere obiettivi-, mentre tutto il resto sfugge al nostro controllo.

In conclusione, solo riconnettendoci con la nostra sottesa capacità di percezione diretta (mente intuitiva) troveremo sostegno in un possibile percorso di consapevolezza oltre le frontiere della menta ordinaria, radicata invece nella convinzione che la realtà sia circoscrivibile nei nostri limitati schemi mentali.

Come dice Osho: "Meditazione è guardare nel tuo vuoto, dandogli il benvenuto, godendolo, fondendoti con esso, senza alcun desiderio di riempirlo -non ce n'è alcun bisogno-, perché è già pieno. Sembra vuoto perché non lo vedi nella giusta prospettiva. Lo vedi attraverso la mente e quella è la via sbagliata. Se metti in disparte la mente e guardi nel tuo vuoto, esso possiede un'incredibile bellezza, è divino, straripa di gioia. Non occorre null'altro".


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