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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: Progetto PIT - PSICHIATRIA
INFORMATICA E TELEMATICA


Area: Informatica clinica


La Handimatica e le nanotecnologie:
nuove scienze per affrontare l’Handicap fisico e la fine della vita


di Antonella Gramigna (*)



“… Le nuove tecnologie possono regalarci una vita lunga secoli …. Renderla degna di essere vissuta è tutt’altra cosa …!”
A. Gramigna


Premessa


Esiste una stretta interrelazione terapeutica tra le patologie invalidanti sia fisiche sia psichiche e le nuove tecnologie (NT). In questo caso il possibile dualismo (potenziale) tra uomo e macchina non esiste. Si può affermare che gli strumenti prodotti dalle NT sono pienamente asserviti al loro padrone e assolvono egregiamente il loro compito e, con ogni probabilità, è questo l’aspetto più riuscito e più vero nel rapporto uomo- macchina.
Su questa scia è sorta e si sta evolvendo un tipo di disciplina, nuova nel suo genere e tuttora in evoluzione, definita con il termine di Handimatica, la quale racchiude nel suo termine l’informatica e l’handicap. Essa sviluppa e inventa continuamente formule e programmi, oltre che strumenti tecnologici, allo scopo di alleviare, risolvere, dare risposte alle diverse esigenze di menomazioni o di patologie invalidanti o temporanee che possono affliggere le persone.
Non si tratta di una supina delega alla macchina allo scopo di assolvere compiti fini e sè stessi, un po’ come avviene nella Domotica che studia l’applicazione dell’informatica all’ambiente (principalmente quello domestico) ma, specificatamente, di supplire in modo temporaneo e rieducativo a mancanze patologiche della persona.
Si tratta quindi di un nuovo orizzonte che si sta aprendo nel generale campo delle conoscenze informatiche (e non solo) .

La scelta dei dispositivi e lo studio dei programmi

Il campo di applicazione dell’Handimatica nasce come una delle emanazioni dell’informatica, e si avvale di strutture di Hardware avanzate e software di grande complessità, atti ad analizzare in senso matematico statistico le caratteristiche di patologie invalidanti di varia natura inquadrate nosograficamente in modo definito.
Sia i modelli matematici che quelli statistici, che originano poi, in matematica binaria, un qualsiasi programma, devono comunque basarsi sulla presenza/assenza di certe particolarità : nel caso dell’Handicap, tali particolarità sono rappresentate da sintomi clinici.
Nel caso di handicap di carattere sensoriale, ove la mancanza di uno dei sensi o la parziale mancanza di questi renda particolare la realtà della persona che ne è affetta, il programma deve rispondere in modo, appunto, “particolare” a questa caratteristica.
Oggi, nel caso di deficit motori o della vista, il problema prioritario è quello dell’accesso al computer per cui occorre un’oculata attenzione nel selezionare le periferiche e gli elementi hardware .
Nel caso invece di sordità, ad essere importanti sono i software, i quali devono necessariamente essere realizzati nell' ottica di una strategia puramente didattica, personalizzata, allo scopo di essere in grado di aiutare la persona non udente.
Alcuni esempi di tecnologia handimatica: bastoni collegati a una guida vocale che accompagnano i non vedenti verso i negozi più vicini e gli uffici accessibili, software che si adattano a qualsiasi movimento permettendo di scrivere, comunicare e utilizzare i computer. In Giappone sono vicini i tempi della realizzazione di un/una “badante” artificiale che possa essere di aiuto a persone anziane o ammalate nelle loro funzioni primarie. Inoltre, sono a livello progettuale avanzato arti artificiali collegati direttamente alla rete neuronale che si integrano totalmente con la persona sostituendone gli arti naturali. Nel caso di sordità, la possibilità di impianti permanenti miniaturizzati sostituisce il timpano danneggiato o i sensori dell’orecchio interno.
Un criterio utile per la scelta del software riguarda la selezione dell’obbiettivo che ci si propone di raggiungere ; possiamo trovarci di fronte ad un obbiettivo riabilitativo parziale a cui un programma dedicato può far fronte agendo su una singola funzione da sostituire o riabilitare. In questo caso si può prevedere una triade di lavoro sul soggetto/paziente : il terapista, il disabile e il computer. In altri casi, a questa triade va aggiunto il lavoro di gruppo unitamente a quello svolto dal terapista.
Non è facile accettare che una protesi artificiale possa essere posta a nostro servizio, che un manufatto tecnologico possa essere installato su una persona deficitaria in un qualche ambito delle sue azioni fisiche: occorre che la persona lo inglobi nella percezione del suo “SE’ ” fisico, che lo accetti e lo "assorba" come parte integrante.
La conoscenza personale delle potenzialità della persona affetta dall’handicap rende più centrato l’intervento e più certo il risultato finale. Questa accettazione di una protesi, che non deve essere vissuta come tale, è forse il percorso più complesso. Occorre sicuramente un accesso psicologico a questo evento, che faccia accettare il manufatto come non esistente in quanto tale ma solo come capacità riacquistata.
Esiste una poliedria di programmi per ogni singola patologia e sintomatologia, e il progresso tecnologico ha reso ancora più veloce la capacità d’intervento delle NT nel campo della patologia fisica propriamente detta, e soprattutto nel caso di patologie particolarmente pericolose da esito spesso infausto.
Il confine tra Handimatica , nanotecnologie e intelligenze artificiali appare sempre più labile , posto che un tale confine possa realmente esistere.
In un universo nel quale il progresso della NT si estende a 360 gradi, i confini possono unicamente definirsi tra scienza e fantascienza, ma anche in questo caso il confine non ha (come in passato) una “terra di nessuno” nella quale si perdeva la ricerca di frontiera con i tentativi legati alla produzione di prototipi. Ora il confine è tracciato unicamente tra quello che è possibile realizzare subito, e quello che sarà realizzato in un tempo ragionevole o nel futuro immediato, ma del quale già si conoscono le caratteristiche specifiche. Ergo, la correzione di handicap fisici o psicofisici è attualmente affrontabile nel senso di ridurre in modo progressivo questi disagi, ma l’altra capacità dell'handimatica è legata alla possibilità di rendere perfettamente abile una persona, anche qualora presenti gravi danni fisici. Proiettandoci in un futuro piuù lontano, l’applicazione scivola nelle realtà più drammatiche delle patologie irreversibili ove spesso l’esito finale è mortale. La normale tendenza di qualsiasi ricerca punta a salvare vite e a prolungarle. Nella fattispecie le NT sono proiettate verso l’applicazione scientifica di una teoria nella quale le alterazioni di cicli biologici che naturalmente conducono alla morte del soggetto, siano rese inoffensive.

Le nanotecnologie simbiotiche

Quello che solo pochi decenni fa era materia di fervida fantascienza oggi è una realtà scientifica sperimentale.
La miniaturizzazione di macchine inserite nel corpo umano a scopo terapeutico è stata argomento di un film famoso degli anni '70, e in seguito di un suo rifacimento verso la fine degli fine anni '80, ma tutti noi eravamo lungi dall’immaginare che questa possibilità potesse realmente essere attuata: essa restava relegata al settore fantascientifico della cinematografia hollywoodiana .
Di recente la sperimentazione su cavie ha visto nanotecnologie , sottoforma di cellule artificiali con funzioni anticorpali macrofaghe, agire come distruttrici nei confronti di una massa tumorale presente in una cavia di laboratorio.

 

FIG 1 nano macchina a ingranaggio di dimensione pari a pochi nanometri

NeI 1965 Gordon Moore , uno dei fondatori della società “Intel” fece l'incredibile previsione che il numero dei transistor che si potevano fare entrare in una data area sarebbero raddoppiati ogni 18 mesi a partire dai successivi dieci anni: accadde davvero e il fenomeno divenne noto come “ legge di Moore”. Quest’andamento continuò molto più in là dei dieci anni predetti fino ad oggi, andando da appena poco più di 2000 transistor nei processori originali mod. 4004 del 1971, a oltre 700.000.000 transistor nel sistema Core 2. Ci fu, naturalmente, una corrispondente diminuzione della grandezza dei singoli elementi elettronici, dai millimetri degli anni '60 alle centinaia di nanometri nei moderni elementi circuitali. La diminuzione delle dimensioni ha reso possibile ampliare a dismisura la capacità di memoria elaborativa di un qualsiasi computer con un conseguente balzo in avanti delle possibilità di ricerca applicata.
All'inizio del nuovo secolo, le tecnologie si sono incontrate su una soglia comune — la nano scala — con la promessa di rivoluzionare sia il mondo dell'elettronica sia quello della biologia. Questo nuovo campo, definibile come nanotecnologia biomolecolare, trae molte possibilità dalla ricerca fondamentale nella biologia molecolare e biofisica per applicazioni nei biosensori, nella bioinformatica e nella genomica. Brevemente : per biosensore si intende un particolare trasduttore costituito da un elemento sensibile biologicamente attivo (enzimi, cellule, anticorpi ecc.) e da una parte elettronica. Il principio di funzionamento è molto semplice: l'elemento biologico interagisce con il substrato da analizzare, e un sistema di trasduzione (sensore) converte la risposta biochimica in un segnale elettrico. Un comune esempio di biosensore è il glucometro usato dai diabetici per analizzare la concentrazione di zucchero nel sangue, basandosi sulla quantità di glucosio trasformata in acido gluconico tramite un enzima.
Per bioinformatica si intende: la disciplina scientifica dedicata alla risoluzione di problemi biologici a livello molecolare con metodi informatici . Essa costituisce un tentativo di descrivere dal punto di vista numerico e statistico i fenomeni biologici: storicamente ed epistemologicamente la biologia ha fatto minor ricorso ad un approccio matematico rispetto ad altre discipline scientifiche (quali fisica e chimica ). La bioinformatica quindi tenta di supplire a questa lacuna fornendo ai risultati tipici della biochimica e della biologia molecolare un corredo di strumenti analitici e numerici. Vengono coinvolte, oltre all'informatica, matematica applicata, statistica , chimica, biochimica e nozioni di intelligenza artificiale .

La bioinformatica si occupa principalmente di:

? fornire modelli statistici validi per l'interpretazione dei dati provenienti da esperimenti di biologia molecolare e biochimica al fine di identificare tendenze e leggi numeriche;
? generare nuovi modelli e strumenti matematici per l'analisi di sequenze di DNA , RNA e proteine al fine di creare un corpus di conoscenze relative alla frequenza di sequenze rilevanti, la loro evoluzione ed eventuale funzione;
? organizzare le conoscenze acquisite a livello globale su genoma e proteoma in basi di dati, al fine di rendere tali dati accessibili a tutti e ottimizzare gli algoritmi di ricerca dei dati stessi per migliorarne l'accessibilità.

La genesi sia del termine che della scienza definita nanotecnologia si può far risalire a Richard Faymann e, parallelamente, a Roger Moore, che fu il primo a portare alla ribalta la fattibilità di una nanotecnologia funzionante, in un suo discorso alla Società Fisica Americana nel 1959. In quella occasione, venne lanciata la sfida per la costruzione di un nano motore funzionante e una scommessa di 1000 dollari per chi lo avesse realizzato. Neanche un anno dopo, nel 1960, il motore fu realizzato da William Mc Lelland. Altra sfida lanciata da Faymann fu quella di miniaturizzare la scrittura al punto di contenere l’intera Enciclopedia Britannica in una testa di spillo , attuata nel 1985 da Tom Newman .
Questi antefatti storici ci conducono ad alcune considerazioni di massima, non tanto sulle capacità di queste nuove scienze, quanto sulla loro applicabilità.

I “non” limiti applicativi

Le future e immense possibilità applicative di questi “prodigi” delle nuove tecnologie non sono in discussione, ma l’informatica ha un solo vero limite : la fantasia di chi la agisce. Il discorso si dipana su un livello unicamente sociologico o psico –sociologico perché la marcia trionfale di questo processo conduce verso dei non limiti di applicabilità che sono da considerare con estrema attenzione. Se parliamo, anche solo a titolo accademico, di una vittoria su alcune tra le più mortali malattie che da sempre affliggono il genere umano, in sostanza prendiamo in esame, e parliamo, di un rivoluzionario allungamento della vita media. La durata della vita media si è estesa nell’ultimo quarto di secolo di 14 anni passando, nel mondo occidentale, dalla soglia dei 70 anni (circa) a quella degli 84.
Nei prossimi anni (il decennio venturo) la vita si allungherà, secondo le stime dell’ONU, di altri 5 anni, giungendo sulla soglia dei 90. Ovviamente questa stima riguarda il mondo occidentale che ha in controcanto la più bassa natalità del pianeta. Già oggi, in Italia, vivono circa 7ooo ultra centenari, e stando sempre a queste stime prima del 2030 si potrebbe toccare il secolo di vita media. Grazie a che cosa? alle nuove conoscenze: la già menzionata Handematica e le nanotecnologie che agiscono addirittura (o si avviano ad agire) come supporto al nostro sistema immunitario aiutandolo o addirittura sostituendosi a esso.
Due autori italiani, Edoardo Boccinelli (biologo e psicologo) e Edoardo Sciarretta (ingegnere esperto in tecnologie per lo studio del cervello) hanno pubblicato di recente un libro dal titolo “Verso L’immortalità?“; i due autori, con una lucida analisi sulla reale possibilità dell'evento che dà il titolo al libro, individuano delle strade perseguibili al raggiungimento di quest’obiettivo. Sostanzialmente esse sarebbero 4:

1) allungare la vita prevenendo l'insorgere delle malattie, oppure curandole con tempestività e prevenendo altri eventi, come quelli traumatici. (in questo modo la vita media è raddoppiata nell'ultimo secolo)
2) la lotta all'invecchiamento tramite la biologia molecolare e, specialmente, la terapia genetica.
3)la "strategia sostitutiva", cioè la sostituzione dei "pezzi"/organi usurati.
4) la preservazione dell'integrità e l'estensione del “Me” cosciente.

Si tratta di un coraggioso tentativo di sdoganare il tema dell'immortalità dal territorio del mito e delle religioni, a quello della sobria analisi scientifica. Le quattro strade indicate possono considerarsi sicuramente centrate, perché rappresentano il paradigma di riferimento. La biologia molecolare sembra quella che dovrebbe consentire il miglioramento verso un ritardo consistente dell’invecchiamento, considerato questo come un processo non necessariamente ineluttabile ma semplicemente un percorso possibile di un organismo non soggetto a procedimenti artificiali di reimpianto di nanotecnologie atte a riparare i danni subiti dal tempo e da patologie invalidanti o mortali.
Sostanzialmente trattasi in tutto e per tutto di un processo accomunabile a quello che consente alle navi di legno di continuare a sopravvivere a volte per secoli e secoli a un ambiente ostile qual’è quello marino attraverso le procedure di mantenimento e di riparazione periodica (calafatura, carenaggio, trattamento anti salsedine) cui sono sottoposti gli scafi. Senza questi procedimenti di cura e prevenzione sicuramente il tempo e l’ambiente avrebbe ragione della materia conducendola a fine certa. Ovviamente, il parallelismo si ferma al solo esempio di massima, l’uomo è una macchina assai più complessa e la tecnologia deputata al suo mantenimento in vita lo è parimenti.
Al punto (4) l’opera degli autori parla di IO cosciente e della sua preservazione integrale, il concetto fondante è quello forse più complesso rispetto alle terapie aggiuntive e riparative cui si accenna. Preservare un IO nella sua integrità nel corso di una vita molto più lunga di quella attuale, è cosa assai complessa. Nei nostri attuali centenari , ancora in possesso di sufficiente lucidità, la capacità memoriale è sicuramente straordinaria, e quella che normalmente si chiama saggezza è l’esternazione delle conoscenze e delle esperienze che consentono di prevedere e di modellare valori e sistemi etico - morali assolutamente solidi e trasversali al tempo e ai soggetti. Si può solo immaginare quello che avverrà in persone con età superiori al secolo e mezzo di vita o a persone in grado di superare diversi secoli. L’ipotesi che si può avanzare è che, in senso generale, il possesso di una tale bagaglio di conoscenze e di verità consenta realmente di migliorare la vita del genere umano di là dalla demagogia e dell’odierna fantasia.
Gli effetti collaterali spalmati in un lungo periodo potrebbero essere molteplici e su questi si può solo formulare una serie di ipotesi: la storia umana è costruita su avvicendamenti ; una lunghezza di vita molto al di là da quella attuale comporterebbe una staticità evolutiva di carattere generazionale, e se è vero che conseguentemente all’allungamento della vita le nascite avrebbero un trend negativo o, comunque, bassissimo, da un punto di vista sociologico e filosofico, una situazione nella quale la vita, in pochi decenni, sarebbe elevata in durata sino a raggiungere a superare il secolo o i due secoli, comporterebbe una ricomposizione dei comportamenti relazionali e di convivenza.
L’idea della lunga vecchiaia non sorride a nessuno, a meno di avere più “vita agli anni" e non semplicemente più "anni alla vita": in altri termini, la prospettiva di maggior longevità deve essere corredata e allettata da quella di una buona qualità della vita, per essere pienamente accettata.
Gli effetti di sovrappopolazione causati da uno sconvolgente allungamento della vita media, contrariamente a quanto si potrebbero credere, non sarebbero preoccupanti, perché sostanzialmente la popolazione mondiale non crescerebbe esponenzialmente, in quanto esistono grandi asimmetrie tra popolazioni diverse nelle quali il tasso di mortalità appare molto alto e lontano dal nostro.
Il prolungamento della vita comporterebbe, comunque, una ricerca sempre più condotta verso l’immortalità o comunque ad un inimmaginabile allungamento artificioso del tempo di vita, al quale la società dovrebbe avere modo di adeguarsi. Una vita lunga secoli potrebbe condurci a un’elevazione spirituale e morale tale da annullare il concetto di guerra o, al contrario, amplificare e acuire pieghe della personalità umana tendenzialmente competitiva, se non conflittuale, con esiti molto negativi.
Se noi intendiamo il nostro IO cosciente come la “semplice” interazione sinaptica del sistema nervoso centrale dell’uomo, il modello di coscienza e di IO cosciente può realmente essere prolungato per tempi che nemmeno siamo in grado di concepire come estensione. Se, come molti pensano e credono, il nostro IO è qualcosa di unico e soggettivo per ogni essere umano, allora siamo su un universo che la nanotecnologia può solo contribuire a costruire come “contenitore” ma sicuramente non come contenuto.
E’ sempre l’informatica a darci questa Informazione, essa ci avverte, con i suoi progressi, che la meta di una vita media molto più lunga si va avvicinando e realizzando sempre di più, e che nei prossimi venti anni dovremo superare il secolo di vita media e avviarci verso il secolo e mezzo. La nostra filosofia dovrà quindi contenere nuovi modelli morali, etici, politici, economici e relazionali: in breve, l’azione da svolgere in questi campi sarà, o dovrà essere, parallela al progresso scientifico che ci conduce velocemente verso un mondo diverso da quello che per millenni ci ha ospitato. La scienza ci dice, ci avverte, di essere “diversi” da quello che siamo ora, perché ci stiamo regalando un universo “disuguale” con il quale, e dentro il quale, abbiamo deciso di vivere. Il messaggio non è di ordine trascendentale e non ci giunge dalla religione, perché forse essa ci è sempre apparsa distante specialmente quando parlava d’immortalità dell’anima. Oggi che ci avviciniamo a una lunghezza della nostra vita molto al di là di quanto si poteva immaginare non più di qualche decennio fa, questo concetto, molto terreno, e molto empirico, è riproposto in modo “scientifico”.
Essa (la scienza) ci dice di essere migliori di quello che siamo oggi, il paradosso consiste nell’aver per secoli inseguito l’elisir di lunga vita come l’obiettivo ultimo e più agognato da parte di sciamani, alchimisti, maghi e scienziati e che ora, progressivamente, si sta avverando, trovandoci impreparati a questo evento.
Lentamente, ma progressivamente, il problema “anziano” si è affacciato nella società, in particolare quella occidentale, come un primo raffronto tra “prima” e “dopo”, un ostacolo di carattere più che altro di natura economica per il numero di pensioni sempre più alto per periodi sempre più lunghi . Se la vita media durerà 120 anni, come si preconizza da qui a 25 anni, come dovrà essere ristrutturato il mondo sociale ? e i pensionamenti? Quale sarà la durata dell’adolescenza e come si andrà definendo un’età “matura” ? Quali saranno i modelli relazionali in vite così lunghe ? Questi sono solo alcuni dei problemi che una scienza come l’informatica ci pone. L’informatica è dunque la nuova “buona novella” ? Sicuramente ci porta un messaggio fatto di numeri, cifre, equazioni, frattali matematici, codici, modelli binari, matematica esadecimale, istogrammi, teoremi e quant’ altro, ma la verità sta proprio in questa “poesia armonica” sottesa alla comunicazione “razionale” , la sua credibilità e la sua profondità non alberga nel trascendente, bensì nel razionale che conduce alla trascendenza, dandogli la possibilità di una comprensione pressochè immediata. Si, possiamo considerare la scienza informatica come la buona novella perché essa, come quella da secoli conosciuta, tramandata e disattesa, non ci mentirà. La linea di confine tra quello che abbiamo sempre immaginato e agognato e quello che è in via di realizzazione si sta progressivamente sfaldando, presto saremo davanti a quello che abbiamo realizzato …. Saremo pronti ?


(*) Antonella Gramigna
Esperta in comunicazione, spec. In promozione e orientamento alla salute – Comune di Pistoia

Bibliografia:
L. Benvenuti, “Malattie mediali”, Ediz. Baskerville

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