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PSYCHOMEDIA
SCIENZE E PENSIERO
Complessità, Non-linearità e Psiche



Le 7 Conferenze del ciclo "Nuove frontiere della scienza"

Il cancro come mito sociale

di Francesca Marsella



Susan Sontag, nel suo libro "Malattia come metafora" mostra chiaramente come il cancro abbia rimpiazzato la tubercolosi nell'immaginario sociale: "Oggi il cancro è la malattia che si installa (senza colpire invasione sorniona e impietosa) ruolo che conserverà fino al giorno in cui la sua eziologia diventerà chiara come quella della tubercolosi e la;si curerà con altrettanto successo".
L'analogia è forse eccessiva, visto che si tratta di patologie differenti, ma l'immagine sociale di ciascuna si assomiglia nel suo tempo.
E' la malattia sulla quale i tentativi di spiegazione sono i più numerosi (stress, inquinamento, perdite), così come il chiarimento di una psicogenesi del tumore.

E' grande la tentazione di descrivere in termini di causalità psiche-soma gli avvenimenti che lo hanno preceduto, ma a cosa servono? Si ha spesso l'impressione che siano un tentativo di umanizzare il processo tumorale, di dargli un senso. Come c'è un romanzo delle origini, tanto più ricco a volte quando il soggetto dubita di scoprire l'ignoto, ci sono i romanzi del tumore.
Queste storie permettono di "parlarne", di mettere delle parole intorno alla minaccia muta di questa silenziosa invasione. Esse reintroducono l'immaginario, dunque una certa libertà creatrice e ordinata che si oppone all'anarchia distruttiva.
Il non senso è l'evoluzione tumorale, anche se le conoscenze scientifiche rivelano la competenza di cui danno prova le cellule tumorali per riuscire a stabilire la loro legge. Questa legge ha come scopo la disorganizzazione del corpo. Il tumore sfugge al controllo di colui nel quale abita. La sua autonomia, il sentimento di un funzionamento che va contro la vita introducono il disordine, il non senso. Nel mio libro l'ho definita situazione di un organismo in un ambiente.

Finché non sarà raggiunto il dominio terapeutico della malattia, essa rimarrà la rappresentazione che la morte impone alla vita. Questo tende a far dimenticare che il tumore e tutte le forme confuse (che è un altro non senso, come se ci volesse un solo persecutore) sono malattie che si curano e si possono guarire. Si tratta di una patologia che si inscrive, come le altre, in una persona e non sfugge alla interazione soma-psiche. Questo orientamento mostra sia l'interesse che l'estrema complessità del lavoro necessario per dare una base scientifica a questo tipo di interazione, ma anche l'estrema prudenza, che non esclude però un gran desiderio di comprendere. I malati angosciati e vulnerabili sono alla ricerca di ogni forma di speranza. Devono essere protetti dall'onestà e dalla competenza terapeutica. Si può accettare di essere inguaribili ma non senza speranza.
La speranza è uno stato della mente. Secondo la teoria dei sistemi viventi, la mente non è un'entità, ma un processo: il processo stesso della vita. Per usare le parole di Bateson "la mente è l'essenza di essere vivi". La mente può allora, anche di fronte a questo grave evento, autorganizzarsi "con la comparsa spontanea di nuove strutture e di nuove forme di comportamento in sistemi aperti lontani dall'equilibrio caratterizzati da anelli di retroazione interni e descritti matematicamente da equazioni non lineari".

Prigogine era affascinato dal fatto che gli organismi viventi sono in grado di conservare in condizioni di non equilibrio i loro processi vitali. Prigogine aprì un percorso di ricerca che sarebbe culminato nella sua teoria dell'autorganizzazione attraverso il riconoscimento dei legami fra "lontananza dell'equilibrio" e "non linearità".
Per Eraclito "l'Eterno è un bimbo che gioca a dadi". Non è d'accordo Einstein che (non contro Eraclito, ma contro la scuola di Copenaghen) esclama "Dio non gioca a dadi". "Giocare a dadi" significa libero caso, caso significa statistica, significa la formalizzazione del caso che dobbiamo a Gauss (tra parentesi la matematica è sempre neutrale: formalizza ciò che c'è e ciò che non c'è con eguale rigore). Anche più duri gli inventori della logica fuzzy, i quali il caso e la statistica sono il prodotto della dicotomia vero-falso posto alla base del ragionamento in un mondo in cui nulla è completamente vero e nulla completamente falso (ma piuttosto "fuzzy" = sfumato). I "caotici" vengono dopo: sul piano logico possono partire dalla logica classica o da una logica "fuzzy", ma la loro conclusione è comunque la stessa: "Dio gioca a dadi con dadi truccati".

Nell'interpretazione matematica l'ente che determina nel sistema uno stile viene detto "attrattore strano", se poi determina una precisa regola viene detto semplicemente "attrattore". Potremmo, quindi, dire che lo psicanalista è un "attrattore strano" mentre l'"educatore" è un "attrattore". Per certo lo psicanalista non è semplicemente uno specchio. I lanci dei dadi non ci daranno un bel "caso" descritto da una gaussiana, bensì "tendenze", preferenze per uno o più numeri, un certo "stile" di gioco.
"Stile" vuol dire quasi "regola", ma con una certa libertà. I "caotici" sanno descrivere questa situazione con matematica rigorosa (non lineare). La loro descrizione si applica ad ogni realtà, il caso della regola precisa è solo un (raro) limite lineare, per lo più costruito artificialmente, ma contiene tutta la nostra scienza necessariamente riduttivistica.
Così in un cielo "a pecorelle" percepiremo immediatamente "stile" con le nostre facoltà estetiche, le matematiche non lineari potranno descrivere questo stile ma i dettagli saranno impredicibili. Un cielo a pecorelle, o una sequenza di sedute psicoanalitiche, non seguono regole diverse. Non possiamo prevedere le prossime sedute, ma la storia di "un'anima di analisi" nel suo complesso presenta indubbiamente uno stile precipuo. Era quanto ci attendevamo.

Un'analisi è l'incontro, nel preciso quadro del setting di un soggetto ed un oggetto (in senso logico, perchè l'analista ed il paziente sono reciprocamente soggetto ed oggetto) che si intersecano in una frontiera o informazioni - emozioni ad articolazione infinita (come la frontiera di un frattale che moltiplica la propria interconnessione a ogni ingrandimento), ma è chiaro che questo incontro, per lo più detto transfert presenta uno stile che è indotto dall'analista (non potrebbe essere diversamente), anche per il solo fatto di esserci.
Con il silenzio viviamo il dolore con il paziente. Ma, nello scenario della mente, costante rimane il conflitto mitico tra Eros e Thanatos, la lotta pulsionale che scuote l'apparato mentale senza possibilità di tregua alcuna; è questa la premessa della ricerca dell'altro - il terapeuta - che diventa l'interprete di un dramma di sapore epico, il custode di segreti mai detti ad altri. La tensione che spinge verso il terapeuta ci ricorda l'appagamento pulsionale in presenza dell'oggetto; il terapeuta appaga perchè è presente, non abbandona, entra nel conflitto e se ne fa carico. Cala la tensione, la paura di essere lasciato solo e in balia della solitudine. Il terapeuta trasforma l'angoscia in tregua.

A questo punto, ritengo importante sottolineare la condizione psicopatologica del paziente oncologico all'interno di queste nuove acquisizioni scientifiche, nonchè il ruolo del terapeuta come contenitore dell'ansia che consente al paziente di elaborarla e mantenere la propria identità. Il fine è di dare un senso all'intervento di sostegno psicologico.
Informazioni chiare, indicazioni precise permettono un maggior controllo: tutto ciò che non si conosce è un oggetto molto più temibile e fonte di angoscia di quanto sia un oggetto noto.
Le certezze dell'Io vengono scardinate al momento della comunicazione della diagnosi: l'esistere diventa agonia e nel senso del pensiero più puro di Winnicott il timore del paziente di cadere nel nulla, nel caos della dissoluzione mentale.
L'approccio psicoterapico pone al centro dell'attenzione scientifica il problema della morte e del suo ascolto: è il terapeuta in grado di affrontarlo?

Herman Broch scrive: "solo colui che cerca l'occhio della morte potrà guardare nel nulla senza che il proprio occhio si spenga, solo colui che porge ascolto alla morte non ha bisogno di fuggire". Da un punto di vista economico l'investimento libidico dell'Io sulle cose concrete del mondo si ritira in quanto solo l'Io è il centro del mondo.
Ciò nonostante è possibile una relazione di transfert se l'altro ha spazio interno per accoglierlo ed estrema attenzione a non deluderlo. E' un transfert a volte psicotico, ma non deve sorprendere se poniamo attenzione alla lotta che sta dissociando il mondo interno del paziente. Vi è regressione. Uso il termine psicoanalitico di regressione per indicare il passaggio mentale da uno stato di indipendenza ad uno stato di dipendenza.
Nella regressione la freccia del tempo inverte la propria direzione e sospende la propria dimensione temporale rivivendo nel "Hic et unoqui ed ora" del transfert un continuo gioco tra passato e futuro. Ed esiste il tempo dell'ascolto, inteso come possibilità di percezione istantanea di una comunicazione nella sua totalità.

Come rappresentare il tempo? Solitamente è la poesia che non si pone il problema dell'oggettività o meno del tempo, ma ne dà comunque atto, fenomeno o sostanza che sia, come di una realtà assolutamente vitale. Il tempo è per lo più percepito come un tracciato rettilineo, orizzontale, articolato nelle tre dimensioni del passato, del presente e del futuro.
Anche quando si dà a cantare le età trascorse, a narrare di eventi storici o leggendari, oppure, da un angolo più personale, a rintracciare le vicende del proprio passato, rievocando date e avvenimenti dell'animo, il poeta non manca di avvertire l'istanza del "qui ed ora" o del domani. Attraverso la modulazione dei tempi verbali saranno nella poesia epica le anticipazioni, i flash-back, le profezie, il disegno escatologico, nella poesia lirica l'intreccio tra il tempo minore del quotidiano e l'urgere delle domande esistenziali, l'insorgere di prospettive lontane, l'anelito a un tempo metafisico. Si dovrebbe poi parlare di un tempo "verticale" quando la poesia, a partire dall'intuizione dell'istante, dischiude le porte dell'infinito.

Per questo sostengo che la psicoanalisi è arte oltre che scienza. L'inconscio non conosce la dimensione morta e non conosce il tempo. Ma l'oncologo, come sostiene N. Cascinelli, "non ha mai pensato che il paziente si è sempre ritenuto immortale prima di una diagnosi di morte anticipata di pochi anni o mesi?". Un mio paziente sosteneva "Mi hanno dato un tempo determinato: sembra che solo io al mondo debba morire".
E' terribilmente crudele determinare il tempo: non è forse possibile considerare le possibilità di sopravvivenza a lungo termine di un gemello (per sesso e per età) del paziente che era di fronte?

L'intuizione di Winnicott, di spazio condiviso, di holding materno funzionerebbe anche in questo caso. Il paziente è come un bambino in stato di regressione e, pertanto, è disperatamente solo, perchè è solo in presenza di un oggetto interno cattivo, distruttivo, onnipotente. A noi terapeuti compete ascoltare i bisogni dei pazienti e dei loro familiari, che sono entrambi nella rete dell'angoscia mentale della separazione.
Se la situazione di relazione consente questo spontaneo adattarsi al dramma del paziente possiamo dire, con Winnicott, che il nostro paziente è disposto ad un nuovo rapporto affidandosi pienamente ad esso. In questa mia relazione ho sottolineato molto il concetto di area intermedia come luogo di incontro tra terapeuta e paziente, oltre al valore del silenzio e della funzione di ascolto senza forzature frontali.
Winnicott scrive in "Gioco e realtà": "La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta". La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme.

Il corollario di tutto ciò è che, quando un gioco non è possibile, allora il lavoro del terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare a uno stato in cui ne è capace. Per gioco dobbiamo intendere il bisogno del paziente di comunicare e, attraverso la comunicazione, entrare nel cuore della vita: il gioco è la comunicazione condivisa con un altro, che è partecipe dei nostri destini; il gioco è scambio e, in senso più profondo, è un atto di fiducia nell'amore che pervade le cose del mondo. La fiducia è sapere di potersi affidare al terapeuta con la speranza che il gioco cominci a mettere in moto le risorse dell'essere, congelate dal fallimento dell'ambiente dalle sue pressioni.
Non è possibile, forse, pensare che per il paziente oncologico l'intervento psicoterapico, richiesto con tanta drammaticità, non sia che desiderio di comunicare con le risorse del proprio essere per scoprire, finalmente, il senso di se stessi?

Per seguire in relazione questi pazienti, noi psicoterapeuti dobbiamo costantemente lavorare su noi stessi, confrontandoci con l'angoscia della morte e con il significato della vita. Una formazione continua che ci mette sempre di più in contatto con le nostre parti profonde può aiutare la psicoterapia e gli psicoterapeuti, non importa a quale scuola essi appartengano, a vivere la relazione, il contatto non come dovere d'assistenza ma come possibilità d'aiuto intenso affinchè il dolore della morte non appassisca le risorse nè del paziente nè del terapeuta.

CONCLUSIONE

Concludendo, per quanto non vi sia possibilità di conclusione in un approccio dialettico, pensiamo che ci vorrà molto tempo prima che sia possibile avviare un discorso sull'isomorfismo di differenti sistemi concettuali e di osservazione.
Vedo la neoplasia come uno stato patologico in evoluzione, con la possibilità di avanzare grazie alla caduta di difese in una situazione psicobiologica totale. La sua comparsa è associata ad una distorsione dell'informazione che normalmente dirige gli equilibri di controllo, della crescita e della differenziazione; avviene cioè un cambiamento in seguito all'alterazione o alla deformazione dell'identità a livello di organizzazione. Vi è una perdita o blocco di comunicazione tra sistemi che sono interdipendenti, ed il modello dell'identità originaria viene rimpiazzato da modelli caotici che sono senza un significato specifico per l'organizzazione totale di tutte le singole funzioni.

Questa perdita di identità originaria viene rimpiazzato da modelli caotici che sono senza un significato specifico per l'organizzazione totale di tutte le singole funzioni. Questa perdita di identità e di controllo porterebbe a una regressione ancora più profonda, riconducibile, seguendo il pensiero di Freud, alla lotta delle due forze, vita e morte, che operano all'origine di ogni individuo, sia esso cellula o psichismo. Questa maniera generalizzata e non specifica di descrivere il processo neoplastico, è stata scelta deliberatamente per mettere in evidenza la possibilità di fare paragoni dialettici e descrittivi fra processi di malattie che convenzionalmente vengono dichiarate e distinte come psichiche o somatiche.

Se ci fosse possibile pensare non solo o al sistema psicologico o nervoso o a quello immunitario, ma anche alla somiglianza, la comunicazione, la complementarietà fra i sistemi, si aprirebbe un nuovo campo di ricerca in cui forse potrà esistere la possibilità di tradurre i fatti da un sistema all'altro, o per lo meno trovare collegamenti importanti fra le varie discipline.

Bibliografia

Sontag S. (1979). "Malattia come metafora" Il cancro e la sua mitologia.
Einaudi Editore.

Marsella Guindani F. (1982). "Valutazione dell'aspetto psicologico nelle
malattie neoplastiche". E.E. edizioni Ermes - Milano.

Marsella Guindani F. (1987). "Il corpo come centro del falso sè".
Relazione per il centro Psicoanalitico Milanese.

Capra F. (1997). "La rete della vita". Rizzoli.

Cascinelli N. (1993). "Il tempo breve". Ed Sellerio - Palermo.

Winnicott D.K. (1974). "Gioco e realtà". Armando - Roma.

Freud S. (1920). "Al di là del principio del piacere". Boringheri (vol. O).



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