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PSYCHOMEDIA
MEMORIA E (TELE)COMUNICAZIONE
Telematica



Per una Psicoanalisi delle Masse mediatiche e della Grande Rete

di Marco Longo

(lavoro presentato alla International Conference on the Work of W. R. Bion - Torino - Luglio 1997)


La comunicazione di massa ha reso sempre più possibile nel nostro secolo la diffusione di messaggi ed informazioni a sempre più grandi gruppi di individui, i quali, accomunati dalla condivisione di tali messaggi ed informazioni, si possono identificare e configurare come una collettività, anzi meglio come una massa che gli psicosociologi definiscono massa mediatica.

Una massa mediatica è definibile come l'insieme degli individui che in un determinanto momento usufruisce di dati, informazioni, messaggi, veicolati attraverso un mass-media che può, a seconda della sua specifica modalità comunicativa, connotarne differenti tipologie e caratteristiche; questo tipo di gruppalità si propone come un nuovo contesto sociale in grado di contenere le molteplici spinte collettive, all'interno di determinati modelli di appartenenza e di identificazione culturale.

L'abbattimento delle barriere spazio-temporali realizzato dalla Radio, dalla Televisione ed ora dalla Grande rete, ovvero da Internet, rende oggi la comunicazione di massa capace di superare definitivamente i confini di quelle piazze, che i primi teorici sui gruppi e sulle masse, come Le Bon, Mc Dougall e lo stesso Freud, consideravano il punto di riferimento essenziale, la coreografia indispensabile per poter parlare di massa e fare in modo che questa materialmente potesse costituirsi, aggregando diversi individui in uno spazio "relativamente" delimitato e definito dai suoi confini fisici. Oggi invece, se di confini ancora vogliamo parlare, dobbiamo casomai prendere in considerazione dei confini mentali, ammesso che il pensiero possa essere circoscritto in qualcosa di limitato, ovvero i confini della nostra stessa capacità di pensare una massa.

Relativamente al pensiero, ciò che sempre osserviamo è che ogni novità tecnica o culturale che coinvolge in modo determinante gran parte dell'umanità sembra destinata ad attivare parallelamente, almeno per un certo tempo, da una parte una grande illusione e dall'altra un radicale rifiuto, segno forse della riattivazione dell'ambivalenza e della tendenza difensiva con cui in genere affrontiamo il nuovo; il risultato è così quasi sempre la divisione in opposte fazioni, sia dentro di noi come individui, sia ovviamente nella società e nei gruppi.

"Una macchina mostruosa ... un trucco diabolico ... un gioco perverso ... qualcosa che allontana solo l'uomo da se stesso ...". Quante volte, in ogni epoca della storia umana, espressioni come queste hanno accompagnato in particolare l'invenzione o l'introduzione di un nuovo strumento tecnico; e per molte persone è stato così anche per il computer (un pochino anche tra gli psicoanalisti, ammettiamolo), e di nuovo è così ora anche per Internet. E questo anche se parallelamente, stavolta come ogni volta, per molte altre persone si registra invece un enorme entusiasmo, una grande attesa, quasi magica, di una forte accelerazione del progresso e di un rinnovamento totale nella qualità e nel concetto stesso di comunicazione umana.

Nelle parole di Francesco Corrao questo coinvolgimento totalizzante appare in tutta evidenza: "I grandi fenomeni di massa, (così) come il panico, l'esaltazione, il furore, il lutto, sono nel mondo d'oggi facilmente canalizzati in fitte reti di messaggi, a circolazione diffusa e continua, che penetrano, spesso intrusivamente ed inconsciamente, nella sfera percettiva individuale, determinando alterazioni ed omogeneizzazioni timiche ed ideiche (che comportano massificazioni) persistenti o fugaci, difficilmente trascurabili (anche) nell'esercizio quotidiano dell'analisi terapeutica".

La psicoanalisi dunque, e in particolare quella dei gruppi, può dare un contributo essenziale per comprendere questi fenomeni mentali così radicali e le loro possibili conseguenze psicopatologiche regressive negli individui e nei gruppi; ma naturalmente il contributo può e deve essere portato non solo a livello psicopatologico, per analizzare anche le caratteristiche progressive e le ulteriori trasformazioni evolutive del pensiero individuale e dei gruppi, le sole che permettono agli uomini un avanzamento a livello creativo, operativo ed organizzativo.

Al Centro Ricerche Psicoanalitiche di Gruppo di Roma, come in molte altre parti del mondo, è in corso da diversi anni una ricerca da parte del Gruppo di lavoro Psychomedia su quelle particolari forme di gruppalità, che abbiamo definito masse mediatiche, che vengono a costituirsi per opera della diffusione capillare dell'informazione attraverso i mass-media, la cui introduzione ha influenzato ed influenzerà sempre più le modalità di aggregazione e relazione, reale e/o virtuale, tra le persone.

Come è noto la Radio, la Televisione, ed ora in un certo senso ora anche Internet, sono tutti strumenti in grado di provocare nel giro di pochi secondi l'aggregazione o lo scioglimento di migliaia o milioni di persone, anche di nazionalità e cultura diversa. Come fu chiarito infatti già da Freud in Psicologia delle masse e analisi dell'Io, l'appartenenza ad un gruppo o ad una massa non esclude la possibilità di far parte contemporaneamente anche di altri gruppi o altre masse; ciò che caratterizza l'appartenenza ad un gruppo o l'adesione più o meno automatica ed immediata ad una massa è la presenza di elementi condivisi da tutti i componenti: una forma comune sia di ideale e insieme di regressione, nonché la devozione quasi cieca nei confronti di un leader (o di una funzione reale o presunta tale di leadership, come direbbe Bion).

In che modo è possibile allora oggi analizzare gli analoghi meccanismi sia di idealizzazione che di regressione che si verificano anche nelle masse mediatiche? e soprattutto allora chi o che cosa assume il ruolo di leader? e come si possono analizzare i sempre più evidenti fenomeni di tele e ciber-dipendenza? e come, parallelamente, anche le trasformazioni dinamiche evolutive che sono oggi in corso a livello rappresentazionale nel pensiero degli individui e dei gruppi?

Analizzare anche da un punto di vista psicoanalitico, e non solo psicosociologico, il fenomeno Internet, nonché le sue prospettive reali o ipotetiche di utilizzazione attuale e futura per gli individui ed i gruppi, non può tuttavia prescindere da una conoscenza, se pur minima, degli elementi concreti e tecnologici che sottendono il sistema Internet e delle modalità pratiche della sua utilizzazione, a tanti livelli, dai più ludici ai più professionali, e conseguentemente delle trasformazioni in atto a livello del concetto stesso di comunicazione umana.

Si rischia altrimenti, come accade spesso nel tentativo di analizzare molte altre situazioni nuove o in attiva trasformazione negli individui o nei gruppi, di limitarsi ad un'analisi basata su presupposti psicodinamici classici, pur validissimi, ma non sempre sufficientemente congruenti con la situazione attuale e, soprattuto nel caso di Internet, con le rapidissime trasformazioni in atto, sia a livello tecnologico che naturalmente psicosociologico, che stanno coinvolgendo e coinvolgeranno sempre più gran parte dell'umanità.

Si rischia anche, come già dicevo prima, di limitarsi ad un'analisi di tipo psicopatologico, che già ha focalizzato l'uso passivizzante di Internet, per cui da più parti si parla ormai di "internet addiction", mentre mi sembra fondamentale sintonizzarsi maggiormente con la complessità della situazione, per non vedere tutto sempre e solo in temini di regressione e di dipendenza, analizzando anche tutto ciò che Internet oggi attiva o riattiva come curiosità, esplorazione, desiderio, sperimentazione e reale possibilità di comunicazione, nuove forme di lavoro ed organizzazione; parafrasando Bion potremmo dire che anche come psicoanalisti è opportuno quanto meno avvicinarsi al fenomeno Internet, almeno quel tanto che renda possibile la comprensione di ciò che rappresentano anche da un punto di visto evolutivo le "experiences in mediatic groups".

Fondamentale è dunque, nel caso sia necessario ribadirlo, il contributo che, per capire questi fenomeni gruppali, può venire dalla psicoanalisi di gruppo, tenendo conto in particolare delle dinamiche di oscillazione mentale tra gruppo e individuo che sono rintracciabili in ogni persona, nella quale con Freud e Bion riconosciamo infatti la presenza di una componente gruppale della personalità e del pensiero, parallela, complementare e necessariamente correlata alla componente individuale. Scrive infatti Bion: "...nessun individuo per quanto isolato nel tempo e nello spazio, può essere considerato estraneo a un gruppo o privo di fenomeni di psicologia di gruppo".

Rispetto alle masse mediatiche e ad Internet le oscillazioni psicodinamiche da analizzare sono però anche più complesse, essendo l'individuo direttamente immerso in una situazione di massa, perlopiù virtuale, ma estremamente coinvolgente, per cui dobbiamo tenere presente una sorta di triangolo i cui vertici sono rappresentati da: individuo, gruppo (reale) e massa (virtuale); la nostra analisi dovrà dunque tenere conto di tre dinamiche di oscillazione tra individuo e gruppo, individuo e massa, gruppo e massa.

Ciò che intendo dire è che bisogna tener conto del particolare tipo di situazione mentale in cui si trova coinvolto chi si collega ad Internet, per qualunque tipo di utilizzazione del sistema, una situazione in cui è dominante comunque la sensazione di entrare, in un secondo, a far parte di un sistema di comunicazione universale, cosa già di per sé affascinante, resa ancor più magica dalla possibilità (almeno così è attualmente, ma sappiamo che questo sta già radicalmente modificandosi) della sola comunicazione di tipo testuale, senza suoni e voci, senza immagini e volti (tanto che molto spesso ci si scrive scherzando arrileggerci, e non arrisentirci o arrivederci); un tipo di comunicazione che è contemporaneamente molto più affascinante, ma anche molto più frustrante dello stesso telefono, del quale pur rappresenta una particolare evoluzione, perché permette una comunicazione interattiva con una molteplicità apparentemente infinita di individui, con una massa mediatica universale, appunto, ma senza per ora veicolare nessuna caratteristica concreta e reale, ovviamente centrata sugli elementi corporei e sensoriali.

C'è dunque la fantasia della possibilità di un immediato contatto virtuale con la totalità degli uomini, al di là dei limiti spazio-temporali della corporeità, una fantasia che tanti antecedenti ha nella storia del pensiero e della letteratura, una fantasia che però questa volta sembra essere alfine veramente realizzabile. Dico "sembra", ovviamente, ma penso sia intuitivo cosa questo possa rappresentare ad esempio per gli adolescenti, tenendo presente il particolare rapporto che si viene a creare in questo periodo della vita tra pensiero, corpo, gruppo, massa, con tutte le implicazioni a livello sia di idealizzazione che, ad esempio, di onnipotenza e di avidità. Cerchiamo allora di analizzare più da vicino proprio questi elementi.

Una caratteristica comune alle varie masse mediatiche è l'attivazione di una fame inesauribile, direi quasi cannibalica, di informazione, accompagnata da vissuti maniacali ed illusori rispetto al possesso e al controllo dell'informazione mediata, con un complementare aspetto inconscio di tipo depressivo e/o depersonalizzativo, causato dalla inevitabile relativa falsificazione dell'informazione stessa da parte dei media. Così come Anzieu aveva constatato (Il gruppo e l'inconscio - 1976) i partecipanti ad un gruppo largo si sentono sempre come immersi e sommersi nell'anonimato collettivo; più i membri sono numerosi, meno è possibile allacciare vere relazioni interindividuali che permettano loro di esistere come persone: questa dispersione in uno spazio sempre più grande non fa altro che alimentare quel fantasma di smembramento che è alla base del vissuto di depersonalizzazione.

Questo discorso, già abbondantemente affrontato per quanto riguarda la Televisione, può oggi essere approfondito attraverso uno sguardo attento alle dinamiche individuali e gruppali di coloro che si collegano individualmente, ma di fatto contemporaneamente ed interattivamente in larghi gruppi o masse, attraverso Internet. Come è noto Internet consiste in un grande sistema di reti telematiche, che permette il collegamento in tempo reale di milioni di computer, utilizzando le vie telefoniche, dando vita al 'popolo' del Ciberspazio: una enorme comunità virtuale, un'enorme massa caratterizzata però dalla mancanza di uno spazio fisico-sensoriale condiviso.

Nel Ciberspazio ogni individuo è virtualmente in contatto sincronico con tutti gli altri attraverso uno spazio invisibile, o come direbbe Corrao, uno spazio topologico in cui si percepiscono al contempo la lontananza e la vicinanza, la rarefazione del vuoto e la pienezza totale. Non a caso alcune delle fantasie su Internet parlano di "grande caverna oscura"; non a caso uno dei più diffusi sistemi di navigazione sulla rete si chiama "Gopher" (che in inglese si legge come 'go far' = vai lontano), che è il nome di un piccolo roditore che scava e vive in lunghissime gallerie sotterranee, il cui nome scientifico è significativamente Gopherus Polyphemus; non a caso ancora, ma le possibilità di esempio sarebbero quasi infinite, una dei più importanti nodi italiani di questo Villaggio Globale che è Internet si chiama significativamente "La città invisibile".

Si potrebbe dire che, pur non essendo Internet una vera struttura gruppale, in quanto manca ogni contatto di tipo sensoriale tra i suoi "cittadini", viene comunque percepita da una parte della nostra mente come una sorta di grande campo gruppale. Ciò dipende dalla perturbante consapevolezza della vastità della sua estensione, che espone ad una simultanea sensazione di caduta vertiginosa e di galleggiamento; dalla regressione indotta dall'impossibilità di vedersi, parlarsi e udirsi direttamente; unitamente alla sensazione quasi magica che il monitor sia, come in certi quadri di Magritte, una finestra sul mondo, che permette un contatto e un dialogo universale; e ancora dipende dall'immediatezza del collegamento con ogni luogo della Terra, abbinata all'apparente trasparenza e forse alla rimozione del supporto tecnico informatico e telefonico, cosa che crea l'illusione di una sospensione del tempo e di un'immersione in un fluido continuum spazio-temporale. Tutto questo fa sì che l'invisibile Ciberspazio venga colmato da fantasie proiettive e da aspettative tipicamente gruppali.

Oltre ad Internet vi sono però moltissime altre reti più piccole, che seppur collegate o attivate all'interno della Grande Rete, tendono ad avere vita propria: forse è proprio la percezione del rischio di perdere l'identità personale che spinge qui e là nel mondo alcuni tra i numerosissimi navigatori dell'immenso oceano virtuale ad aggregarsi in piccole comunità virtuali, in piccole reti o gruppi mediatici che si pongono come isole più organizzate nel mare magnum della massa mediatica. Nelle Chat-on-line, così come nelle migliaia di News Groups, nelle Mailing-lists o nelle simulazioni dei M.U.D. (Multi-User Dangeon), la parola, ancora oggi paradossalmente afona, solamente scritta sullo schermo, è (per ora almeno) l'unico tramite in grado di creare un con-testo, oltre a manifestare la presenza di un pensiero che emerge dal caos dell'immenso spazio virtuale; uno spazio digitale costituito però da continue ondate di testimonianze verbali, che necessita continuamente di un nuovo atto di immaginazione per rigenerarsi e per far sì che la complessità e insieme la fragilità della sua struttura non lo espongano allo sgretolamento.

Navigatori, oceano cibernetico, spazio reticolare, ragnatela (web space), ragni esploratori ... sono comunque tutti termini di un nuovo gergo che riporta ad una dimensione che l'uomo comune sembrava aver dovuto dimenticare: quella del pioniere, del ricercatore e dello scopritore. Nel caso di Internet si tratta però di scoprire, dal nostro punto di vista, le possibilità reali di comunicazione in un immenso campo mentale parallelo, un vastissimo labirinto informatico caratterizzato psicologicamente in modo fortemente illusionale, uno spazio virtuale in cui solo se si manterrà un filo di collegamento con il reale sarà possibile non restare intrappolati in una logica regressiva ed avida di consumo cannibalico senza fine delle informazioni ed invece, come Teseo, tornare indietro, per raccontare la propria esperienza mediatica; solo così Internet potrà essere per l'uomo del 2000 anche un grande luogo di scoperta e di relazioni, e non, come purtroppo già da molte parti si può temere, una nuova forma di ciber-tossico-dipendenza.

L'esempio di Teseo e del labirinto ci è utile sia per focalizzare l'incontro mostruoso con l'avidità e l'onnipotenza, ma anche per focalizzare un'altra delle caratteristiche attuali della comunicazione telematica: ovvero il fatto che nella rete-labirinto si è comunque particolarmente soli, anche se insieme a moltissimi altri. Al di là del gioco di parole, effettivamente le modalità attuali di approccio al canale comunicativo telematico, che con l'esclusivo uso della tastiera frustrano completamente la trasmissione e la percezione degli elementi corporei ed emotivi, predispongono l'individuo a sentirsi particolarmente solo, e ciò proprio nello stesso momento in cui si sente contemporaneamente in comunicazione col mondo intero.

Ponendosi davanti al monitor, infatti, ci si pone nello stesso tempo di fronte ad un limite luminoso ed oscuro insieme tra il reale e il virtuale, ad un confine di vetro, trasparente ed opaco insieme, tra l'intimo della persona e il pubblico della massa, quasi una concretizzazione esterna del confine, ammesso che esista, tra la parte individuale e quella gruppale della personalità. E' come porsi nel punto centrale di una soglia magica che è insieme totalmente gratificante e divorante come un buco nero, ovvero, rovesciando bionianamente l'immagine del vetro del monitor, è come porsi a livello dell'unico piccolo meato tra le pareti di vetro di una clessidra, dove tutto può passare o intasarsi, in un luogo dove si perde totalmente la percezione del dentro e del fuori, perché da entrambe le parti c'è tutto il dentro e tutto il fuori. Sul monitor si trovano dunque a coincidere topologicamente e cronologicamente la sorgente di emissione e l'apparecchio ricevente, venendosi a creare una situazione che ingenera, nello stesso luogo e nello stesso momento, una sensazione di onnipotente pienezza ed impotente vacuità.

Tutto questo fornisce forse anche una giustificazione all'osservazione di molti mass-mediologi secondo la quale nelle reti telematiche, nelle varie comunità virtuali (mailing list e chats), siano piuttosto frequenti scambi di messaggi nei quali gli argomenti trattati concernono inaspettatamente anche molti aspetti intimi delle persone coinvolte nella comunicazione. Forse oggi, soprattutto per molti giovani, proprio essendo soli di fronte ad una scatola quadrata luminescente, novella lanterna magica, prorio essendo non visti, non uditi, ci si affranca paradossalmente dal senso di vuoto e dalla solitudine che permeano l'individuo immerso nella società di massa e da quelle paure che il contatto interpersonale così spesso produce, esprimendosi attraverso una propria controfigura virtuale scritta dalle proprie dita sulla tastiera: in questo modo in internet ci si può dire di tutto, persino una parte di verità.

Non è infrequente perciò che in rete, come ha osservato anche Norman Holland nel suo ormai famoso articolo sulla Internet regression, si susseguano incontri e discussioni che, a dispetto dell'apparente anaffettività del modo virtuale attraverso il quale si entra in contatto con gli altri, suscitino invece vissuti fortemente carichi emotivamente, coinvolgendo le persone fino al punto di insultarsi (le cosiddette flames) e rapidamente perdonarsi o addirittura inviarsi vere e proprie dichiarazioni d'affetto o d'amore. Come se fossero dei punti di incontro abituali o delle piccole piazze virtuali, le mailing lists, le chat lines, i newsgroups, rendono disponibile per molte persone, soprattutto giovani, un terreno amico sul quale poggiarsi, una base dalla quale partire per conoscere "altri come noi". Si instaurano così molti legami che poi durano nel tempo, che anzi si rafforzano proprio in virtù di quella distanza che protegge dal contatto con l'altro.

Le moderne tecnologie di telecomunicazione stanno dunque contribuendo in modo fondamentale alla trasformazione attualmente in corso nella società post-moderna della stessa percezione della solitudine individuale nel tempo e nello spazio. E come nella società di massa così anche in Internet appare sempre più evidente oggi l'importanza che assume l'emergere di un nuovo elemento dinamico che a ben vedere stentiamo a considerare solo ed esclusivamente regressivo e che avvertiamo invece anche come paradossalmente strutturante per l'identità individuale: ovvero l'emergere del particolare rapporto di oscillazione tra individuo e massa (virtuale), piuttosto che del rapporto tra individuo e gruppo (reale). D'altra parte oggi appare decisamente inconcepibile studiare la mente dell'individuo estrapolandolo dal suo rapporto sempre più coinvolgente con la società di massa.

Su queste basi prende fortemente consistenza l'ipotesi analitica che tende a considerare Internet come una grande rete che di fatto realizza quella gruppalità virtuale e fantasmatica di massa, che proprio attraverso la sua profonda invisibilità strutturale contribuisce a rendere meno nascosta la parte gruppale della mente individuale. A questo proposito vale la pena di ricordare come in alcune delle sue riflessioni sul sistema protomentale, Bion abbia concepito il gruppo non tanto o non solo nella sua dimensione strutturale, quanto piuttosto nella sua dimensione fantasmatica. Il gruppo per Bion è prima di tutto "un modo di essere della mente"; non un entità sociologica quindi, ma una componente dinamica e potenziale della mente di ogni singolo individuo, una componente che non appena le circostanze esterne lo consentono, di fatto si estrinseca in diverse fenomenologie, configurazioni, forme e strutture.

La teoria del sistema protomentale e degli assunti di base, i concetti di oscillazione e di cambiamento catastrofico, sono dunque dei validisssimi strumenti, delle lenti ottimali per inquadrare le dinamiche invisibili del Ciberspazio, nel quale proprio la mancanza di corporeità evidenzia ancor di più la componente gruppale della mente. Utilizzando questo strumenti ciò che come Gruppo di lavoro Psychomedia osserviamo con particolare attenzione è come l'immersione dell'individuo nella massa mediatica sia dapprima una sorta di rifugio illusionale, che in molti casi può far pensare ad una nuova forma di tossicodipendenza, ma in seguito possa divenire anche una forma di partecipazione più identificata ed identificabile, attraverso la costituzione dei piccoli gruppi mediatici.

In rete ci si aggrega fissando dei confini telematici per il gruppo, facendo in modo che il campo gruppale abbia delle coordinate virtuali adatte per identificarlo, nonostante la dispersione sensoriale e la distanza geografica tra i suoi componenti. Le comunità virtuali e tutti i gruppi virtuali sono, in questo senso, la testimonianza di come, modificandosi oggi i contesti e le modalità dello stare insieme, l'esigenza primaria di comunicare con gli altri mantenga comunque alcune costanti relazionali che risentono inevitabilmente di quella matrice gruppale presente in ogni individuo.

Potremmo anche dire che dall'illusione narcisitico-maniacale del singolo utente-navigatore solitario, si passa ad una vera illusione gruppale, che in quanto tale apre maggiori possibilità confronto e quindi di pensiero in un particolare tipo di campo gruppale. Un'illusione gruppale che, sostenuta da un bisogno relazionale dell'uomo, agisce quindi anche in Internet come elemento coesivo che favorisce gradualmente l'emergere di una capacità di rappresentarsi operativamente la propria appartenenza ad un piccolo gruppo mediatico.

Il passaggio successivo è la costruzione e la stabilizzazione del gruppo di lavoro telematico, cosa che si rende possibile nel momento in cui la percezione della propria appartenenza, il vissuto del "noi", appaiono come il frutto di una costruzione collettiva, il primo tassello della quale è la tolleranza della frustrazione derivante dalla percezione di uno spazio gruppale senza confini, o meglio con dei confini sempre da costruire o ricostruire ... attraverso un lavoro comune.

Ma dei gruppi di lavoro mediatici parlerò meglio in un'altra occasione. Consentitemi ora di terminare citando un racconto scritto circa trent'anni fa da Isaac Asimov, in cui egli descrive un ipotetico futuro sviluppo tecnologico, ma ovviamente anche psicologico, della società umana completamente centrato sulla telecomunicazione, nel quale le macchine avevano avuto, almeno in tutta una prima fase, un ruolo centrale.

Nel racconto egli narra come nel corso del tempo erano stati messi a punto sistemi di produzione industriale sempre più automatizzati, in grado di soddisfare qualunque esigenza degli esseri umani, e sistemi computerizzati di telecomunicazione sempre più avanzati.

Le linee fondamentali di questo sviluppo tecnologico e psicologico erano state:

- la costruzione di macchine robotizzate sempre più avanzate tecnologicamente, in grado tra l'altro di gestire una forma di intelligenza artificiale e quindi di progettare e costruire altre macchine ancora più sofisticate, prevedendo necessità e bisogni futuri;
- lo sviluppo negli esseri umani, ormai liberati da compiti lavorativi, di una forma sempre più avanzata di comunicazione telepatica (anche questa in una prima fase in parte assistita dalle macchine, ma poi sempre più autonoma da esse) con la successiva conquista della possibilità di favorire ogni tipo di incontro, in tempo reale, tra la mente degli esseri umani, anche a notevolissima distanza nell'universo, senza che ci fosse la necessità di trasportare anche i corpi;
- la possibilità di costruire macchine in grado di conservare per un periodo sempre più lungo di tempo i corpi degli esseri umani, rendendo possibile un crescente vagare quasi perenne nello spazio dei soli rappresentanti mentali o virtuali degli esseri umani, ormai sempre più svincolati dai limiti spazio-temporali e sempre più in grado di comunicare tra tutti loro, anche contemporaneamente;
- il conseguente venir meno, ad un certo punto, della stessa necessità di conservare ancora i corpi e quindi il successivo abbandono di ogni macchina, essendo ormai gli uomini divenuti puro spirito in eterna comunicazione tra loro, anzi per la verità un solo puro spirito, in eterna comunicazione con se stesso.

Solo, appunto, profondamente solo, dal momento in cui, essendo stata raggiunta la completa comunicazione universale, praticamente non c'è più nessun altro con cui parlare. Ed è a questo punto che Asimov fa dire a questo grande spirito virtuale: "beh, e se provassi a ricreare l'uomo?"


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