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PSYCHOMEDIA
COMUNITA' e STRUTTURE INTERMEDIE
Centri Diurni e Day Hospitals


Alcuni aspetti totemici della tribù psichiatrica

Massimo Mari


PROLOGO
Leon Grimberg segnala che la "problematica sociale al tempo di Freud, gli inizi del '900, era la sessualità, oggi il problema centrale è l'identità".
In Totem e Tabù Freud centrò l'attenzione sul divieto all'incesto segnato dal tabù.
Ci piacerebbe prendere in esame la funzione identificatoria del totem

1) Il TOTEM: Ente aggregante che sancisce un'appatrenenza, simbolizza un'identità, contiene un senso per la tribù.
2) La TRIBU': produce il totem sopravvive finchè il totem le da un senso ed ha ruoli discriminati al suo interno. Questi ruoli vengono mantenuti e delimitati tramite le leggi ed i tabù
3) I TABU': sanciscono esplicitamente le regole, implicitamente le sanzioni. Trasgredirli significa sperimentare la non appartenenza, la perdita di senso, la perdita di identità

INTRODUZIONE
Questa analisi vuole collocarsi in ambito comunitario (J. Bleger).
Le caratteristiche del concetto su cui lavoro mi sembrano meglio descrivibili da un linguaggio mutuato dalla antropologia, dalla psicanalisi, dalla analisi operativa dei gruppi e delle istituzioni. Sono costretto a mutuare il linguaggio da altri discipline nello sforzo di concettualizzare in un ambito tanto vasto. Sono confortato in questo mio tentativo dal lavoro di E. Pichon Riviere che era improntato ad una "epistemologia convergente".
La pratica e gli esempi sono derivati dal mio lavoro come Psichiatra e come terapeuta di gruppo oltre che dalla mia formazione personale.
Il campo in cui si collocano le mie osservazioni è nella regione Emilia Romagna, in Italia, nel Servizio di Salute Mentale del Sevizio Sanitario Nazionale. Pertanto le descrizioni di seguito riportate appartengono al mio vertice di osservazione. Mi rendo conto che il maggiore rischio di questo lavoro risiede nel possibile eclettismo del linguaggio e nella difficile generalizzazione di una esperienza confinata in un ambito territoriale e sociale delimitato.

L'EVOLUZIONE DEL "TOTEM PSICHIATRICO"
Un tempo il manicomio con le sue mura e le sue pratiche segnava il margine, la linea di discrimine tra la follia e la psicologia della vita quotidiana. In tal senso quel muro rappresentava un totem ossia un ente contemporaneamente simbolo della tribù e sede dell'identità della stessa, contemporaneamente contenitore di significato e fonte di significato. Il manicomio era il luogo di deposito dell'identità della "tribù psichiatrica" che tramite esso articolava i suoi ruoli e le sue leadership (il matto e il sano, il ricoverato, i familiari, gli infermieri, i medici, il direttore), le sue regole ed i suoi tabù (la legge per entrare, le leggi interne, soprattutto non oltrepassare il muro).
Quel muro era la sede da cui partire per ogni reale analisi della situazione, senza prenderlo in esame ogni intervento risultava terapeuticamee scarsamente efficace.

Dopo la comparsa degli psicofarmaci il significato progressivamente abbandona il muro verso una sua pratica interna: la farmacoterapia. In tal modo il totem (muro di cinta) perde il suo senso, non è più così pregnante come in precedenza e non da più senso ossia non è più così identificante come in era pre-farmacologica. Il "totem muro" verrà attaccato e distrutto fino all'atto formale, noto in tutto il mondo, della cosiddetta "legge 180". Il tabù diviene ora trasgredibile, il muro può essere dapprima abbattuto poi progressivamente oltrepassato. Se ne ricaverà una frammentazione della tribù (medici, degenti, infermieri, famiglie, forze dell'ordine, ecc.) che da questo totem era identificata. Molti vivranno tale cambiamento come una perdita della propria storia ed in ultima analisi della propria identità (vd. M. Tobino "Libere donne di Magliano", "Gli ultimi giorni di Magliano").

Nasce un nuovo totem: la farmacoterapia ed il reparto di Diagnosi e Cura. Questi raccoglieranno la funzione discriminante che un tempo era quella del muro: i pazienti in trattamento farmacologico e gli altri, il membro della famiglia che assume medicine e chi si preoccupa di somministrargliele. Per chi ha una certa pratica psichiatrica vedrà spesso che la farmacoterapia passa da trattamento a sintomo con assunzione di molteplici significati aggiuntivi a quello puramente biologico (è frequente sentire il paziente che dice :"Non sono guarito perché prendo ancora le medicine"). Il farmaco è un oggetto che necessita pratiche come il breve ricovero in cui si identificherà "la diagnosi", si evidenzierà "il sintomo bersaglio", inoltre saranno necessari il dispensari territoriali che distribuiscano i farmaci e ne controllino il dosaggio e l'assunzione. Tali strumenti pertanto permettono una identità di appartenenza (diagnosi), un progetto di vita (sintomo bersaglio), un tabù (i farmaci vanno usati sotto stretto controllo medico), numerosi ruoli sociali (chi prende le medicine, chi le somministra, chi li controlla, chi le conosce, ecc.).

Oggi però le esigenze di mercato che tendono ad aumentare con progressione geometrica la prescrizione e la assunzione di psicofarmaci, le varie pratiche di autosomministrazione tendono ad una dispersione dell'appartenenza alla tribù che è identificata da questo totem medicale (nonostante al rinforzo al tabù che cercano disperatamente di dare le tossicomanie ed i vari tentativi di suicidio). Quindi il "totem psicofarmaco" si sta generalizzando a gran parte dell'intera società fallendo in una delle funzioni fondamentali che una tribù necessiterebbe: quella di permettere una identificazione discriminata dagli altri. Inoltre la "guarigione" indotta dal farmaco di fatto non reinserisce la persona nel ciclo produttivo fallendo una delle principali abilità del ruolo sociale del "sano".
Mi sembra che oggi stia nascendo all'interno delle pratiche che permettono un controllo della sintomatologia psichiatrica un nuovo totem che è quello della "Comunità sia essa terapeutica, di vita, religiosa, di lavoro, riabilitativa ecc.". Lo strumento di questo totem è il "Lavoro" come per gli altri era il muro ed il farmaco. Le varie officine protette, i day hospital, i centri diurni ecc. sembrano prendere nell'immaginario collettivo e nel senso comune una forma progressiva che sta acquistando caratteristiche totemiche: da identità a chi la crea, a chi vi lavora, a chi ne è "ospite".
L'energia necessaria per erigerla deriva dal deposito di una "utopia significante": "sarà una sorta di paradiso terrestre, in assenza di conflitto, qui il lavoro cura e non aliena " ecc.. Si sta progressivamente formando un solco tra chi vive o manda o lavora per o dentro la comunità e chi ne è fuori.

Si potrebbe dire che traspare dal negativo di questa utopia il positivo di chi formula: costui non è in comunità quindi è solo; non è curato dal lavoro, quindi ne è alienato e stressato, non è in ambiente protetto quindi vive in una giungla piena di pericoli.
La figura centrale (leader) all'interno del manicomio e l'Infermiere-custode costui rappresenta colui che ha appreso a vivere al di là del muro.
Nel totem farmaco leader è il medico che definisce la malattia ed il suo trattamento.
Nel totem Comunità il leader è il "Volontario", costui cerca di impegnare il suo tempo al di fuori del ciclo produttivo.
Nel manicomio bisogna contenere chi trasgrediva i tabù familiari, pertanto era opportuno essere infermieri di solida costituzione fisica e di solidi principi morali.
Col farmaco bisogna reinserire rapidamente chi è espulso dal ciclo produttivo occorre essere efficienti e rassicuranti medici.

Nella Comunità sia essa per l'intera giornata o per parte di essa, per anni, per sempre, per mesi o per giorni occorre ritrovare il piacere della vita, alla relazione con gli altri ed al lavoro. i Volontari devono pertanto essere disposti a dare motivazioni e piacere alla vita, ciò che probabilmente, al di fuori di questa attività non trovano per se stessi e che sentono come presente unicamente nella compartecipazione attiva alla Comunità. Ben accetto comunque all'interno chiunque abbia un valore da insegnare e del tempo da dare. E' frequente che chi appartiene alla tribù della Comunità col tempo riesca sempre più difficile a tollerare il senso di inautenticità che pervade la vita al di fuori di questa, d'altro canto la vita all'interno della Comunità stessa non può che essere violenta e rigida per contenere l'utopia della non violenza e della aconflittualità.

Mi sembra opportuno inquadrare oltre al campo interno al totem anche ciò che ne è definito all'esterno in particolare la forma che assume l'istituzione familiare.
Mentre la famiglia patriarcale necessitava di un luogo di segregazione dei suoi aspetti rifiutati, il manicomio;
la famiglia nucleare necessita di un sostegno medicale, il farmaco, per sostenere la perdita della famiglia allargata e le paure del mondo esterno;
la vita dispersa e solitaria necessita di una "comunità" per mantenere l'utopia di una relazione con gli altri e con se stessi.

Gli "effetti collaterali" pertanto di ciascun totem sono:
l'essere segregante il manicomio;
disumanizzante, "robotizzante" il farmaco;
illudente e punitiva la Comunità.

Il passaggio da un totem all'altro comporta una disaggregazione della tribù e la riaggregazione in un'altra tribù con una certa possibilità di rinegoziare i ruoli per ciascun individuo durante il periodo di cambiamento che, inevitabilmente, comporta una crisi di identità. Essendo il fenomeno che cerco di descrivere di rilevanza comunitaria mi sembra illusorio pensare di poter contenere tali "cambiamenti catastrofici" (W. Bion). Un totem che cade, la conseguente perdita di senso del tabù, la perdita di identità nella tribù penso possano essere evocati dall'immagine di "una crepa in una diga di un lago". Risulta inutile e pericoloso ostacolare il deflusso delle acque, occorre pensare vie di deflusso alternative e bacini possibili più a valle.

Fuor di metafora ritengo sia opportuno pensare risposte alla richiesta di comunità da parte della "tribù psichiatrica". Queste risposte devono presentare le caratteristiche del totem comunità cercando di mantenere una certa apertura al pensiero e al cambiamento. Sappiamo che ogni cambiamento reale interviene e può essere documentato soltanto se le caratteristiche dell'oggetto e del campo sono definite. Sarebbe pertanto opportuno cercare di costruire una "comunità" al cui interno sia possibile instaurare un vertice d'osservazione ed un inquadramento che permettano percorsi istituzionali finalizzati ad un compito esplicitato più che all'automantenimento del sistema.

Presentata l'analisi della dimesione comunitaria ed istituzionale del nostro lavoro cercherò di offrire una rappresentazione del peculiare modo di organizzarci al fine di offrire una possibile offerta alla domanda di terapia psichiatrica.
La nostra offerta cerca in tempo reale di cogliere il limite tra la resistenza inconscia del gruppo delle famiglie in trattamento e le resistenze inconscie del gruppo degli operatori psichiatrici: spesso modifiche proposte all'organizzazione istituzionale hanno valore di interpretazione mutativa offerta all'istituzione quando scaturiscono da un'insight del gruppo degli operatori.
Abbiamo offerto al nostro distretto una "comunità terapeutica diurna virtuale multifamiliare" che abbiamo chiamato: "Spazio terapeutico".
(La descrizione dello Spazio terapeutico fa parte di un'altro articolo)


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