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Gruppo di Studio Psicoanalitico di Genova

SEMINARIO CLINICO del 7 novembre 1998

incontro con Pier Francesco Galli (moderatore), Giuseppe Maffei e Luciano Rispoli

resoconto a cura di Licia Filingeri



Il Gruppo di Studi Psicoanalitici di Genova (Piazza Palermo 5/7), nell'ambito della sua attività di seminari teorici e di approfondimento clinico, sabato 7 novembre ha organizzato un incontro di discussione clinica con Pier Francesco Galli (moderatore), Giuseppe Maffei e Luciano Rispoli, che hanno discusso un caso, considerandolo dalle loro diverse angolazioni.

Si è iniziato con una succinta presentazione di un caso clinico attualmente in trattamento psicoterapeutico. Si trattava di una paziente di 50 anni , con ricorrenti crisi di rabbia, fobie e che si avvaleva come canale di comunicazione di una dolorosa somatizzazione. Il processo, connotato da un tentativo di chiarificazione interpretativa, di contenimento e da un massiccio supporto dell'Io, ha portato la paziente ad una miglior sintonia con se stessa, e ad una sempre più ricca elaborazione dei vissuti affettivi. Il sintomo è ora in fase di remissione.

Maffei, prendendo in considerazione il vissuto della terapeuta di sé come bambina piccola e terrorizzata davanti a un "drago sputafuoco", ha mostrato una difficoltà della terapeuta a prendere nella mente la rabbia della paziente, la quale fa alla terapeuta quello che lei ha subito, cioè "cose pazze", urenti, da parte di genitori-draghi, soprattutto della madre psicotica, cose mai potute tenere nella mente. Questa donna non ha potuto imparare a parlare: parla come dei dominati imparano l'inglese, una lingua degli altri. La difficoltà della parola nasce da un'identificazione adesiva parlante, sicchè la paziente ha avuto bisogno di dolori forti per far sentire un dolore dell'anima urente. La paziente , che invece di usare parole, sente puzze, cura l'abbigliamento, si lacca le unghie, deve apprendere a far passare la corporeità attraverso le parole.
Secondo Maffei, si può benissimo lavorare con la paziente a questi livelli, ma trasformando in linguaggio quello che noi proviamo.Il contenimento, di cui ella ha molto bisogno, non può consistere in un rispecchiamento, ma di una vettorizzazione che dia un significato alla comunicazione.

Rispoli, a sua volta, ha individuato come centrale il ruolo contenitivo della terapeuta , mirato a ricostruire completamente una situazione in cui la paziente si è precocemente trovata a mediare gli scontri tra i genitori, col risultato di continuare ad essere bambina e ad avere , proprio per un controllo esasperato, delle esplosioni di rabbia. Considerando l'organismo nella sua interezza, senza trascurare nessun livello del Sé, Rispoli ha nostrato come queste esplosioni si manifestino significativamente in due grandi settori del funzionamento umano: quello delle emozioni, qui buttate fuori come esplosioni, e quello della particolare alterazione del sistema fisiologico. La somatizzazione stessa è considerata da Rispoli un continuo autotentativo di sospendere la sessualità, uno stop al "dover essere", per permetterle di ricostruire l'esperienza basilare di essere tenuta e poter smettere il controllo, onde poter poi procedere su livelli più adulti. Rispoli parla di un cortocircuito da rompere: quando una cosa si ripete, una funzione va in cortocircuito e continua a dare sempre la stessa sensazione dolorosa di non potersi fermare: qualcosa deve interrompere il cortocircuito.

Galli, considerando alcuni movimenti della paziente, portati tramite un linguaggio personale, ha sottolineato la necessità, per la terapeuta, di riuscire a sintonizzarsi con un altro sistema di linguaggio. Non è detto che la questione sia sul dover riuscire a portare tutto sul livello della parola come ultimo atto della trasformazione: si può pure arrivare all'attività interpretativa attraverso una serie di rimandi di significati che possono anche essere gestuali, tutto dipende dal livello su cui la persona comunica, da come vengono rimandate le cose: non è necessario , per Galli, che l'altro parli il nostro linguaggio, se no, il rischio è che parli davvero l'inglese dei paesi dominati. Nel caso in questione, la paziente continua a esprimersi sul livello somatico, però capisce quello che la terapeuta dice, e viceversa; c'è tra loro sintonia.

Rispoli a questo punto ha rilevato che il problema non è quello tecnico di portare un non verbale a un verbale., e che si sta toccando un punto di frontiera nel discorso sulla psicoterapia, che potrebbe finalmente rompere barriere e modelli. D'accordo con Galli, sostiene che la psicoterapia corporea non significa lavorare sul corpo, ma avere un altro quadro teorico di riferimento, in cui corpo e mente sono visti con altri legami, che non quelli di un simbolico che controlla piramidalmente il resto dell'organismo. Perciò non è indispensabile arrivare a dare parole a quello che la paziente ha vissuto, ma é fondamentale modificare.la costruzione alterata del suo Sé, e questo può avvenire solo attraverso il contenimento Rispoli per contenimento intende non necessariamente prendere in braccio le persone, ma possibilità di fare sperimentare loro una situazione di tranquillità, in cui si sentano " tenute" . Ciò può essere fatto col tono della voce del terapeuta, con l'ascolto, con immagini, posizioni, luci, in tanti modi, non solo col contatto fisico.

Maffei , ricordando la propria esperienza con bambini psicotici, che vanno contenuti anche fisicamente, ha mostrato un contenimento diverso, dove l'impedire di fare le cose diventa direzionato, non si esaurisce nel tenere, ma un contenere che è trasformazione.

Rispoli ha parlato allora del contenimento trasformativo, che significa appunto"essere tenuto", ritornare alla condizione fondamentale di essere tenuto e contenuto. Rispoli ritiene questa una esperienza importantissima di accoglimento e di benessere , che collega sensazioni, odori, immagini, pensieri, parole, suoni, tono di voce, tono muscolare, coinvolgendo l'intero Sé a tutti i livelli.

Galli, osservato che sono stati messi sul tavolo moltissimi problemi di teoria e teorizzazione, la cui frammentazione ci può dare non le risposte, ma il modo in cui passiamo attraverso i problemi, ha proposto di vederne uno: la differenza tra l'esistenza di tecniche per contenere ( discorso - dirà poi- profondamente sbagliato, che nega la possibilità del coesistere tra corpo-vissuto e corpo-oggetto ) e l'esperienza del contenimento, che è altra cosa e avviene in modi diversi. Si è infine domandato se il vissuto soggettivo di contenimento, di cui parla Rispoli, abbia il carattere di un'esperienza correttiva, riproduzione di livelli evolutivi , come il maternage anni '40, di M.me Rimbaud, e poi , su un livello diverso, della Séchehaye.

Nel corso degli interventi conclusivi, Galli ha sottolineato l'importanza di porre l'attenzione sui nuclei dinamici, rispetto al previlegiare singoli aspetti o comportamenti, rifacendosi a un approccio fenomenologico, basato sulla domanda : che cosa siamo nel corso della vita di un'altra persona.
Concudendo, ha mostrato la necessità di uscire dal vecchio concetto dell'analisi terminata perchè è stato analizzato tutto, o del residuo di transfert, sostituendovi il concetto che in un'esperienza di intimità profonda, quale è quella del trattamento, svolge una funzione nella vita dell'altro, non esaurita con la tecnica o con la separazione.


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