Vicissitudini dell'identità sessuale in adolescenza
SEMINARI ROMANI DI FRANÇOIS LADAME E MAJA PERRET-CATIPOVIC
Giornata di studio ARPAD 9 Marzo 2002
Paola Catarci
DISCUSSIONE DEL LAVORO DI MAURIZIO COTTONE
C'è un'opera di Michelangelo Pistoletto, nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna, dal titolo: "Un giovanotto (la smorfia)". L'opera consiste in un grande specchio, a tutta parete, sulla destra del quale è incollata la sagoma di un giovane uomo, un adolescente, leggermente rivolta verso sinistra. Il ragazzo ha un'espressione divertita, un sorriso indefinito, forse sarcastico. L'avvicinarsi all'opera del visitatore lo fa diventare parte del quadro, e nello stesso tempo lo mostra in relazione con l'adolescente.
Questa doppia dimensione - per cui l'affacciarsi ad esplorare l'opera fa divenire i visitatori soggetti ed al contempo oggetti dello sguardo dell'adolescente - mi è sembrata ben rappresentare il movimento psichico, tessuto di interesse e fascinazione, che spesso la psicoterapia con gli adolescenti suscita.
Mi è sembrata anche una buona figurazione per introdurre la discussione del lavoro del dr.Cottone, lavoro di cui ho apprezzato la qualità ed il ritmo narrativo.
Comincerò col condividere con voi un sentimento iniziale di sorpresa che mi ha colto nel leggere la relativa facilità con la quale è stata proposta ed accettata l'analisi ( mi riferisco al numero delle sedute e all'uso del lettino). Certo questa giovane ragazza portava dentro di sé il segreto di una relazione clandestina, destinata a rimanere tale, sicché si può intuire il sollievo che la proposta di un setting come quello poteva suscitare, per la possibilità di condivisione del segreto che implicitamente predisponeva. Siamo in genere preparati ( e la consideriamo una fase necessaria e fondante il successivo processo terapeutico) ad un periodo iniziale del trattamento dove il compito specifico è quello di avvicinare l'adolescente al proprio mondo interno, suscitare in lui l'interesse per il suo funzionamento mentale, mentre accogliamo la sua richiesta di aiuto, spesso vaga e confusa. Siamo cioè preparati ad un lavoro di costruzione del setting, più che alla sua proposizione tout court. Sorprende perciò l'intuizione del dr. Cottone, che l'ha indotto a proporre alla ragazza, da subito, la condizione migliore per lavorare intorno al dilemma- a lui inizialmente sconosciuto- " Sono omosessuale?" Ma sull'ipotesi che io credo possa spiegare questo inizio tornerò più avanti.
A differenza di molte altre vicende terapeutiche con adolescenti, dove il tema dell'omosessualità latente è variamente presente come dubbio angoscioso sulla propria identità e come fantasia difensiva rispetto all'impatto col corpo sessuato, in questo caso il terapeuta si è trovato rapidamente di fronte ad una messa in atto duratura nel tempo, una relazione che ha assorbito in modo quasi totale la ragazza, fino a culminare in un registro quasi melanconico al momento della separazione.
La domanda che potremmo allora porci è quale sia stata la vicenda fantasmatica che ha portato Maria ad una sessualizzazione così intensa della relazione d'oggetto-Sé per come si era configurata con Cristina. O, detto altrimenti, perché il tema della difesa dall'alterità è passato per una ripetizione così intensa, della relazione fusionale con la madre da un lato, e, dall'altro, della fantasia incestuosa con il padre?
Quinodoz, in un lavoro del 1989 su pazienti omosessuali adulte in analisi, si chiede cosa caratterizzi la relazione oggettuale delle donne omosessuali nel transfert. Perché hanno bisogno di una partner femminile? Cosa distingue la loro organizzazione psichica da quella della omosessualità latente?
Egli afferma che l'analisi con queste pazienti è difficile perché l'omosessualità femminile è una difesa che previene dal volgersi indietro verso la psicosi ma anche perché essa blocca lo sviluppo in avanti, verso l'elaborazione del complesso edipico. La Mc Dougall, nel 1964, dice che le relazioni omosessuali sono un tentativo di mantenere un equilibrio narcisistico, sfuggendo all'identificazione simbiotica e pericolosa pretesa dall'imago materna, e insieme conservando l'identificazione inconscia con il padre, componente essenziale di queste fragili strutture. Entrambi, Quinodoz e Mc Dougall, individuano in un pervasivo meccanismo di scissione la psicogenesi di questa posizione e scelta sessuale.
Scissione a livello dell'Io ( per cui si nega la realtà della differenza anatomica tra i sessi) e scissione a livello dell'oggetto ( per cui c'è il desiderio dell'oggetto buono che, idealizzato viene proiettato sulla donna, ed il timore dell'oggetto cattivo e persecutorio, proiettato sull'uomo ).Sul piano clinico- è sempre la McDougall che parla-si tratta di un tentativo di proteggersi da una condizione depressiva profonda e da una eventuale dissociazione. La relazione omosessuale contribuisce dunque a preservare l'identità del soggetto e la coesione dell'Io.
Dobbiamo naturalmente tener conto della strutturale differenza tra l'omosessualità come può declinarsi in una donna adulta e le oscillazioni in termini di identità sessuale- oltre che nella scelta d'oggetto sessuale- così come si declinano in adolescenza.
Bergeret, in un recente lavoro, arriva addirittura a proporre di non usare il termine omosessualità per gli adolescenti.Infatti non si può parlare di omosessualità prima della fine dell'adolescenza giacché qualsiasi sessualità suppone una relazione oggettualmente triangolata che prenda in considerazione rapporti sessuali già possibili con bersagli genitoriali identificati sessualmente in modo differenziato. La posizione omosessuale, che egli preferisce perciò chiamare omoerotica ( di cui discutiamo in questo lavoro ) ha a che fare piuttosto con una immagine di Sé riportata specularmente su un oggetto con funzione ancora narcisistica.. E questa sembra infatti l'area dove collocare la relazione di Maria con Cristina, relazione che ha ricoperto sicuramente quella funzione strutturante per la costruzione dell'identità della paziente, di cui ci parla il dr.Cottone.
Ma dove si situa allora la sottile linea d'ombra che avrebbe potuto trasformare questo appoggio e sostegno narcisistico in un imprigionamento perverso?
Non credo sia possibile rispondere senza prendere in considerazione quale formidabile oggetto abbia potuto rappresentare Cristina per la vicenda fantasmatica di Maria, giovane adolescente alle prese con i processi separativi e di costruzione dell'identità secondaria, che muoveva da incerte e malandate basi primarie.
Intanto Cristina è data dall'albergo-ambiente d'origine della paziente. Come la permanenza in albergo, così anche la relazione con Cristina è scandita dalla stagionalità. Ma soprattutto Cristina rappresenta non solo un doppio della madre, ma è anche oggetto del desiderio del padre. Avere una relazione con lei rappresenta per Maria sia il trionfo sulla madre inglobante della relazione preedipica, sia il trionfo sul padre svalutante ed improbabile di cui si sente alla mercé. E' qualcosa che le permette di volgere in attività la profonda passività nei confronti dei genitori deprivanti della prima infanzia e nei confronti dell'ingresso in adolescenza. Ingresso che mi sembra essersi declinato sotto il segno della mancanza. Mancanza di uno sguardo femminile e materno che la valorizzasse, mancanza di uno sguardo paterno sotto la cui protezione andare incontro al maschile.
E' allora qui il nodo che questa analisi si trovava a dover sciogliere: non solo permettere a Maria di potersi avvicinare ad un oggetto paterno, maschile, edipico che dir si voglia- ma anche permetterle di coniugare dentro se stessa il proprio personale sentimento di sé, basato sul'identificazione primaria con gli oggetti parentali introiettati. Permetterle di costruirsi un'identità femminile sessuale matura, frutto della separazione e differenziazione da quella stessa madre interiorizzata della relazione primaria. Marcelli, discutendo la posizione delle ragazze adolescenti che compiono scelte omosessuali, ricorda come la solidità strutturale del narcisismo dipende paradossalmente proprio dalla capacità di madre e figlia di differenziarsi l'una dall'altra. La madre in queste pazienti rigetta il femminile della bambina, cosa che costringe quest'ultima,divenuta adolescente, ad una ricerca eccessiva del femminile, per assicurarsi le basi della propria identità. La madre di Maria sembra essere stata in difficoltà col proprio essere donna, incapace di vivere la relazione sessuale come una dimensione arricchente e vitale. Allora forse il paradosso che ha impegnato il dr. Cottone con questa pazientepuò essere stato il suo proporsi come maschio, padre, pigmalione, ricoprendo allo stesso tempo, nella ripetizione transferale, una funzione materna, nel senso di oggetto regolatore del divario narcisistico-oggettuale. Svolgere questa funzione permette la possibilità della differenziazione, della costruzione dell'identità femminile, intesa come la possibilità di essere donna nella relazione con un uomo: è il tema della complementarietà dei sessi, che salvaguarda la differenza, trasformando la mancanza in una potenzialità d'incontro con il diverso, l'altro da sé.
In questo senso è suggestivo rileggere lo stralcio di seduta dove Maria racconta del suo primo rapporto sessuale con un ragazzo, quel Roby proprietà di Simona, le cui caratteristiche di oggetto parziale le consentono di evitare quel coinvolgimento completo che ancora la spaventa.
L'incontro sessuale con lui le permette però comunque di dare parole, nel dialogo col terapeuta, ad una certa qualità affettiva del rapporto sessuale, e di cogliere così, a posteriori, quanto questa dimensione fosse assente dalla relazione precedente. Nello stesso momento, con un effetto di condensazione temporale tipico del lavoro con gli adolescenti, l'elaborazione nel transfert le permette anche la risignificazione della relazione triangolare tra se stessa, la madre ed il padre.
Non ci è detto quanto tempo passi tra la seduta riportata ed il sogno del viaggio a Parigi. Certamente il sogno segnala il transito che Maria può compiere, grazie alla relazione transferale, dalla posizione narcisistico-perversa della vita di Londra a quella oggettuale-eterosessuale della vita di Parigi. Esso rivela anche la consapevolezza della poca conoscenza che ha di questa vita, come ripeterà ancora al suo terapeuta quando ritorna, un anno dopo la fine dell'analisi.
Parlavo all'inizio della intuizione del proporre fin dal primo incontro il setting analitico. Credo che in quelle prime battute si sia giocata una latente simmetria: per Maria era in gioco la ricerca della sua identità più profonda; per il dr.Cottone si è trattato dell'opportunità di collaudare il proprio processo di costruzione di un'identità di psicoterapeuta di adolescenti.
Vorrei concludere tornando all'immagine che avevo evocato all'inizio: forse, nel discutere con passione di adolescenza, operiamo tutti un movimento analogo a quello di chi guarda il quadro di Pistoletto: nel senso che, guardando all'adolescente e scrutando il suo sorriso beffardo, interroghiamo in realtà noi stessi, riflessi nello specchio.
Paola Catarci
E-mail: pa.cata@tin.it
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