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A e P --> HOME PAGE --> N° 3 - Settembre 2002




Anno II - N° 3 -Setttembre 2002


Seminari romani di F. Ladame e M. Perret-Catipovic




Vicissitudini dell'identità sessuale in adolescenza
SEMINARI ROMANI DI FRANÇOIS LADAME E MAJA PERRET-CATIPOVIC

Giornata di studio ARPAD 9 Marzo 2002



Quilma Cocciante
IL CASO DI DARIO: IL DIFFICILE CAMMINO ALLA SCOPERTA DELLA PROPRIA IDENTITA'

Al momento del nostro primo incontro, Dario ha 18 anni e frequenta il quarto anno di un istituto tecnico commerciale.
La prima cosa che penso è che sarebbe un bel ragazzo, se solo fosse un po' meno rigido e compassato nel suo modo di proporsi e comunicare. Tiene i pugni serrati, libererà una mano solo al momento di salutarmi, ed ha i capelli talmente impomatati, da sembrare impossibile qualsiasi pur piccolo movimento, non solo della testa, ma dell'intero corpo.
Viene con una richiesta di terapia a lungo meditata, perché la sua situazione è divenuta troppo difficile da sostenere, gli crea sofferenza e mette a repentaglio la possibilità di una buona riuscita scolastica.
La difficoltà a concentrarsi nello studio è legata ad una serie di pensieri, che compulsivamente gli invadono la mente, e che riguardano un periodo della sua vita a cui vorrebbe non pensare più, e che invece sono lì ad attanagliargli la testa.
La sua quotidianità è cadenzata da una serie di rituali, che Dario dice di utilizzare per scongiurare il senso di invasione, ma che ormai sembrano non offrire più alcuna protezione. Mi parla con angoscia di un santino che, a forza di essere toccato, ha finito con il rompersi, gettandolo nel panico. C'è poi il bisogno di lavarsi ripetutamente le mani, ogni volta che gli capita di avvicinare oggetti che lo riportano al passato.
La comparsa dei rituali ossessivi è stata preceduta da una serie di fobie, in particolare la paura di essere contagiato dall'HIV, che Dario mette in relazione con la sua difficoltà con le ragazze, al punto da aver deciso di evitare qualsiasi rapporto con loro.
E' il secondogenito di due figli maschi, la madre lavora come caposala, il padre è andato recentemente in prepensionamento, per evitare la cassa integrazione.
Il fratello, maggiore di qualche anno, si è diplomato all'Accademia militare ed è iscritto all'università. Propone un'immagine del fratello in cui non c'è spazio per cedimenti, né per incertezze, è uno a cui riesce sempre tutto, sia nel lavoro, che nei rapporti con le ragazze. Egli si sente, al contrario, in una situazione di disorientamento totale, ha pensato più volte di essere sul punto di sprofondare in un baratro, ma ora intravede la possibilità di fare luce, affrontando ciò che gli sta accadendo.
Si definisce molto religioso, la fede rappresenta un orientamento di vita, un qualcosa che ti entra dentro e non ti abbandona più. Tutti i suoi amici attuali ruotano intorno all'associazione cattolica di cui fa parte.
A conclusione del primo incontro, propone un sogno ricorrente che sembra rappresentare bene il suo stato interno e la sua domanda di terapia.

Sogna di aprire un cassetto della sua scrivania e di essere molto angosciato nel farlo, perché è tanto tempo che è rimasto chiuso.

Dice che aprire quel cassetto è come rimettere mano ad un qualcosa che avrebbe voluto cancellare.
Il sentimento di sofferenza è forte, così come il senso di minaccia all'integrità del Sé.
Iniziamo un lavoro bisettimanale vis à vis, e nel corso dei primi mesi di terapia, il tema del passato riaffiora e si chiarisce, collocandosi nei primi anni della scuola superiore, quindi in coincidenza con il passaggio puberale. Mi racconta degli amici da cui sente di essere stato traviato, e che gli hanno fatto perdere l'immagine di bravo ragazzo, obbediente e rispettoso, che sempre aveva avuto di sé. Il risultato della trasgressione è una bocciatura che lo ferisce, e lo porta a decidere di cambiare tutto, scuola ed amici, e ricominciare da capo. Appartengono a quel periodo anche i primi e sporadici approcci con le ragazze. Il timore del contagio si innesta sulla sensazione di nausea e disgusto che prova, quando bacia una ragazza. Da quel momento non ci sono più state occasioni di un contatto fisico con loro.
Dario, rispetto a ciò, non sembra comunicare un sentimento di mancanza; il problema principale, in questo momento, è trovare, attraverso la terapia, un contenimento dei rituali e dei pensieri che gli permetta di studiare.
La scuola rappresenta un traguardo importante, soprattutto per accedere a ciò che veramente desidera fare, la facoltà di scienze infermieristiche, per diventare caposala come la madre.
La madre rappresenta un modello identificatorio forte, e Dario lo conferma, riconoscendosi da sempre profondamente legato a lei, molto più che al padre.
Il rapporto con questo ragazzo si muove, fin dall'inizio, con una lentezza esasperante, mi sommerge di parole come un libro stampato, e mette a dura prova la mia capacità di tenuta e sopportazione.
La sua vulnerabilità narcisistica si esprime attraverso lamenti protratti ad ogni avvio di seduta, ogni mio commento sembra cadere nel vuoto, e Dario si affretta a chiudere ogni questione, ricorrendo difensivamente ai problemi con la scuola o con gli amici.
Sottolineo questo aspetto, perché sarà una modalità costante nel tempo, e soprattutto i primi due anni di terapia, si svilupperanno attraverso oscillazioni continue tra spiragli di apertura, che ogni volta mi fanno ben sperare, e ritorni difensivi all'indietro.
E' un tempo nel quale si avvia, apparentemente, una buona alleanza di lavoro, che dovrebbe avvicinarci gradualmente alla domanda sulla propria identità di genere. Dopo poco più di un anno, propongo il passaggio a tre sedute settimanali sul lettino, sottolineando proprio la qualità della relazione e del lavoro svolto insieme. E'un cambiamento che Dario mi sembra pronto ad accogliere, pur fantasticando di sentirsi come in un film, in cui si può abbandonare, stando però attento a non perdere troppo la concentrazione.
Gradualmente, si apre ad una maggiore confidenza, anche se sembra sempre oscillare tra il dubbio che la terapia, ed il parlare di sé, lo facciano aggravare, oppure fare grandi progressi. Sembra ricercare una fusionalità, una relazione che lo contenga e che trasmetta fiducia.
Dopo alcuni mesi dall'inizio della terapia, mi rende partecipe di una serie di episodi, di cui l'ultimo avvenuto nel percorso in metropolitana per venire da me, in cui ricorre l'essersi sentito oggetto di attenzioni sessuali da parte di uomini diversi. Ne parla con un livello di angoscia molto intensa, sottolinea la portata della violenza cui si è sentito esposto, senza trovare in sé alcun modo per poterla fronteggiare. Dice di aver capito cosa possa provare una donna nel sentirsi violentata, non solo fisicamente, ma mentalmente.
La fantasia di aggressione omosessuale, ed il sentimento di passività di fronte agli eventi, è così carica di angoscia, da poter essere solo raccolta e contenuta nella relazione, senza ulteriori tentativi di chiarimento od interpretazione.
Si apre però la possibilità di tornare a riflettere sul suo passato, lavorando sui sentimenti e le emozioni, per differenziare maggiormente ciò che prova nel rapporto con le ragazze e con gli amici maschi.
Al centro dei suoi pensieri ci sono gli amici, diversi nel tempo, ma legati da un comune aspetto di grande idealizzazione. C'è in Dario un bisogno di rispecchiamento, unito all'attesa che l'altro sia sempre lì a disposizione, senza mai deluderlo nelle sue aspettative. E d'altro canto, sembra rispondere ai vissuti di esclusione, ritirandosi in una posizione di lamento vittimistico, piuttosto che affrontando i sentimenti di rabbia sottostanti.
E' evidente una situazione di confusione, che riguarda la natura dei sentimenti, e che lo porta ad interrogarsi sul significato di ciò che prova verso gli amici o verso le ragazze, che continuo a sentire poco investite libidicamente.
Si fa strada gradualmente un sentimento di incertezza rispetto alla propria identità sessuale, che Dario tende a minimizzare, riaffermando la sua attrazione per le ragazze, e rimandando il tutto ad un problema di inesperienza che, però, non si sente ancora pronto a colmare.
Avvicinarsi alle vicende pulsionali attiva un meccanismo di toccata e fuga ripetuto nel tempo, e porta ad un intensificarsi dei rituali, che mi fa scontare, esacerbando i suoi lamenti e la mia preoccupazione.
Avverto che il tema della sessualità, a lungo rinviato, è portatore di angoscia, perché lo mette a confronto non solo con la difficoltà a capire da che parte stare, ma anche con le esperienze traumatiche, legate ai primi approcci con le ragazze, ed al terrore del contatto che queste hanno suscitato. Anche nel transfert, Dario sembra collocarmi al di là di qualsiasi connotazione sessuale.
Dopo circa un anno, porta un sogno.

" Sono nella casa dei nonni con gli amici..alcuni amici vanno via mentre gioco a carte..dopo un po' salgo in una stanza per dare la buona notte e vedo in un letto Maria che dice le preghiere e Carlo che spunta da sotto il corpo di un'altra ragazza...io cerco di non farmi vedere e mi accorgo che è la camera dei miei genitori...poi mi trovo nella stanza dei nonni, sono bendato, però vedo Carlo che mi guarda fisso e poi mi bacia sulla bocca ed io mi prendo il bacio guardandolo negli occhi..".

La prima cosa che ha pensato è di essere omosessuale, per via del bacio ed anche perché ha il sospetto che Carlo lo sia, ma è un pensiero che non gli torna, se è vero che si sente attratto dalle ragazze. Però è stato male tutto il giorno, anche se, in fondo, il bacio era pulito, qualcosa di casto, come un abbraccio; forse il problema, dice, è proprio la confusione che prova nei suoi sentimenti, come quando S.,un suo amico, gli domanda che tipo di affetto provi per lui.
A me il sogno fa pensare ad un movimento libidico, un potergli riconoscere una capacità di percepire i propri oggetti interni, pur rimanendo confuso il livello degli investimenti oggettuali. Mi sembra anche che esprima un desiderio di maggiore distacco dagli oggetti genitoriali.
Attraverso i racconti di Dario, le relazioni con i genitori si definiscono nei termini di una grande difficoltà a decidere ove collocarsi, rispetto alle proprie identificazioni.
Nei suoi tentativi di trovare una maggiore distanza emotiva dalla madre, si avvicina al padre, condividendo con lui un'attività di amministratore condominiale, ma sottolineando poi la difficoltà a trovare un linguaggio comune.
Li descrive così: "A me sembra che i miei non capiscano quello che sono e di cui ho bisogno...non dico che siano cattivi, dei farabutti, ho anche delle cose in comune con loro, l'onestà, la passione per il lavoro di mia madre... anche con mio padre a volte capita di parlare un po' di più, però non è proprio un rapporto scorrevole...Carlo, ad esempio ha dei genitori stupendi, li ho visti una volta per strada, camminare tenendosi per mano..".
Dice di non aver ricevuto sicurezze dai suoi genitori, solo un confronto continuo con il fratello, che, a suo avviso, è l'unico ad aver corrisposto in pieno alle loro aspettative.
Dalla madre, però, chiede sempre di essere ascoltato, anche se la sente infierire, come se mettesse il dito nella piaga della sua sofferenza. Immagine che evoca simbolicamente non solo il livello di fusionalità, in rapporto alla madre, su aspetti distruttivi, ma anche la grande passività verso di lei. Tutti i ricordi infantili rimandano ad una situazione di dipendenza dall'oggetto primario, mentre il padre rimane sullo sfondo, oggetto poco conosciuto, perché poco esplorato nel rapporto reciproco.Porta un altro sogno, che mi sembra indicativo del suo stato interno di dipendenza e della

richiesta di affidarsi a me, in maniera diversa dalla madre, accogliendone anche le paure e le imperfezioni che gli rendono difficile la crescita.

"Sono in casa dei miei, fanno le loro cose, è pomeriggio, insomma una situazione di quotidianità. Io sono davanti allo specchio e mi guardo...ad un certo punto vedo che gli occhi mi diventano sempre più rossi e poi cambiano, si allungano a mandorla, si gonfiano ed io penso che ho già visto quegli occhi, perché sono quelli dei bambini Down...vado da mia madre e le chiedo cosa succede e lei niente.. le dico ma sei cecata. Poi torno davanti allo specchio e vedo che sono cambiato, ho i capelli lunghi, lisci, sono più tondo, insomma sono un Down.

In questa situazione, c'è davvero poco spazio per le vicende amorose, che vengono continuamente relegate ad un ruolo di terza fila, di fronte alle esigenze scolastiche ed agli impegni cattolici. Vivo una situazione di perenne attesa, che mi porta spesso a chiedermi se qualcosa cambierà mai. Mi sento o troppo preoccupata e rassicurante, di fronte ai suoi segnali di non potercela fare, oppure irritata ed insofferente, ogni volta che Dario sembra cancellare tutto, e tornare difensivamente all'indietro.
Ogni tanto compare una figura femminile, verso cui dichiara interesse ed attrazione. C'è un avvicinamento, un tentativo di approccio, che non arriva mai ad un livello di reale intimità, e che presto viene liquidato, con la scusa dei troppi impegni. Di fronte al suo continuo tergiversare e all'impossibilità di accedere alla fantasia e alla dimensione del piacere, legata alla relazione con l'altro, mi chiedo spesso dove sia il desiderio e che fine abbiano fatto in lui le pulsioni, se siano così bloccate difensivamente da non poter emergere, o se non siano proprio scarse.
Anche rispetto alla masturbazione, di cui accenna a parlare, sottolineando il sentimento di colpa che sempre l'accompagna, non sembra emergere una fantasia legata ad un oggetto diverso da sé, quanto
una preoccupazione ancora centrata narcisisticamente sul proprio corpo.
Intanto arriviamo all'esame di maturità e alla tanto agognata facoltà, con un misto di attesa e di preoccupazione. Sono chiaramente situazioni di passaggio, di iniziazione, che rinnovano e richiamano il problema dell'identità, attraverso il confronto con gli altri maschi, sia sul piano delle esperienze vissute, sia su aspetti più legati alla corporeità.
L'occasione della visita di leva, lo espone ad un confronto con altri ragazzi, che suscita imbarazzo e perplessità rispetto ai propri attributi. Si è sentito angosciato, perché guardare gli altri, gli ha fatto pensare di avere il pene troppo piccolo ed un corpo che tende ad eccessi di rotondità sulla pancia e sul seno. Questo tema del corpo, sentito come poco adeguato, perché poco virile, tornerà a più riprese, insieme all'idea di dover dimagrire, per poter pensare di essere oggetto di attrazione per gli altri. A me sembra piuttosto esprimere una modalità difensiva, rispetto alla fantasia di un contatto che passi attraverso l'esperienza del corpo e delle emozioni ad esso legate.
In questa situazione di sospensione dell'esperienza vissuta, sia nella fantasia che nella realtà, irrompe nuovamente il fantasma dell'omosessualità. Mi racconta che, in occasione di una riunione del gruppo cattolico, ha attirato l'attenzione di un ragazzo più grande, che gli ha proposto senza mezzi termini un'intimità con lui, promettendogli di fargli scoprire cose che non ha mai provato con una ragazza.
Si racconta così: " Voleva venire a letto con me, un vero trauma, sono stato malissimo e se ne sono accorti tutti...poi un'amica mi ha pure detto che ho un problema di identità... siccome non ho mai scopato con nessuno, non posso neanche capire chi mi piace..e forse è vero, il fatto è che attiro i maschi... gli amici ci ridono sopra dicendo che sono formosetto, tutto da pizzicare...il problema è che sono un ingenuo, mi fido di tutti e mi lascio troppo andare..".
E' disorientato, spaventato, ciò che lo colpisce è il dover riconoscere a se stesso la capacità di attrarre tutti gli omosessuali che incontra. Si domanda se in fondo non sia veramente omosessuale,

dal momento che esperienze con le donne non ne ha avute, e che ha provato ciò che sappiamo, riferendosi al senso di disgusto in occasione del bacio. Io mi trovo ancora a pensare che la dichiarazione di scelta omosessuale che sembra fare, rappresenti un tentativo di darsi pace, evitando il conflitto legato al rapporto con le ragazze, ma evito di forzare od indirizzare le sue scelte, augurandomi piuttosto, che di esperienze prima o poi riesca a farne.
Augurio quanto mai improbabile, vista la foga con cui Dario si immerge negli impegni di facoltà. Sembra anzi, che nel suo nuovo ruolo di aspirante infermiere, si metta in una posizione di responsabilità ed anticipazione dei compiti, che sembra tagliar via, in un sol colpo, tutte le problematiche adolescenziali, creando l'illusione di un mondo adulto, in cui tutto si risolve solo attraverso la capacità di fare. Tutti i miei interventi hanno lo scopo di confrontarlo con il significato delle sue difese e con la sua condizione di immaturità rispetto allo sviluppo.
Sono momenti di grande difficoltà anche per me, che vedo rinnovarsi e ripetersi modalità difensive mai del tutto superate. Più volte mi confronto con il pensiero che, forse, sarebbe meglio lasciarlo andare, in attesa di tempi migliori per la terapia; ma, alla fine, prevale l'idea che i suoi tempi sono questi e dobbiamo aspettare.
L'attesa è che Dario possa arrivare a definirsi sul versante della propria identità; attesa che si intreccia con la mia vicenda personale di desiderio e ricerca di maternità, che mi porta alla fine alla scelta, a lungo elaborata e pensata, di approdarvi attraverso l'adozione.
Così entro anche io in una situazione di attesa, che porta il desiderio di una definizione di me nuova e diversa, però mi confronta anche con i lunghi tempi dell'incertezza e del timore che precedono la decisione.
Sono sentimenti che entrano in gioco molto direttamente nel mio rapporto con lui, mi aiutano a comprenderne le difficoltà ed il suo temporeggiare, ma mi sollecitano anche a pensare che sia il momento di provare finalmente a definirsi meglio, rispetto alle proprie scelte. E' un po' come se mi

chiedessi, ma se l'ho fatto io, perché non riesci a farlo anche tu?
Nella realtà, per Dario il percorso è ancora lungo ed affannoso. La nuova situazione di vita in ospedale, attraverso il tirocinio, gli propone occasioni diverse di incontro, da un lato con donne più adulte, da cui fantastica di venire sedotto ed iniziato alla sessualità, dall'altro riproponendogli situazioni in cui si trova ad essere oggetto di desideri omosessuali.

Porta un sogno: "Esco dall'ospedale insieme ad alcuni compagni del corso ed entriamo in un grande palazzo, c'è una stanza con delle ragazze...ho la sensazione di una situazione di sesso, un doversi scegliere l'uno con l'altro...una ragazza mi si avvicina e mi mette una mano lì, ed io reagisco fisicamente ma non con la testa...c'è un'altra ragazza che mi guarda e lo sguardo è pieno di sottintesi..".

Associa la stanza allo spazio della terapia, come luogo in cui parlare di sessualità , e nel sogno, sembra rimandare a me una funzione di rassicurazione, che lo aiuti a sperimentare l'eccitazione con un oggetto altro.
Continua a stare male e lamentarsi, mentre si fa più pressante il distanziamento dagli amici, che sente più chiari e definiti rispetto alle proprie scelte sessuali. Vive come un fallimento la sua rinuncia a mettersi alla prova nel rapporto con le ragazze, chiedendosi come sia provare quella passione che sente tanto aliena. Provo la sensazione desolante di un muro invalicabile verso ogni possibilità di agire e di utilizzare l'oggetto.
Siamo intanto arrivati al terzo anno di terapia, e le incertezze sulla propria identità si esprimono sempre più nei termini di una domanda angosciosa rispetto alla possibile omosessualità.
Dario inizia a manifestare attacchi di panico ed ansie ipocondriache, che lo colgono spesso nei viaggi verso la terapia, e lo portano, a volte, a rinunciare a venire.
Porta un sogno, che sembra esprimere la richiesta che l'analisi, per potersi finalmente aprire ad un aspetto nuovo, debba prendersi cura della parte femminile di sé, che sta male.

"So che mi devo sposare, c'è la chiesa allestita, però sono solo, la sposa non c'è e non so neanche chi sia...la sorella della sposa mi dice che le fedi non ci sono, perché i soldi sono serviti per una ragazza che stava male, ed io le dico che va bene...sono emozionato, devo finire di prepararmi, emozionato io invece della sposa..".

Entriamo gradualmente in un clima reciproco di maggiore abbandono, che permette a Dario di riconsiderare le sue vicende attuali con le ragazze, alla luce delle esperienze passate, aprendo un varco ad una rimozione fino ad ora così accanita.
Ciò che colpisce e che condividiamo, è il sentimento di paura di fronte all'eccitazione e alla sensazione che il corpo vada per conto proprio, indipendente da ogni volontà. Racconta: " Certo ci toccavamo, anche se il bacio non riusciva mai a piacermi, con quel senso di nausea che ti prende allo stomaco....poi se lei mi accarezzava io avevo un'erezione, ma era una cosa talmente inaspettata da sentirmi in imbarazzo e, all'improvviso, non sapere più che cosa fare... poi la masturbazione, una scarica adrenalinica dentro il corpo...continuamente, fino a 17 anni, dopo quasi senza la sensazione di provare veramente piacere..".
Aggiunge che qualche giorno prima, guardando un film pornografico insieme agli amici, si è sentito sconvolto, accalorato, e tornato a casa, non ha potuto fare a meno di masturbarsi, pensando che fosse normale, solo dopo che Carlo gli ha confidato di averlo fatto anche lui.
Al successivo incontro, mi chiede se mi ricordo di Piero, un ragazzo che ha conosciuto l'estate prima. Piero lo ha chiamato, confidandosi rispetto alla propria omosessualità. Si sono incontrati, un lungo giro per la città, e Dario si è accorto di provare attrazione per lui, per il suo sguardo così tenero. Si sente confuso nelle proprie emozioni, ma contento di ritrovarsi a poterne provare.
Piero gli ha sollecitato un desiderio mai conosciuto prima, ed ora si trova a fantasticare sulla possibilità di un contatto più intimo tra loro. Racconta: "Ho pensato che se mi avesse baciato non avrei rifiutato, perché ho sentito un'emozione che non ho mai provato con una ragazza...ho pensato di andarlo a trovare, ma so che lui mi chiederebbe un rapporto sessuale, ed io ho paura, non so come proteggermi, però ho immaginato una scena tra noi, sdraiati sul letto, a farmi baciare...".
Mentre cerco di capire se questo ragazzo rappresenti davvero l'oggetto del suo desiderio, o una fuga dall'emozione e dall'eccitazione nel rapporto con le ragazze, Dario torna, sconvolto, e in uno stato di agitazione febbrile.
Si è fatto accompagnare dal padre, e poi lo ha mandato via. Non si mette sul lettino, come a cancellare ogni idea di passività, ma vuole sedersi proprio di fronte a me e farsi ascoltare così.
Piero gli ha telefonato, sono stati due ore a parlare, e si è sentito trattato con molto amore. E' sconvolto dall'effetto della telefonata, ha provato una grande eccitazione ed un'erezione continua e dolorosa. P. gli chiede di andarlo a trovare e dormire insieme, anche se non vuole nulla che non si senta pronto a dare. E' un momento di emozione molto grande, in cui lo sento proporre l'esibizione della sua sessualità, guardandomi negli occhi, ed utilizzando il mio essere donna di fronte a lui. E l'emozione è anche quella di riconoscere e condividere tutta l'intensità legata al riemergere delle pulsioni.
L'eccitazione provata con Piero, solo attraverso una telefonata, occupa varie sedute successive. Dario si sente sempre più pressato dalle richieste dell'amico di incontrarsi, ma anche da una nuova condizione interna, che lo assale con la forza del desiderio e della paura a lasciarsi andare.
Il riconoscersi una spinta pulsionale verso un oggetto omosessuale, lo pone in una situazione di angoscia invasiva e totale. Dice di sentirsi come se fosse passato attraverso un aspirapolvere, che ha
portato via tutto lo strato accumulato dentro di sé. Si chiede cosa sarà di lui, sente minacciato tutto
ciò che ha costruito intorno a sé, il rapporto con gli amici e con i suoi genitori. Aggiunge che è impossibile pensare che la sua strada possa essere questa, e che piuttosto è preferibile rinunciare ad ogni idea di sessualità.
C'è una progressiva difficoltà a contenere l'angoscia, che Dario traduce nel saltare le sedute, evitando così di dover pensare.
Alla fine, arriva alla decisione di troncare ogni contatto con Piero, dimenticando quasi che esista.
Si riapre una situazione di stasi, come risultato di un processo di rimozione, legato ad una eccitazione troppo intensa e difficile da sostenere.
Il dilemma riguarda ora il valutare se prendere per buono ed accettare il suo nuovo assetto interno, oppure affrontarlo, con il pensiero e la preoccupazione che questo lo possa scompensare. Mi dico che, molto cautamente, sarà il caso di riprendere con lui le questioni ormai aperte, e di dare nome e significato alle sue angosce.
Dario entra in una posizione di immobilismo rispetto alle emozioni, che nega ogni bisogno, e relega la sessualità ad un livello secondario ed accessorio.
Mi racconta la prima esperienza sessuale di Francesco, uno dei suoi amici più cari, come una catastrofe senza fine: "Si è rotto il preservativo, è rimasto dentro la vagina della ragazza... i giri per gli ospedali e poi la pillola del giorno dopo...ma come si fa a prendersi una tale responsabilità.. Francesco è distrutto, si sente un assassino.. gli ho detto ma perché lo hai fatto così, solo per la voglia di fare sesso...".
Ascoltandolo, sono colpita dalla sua rigidità e dall'intensità della rabbia e del risentimento verso l'amico. Sembra che la risposta alla repressione dei suoi impulsi, sia un viraggio verso una posizione di condanna senza appello all'azione e all'esperienza altrui. Come se la persecutorietà
venisse allo scoperto proiettandosi intorno a lui.
L'angoscia dell'omosessualità viene negata attraverso nuovi tentativi di approccio con le ragazze, che non portano ad alcuna esperienza reale. Le vere sollecitazioni assumono sempre più il volto di figure maschili, da cui Dario si sente catturato, ma che velocemente tende ad allontanare da sé. Ne accenna agli amici, mentre tra noi aleggia una dimensione di segretezza intorno alla sessualità, come se fosse preferibile non parlare di qualcosa che non si riesce a risolvere e, verso cui, ci si sente giudicati.
Mi trovo a pensare che, forse, è proprio il mio non prendere posizione, rispetto a ciò che riconosco ormai come una scelta prioritaria, a rendere difficile il poterne parlare; come se avessimo alimentato una collusione sulla neutralità, che paralizza il dialogo tra noi.
Accennando ad un ragazzo, in questo momento al centro dei suoi pensieri, dice: " Ci siamo visti e lo sento veramente omosessuale...certo se penso a mia madre che li chiama tutti brutti froci..". E aggiunge che, forse, gli unici con cui ne può parlare sono gli amici.
Gli dico che mi sente in una posizione genitoriale e giudicante nei confronti dell'omosessualità, e questo gli rende difficile il potermene parlare.
La paura del giudizio materno, rievoca quell'immagine lontana del dito nella piaga, e fa pensare che per Dario, l'impossibilità ad investire un oggetto femminile, sia legata molto profondamente ad una rappresentazione della madre divorante e castrante, al punto che l'avvicinamento alla donna sembra poter avvenire solo in termini pseudoidentitari, attraverso il diventare infermiere.
Il dialogo terapeutico riprende in un clima di maggiore intimità, ed ora Dario sembra affidarmi il ruolo di una protezione vigilante e contenitiva rispetto alle sue angosce.
Mi rimanda spesso l'idea di sentirsi al sicuro negli incontri con me, come se la terapia, accogliendo anche gli aspetti di negazione, che lo portano a temporeggiare, lo aiutasse comunque a sentire di non poter peggiorare.
Ogni tanto riemergono fantasie sui ragazzi, che rimandano ad una situazione di fusionalità e di rispecchiamento nell'altro, ma anche al sentimento di impossibilità a poterle ulteriormente esplorare. Mi racconta così l'incontro con un ragazzo: " Eravamo in macchina e lui mi massaggiava la schiena, poi una specie di lotta uno sull'altro, con la paura che qualcuno mi potesse vedere, ma anche con il piacere di farlo...ho provato un'erezione incontrollabile, e sono stato male per questo, nello scoprirmi una tale reazione insieme ad un uomo...e poi, guardandolo, ho provato fastidio per il suo essere così effeminato, con le unghie smaltate..". Aggiunge che la cosa migliore è rimettersi a studiare, ed evitare così pensieri che lo fanno solo star male.
E' in questa situazione che arriviamo al quarto anno di terapia, e quindi ai tempi attuali.
A proposito di attesa, la mia è divenuta imminente, perché sto per partire con l'adozione, con un'emozione carica di desiderio ed aspettative sul bambino che andrò ad incontrare. Sono però anche molto preoccupata all'idea di lasciare Dario, prima del tempo previsto per la separazione estiva, e in una situazione, non solo di difficoltà, ma anche di attesa inadempiuta.
Mi interrogo molto su come affrontare il suo stato d'animo e su quanto la mia reale motivazione interferisca con la sua.
A volte penso che il parlare con lui della mia adozione, dichiarandomi più esplicitamente, rispetto alla mia identità di donna e madre, possa aiutarlo a trovare una sua strada, verso una più compiuta definizione di sé. Altre volte, sento che l'effetto potrebbe essere quello di una collusione su una situazione comune di difficoltà, che rimanda alla mia impossibilità e rinuncia a vivere una maternità biologica.
Alla fine, quando il tempo è maturo, e non posso più aspettare, gli dico che partirò per adottare un bambino e non ci vedremo per un tempo piuttosto lungo.
Più tardi, ripensando alla mia decisione, mi sono detta che è come se avessi agito una mia esigenza
interna di non ulteriore attesa, come metterlo di fronte al fatto di provare a decidersi di più.
Quando ci rivediamo, è tutto cambiato. Lo trovo eccitato, ansioso di parlare. E' più magro e si è fatto crescere il pizzetto, insomma è decisamente più carino.
E' successo che Carlo, l'amico che egli ha sempre sospettato di essere omosessuale, si sia dichiarato con lui. Dice: " Ho riletto la lettera di Carlo tante volte, tanto da non riuscire a dormire... dice che non poteva più nascondersi ed è come essersi liberato di una catena... allora mi sono detto che potevo farlo anch'io.."
Mi racconta di aver fatto dei sogni, durante l'estate, in cui si vedeva insieme ad un ragazzo ed aveva rapporti fisici con lui. Era una sensazione piacevole ed eccitante.
Parla del riconoscere la propria omosessualità, come di un qualcosa che ha sempre saputo, anche se per tanto tempo l'ha negata, al punto di non poterla quasi pensare, e si dichiara più libero di guardare i ragazzi che gli possono piacere.
Gli dico che la dichiarazione di Carlo ha avuto un effetto facilitante, perché ha messo in gioco un'identificazione reciproca sull'omosessualità, come un riconoscersi nell'altro, attraverso un sentimento comune. Penso che anche il mio dichiararmi rispetto alla mia scelta, possa averlo aiutato a sentirsi più deciso sul piano della propria identità.
Il riconoscersi un'identità omosessuale apre una serie di interrogativi che riguardano sia la difficoltà di parlarne, nel senso di dichiarare il proprio orientamento sessuale agli altri, oltre che a se stesso, ed il pensiero corre ai genitori, e soprattutto alla madre, sia come affrontarla sul piano dell'esperienza.
E' come avventurarsi in un territorio sconosciuto, cercando dei punti di riferimento per potersi orientare. Si riattivano fantasie sui ragazzi che incontra, e sui luoghi, locali e discoteche gay, dove mettere alla prova i propri desideri. Mi sembra che il punto sia come integrare la scoperta della propria identità, lungo il percorso che porta alla soggettivizzazione.
Da parte mia, si tratta di accompagnare le sue fantasie omosessuali, aiutandolo ad integrarsi su questo, dal momento che il ritorno ad una strada diversa mi sembra, sinceramente, ora più che mai lontana e poco percorribile.
Intanto Dario conosce un ragazzo, infermiere come lui, e viene sedotto dalla sua intraprendenza e dall'apparente facilità con cui vive la propria sessualità. Il clima dei nostri incontri è quello di una grande eccitazione, in cui riferisce, estasiato, le emozioni che prova accanto a lui, ed il desiderio, vissuto solo nel guardarlo e nello stargli accanto.
R. gli racconta le sue esperienze sessuali con uomini diversi, e lo confronta con un'idea della sessualità, come elemento centrale e trainante della vita. Dario si apre con lui, gli esprime la preoccupazione di non buttarsi via, attraverso la fisicità, quando ciò che conta è il bisogno d'amore, ma dichiara anche la propria inesperienza, fantasticando di essere iniziato alla sessualità.
Il rifiuto di R., che gli rimane amico, proponendosi come tramite verso il mondo dell'omosessualità, lo aiuta a confrontarsi con le paure che riguardano la fantasia di una sessualità, sentita troppo agita e promiscua, e che mette su Dario il sentimento di non sapere come poterla affrontare.
In un certo senso, è come se l'aver acquisito una consapevolezza nuova rispetto alla propria identità, non avesse però anche attivato una maggiore facilità di passare ad esperienze concrete.
Comunque Dario sembra non mostrare incertezze, si dichiara apertamente con gli amici e si stupisce nel sentire accolta ed accettata la propria diversità. Comincia anche a chiedersi come poterne parlare ai genitori, rinviando il momento di farlo. Ogni tanto pensa di confidarsi con il fratello, ma poi rinuncia, non sentendosi sicuro che possa mantenere il segreto tra loro.
Porta un sogno, che mi sembra esprimere il desiderio di giungere ad una soluzione definitiva, senza dover passare attraverso ulteriori pene.

"Sono in mezzo al mare, forse l'oceano, e cerco di portare in salvo una bambina, o forse è un bambino, c'è uno squalo e mi dico che se proprio mi deve prendere è meglio che sia un colpo alla giugulare e non se ne parla più...poi il sogno sfuma e sono in una nave, insieme ad altri uomini e c'è un uomo in particolare che mi coccola e si prende cura di me...".

Riconosce il bambino come una parte di sé, che forse fatica a crescere, di fronte al momento tempestoso che sta vivendo.
Lo sento però molto impegnato nella scoperta della propria identità, e su come arrivare a sperimentare la sessualità.
E' in questo clima che si concretizza la prima esperienza affettiva con un ragazzo. Lo conosce in ospedale e fa di tutto per poterlo incontrare.
Quando me ne parla, l'emozione è molto grande e molto condivisa. Arriva in uno stato di grande euforia, dice: "Mi sono fidanzato... ed ora il pezzo forte..", facendomi vedere una fotografia di lui ed Andrea sorridenti ed abbracciati.
Lo sento eccitato, emozionato, pieno di aspettative e desideri verso questo rapporto appena nato. Mi racconta la loro uscita insieme, una passeggiata romantica per la città, in cui perde il senso del tempo e dello spazio. Poi, sotto casa di Dario, in macchina, il primo scambio di baci e di carezze, che lo travolgono in una sensazione di piacere, totale ed assoluto.
Nei giorni successivi, le carezze si fanno più pressanti, il toccarsi reciprocamente i genitali gli fa scoprire quanto sia intensa l'eccitazione, abbandonandosi all'incontro con l'altro. L'emergere delle emozioni, legate all'esperienza del corpo ed al piacere che ne deriva, confronta Dario non solo con l'intensità del desiderio, ma anche con il sentimento di voracità nei suoi affetti.
Si sente sollecitato ad una maggiore vicinanza con lui, dichiarandosi pronto a vivere la sua prima esperienza sessuale. Sente che con Andrea può trovare quella integrazione tra desiderio fisico ed affettività, che rende meno minacciosa l'idea di abbandonarsi alla sessualità.
Fantastica di presentarlo agli amici e di camminare con lui, tenendosi abbracciati e portando allo scoperto i loro sentimenti.
Nella realtà, si confronta con il timore di comunicare il proprio desiderio ed il sentimento di mancanza. Si accorge anche, attraverso l'incertezza dell'amico, di come sia difficile essere espliciti nei propri affetti, e nel manifestarsi apertamente rispetto all'omosessualità.
Intanto l'amico temporeggia, e poi si tira indietro, rifugiandosi nello studio e nel rapporto con una ragazza, cui è legato da molto tempo.
Arriva in seduta affranto, depresso. " Da dove comincio, dal fatto che Andrea mi ha lasciato?...Era evasivo, non mi guardava neanche negli occhi ed ho capito subito che qualcosa non andava...dice che così non ce la fa, anche se mi vuole bene...ne ha parlato con C. ed ora lei sarà contenta di riaverlo solo per sé..".
Percepisce la decisione di Andrea come il risultato di una situazione di dubbio e perplessità verso la scelta omosessuale, e l'angoscia di sentirsi abbandonato, si accompagna al confronto con quella eterosessualità che non ha mai veramente vissuto.
Si sente ferito e sembra valutare se rimanere sui propri passi, affrontandone i costi, o fare come l'amico e ripensarci. Alla fine, dichiara di non volersi arrendere, perché, dopo tanta fatica, non può più permettersi di tirarsi indietro.
Al momento, il lavoro con Dario prosegue, ed è aperto ad ulteriori e possibili evoluzioni.
Penso che la scelta identitaria, cui dichiara di non voler rinunciare, si apra, in questo momento, ad una nuova e maggiore complessità, sia sul piano dell'esperienza, che nel modo in cui sceglierà di affrontarla.
Mi riferisco in particolare alla questione del confronto, finora rinviato, con le figure genitoriali e mi sembra che, nel suo tergiversare, si rifletta la difficoltà propria al percorso di individuazione.
Con il padre, a lungo percepito sullo sfondo della scena emotiva, sembra ora riconoscersi su aspetti
comuni di sofferenza e passività, e si rivolge a lui, come oggetto di soccorso, di fronte all'invadenza
ed intemperanza materna. Situazione evocativa di una questione ancora aperta, che riguarda la difficoltà di accedere ad una maggiore distanza e differenziazione nel rapporto con la madre.
Rispetto a ciò, mi chiedo se la strada sarà quella della segretezza, e del vivere in solitudine la scelta omosessuale, o se invece la relazione terapeutica consentirà, nel tempo, di elaborare e sostenere un confronto identitario più esplicito con gli oggetti genitoriali.

Quilma Cocciante



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