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Anno II - N° 3 - Settembre 2002


Recensioni




Alain Vanier
Some remarks on adolescence with particular reference to Winnicott and Lacan
Psychoanalytic Quarterly, LXX, 2002, pagg. 579/597



Anche la sola lettura del titolo di questo articolo suscita curiosità ed una domanda più che spontanea: va bene l'adolescenza, ma che relazione ci può essere tra Winnicot e Lacan?
L'autore, psicoanalista parigino, sicuramente vicino alle posizioni lacaniane, ci conduce in un interessante viaggio dentro il mondo adolescenziale principalmente attraverso i parametri del tempo, considerato come una metafora paterna.
La mia recensione oscillerà tra il resoconto dell'articolo e le mie considerazioni.
AnzituttoVanier ci ricorda come etimologicamente la parola adolescenza derivi dal latino adolescere, che significa crescere verso la maturità. Un adolescente è qualcuno che cresce verso l'essere adulto, cosa che lo inscrive direttamente dentro nel tempo.
Quanto queste parole rimandino direttamente alle posizioni winnicottiane credo sia evidente a tutti, specie se sintetizzata nella sua nota affermazione relativa al fatto che l'unico rimedio per gli adolescenti consista nel "passar del tempo":
Vanier ci ricorda anche un'altra affermazione topica di Winnicot, quella relativa al reale e profondo desiderio adolescenziale di "non essere capiti", cosa che deve mettere al riparo ogni analista dalla fantasia di poter lavorare con un adolescente solo attraverso una comprensione simpatetica. Così come ogni genitore, sempre usando le parole di Winnicot, deve soprattutto pensare a sopravvivere alla turbolenta adolescenza dei figli senza rinunciare a ciò che è importante.
Sono innumerevoli le suggestioni che l'articolo ci fornisce, anche seguendo un filo non sempre perfettamente consequenziale, ma raccogliendo suggestioni da citazioni e da esemplificazioni cliniche ben descritte ed efficaci. Intanto va rilevato come i casi riportati siano effettivamente di adolescenti (15 e 13 anni), trattati con il tipo di lavoro analitico possibile per la complessità delle situazioni, mentre a volte succede di leggere resosconti di adolescenti che hanno già superato l'età canonica.
Perché il tempo è così importante per gli adolescenti, si chiede l'autore. Perché solo in questa età l'infinito diventa qualcosa di immaginabile in virtù del fatto che si ricerca una verità inviolabile. Ciò che è speciale riguardo alla verità è che è eterna. Confrontato con l'apparente fallimento di ciò che una volta sembrava certo, l'adolescente deve ritornare al periodo iniziale della simbolizzazione, il che lo introduce nel tempo. Questo è il motivo, secondo l'autore, per il quale gli adolescenti hanno problemi a trattare con il tempo e per il quale agiscono in maniera così frettolosa. L'incoerenza che gli adolescenti sperimentano tra l'eternità ed il tempo è dovuta alla funzione del significante. Questa incoerenza porta alla riconsiderazione ed alla reinvenzione del tempo, perché gli adolescenti hanno bisogno di ridescrivere se stessi e di riposizionarsi come soggetti. Per soggettivizzare, ancora una volta, il tempo gli adolescenti devono trovare una posizione che soddisfi sia le esigenze della specie, sia le particolarità della genealogia. Se, come Winnicot suggerisce, il rimedio per questo periodo problematico è davvero il passare del tempo, allora la cosa migliore che la psicoanalisi può fare per l'adolescente è di permettere che il tempo passi. Questa, ovviamente, è l'ultima cosa che un adolescente vuole sentirsi dire, dato che egli è alla ricerca di una risposta immediata ai suoi problemi. In ogni modo, per quanto un adolescente consideri se stesso in una situazione di emergenza, egli non è necessariamente di corsa. Per questo motivo, portare un adolescente ad accettare che sarà necessario del tempo, e che non potrà essere altrimenti, è un elemento importante del trattamento. Su questo punto si inserisce una osservazione relativa al tema degli acting out. E' ancora possibile parlare di psicoanalisi di fronte all'emergenza di innumerevoli agiti nel corso del trattamento? La risposta è che con gli adolescenti qualche grado di acting è quasi inevitabile specialmente nelle prime fasi del trattamento e che l'analista dovrebbe essere tollerante e riconoscere che questi agiti possono riflettere maggiori modificazioni interne. Senza ovviamente condonare gli atti delinquenziali.
Qui Vanier recupera la teorizzazione lacaniana, affermando che il tempo è una funzione del padre. Durante l'adolescenza si assiste, a suo aviso, ad un revival, ad una ripetizione della metafora paterna. Con i pazienti adolescenti l'analista diventa la personificazione del punto stabile di una ripetizione che ritorna sempre nello stesso posto. Egli è così situato nel Reale. L'analista consiste nell'essere depositario degli aspetti mortali della ripetizione, e, al tempo stesso, nell'essere il luogo nel quale il transfert può essere depositato. In questo modo, la funzione dell'analista non è solo di ripetizione, ma anche di invenzione. Questa certezza, la verità eterna di cui l'adolescente necessita per rinnovare se stesso, ci ricorda che, come adulto, ognuno di noi è una persona con una idea o una scoperta che riesiaminiamo e sviluppiamo per il resto della nostra vita. Questa idea o scoperta spesso origina nell'adolescenza.

In questo senso l'analisi può andare oltre il tradizionale dilemma dell'adolescente, che è la protesta contro un ordine prestabilito che alla fine esita nell'organizzazione di un altro ordine ancora, o l'abbandono dei grandi sogni che genera un totale conformismo. In questo modo noi possiamo pensare all'analisi come ad un posto dove il conflitto può essere risolto nei termini propri del soggetto.
Il termine crisi adolescenziale è così una reminescenza della krisis della medicina ippocratica, nella quale il medico attende che il passar del tempo provveda al rimedio e decida la sorte del paziente che è oscillante tra la vita e la morte.
In un setting come quello analitico l'adolescente può perfino essere capace di fornire al linguaggio un piccolo aiuto, quell'aiuto che gli adolescenti amano fornire, capace di inventare un nuovo idioma che dà nuova forma ed indirizzo al linguaggio nel quale viviamo.


Pietro Roberto Goisis
e-mail: goirp@tin.it





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