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DALLA CONNESSIONE ALLA RETE, ALLA COSTRUZIONE DI UNA RETE DI CONNESSIONI
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Per cercare Narciso e offrirgli un volto in cui specchiarsi
di Mario Marinetti
Per una strana combinazione del destino, il caso ha voluto che la psicoanalisi ed il cinema siano quasi coeve ed entrambi di straordinaria importanza nella cultura moderna.
Se la psicoanalisi ha permeato di sé buona parte delle idee e dell'arte del Novecento, va ricordato come Arnold Hauser, nella sua Storia sociale dell'arte (1951), ponga tutta l'arte moderna all'insegna del cinema, per la particolare modalità di rappresentazione dello spazio e del tempo.
Hauser vede nella "simultaneità degli stati d'animo" una caratteristica peculiare dell'arte moderna, sia nelle arti figurative che in quelle letterarie.
In Proust, Joyce, Dos Passos, Woolf, Faulkner si assiste ad una dissoluzione dell'intreccio e ad una "spazializzazione" del tempo, con la descrizione di azioni e stati d'animo simultanei, per cui le esperienze, più che seguire un proprio ordine cronologico, rispecchiano gli stati d'animo e ne seguono l'andamento.
Per Hauser nel cinema tempo e spazio si confondono: lo spazio diventa dinamico, veloce, nasce davanti agli occhi e scorre fluido; il tempo diventa spaziale, ci si muove in esso cambiando direzione come nello spazio; passato, presente e futuro possono mescolarsi tra loro, quel che è prima può essere rappresentato dopo e viceversa ed il futuro può apparire come un presente molto concreto. Così, nella rappresentazione simultanea di azioni parallele le cose sono insieme vicine nel tempo e lontane nello spazio.
La particolare rappresentazione del tempo e dello spazio nel cinema è molto vicina a come queste due categorie vengono vissute nel mondo psichico, con una relatività dell'esperienza umana molto vicina a quella descritta da Freud.
Il cinema diventa un fenomeno di massa soprattutto nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando improvvisamente milioni di uomini, per lo più di origine contadina, fino ad allora esclusi dalla conoscenza di numerosi sviluppi tecnologici, entrarono traumaticamente in contatto con questi, tra cui anche il cinema.
Ricorderei l'interessantissimo studio che Gibelli (1991) ha svolto sugli effetti che ebbero diversi aspetti di quell'evento bellico sull'universo percettivo, cognitivo ed emotivo delle popolazioni coinvolte.
Egli, attraverso lo studio delle testimonianze epistolari e di altro tipo, ha cercato di ricostruire il percorso dell'esperienza vissuta, dei processi mentali, dell'immaginario e della memoria, mettendo in luce le profonde modificazioni che quell'esperienza determinò nell'universo culturale e psicologico dei partecipanti. Nel corso di quel conflitto trionfò l'elemento artificiale con l'elettricità, il grammofono, il cinema.
Le testimonianze di diversi combattenti evidenziano, nel corso ad esempio di bombardamenti, l'attivazione di meccanismi di scissione percettiva tra l'elemento sonoro e quello visivo, con sensazioni di vivere esperienze artificiali o oniriche, mescolate a quelle reali. In diverse di tali testimonianze c'è l'esplicito riferimento ad esperienze vissute come se si fosse dentro un film.
La tecnologia consentì, con le protesi, di rimpiazzare molte parti del corpo distrutte e così, da allora, piano piano cerca di rimpiazzare la natura, la vita, ne diventa un surrogato idealizzato, fino a giungere, ai giorni nostri, ai rischi cui può dar luogo un uso disumano di Internet e della "realtà virtuale", o il delirio di onnipotenza che spinge degli scienziati a fare partorire donne di sessanta e passa anni.
In Crash, film per molti aspetti emblematico, un personaggio parla del progetto in cui è coinvolto: il rimodellamento del corpo umano da parte della tecnologia, la ricerca della morte, totale o parziale attraverso mutilazioni e cicatrici, usata per divenire immortali. Nel film i corpi dilaniati fanno eccitare. I corpi sono fusi con le macchine, che ne diventano un'estensione. Le cicatrici, sia quelle delle macchine che quelle dei corpi, sono sia la garanzia dell'immortalità, perché sono quasi cercate e controllate, sia il segno disperato che il corpo è ancora vivo: provare dolore diventa la garanzia di essere ancora vivi. Vivere in uno stato di eccitazione mentale sembra evitare la possibilità di vivere un senso di vuoto annichilente.
Il linguaggio cinematografico ha avuto numerosi cambiamenti, rispetto agli anni in cui Hauser scriveva il suo importante libro.
Il ritmo è diventato frenetico, frammentato, contagiato dal linguaggio dei videoclip. Tale frenesia si accompagna alla ricerca di effetti tecnologici sempre più spinti o alla presentazione di scene sempre più "eccitanti", o sul piano della violenza o su quello del sesso. A farne le spese sono le storie, la rappresentazione dei sentimenti e delle relazioni umane ed è di conforto assistere al successo in America di film come Il postino di Neruda o come Palookaville.
Assistiamo quindi all'offerta e alla ricerca di stati mentali eccitati, che riempiono sensazioni di vuoto angosciante, favorito dalle condizioni sociali attuali.
Viviamo in un mondo borderline, caratterizzato dall'idealizzazione della futilità, da abusi di varia natura, dalla frantumazione di strutture sociali, dalla caduta di idee, ideali e ideologie, con un concomitante sviluppo di vuoti mentali e affettivi.
Per Amati Sas (1989, 2001) la società tecnologica di massa crea individui indifferenziati, alienabili rispetto a se stessi e mimetizzabili col mondo esterno, facilmente manipolabili dai mass-media, dalle statistiche, dalle varie propagande più o meno occulte, come quella pornografica o pedofila. Ciò avviene per la condizione di base dell'essere umano, che nasce impotente e si affida all'ambiente che lo accoglie, strutturando così un'adattabilità, un conformismo ed un opportunismo di base, di cui dovrà il più possibile liberarsi se egli vuole portare a termine il suo compito esistenziale: diventare una persona, capace di pensare ed a contatto col proprio mondo affettivo.
Mi sembra che la società odierna e i suoi prodotti culturali finiscano per amplificare lo spazio di una delle due polarità della vita psichica umana, il narcisismo. L'altra polarità è l'alterità e la vita umana mi sembra possa essere rappresentata dalla continua tensione tra queste due polarità, all'interno delle quali ve ne è un'altra, quella tra "sano" e "patologico".
Credo che possa essere interessante riflettere su questi aspetti e su come vengono rappresentati dal cinema, da un lato "specchio del tempo", dall'altro capace di creare nuovi scenari culturali in grado di incidere sul mondo psicologico.
Crash può essere letto come una convincente rappresentazione del narcisismo distruttivo. Altri film attendono una nostra riflessione, come ad esempio Parla con lei, che mi sembra descrivere molto bene il passaggio dal narcisismo al rapporto con l'altro.
Penso che il compito che spetta agli psicoanalisti, in tutti i contesti in cui si trovano ad operare, sia quello di testimoniare l'esistenza e l'importanza del mondo affettivo, del pensiero e della capacità di rappresentazione: in fondo l'importanza della persona.
Bibliografia
Amati Sas S. (1989). Recuperare la vergogna. In Violenza di Stato e Psicoanalisi, Napoli, Gnocchi.
Amati Sas S. (2001) La realtà psichica e le sue circostanze. Seminario al Centro Milanese di Psicoanalisi, 25 gennaio 2001.
Gibelli A. (1991). L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale. Torino, Bollati Boringhieri.
Hauser A (1951). Storia sociale dell'arte.Trad. it.: Torino, Einaudi, 1955.
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