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                  Riassunto 
                   
                  Il testo presenta il lavoro di terapia di coppia secondo lapproccio 
                  clinico della psicoterapia della Gestalt. Partendo da una puntualizzazione 
                  sul ruolo del terapeuta e dalla necessità di definire 
                  domanda e contratto, vengono poi presentati gli strumenti metodologici 
                  utilizzati. 
                  La seconda parte dellarticolo contiene una riflessione 
                  sui cambiamenti delle forme del disagio di coppia a partire 
                  dai mutamenti del contesto sociale, utilizzando i concetti di 
                  identità personale e identità del legame 
                   
                  Abstract 
                   
                  Between us 
                  The text introduces the work on couple therapy following Gestalt 
                  therapeutic clinical approach. Starting from a definition of 
                  the therapists role and from the need of defining request 
                  and contract, methodological tools are introduced. 
                  The second part of the article is a consideration on changing 
                  forms of the couples disorders starting from social context, 
                  using the concepts of personal and couples identity. 
                 
                 
                  ... bisogna aprire allignoto, 
                  bisogna che lignoto entri, 
                  e disturbi. 
                   
                  M. Duras, La vita materiale 
                 
 
  Premessa 
   
  Il mio lavoro consiste nel passare ore ad ascoltare storie. Sono venticinque 
  anni che lo faccio e non sono ancora stanca. E' di certo il mio modo per contemplare 
  il mistero della vita. Il dolore, le rabbie, lo sconforto, le paure e le rinascite 
  a cui mi espongo finiscono per svegliare in me una commozione che mi fa sentire 
  vicina al cuore delle cose. 
  E lì, incontro una pace. 
  Non è sempre stato così. Per anni paladina, ho cercato di mettere 
  io la pace nei cuori altrui. Poi col tempo, addomesticato il mio orgoglio, ho 
  imparato a tollerare la fragilità e a fidarmi dello smarrimento. Nellascolto, 
  a donarmi. Ho imparato sulla pelle che dove cè ordine cè 
  dolore. Così le vite ragionevoli hanno smesso di interessarmi e il caos 
  di farmi paura. 
  E' stato a questo punto che ho osato avventurarmi nel lavoro con le coppie. 
  Qui, forse, più che in ogni altra forma di terapia, la temperatura dei 
  sentimenti raggiunge i massimi gradi e il disordine può dare le vertigini. 
  Per questa ragione è anche difficile parlarne, ma scrivo per altri come 
  me che aiutano altre vite ad avere meno paura della loro follia: in questo consiste, 
  in fondo, il lavoro di cura. 
  Di quello che sono in grado di fare e dire oggi, sono debitrice a molti maestri 
  che mi hanno fatto dono della loro esperienza e del coraggio di vivere senza 
  tutte le risposte. 
  La terapia con le coppie di cui parlo in questo scritto è condotta secondo 
  lorientamento della psicoterapia della Gestalt che non descrivo nel dettaglio 
  e per il cui approfondimento rimando alla vasta letteratura esistente. 
  Tra i tanti gestaltisti che hanno messo a punto questo lavoro terapeutico, faccio 
  riferimento in particolare al gruppo di Cleveland, a Joseph Zinker e Sonia Nevis 
  che hanno dato un contributo da tutti riconosciuto fondamentale in questo campo. 
  Oltre che ai loro scritti, il mio lavoro si ispira agli indimenticabili incontri 
  con Zinker. Il suo insegnamento appassionato e rispettoso ha permesso che a 
  mia volta maturassi una personale ispirazione di cui qui do conto. 
   
   
  Uno più uno fa cinque 
   
  Una coppia non è la somma di due individui. Il pensiero sistemico ci 
  ha ormai abituato a vedere, in ogni unione affettiva, una fondazione creativa 
  originale che non coincide con la somma delle persone che la compongono. E' 
  un corpo sociale tenuto da un patto, un insieme con una fisionomia propria e 
  una propria identità. 
  Il processo dinamico, il manifestarsi della vita di questo collettivo a due, 
  genera infatti un nuovo soggetto, il noi e attiva un particolare 
  campo dazione dato dallinterdipendenza, dalle interazioni, dalle 
  forme di contatto e di scambio, nonché dalle correnti di emozioni e pensieri 
  circolanti e dai sogni reciproci che definiscono la forma stessa 
  del legame e cementano la sua tenuta. 
  In tal modo, due persone che formano una coppia, pur mantenendo la loro fisionomia 
  di soggetti distinti, io/tu, costruiscono un insieme che si nutre allo stesso 
  modo delle due individualità e dei reciproci sogni, cioè di quello 
  che ciascuno dei due diventa nella mente dellaltro. In ogni legame si 
  attua una sorta di contaminazione dei confini delle due soggettività 
  che rappresenta al tempo stesso il potenziale creativo e il limite per ciascuno. 
  Nei confronti di questa metamorfosi dei confini propri, abitualmente le persone 
  che stabiliscono un legame sono ben disposte poiché essa costituisce 
  il terreno dellinfluenza consapevolmente o inconsapevolmente desiderata, 
  quel di più o diverso che vogliamo e che sentiamo di essere stando con 
  laltro. 
  Coscienza del legame, tensione tra il rispetto di sé e disponibilità 
  a farsi sconvolgere dallaltro, sono gli elementi propulsivi 
  del legame stesso. La capacità di sognare laltro, il dreaming up, 
  e di lasciarsi sognare dallaltro, non riducibile a mero gioco di reciproche 
  proiezioni, va anchessa considerata una componente creativa della coppia. 
  Conoscenza reciproca, attese, sogni e utopie, idealizzazioni, illusioni e speranze 
  costituiscono pertanto gli ingredienti di ogni relazione affettiva, più, 
  naturalmente, qualcosaltro di misterioso, su cui non so e non voglio dire 
  nulla di originale e che comunemente sperimentiamo come amore, attrazione, elezione, 
  passione, desiderio di convivere e condividere. 
   
   
  Piccoli mali e grandi mali 
   
  Non farò dunque lautopsia del mistero. Dichiaro anzi che lo rispetto 
  e che non voglio capirlo meglio per spiegarlo. Il giocattolo è attraente 
  perché è vivo e si muove e quandanche lo smontassimo, le 
  rotelle che lo compongono non sarebbero in grado di rivelarci il come e il perché 
  di questo movimento così stupefacente. 
  Siamo interessati a riflettere sui processi di coppia perché interpellati 
  dal dolore. A volte, infatti, il miracolo non tiene più, il sogno si 
  fa incubo, il campo dazione si trasforma da spazio creativo a luogo di 
  pianto, di insoddisfazione e di distruzione. Il dolore di una crisi di coppia 
  può essere devastante per le persone che lo vivono, con ripercussioni 
  su una porzione di ambiente circostante molto ampia. 
  Mentre le piccole crisi, il disagio ordinario può essere digerito e superato 
  dalla coppia che si impegna al chiarimento, altre crisi debordano ogni buona 
  intenzione. I due avvertono che i loro sforzi e il loro desiderio di stare meglio 
  non bastano, che i tentativi di capirsi naufragano e che non ce la fanno a uscire 
  dallimpasse. Come animali in trappola, più si muovono e più 
  si avviluppano nei loro lacci. Il parlare diventa inutile perché ogni 
  discorso, invece di procurare schiarite di senso e nuove comprensioni, sembra 
  trafiggere il cuore e inchiodare a un dolore insopportabile che comincia a nutrirsi 
  di odio e risentimento. 
  Qui, chi non va oltre si separa. Qualcuno è capace di raschiare dal fondo 
  lultimo residuo di speranza e si dispone a domandare un aiuto esterno. 
  E' a questo punto che incontro le coppie in consultazione. 
   
   
  Il terzo non coinvolto 
   
  La psicoterapia di coppia è il ricorso a un terzo esterno non coinvolto 
  e imparziale, perché aiuti i partner a superare una crisi. In alcuni 
  casi la coppia riconosce unanimemente la presenza di un malessere e di un conflitto 
  insolubile, è in grado di descriverlo, vuole capire meglio che cosa stia 
  succedendo, vuole chiarirsi le idee, risolvere il problema. 
  Può essere presente in partenza, da parte dei due, lidea che entrambi 
  abbiano una sorta di corresponsabilità nel generare la crisi e nellintrattenerla, 
  avendo ciascuno un punto di vista valido, benché opposto allaltro. 
  Malgrado questo modo maturo di vedere le cose e le intenzioni costruttive che 
  possono animare i partner, essi si sentono bloccati nella ripetizione di litigi 
  senza via duscita, sentono la vita di coppia priva di creatività, 
  si sentono sempre più estranei e incapaci di comprendersi anche quando 
  sono capaci di riconoscere, almeno teoricamente, la buona fede e le buone intenzioni 
  dellaltro. 
   
   
  Il terapeuta giudice 
   
  In altri casi la richiesta di un terapeuta imparziale nasce dallesigenza 
  di stabilire chi dei due abbia ragione. Lo scontro è frontale con accuse 
  e rivendicazioni. La domanda che la coppia porta è di fatto diretta a 
  un giudice più che a un mediatore. Ci si aspetta che, attraverso 
  lascolto, questi sia in grado di dipanare torto e ragione e decretare 
  così il vincitore e il perdente della contesa. 
  Si tratta in questi casi di coppie che rivelano una certa dose di immaturità 
  e dipendenza da una figura autorevole, con unalta propensione a idealizzare 
  la figura del terapeuta investendola di grande potere. Sotteso a questo atteggiamento 
  cè pure lidea, comune a un diffuso modo di pensare, che ci 
  siano dei fatti reali su cui va espresso un giudizio, che i fatti 
  siano delle verità inconfutabili e non anche il risultato di vissuti 
  personali, di letture, di interpretazioni. In questo caso il conflitto nascerebbe 
  perché uno di due mente in buona o in mala fede, mentre laltro 
  dice il vero. La posizione ragionevole che la verità sta in mezzo 
  e che ognuno ha i suoi torti e le sue ragioni è solo apparentemente più 
  equilibrata. Nella sostanza è una variante intelligente della posizione 
  descritta che non ne modifica la logica, non esce dal paradigma del giudizio/colpa, 
  anche se introduce un punto di vista salomonico e più equilibrato. 
  In questi casi, allinizio della terapia, sarà dedicato tutto il 
  tempo necessario per modificare il più possibile questo punto di vista. 
  Per fare un buon contratto terapeutico la coppia dovrà rinunciare ad 
  avere una terapia-processo e una soluzione del conflitto basata su un verdetto 
  di ragione/colpa. 
  Il terapeuta deve in ogni caso mettere in discussione tale mandato e rilanciare 
  lipotesi di lavoro su altre basi. In mancanza di questa puntualizzazione, 
  la terapia è destinata al fallimento e il terapeuta a essere dilaniato 
  dalle manovre manipolatorie delluno o dellaltro e dalle aspettative 
  della sentenza. 
   
   
  Figura e sfondo 
   
  Anche le coppie del primo tipo, cioè quelle che si presentano con una 
  buona domanda centrata sul bisogno di chiarimento e di crescita, mentre esplicitano 
  un ragionevole desiderio di confronto e comprensione dei diversi punti di vista, 
  inevitabilmente portano anche, benché non esplicita, una domanda di processo/giudizio 
  e attendono una sentenza. Ciò avviene a causa di unalta dose di 
  ambivalenza, tensione emotiva, rabbia e rivalsa che non tarda a prendere forma. 
  La disponibilità a negoziare che viene dichiarata può essere più 
  il frutto di intenzioni che di profonda convinzione oppure il risultato di sincera 
  convinzione, accompagnata da un alto tasso di emozioni distruttive che i due 
  tendono a negare. 
  Per esperienza, questa condizione, benché ambigua e apparentemente problematica, 
  è, in un certo senso, la più giusta proprio in quanto 
  fa spazio allambivalenza. Quando questa è presente, comunque, le 
  intenzioni dichiarate di ricerca del dialogo non vanno mai trattate come falsa 
  coscienza, falso sé o copertura della verità. Come 
  in un gioco di figura e sfondo, ciò che viene posto davanti, le intenzioni 
  dichiarate, non esclude i colori lividi della collera che vengono sentiti ma 
  tenuti sullo sfondo. Le istanze emotive ambivalenti creano una Gestalt composita 
  che non impedisce alle persone di assumere la responsabilità, attraverso 
  il poter dire di volere ciò che dicono di volere. 
  Diffido di quelle coppie composte, a tutti i costi generose e fin troppo civili, 
  che intraprendono un percorso senza crepe e dialogano senza compiere passi falsi 
  come in un balletto ben studiato. Lanimo umano ha mille facce e niente 
  come il fallimento dei legami damore è in grado di rivelarle. Se 
  accade di trovare tanta pulizia, poiché rara è la saggezza, facilmente 
  saremo in presenza di negazioni, scissioni o di anestesia dei sentimenti. Questi 
  meccanismi di difesa attengono non alla maturità, ma alla rigidità 
  e sono tipici di persone fragili che male tollerano il dolore del disordine. 
  Negazione scissione e anestesia sono i più grandi ostacoli alla presa 
  di coscienza e producono soluzioni fittizie, sbrigative e superficiali. Le ricadute 
  sono poi inevitabili. 
   
   
  Cambiar di forma 
   
  Se il compito del terapeuta non è quello di sentenziare sui torti e le 
  ragioni, come svolge il suo mandato? In che modo potrà aiutare una coppia 
  a superare il suo impasse? E quali procedure metterà in atto per sostenere 
  questo processo di cambiamento? 
  Partiamo dal presupposto costruttivista che non esistano solo dei fatti reali 
  da accertare, ma mondi e sensibilità da mettere a confronto. La questione 
  che si pone, pertanto, non sarà mai quella di giungere a una verità. 
  Il compito del terapeuta è di aiutare la coppia a comprendere il significato 
  evolutivo di ciò che sta vivendo, di liquidare un assetto esistenziale 
  e relazionale che ha esaurito il suo potenziale creativo e a ricostituirne uno 
  più attuale, conforme alle nuove domande di ciascuno e alle istanze emotive 
  emergenti nella coppia. 
  La terapia è dunque un momento creativo che parte dal disagio esistente, 
  non lo elude ma lo attraversa, lo rielabora per aiutare i due a reinventarsi 
  attorno a una nuova utopia. 
  Tutte le dimensioni temporali vi sono implicate. Il presente col dramma del 
  conflitto in atto, il passato come una storia di alleanza di coppia che ha esaurito 
  il suo potenziale e il futuro come nuovo sogno condiviso, radicato nelle competenze 
  apprese. 
  Ciò che emerge è comunque proiettato verso lignoto e implica 
  pertanto anche la costruzione di una capacità di tollerare lincertezza, 
  attraverso un rilancio della fiducia reciproca e della speranza. 
   
   
  Distacchi 
   
  La psicoterapia risolve sempre il conflitto della coppia? Uno dei miei maestri 
  diceva che, quando una coppia viene in consultazione, dobbiamo capire subito 
  se sono due che non ce la fanno a stare insieme oppure se sono due che non ce 
  la fanno a separarsi. 
  Al di là della battuta, quello che possiamo dire è che, dal momento 
  in cui la separazione fa parte dello scenario delle possibilità socialmente 
  percorribili, essa diventa uno dei modi di risolvere la crisi, dunque anche 
  una conclusione possibile della psicoterapia. 
  Nella mia esperienza, la situazione che ha maggiori possibilità di andare 
  in questa direzione è quella che chiamerei asimmetria della crisi. 
  Per asimmetria della crisi intendo quelle situazioni in cui è solo uno 
  dei partner a vivere il disagio, a mettere in discussione il rapporto; mentre 
  laltro, benché accetti di venire in terapia, è appagato 
  dallassetto attuale e non vede nessun problema nel come stanno andando 
  le cose. Se la coppia non assume il fatto che cè un dolore nel 
  legame, anche quando è solo uno dei due a dargli voce, ci troviamo in 
  una situazione in cui cè un rifiuto di responsabilità. Porsi 
  fuori dal legame e affermare che «è un suo problema» equivale 
  a negare il legame stesso. Perché una coppia sia in crisi è sufficiente 
  che uno dei due sia insoddisfatto e il noi è il soggetto 
  del dolore e della cura. Diversamente, succede qui quello che avviene nei casi 
  di disturbi psicosomatici: chi ha lulcera chiede al terapeuta di guarirla 
  e, interpellato su come vanno le cose nella sua vita, dice che va tutto bene 
  e che «a parte questo sono felice». Analogamente, quando incontriamo 
  situazioni in cui uno dei due afferma che «se non fosse per lui/per lei 
  che si lamenta, che è insoddisfatto/a, andrebbe tutto bene» oppure 
  «non sarei qui se fosse per me», ci troviamo di fronte a potenti 
  barriere di negazione. 
  Queste dichiarazioni rivelano già la rottura dellunità relazionale 
  e ciò avviene dove cè incapacità di ascolto e di 
  comprensione empatica. Si tratta del tentativo di scissione del collettivo a 
  due da parte di chi nega il malessere, nellestremo tentativo di salvarsi, 
  di non mettersi in discussione, di rifiutare il dolore. Leliminazione 
  del noi è, in questo caso, già il problema. Se non 
  si riesce a creare il contatto (il suo male è inevitabilmente il nostro 
  male), la terapia di coppia non ha possibilità di avviare un proficuo 
  processo di chiarificazione. Potrà proseguire solo come lavoro individuale 
  della persona che soffre e in questo caso sarà il suo cambiamento ad 
  avere ripercussioni sulla vita dei due. Viceversa, se il contratto di aiuto 
  si interrompe (o in coppia o niente), lesito è segnato. Potrà 
  avvenire prima o poi una separazione oppure, da parte di chi soffre, la rassegnata 
  accettazione del disagio, attraverso il sacrificio di sé, lautosvalutazione 
  e, a volte, il diniego del proprio punto di vista. In questo caso, se la coppia 
  non si separa, lalleanza resta malata e questo fatto manifesterà 
  le sue insidie più in là nel tempo o nello spazio. Nel tempo significa 
  che ci sarà presto un altro crollo, nello spazio vuol dire che il male 
  si potrà manifestare in un luogo diverso dalla coppia. Potrà 
  trattarsi del corpo sotto forma di malattia, oppure di un altro familiare, un 
  figlio, per esempio, che comincerà a manifestare la sofferenza attraverso 
  un disagio fisico o comportamentale, dando forma in tal modo al dolore negato 
  presente nel campo relazionale dei genitori. 
   
   
  Prognosi riservata 
   
  Ci sono poi coppie che esprimono attraverso la crisi un vizio congenito, 
  un difetto di nascita del rapporto, che emerge sotto forma di sofferenza quando 
  le contingenze sono favorevoli al suo manifestarsi. Si tratta di legami superficiali, 
  poco pensati e a fragile tenuta, come, per esempio, matrimoni precoci costruiti 
  sullimmaturità, sulla mancanza di esperienza, sulla leggerezza, 
  oppure coppie nate senza amore. La tenuta del legame in questi casi si è 
  basata, nel tempo, prevalentemente su motivazioni narcisistiche. Con lesaurirsi 
  di queste istanze superficiali o immature, lenergia del legame si consuma 
  e lincapacità dei due a rifondare il proprio patto fa emergere 
  aspetti di logorio e rivela presto scarsa dedizione e mancanza di sano attaccamento. 
  In questi casi ci troviamo, fin dal primo momento della consultazione, di fronte 
  a una palpabile vacuità della motivazione a restare nella coppia e allesaurimento 
  della speranza che qualcosa di bello possa fiorire tra i due. Spesso il corollario 
  a questo stato di disperazione è la convinzione che altrove, con altri, 
  la possibilità di un sentimento profondo esista, che lamore sia 
  possibile. A volte, è la presenza reale di unaltra relazione intrapresa 
  da uno dei due a far precipitare la consapevolezza non solo della fine del rapporto, 
  ma del fatto che il rapporto non sia mai esistito. Se i tentativi del terapeuta 
  di rilanciare il contatto non vengono colti o vengono sabotati, la terapia finirà 
  col portare alla luce un esplicito desiderio di separazione unilaterale o consensuale. 
  Si può aiutare allora le persone ad affrontare questo passaggio, a salutarsi 
  con rispetto e dignità. Un buon dolore può comunque far crescere 
  e insegna sempre qualcosa. I sentimenti distruttivi, viceversa, seminano la 
  devastazione affettiva che, al di là dei due, può perdurare per 
  generazioni e trasmettere odio, sfiducia e cinismo nella discendenza. 
  Quando cè da parte dei due il desiderio di percorrere la crisi, 
  lesito della terapia è aperto. 
   
   
  Il nostro problema 
   
  Con una coppia entriamo nel vivo della questione quando affrontiamo la definizione 
  del problema attuale. La descrizione del disagio è un momento di massima 
  importanza. Le coppie di solito arrivano in consultazione dopo un lungo travaglio, 
  a volte dopo anni di crisi in cui hanno parlato tanto, tentato già molte 
  soluzioni e vissuto ripetuti fallimenti. Sono stanchi, esauriti, sfiduciati, 
  spesso molto arrabbiati, delusi di sé, dellaltro e di non avercela 
  fatta da soli. Tutto questo li mette in una condizione di grande fragilità 
  che va subito sostenuta attraverso unaccoglienza benevola, disponibilità 
  e ascolto paziente. Il fatto che siano lì, non mostra solo che sono due 
  che non ce la fanno, ma che sono due che vogliono farcela. Aver pensato e deciso 
  di chiedere aiuto ed essersi trovati daccordo sulla domanda di terapia, 
  esprime la presenza di valori costruttivi e dedizione alla coppia. 
  Questi aspetti vanno rimarcati esplicitamente e restituiti alla coppia in modo 
  non formale. Riconoscere ai due il merito dellimpresa che si accingono 
  a compiere li mette immediatamente in una disposizione costruttiva, spesso li 
  pacifica, nutre il loro sano narcisismo, li unisce e fa emergere le energie 
  necessarie a lavorare insieme. 
  Giungere a una definizione del problema è una tappa fondamentale della 
  terapia perché su questa diventa possibile fondare il contratto di aiuto. 
  La definizione del problema permette di individuare degli obiettivi, orienta 
  il lavoro comune, consente al terapeuta di focalizzare il proprio ascolto organizzando 
  un sistema di priorità. Gli obiettivi di partenza saranno, comunque, 
  sempre rivedibili e rinegoziabili. 
   
   
  La vita non è un problem solving 
   
  Il fatto di individuare il problema, di nominarlo e di orientarsi a un obiettivo, 
  permette la costruzione di un terzo attorno a cui muoversi ed è 
  la condizione necessaria ma non sufficiente per intraprendere il percorso. Può 
  bastare quando ci troviamo di fronte a una coppia matura, capace 
  di apprendere dallesperienza e in grado di integrare gli elementi di consapevolezza 
  comune che emergono dal lavoro. In questi casi, anche quando la posta è 
  alta, avremo persone empatiche e fondamentalmente interessate al punto di vista 
  dellaltro. Più spesso, però, la crisi di coppia si focalizza 
  attorno a forti resistenze da parte di ciascuno e non tardiamo ad accorgerci 
  che i due sono impegnati in altro da ciò che dicono, non apprendono, 
  resistono nel dolore, sono in collusione per intrattenere la crisi. In questi 
  casi è necessario vedere che il problema che portano è in effetti 
  la soluzione che i due hanno trovato per tenere la loro energia lontano da una 
  fonte di angoscia che non sanno, non vogliono o non possono trattare. Continuare 
  a stare male insieme è ciò che permette alla coppia di mantener 
  in vita unimmagine di sé a cui non possono rinunciare. Ciò 
  accade quando il legame è fondato sulla complicità a compiere 
  una missione impossibile, come per esempio realizzare una vita perfetta 
  e senza errori, che può essere un atto dimostrativo nei confronti, per 
  esempio, di una famiglia di origine deludente o problematica. 
  In questi casi, per uscire dallimpasse, sarà necessario esplorare 
  a fondo un territorio relazionale più ampio della coppia stessa e guardare 
  il contesto intergenerazionale. Distaccarsi dallimpegno irrealistico assunto 
  allinterno del legame irrisolto con i propri genitori sarà, in 
  questo caso, la condizione per risolvere la crisi. 
   
   
  Contenuto, processo e senso 
   
  Quando una coppia descrive il problema che sta vivendo, ci troviamo di fronte 
  a questioni che possono riguardare lorganizzazione della vita quotidiana, 
  le incomprensioni reciproche, la sessualità, la gestione della vita materiale, 
  le scelte, i rapporti coi figli e così via. Il problema che la coppia 
  ci racconta ha una forma abbagliante. Si impone alla nostra attenzione con una 
  intensa carica emozionale e domanda una soluzione puntuale. Il modo per risolvere 
  il problema non consiste, però, nel focalizzarsi solo sul contenuto proposto. 
  Sarà necessario individuare un percorso di contatto innovativo, diverso 
  cioè da quello che la coppia pratica e che, per forza di cose, è 
  un percorso inadatto, ripetitivo, sintomatico. Il terapeuta, pur assumendo lobiettivo 
  proposto, deve decentrarsi dal contenuto e cogliere i nodi del processo relazionale. 
  Mentre la forma attuale del problema, il che cosa non va, riguarda 
  il contenuto e dice intorno a quali questioni si concentra il disagio, il modo 
  in cui le persone si bloccano nel loro contatto, ovvero come fanno 
  a non risolvere il loro problema, riguarda il processo. 
  Lavorare sul processo significa, per esempio, far emergere la qualità 
  e lintensità delle rispettive emozioni, gli evitamenti, i giochi 
  delle parti, i ruoli fissi che i due tendono ad assumere luno nei confronti 
  dellaltro, le modalità con cui si rendono complici del loro blocco, 
  i modi in cui ciascuno manipola laltro, le forme del potere, le deleghe 
  di responsabilità, i modi in cui disperdono la loro energia motivazionale 
  per allontanarsi dagli obiettivi che dicono di perseguire, ecc. 
  A questo livello, gli elementi di consapevolezza che la coppia acquisisce e 
  le trasformazioni che ne derivano, diventano risorse che permettono, in modo 
  analogico, di aprire spiragli su diverse aree problematiche e pervenire a nuovi 
  assetti relazionali. 
  Contenuto e processo sono due elementi inestricabili della nostra esperienza: 
  il primo visibile perché convogliato dal linguaggio che descrive i fatti; 
  il secondo suggiacente, perché inerente i modi del contatto, i blocchi 
  della relazione, gli evitamenti. 
  Contenuti e processo abitano il campo relazionale che rende ragione 
  del senso. 
   
   
  Il campo relazionale della coppia 
   
  Per aiutare una coppia dobbiamo collocare il nostro intervento nellambito 
  della condizione esistenziale dei due. Una questione non ha lo stesso peso se 
  viene portata da una giovane coppia o dopo trentanni di matrimonio. Questo 
  non significa ignorare i fatti manifesti per andare alla ricerca di un movente 
  occulto e non significa neppure che esista una verità nascosta 
  dietro i fatti di cui si parla. Si tratta piuttosto di situare il 
  problema attuale in un contesto di senso più ampio che permetta di comprendere 
  perché quel fatto o quellevento si manifesta ora, in questo particolare 
  momento, perché costituisce un problema e perché i due non vi 
  trovano una soluzione. 
  Situare il problema significa tracciare i confini del campo relazionale 
  e permette di disegnare una mappa che orienta i movimenti della 
  coppia e del terapeuta nel corso della psicoterapia. Il senso non 
  riguarda le cause ma riguarda le motivazioni, il significato psicoaffettivo, 
  cognitivo e morale che la coppia dà alla propria vita comune. 
  La psicoterapia si muove tra contenuti, processi e senso, mettendosi in atteggiamento 
  di ascolto polifonico, ovvero percorrendo a rete la trama tridimensionale 
  disegnata da tutte queste dimensioni, utilizzando di volta in volta specifici 
  strumenti. 
   
   
  Larte del rammendo 
   
  Per procedere, abbiamo a disposizione una serie di strumenti che useremo di 
  volta in volta a seconda del tipo di coppia. 
  E' difficile applicare lo schema fisso in ununica procedura perché 
  innumerevoli sono le variabili in gioco. Dovremo tener conto delletà 
  dei due e della durata del rapporto, dellambiente sociale e culturale 
  in cui vivono che segna il linguaggio e i codici espressivi. Dovremo conoscere 
  i loro valori di riferimento, valori umani e religiosi. Dovremo inoltre conoscere 
  il contesto affettivo allargato, ovvero la presenza di figli, la loro età 
  e la posizione che le famiglie dorigine tengono ed hanno tenuto rispetto 
  alla coppia; dovremo comprendere leventuale pressione affettiva, morale 
  o materiale che queste esercitano eventualmente ancor oggi su di loro. 
  Tutte queste informazioni ci permetteranno di equilibrare gli interventi sui 
  contenuti, sui processi di contatto e sullambiente. Verranno raccolte 
  durante i primi colloqui, attraverso conversazioni aperte e orientate a fare 
  conoscenza. Le questioni che vengono spontaneamente eluse potranno essere richiamate 
  attraverso domande precise, volte a chiarire il punto. 
   
   
  Utensili 
   
  Il lavoro terapeutico con le coppie si avvale di strumenti metodologici che 
  sono come la cassetta degli utensili nelle mani dellartigiano. A seconda 
  del caso e del momento sarà più utile luno o laltro 
  di questi arnesi. La sequenza e lopportunità di usare certi strumenti 
  invece di altri varia e la stessa manovra, che può essere risolutiva 
  in certe circostanze, può rivelarsi dannosa o non abbastanza utile in 
  altre. 
  Il terapeuta, con la sua esperienza e sensibilità, sarà in grado 
  di determinare di volta in volta la cosa giusta da fare, restando in ascolto 
  e tenendo sempre presente che le persone che aiuta sono esperte di se stesse 
  e che solo loro sono in grado di aiutarci ad aiutarle. Nella pratica clinica 
  siamo comunque sempre nel regno dei pezzi unici e sarà perciò 
  necessario, oltre allesperienza, sempre una grande cautela, rispetto e 
  la disponibilità da parte del terapeuta a procedere per tentativi ed 
  errori, con la consapevolezza di intraprendere unavventura fatta di incognite 
  e di incertezze. 
  Gli strumenti a disposizione per facilitare la comunicazione nella coppia sono 
  tanti e altri se ne possono creare dalla situazione stessa. Non ci deve essere 
  da parte del terapeuta attaccamento nei confronti della tecnica, ma disponibilità 
  ad aprirsi allinvenzione dei mezzi, confidando nella propria creatività 
  e appoggiandosi sulla propria esperienza. 
  A titolo indicativo, elenco una serie di procedure orientate a facilitare il 
  percorso di consapevolezza, precisando che non si tratta di una sequenza di 
  interventi, ma di un repertorio di possibilità che attualmente utilizzo 
  nella mia pratica. 
   
   
  - Diventare consapevoli del processo di contatto 
   
  I due vengono posti di fronte con la consegna di conversare tra loro sul problema 
  che portano. Si dirà loro che possono interrompere il dialogo quando 
  sentono che hanno bisogno di aiuto e che il terapeuta si inserirà quando 
  osserva nel loro modo di comunicare qualcosa di utile alla loro consapevolezza. 
  Gli interventi, mai interpretativi sul contenuto e mai valutativi, riguarderanno 
  aspetti fenomenologici dellinterazione come, per esempio, il fatto che 
  solo uno dei due fa domande allaltro, che dirottano la loro energia cambiando 
  argomento sempre a un certo punto, che smettono di guardarsi in coincidenza 
  del sopraggiungere di sentimenti difficili, che i ruoli sono fissi, per esempio 
  uno dei due dà consigli mentre laltro porta dubbi o incertezza, 
  ecc. Queste osservazioni vengono condivise, discusse, ricollocate allinterno 
  di un sistema di sentimenti presenti e di evitamenti e, se i due si riconoscono 
  e sono interessati al cambiamento, la fase successiva sarà quella di 
  mettere in atto esperimenti volti a modificare quel tale aspetto 
  del contatto fisso e ripetitivo. La presa di coscienza, infatti, è condizione 
  necessaria ma non sufficiente per cambiare e dovrà essere incorporata, 
  resa nuova esperienza, affinché il cambiamento desiderato si produca. 
   
   
  - Narrare la storia di coppia 
   
  Per vivere il presente abbiamo bisogno di una storia. Ogni individuo ne ha una, 
  ogni coppia ne ha una. Narrare la propria storia di coppia significa percorrere 
  i fatti salienti della vita comune, descriverne i mutamenti nel tempo, i sentimenti 
  provati, ricordare le difficoltà superate insieme, le incomprensioni 
  colmate, i malintesi, i sospesi attuali. Significa riavvicinarsi alle proprie 
  risorse, parlare anche delle proprie capacità. E' importante sostenere 
  il potenziale di una coppia, sottolineandone continuamente le competenze. Lo 
  scopo del narrare non è guardare al passato per distogliere energie al 
  presente, per entrare nella nostalgia, nel rimpianto e nella recriminazione. 
  Meno che mai significa andare alla ricerca delle cause remote dei mali presenti. 
  Attraverso la narrazione si celebra un rito di autoriconoscimento e di appropriazione 
  della propria identità. La narrazione della storia comune è il 
  momento epistemologico della terapia: narrando i fatti, i due comunicano su 
  come costruiscono la conoscenza di sé e dellaltro, sulle loro similitudini 
  e delle differenze e su come accumulano lesperienza del noi, dando fisionomia 
  al mondo condiviso. 
   
   
  - Genogramma e storia personale 
   
  Luso del genogramma, che è la ricostruzione della mappa familiare 
  su più generazioni, è uno strumento utilissimo. Ancora una volta 
  non siamo in cerca di cause remote del disagio, ma di vettori di senso. Dal 
  dialogo tra le mappe di ciascuno, i due apprendono molte cose. Le 
  storie di famiglia fanno luce sul campo esperienziale, sulle culture familiari, 
  sugli apprendimenti, sui vincoli affettivi, sulla complementarietà che 
  lega i due, su quelle che sono state definite le missioni segrete 
  o impossibili, sui sistemi di riproduzione dei pattern relazionali delle famiglie 
  di origine. Diventa un momento terapeutico perché si arriva a scoprire 
  in che misura si vive la propria storia o la storia di qualcun altro, se si 
  sta insieme per dimostrare qualcosa a qualcuno o se si è nella libertà 
  di una avventura personale anche se problematica. Il lavoro sul genogramma rivela 
  il grado di libertà dei singoli e la loro possibilità di differenziarsi 
  dalla storia pregressa per vivere creativamente il proprio presente e un futuro 
  aperto, non già scritto. 
 
 
  - Lavoro individuale col terapeuta in presenza del partner 
   
  Il lavoro con le coppie non deve essere trasformato in una terapia dei singoli, 
  ma può essere utile al percorso comune comprendere meglio alcuni aspetti 
  individuali di ciascuno per far luce sulle difficoltà presenti. A partire 
  dalla richiesta di uno dei due, o qualora il terapeuta ne ravvisi lutilità, 
  possiamo perciò dedicare del tempo al lavoro individuale di uno in presenza 
  dellaltro. La consegna, per questultimo, è di rimanere in 
  ascolto e non intervenire e, per chi dialoga col terapeuta, di prendere la responsabilità 
  di aprirsi solo nella misura della propria disponibilità. In tal modo 
  emergeranno esperienze personali taciute, la cui condivisione può essere 
  determinante per lintesa di coppia. Abbiamo avuto esempi clamorosi dellutilità 
  di questa procedura allorché, trattando di gravi disagi dellintesa 
  sessuale di una coppia, è emerso da parte della moglie un inconfessato 
  passato di violenze subite nellambito della propria famiglia dorigine. 
  La donna grazie alla possibilità di parlare al terapeuta mentre il marito 
  stava in ascolto, ha preso il coraggio di raccontare per la prima volta il dramma 
  del suo passato, mettendo nuova luce anche sul problema presente. 
   
   
  - Colloqui separati 
   
  Nel corso di una terapia di coppia non è indicato avere colloqui separati 
  e in nessun caso questo può avvenire con uno dei due allinsaputa 
  dellaltro. Talvolta però è possibile avere incontri individuali 
  e non sempre questo fatto costituisce motivo per non accogliere la domanda della 
  coppia. Se succede, per esempio, che nella fase preliminare uno dei due richieda 
  un primo colloquio per esplorare la possibilità di avviare una terapia 
  comune, lo si invita a parlarne col partner e, qualora si proceda in questa 
  direzione, nellincontro di coppia si farà esplicito riferimento 
  al colloquio individuale avvenuto. 
  Appare subito evidente che questa modalità che da un lato permette al 
  singolo una maggiore libertà di esprimere un suo punto di vista, dallaltro 
  si presta inevitabilmente a essere utilizzata per creare alleanze e complicità 
  col terapeuta. Per questa ragione, la posizione del terapeuta è più 
  delicata e questi dovrà essere in grado di rifiutare ogni tentativo di 
  manipolazione, riposizionandosi di volta in volta nel suo ruolo di mediatore, 
  riservando comunque a entrambi la stessa possibilità. 
   
   
  - Segreti 
   
  Può accadere che il terapeuta riceva, da parte di uno dei due, informazioni 
  accompagnate dalla richiesta che queste non vengano condivise con il partner. 
  Ciò si può verificare nel corso dei colloqui separati oppure attraverso 
  comunicazioni telefoniche laterali alle sedute di coppia. In questi casi il 
  terapeuta viene a trovarsi in una situazione imbarazzante. Nessuna mediazione 
  può realizzarsi sulla base di una complicità, ma non sempre la 
  scelta giusta è quella di interrompere la terapia. Dal momento che è 
  impossibile rifiutare o ignorare il messaggio dopo che è stato dato, 
  una possibilità di riequilibrare i giochi è quella di andare 
  nel senso del sintomo. Il terapeuta potrà offrire, anche ex post, 
  esplicitamente e a entrambi, la possibilità di avere comunicazioni 
  riservate da parte di ciascuno separatamente, con limpegno di non 
  utilizzarle nel lavoro comune. Se i due accettano, si attua una ridefinizione 
  del campo in cui ciascuno ha identiche possibilità e sa che laltro 
  potrebbe avere comunicato al terapeuta un proprio segreto. 
  Questa procedura richiede comunque una certa maestria terapeutica al fine di 
  controllare le interferenze, evitare giudizi e schieramenti e rende a volte 
  necessaria, per il terapeuta, la supervisione di un collega. 
  Lobiettivo resta, comunque, quello di poter trasformare immediatamente 
  un atto potenzialmente manipolativo in un gesto orientato a consolidare la fiducia 
  nei confronti del percorso intrapreso. 
   
   
  - Altri linguaggi 
   
  Il lavoro sul processo di contatto, la narrazione della storia di coppia, il 
  genogramma, il lavoro individuale in presenza dellaltro vengono realizzati 
  utilizzando gli strumenti classici della psicoterapia della Gestalt, a cui si 
  rimanda per una conoscenza più approfondita. Sono centrali il lavoro 
  sul contatto emotivo e sul ciclo dellesperienza, il lavoro sulle polarità, 
  il costante uso dellesperimento e il riferimento al sentire del corpo. 
  E' previsto inoltre lutilizzo dellampia gamma di modalità 
  comunicative meno convenzionali del linguaggio verbale, come per esempio far 
  redigere unautopresentazione, oppure utilizzare materiale fotografico 
  scelto dai due negli album di famiglia, a supporto del racconto e della descrizione 
  di sé. Sempre secondo la tradizione gestaltica, si potrà far uso 
  di disegni o rappresentazioni grafiche per descrivere un problema o uno stato 
  danimo, scriversi delle lettere che verranno lette durante le sedute. 
  Tra i linguaggi alternativi alla parola, un posto importante è occupato 
  da situazioni in cui è richiesto il coinvolgimento del corpo. Possono 
  essere proposti esercizi di contatto non verbale per amplificare le percezioni, 
  cogliere i sentimenti del momento, come per esempio: stare di fronte a occhi 
  chiusi, sentire dentro di sé e sentire laltro, cercare il proprio 
  ritmo di respiro, guardarsi contemporaneamente o in modo alternato, camminare 
  cercando un ritmo comune, fidarsi e affidarsi facendosi sostenere fisicamente 
  o guidare dallaltro, ecc. 
  Il lavoro corporeo amplifica e integra quanto viene espresso verbalmente, rettifica 
  le intellettualizzazioni, fa emergere sentimenti inconsapevoli negati od evitati 
  permettendone lesperienza diretta e facilitandone lintegrazione. 
   
   
  In cerca di identità 
   
  Nellesperienza terapeutica oggi incontriamo forme di disagio diverse dal 
  passato. Le tematiche tradizionali legate al conflitto, tipiche di contesti 
  sociali normativi, hanno lasciato il posto ai problemi legati alla ricerca di 
  identità. Il tema centrale della crescita ruota oggi attorno alla ricerca 
  del senso di sé e a un desiderio profondo, mai placato, di unità 
  e di coerenza. Ciò produce negli individui una condizione di incertezza 
  e smarrimento che è in stretta relazione coi mutamenti del contesto sociale. 
  Con lapertura a più vaste libertà di azione, si impongono 
  nuovi rischi e agli individui si richiede maggiore responsabilità nellassumere 
  più complessi sistemi di rappresentazione del sé personale, dei 
  rapporti con gli altri e della vita a due. 
  Le grandi trasformazioni avvenute, infatti, hanno modificato le nostre esperienze 
  soggettive e ridefinito la posizione relativa dellindividuo rispetto al 
  collettivo. E' cambiato lo stile di vita, il lavoro, il rapporto col tempo e 
  con lo spazio, col corpo, sono cambiate le regole, i rapporti sociali e familiari. 
  Un tempo, il fatto di appartenere a una certa famiglia o a un certo ceto, come 
  pure nascere uomo o donna, definiva preliminarmente il percorso di vita. Nella 
  società tradizionale il collettivo decideva per lindividuo e il 
  gruppo di appartenenza diceva chi eri, che cosa dovevi fare nella vita, in che 
  cosa dovevi credere, come ti dovevi comportare. Le scelte erano limitate, lesperienza 
  era coesa e poco diversificata. I margini di libertà erano minimi e poteva 
  accadere di essere fortemente penalizzati per la propria originalità. 
  Ma in un modo o nellaltro il controllo, mentre limita, produce certezze. 
   
   
  Liberi di volersi 
   
  Anche le scelte di coppia erano in qualche modo segnate. Il matrimonio era fortemente 
  influenzato dalle famiglie dorigine ed era considerato una necessità 
  sociale, nonché il punto di arrivo della maturità. Come tale, 
  costituiva la definizione ultima del sé. 
  In questo contesto si pensava alla coppia come allunione di due metà 
  complementari e si dava molto valore al fatto di essere necessari uno allaltro. 
  Questo sistema di vincoli psicologici, sociali e morali produceva legami marcati 
  dallattaccamento e dalla necessità affettiva e materiale: si stava 
  insieme perché non si poteva stare soli e si stava con quella persona 
  lì, perché solo lui o lei era lunico altro possibile. 
  Oggi, nelle mutate condizioni di vita, ogni persona ha più libertà 
  di definirsi, di decidere che cosa vuole fare della propria vita, chi essere, 
  come essere e con chi vivere. Si persegue lobiettivo di diventare soggetti 
  completi e consapevoli del proprio potenziale, col desiderio di scoprire il 
  proprio posto nella vita. Ogni individuo vuole essere capace di provare emozioni, 
  pensare, esprimersi, agire a nome proprio. Il valore dellautonomia psicologica 
  e materiale diventa dominante e, in conseguenza di ciò, si crea una diversa 
  rappresentazione della convivenza e del matrimonio. 
  Vivere con unaltra persona diventa una libera scelta e perde il carattere 
  di necessità. La solitudine, infatti, non è più né 
  temuta né socialmente penalizzata. Gli uomini e le donne sanno che potrebbero 
  anche vivere soli e non per questo sentirsi delle mezze persone. 
  La relazione di coppia acquista una valenza totalmente elettiva. Due persone 
  decidono di stare insieme con meno condizionamenti; lunione è basata 
  sullamore, sul desiderio reciproco, sullintesa interpersonale e 
  sulla responsabilità, piuttosto che su moventi esterni di convenienza 
  e di approvazione sociale. 
  Caduti i vincoli esterni, la qualità del legame e il sentimento che la 
  coppia possa continuare a essere un luogo di realizzazione personale per ciascuno 
  dei due, diventano elementi essenziali per la tenuta del rapporto. Ma dove cè 
  più libertà cresce lincertezza. 
   
   
  Il paradosso dellautorealizzazione 
   
  Il processo di individuazione, dunque, non termina con il raggiungimento della 
  maturità biologica e sconfina nel tempo adulto, tocca la vita di coppia 
  e impone ai due un nuovo compito: quello di conciliare lo sviluppo di se stessi 
  col bisogno dellaltro, col desiderio di intimità, di stabilità 
  e di appartenenza. Cè una tensione tra queste due istanze, unoscillazione 
  continua che viene sperimentata come bisogno di essere sufficientemente vicini 
  e lontani contemporaneamente. Dove è potente il desiderio di condividere 
  tutto per creare intimità, vive anche il bisogno di mantenere uno scarto: 
  aree di silenzio e di autonomia personale per poter continuare a crescere come 
  individui. 
  Ogni processo di costruzione dellidentità va, necessariamente, 
  nel senso della differenziazione. Cercando se stessi si va incontro alla propria 
  particolarità, alla propria originalità, ai tempi e ai ritmi personali; 
  ma due persone sempre più complete non faranno poi, in quanto tali, una 
  coppia più unita. La vita insieme che porta questa tensione alla crescita 
  di ciascuno, si espone pertanto a un alto potenziale centrifugo. Il legame, 
  ancorché fondato sulle affinità e le vicinanze, sperimenterà 
  necessariamente ampie aree di separatezza, differenze sempre più sensibili 
  e di difficile governo. 
   
   
  Essere se stessi, essere con laltro 
   
  Se io sono una persona intera e completa e dunque non cerco più una metà-complementare, 
  che cosa cerco nellaltro? Perché dovrei stare con lui, con lei? 
  A che scopo? Come? E ancora: la coppia non è forse un vincolo in più 
  che metto alla mia libertà? La presenza dellaltro fa fiorire o 
  impedisce il mio processo di crescita? E se la ricerca di me stesso mi porta 
  lontano invece che più vicino allaltro, come posso conciliare lesigenza 
  di essere fedele a me stesso ed essere fedele alla relazione? Che cosa motiva 
  oggi una vita di coppia? 
  Non possiamo aiutare le coppie a risolvere le tensioni del loro legame senza 
  riferirci a questa nuova cornice sociale e culturale, senza cioè nominare 
  e comprendere questi grandi cambiamenti, esterni e interni, del mondo e delle 
  nostre menti. 
  La cornice terapeutica tradizionale, che legge la crisi di una coppia nel viluppo 
  irrisolto con le famiglie di origine, è ormai angusta. Il cambiamento 
  del contesto è di una tale potenza da imporci lonere di una revisione 
  dei presupposti teorici, dei metodi e delle tecniche dellaiuto. 
   
   
  Nuove coppie, nuovi disagi 
   
  Viviamo molte vite contemporaneamente: apparteniamo a gruppi diversi, assumiamo 
  molti ruoli, abitiamo molti mondi, ognuno dei quali ha regole proprie, linguaggi, 
  riti e codici comportamentali. Nella maggior parte dei casi questi mondi non 
  sono tra loro collegati. Più spesso sono separati e distanti, ragione 
  per cui, a volte, abbiamo la sensazione di essere noi stessi divisi al nostro 
  interno. Spesso ci chiediamo qual è il nostro vero Io poiché facciamo 
  esperienza di essere presenti solo parzialmente in ciò che facciamo nelluno 
  o nellaltro di questi mondi. Abbiamo la necessità di costruire 
  un collegamento che vuol dire sentire che cè ununità, 
  una sintesi forse, un me stesso sempre presente che transita da 
  un ambito allaltro della nostra vita, in modo tale che anche se ci manifestiamo 
  parzialmente, non per questo siamo meno veri. 
  Lincertezza, la dispersione e la frammentazione dellesperienza contamina 
  la relazione che spesso viene investita dellaspettativa di essere luogo 
  di pace e ricomposizione. 
  E' significativo il fatto che molte coppie chiedono aiuto dopo che uno dei due 
  ha intrapreso una terapia individuale, quando cioè, il percorso di crescita 
  divarica la relazione e i due hanno limpressione di perdere irrimediabilmente 
  il contatto, di non comprendersi più. 
  In questi casi i problemi della coppia, benché emergano in forma di conflitto, 
  hanno a che fare col senso. Il più delle volte si tratta 
  di buone relazioni allinterno delle quali si insinua il sentimento 
  rassegnato di una impossibilità di tenuta. Spesso la terapia viene richiesta 
  proprio nel momento in cui i due sentono la necessità di una ridefinizione 
  della loro alleanza, infragilita non dalla mancanza di amore, ma dallirrompere 
  di nuove e desiderate differenze. 
   
   
  Il legame come ancoraggio dellidentità 
   
  Da adulti, esattamente come avveniva nellinfanzia, il senso della nostra 
  coesione è legato a una sorta di sufficiente corrispondenza 
  tra ciò che diciamo o sentiamo di essere e il riconoscimento esterno: 
  come laltro ci vede, cosa laltro dice che noi siamo. Inizialmente 
  questi altri sono stati i genitori, ma nel corso del tempo sono diventati via 
  via importanti gli insegnanti, gli amici, gli adulti significativi, i maestri 
  di vita e, naturalmente, gli amori: le donne e gli uomini con cui stabiliamo 
  relazioni di intimità. 
  Le relazioni damore sono luoghi privilegiati di questa alchimia e contengono 
  sempre laspettativa di un giusto rispecchiamento. Quando funziona 
  è perché si realizza nella coppia un alto tasso di corrispondenza 
  tra ciò che ciascuno sente di essere e ciò che laltro vede 
  e pensa di lui/lei. La coppia diventa perciò il luogo in cui avviene 
  la magia della ricomposizione per vite disperse e impegnate in continui, difficili 
  adattamenti. Con la persona amata cè una forte aspettativa a vivere 
  questa integrazione: la coppia è dove possiamo essere tutto, un luogo 
  di sintesi dei nostri ruoli esterni, dei sentimenti diversi, delle nostre parti 
  diverse. E' dove possiamo portare lincertezza della nostra vita mai risolta 
  e trovare accolta la nostra paura dellignoto. 
   
   
  Divergenze del senso 
   
  Spesso la vita di coppia si inserisce sul venir meno di questo reciproco riconoscimento, 
  quando laltro, incapace di seguire la nostra trasformazione, comincia 
  a privarci del suo ascolto. Non ci riconosciamo e non ci sentiamo contenuti 
  dalla sua parola su di noi; le nuove convinzioni che andiamo maturando su noi 
  stessi non vengono colte né confermate. Laltro ci toglie quel supporto 
  di integrazione di cui abbiamo costantemente bisogno. Qui si apre lo spazio 
  del malinteso, della delusione, della catastrofe del contatto. 
  E' sempre più frequente che nella terapia venga portato, da uno o entrambi, 
  il tema dellestraneità. Per quanti sforzi vengano fatti, i due 
  hanno la sensazione di parlare lingue diverse e di appartenere a mondi distanti. 
  Lesigenza di dialogo qui invocata, non è riconducibile a bisogni 
  di attenzione immaturi o a infanzie irrisolte. Esprime invece la necessità 
  di una tutela della relazione che si realizza attraverso quel comprendersi reciproco 
  e sentire di essere nella mente dellaltro in un modo sufficientemente 
  aderente a come si sa di essere. Quando i sogni reciproci deviano e perdono 
  la corrispondenza, si apre lo spazio della crisi. 
  Tra i cambiamenti esterni, quello che certamente ha terremotato la cultura della 
  coppia è stato il mutamento del ruolo della donna, sempre più 
  simmetrico nella relazione e meno riparativo verso il legame. La diversa posizione 
  che la donna assume portando nella coppia istanze di maggiore autonomia rivela 
  che la ricerca di autorealizzazione di due persone impegnate in un legame è 
  potenzialmente in rotta di collisione col vincolo amoroso, col patto di vicinanza 
  e di fedeltà reciproca, in quanto chiede a ciascuno fedeltà a 
  se stesso. 
  In mancanza di una responsabilità comune a intrattenere la trama della 
  vicinanza, la coppia può diventare un mondo parziale assieme ad altri 
  mondi parziali, un luogo di mediazioni continue ed estenuanti in cui vengono 
  recuperate, riconosciute e accettate quelle parti di sé che le persone 
  via via vanno scoprendo. I partner di una coppia si imbattono così in 
  una progressiva distanza che non sanno più colmare, perdono di motivazione 
  e non comprendono più in nome di chi o di che cosa debbano fare tanta 
  fatica. 
   
   
  Egoismi 
   
  Limperativo culturale dellidentità rischia a volte di essere 
  declinato ad autosufficienza; diventa egoismo, distanza, diffidenza per laltro, 
  rimozione del proprio limite e della propria parzialità: negazione dellinterdipendenza. 
  Nella nostra società, sempre più negoziale e meno affettiva, si 
  insinua una tendenza a perdere le dimensioni della lealtà relazionale, 
  della gratuità, del dono. Ci si orienta verso un rifiuto dei legami, 
  cogliendo di essi prioritariamente la dimensione di vincolo, gli obblighi, i 
  doveri, laspetto frustrante e sacrificale che essi portano con sé. 
  La tematica più ricorrente nella terapia con le coppie ruota infatti 
  attorno alla polarità libertà individuale/bisogno di sicurezza, 
  estremi inconciliabili di una tensione che porta da un lato a cercare laltro 
  e, subito, a patirne la vicinanza, non appena il legame si fa troppo stretto. 
  La persona impegnata a cercare se stessa mal sopporta il compromesso, 
  la rinuncia e la mediazione. Sente il fastidio ad avere altri tra i piedi e 
  il desiderio di vivere senza rendere conto a nessuno. I rapporti di coppia tendono 
  perciò a diventare rapporti damore con riserva: benché desiderosi 
  di vivere emozioni, sentimenti forti e passioni durevoli, i partner mettono 
  le loro energie in patti a termine, diventano cinici, perdono il senso della 
  gratuità, la motivazione alla cura dellaltro e delle cose comuni. 
   
   
  Ciò che scorre tra noi 
   
  A questo punto il problema psicologico sconfina nelletica. Nessun vincolo 
  esterno mette la coppia nella necessità di perdurare e nessun terapeuta 
  potrà scovare un motivo sufficientemente forte e ragionevole perché 
  due persone stiano insieme. 
  Da un certo punto in poi la libertà è totale e dà le vertigini. 
  Oggi un matrimonio fonda in sé la sua necessità, che coincide 
  con la libera scelta dei due di farlo vivere. Quanto al suo movente, può 
  solo servire a crescere, avendo ciascuno assunto laltro, elettivamente, 
  a propria compagnia e a proprio limite. Le forme del contatto diventano necessariamente 
  più sofisticate, e debbono saper conciliare vicinanza e giusta distanza, 
  dialoghi e amorevoli silenzi. Il dono di sé allaltro non può 
  che essere preliminare e senza condizioni. Andiamo verso un tempo nel quale 
  il legame di coppia può solo diventare una via di consapevolezza, allinsegna 
  del reciproco rispetto. Diversamente, non ha ragione di esistere. 
  Per mantenere il legame bisogna imparare allora a costruire nuove forme di contatto 
  per far dialogare le due diversità. La costruzione dellidentità 
  dei singoli allinterno di un legame damore deve diventare tuttuno 
  con la responsabilità della costruzione di questo dialogo. 
  La psicoterapia di coppia può essere uno dei modi che abbiamo a disposizione 
  per apprendere o ri-apprendere a parlarci e ad ascoltarci. 
  Potremmo dire, per usare una metafora, che la competenza al dialogo diventa 
  per il legame come un ponte tra due solidi piloni capaci entrambi di reggersi 
  sulle proprie fondamenta. Il ponte è la trama del contatto, è 
  ciò che ci si scambia, ciò che i due sono capaci di far scorrere 
  tra loro. 
  Alla domanda: Perché mai dovremmo fare tanta fatica? non 
  possiamo che rispondere: Non si deve, ma si può, se si vuole. 
  E forse, perché è bello quando riesce. 
   
   
   
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  Studi sulla coppia, la famiglia e recenti orientamenti per il trattamento della 
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  Cigoli V. (a cura di), Intrecci familiari. Realtà interiore e scenario 
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  Rapporto soggettività/relazione e importanza della intersoggettività 
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