Riassunto
Il testo presenta il lavoro di terapia di coppia secondo lapproccio
clinico della psicoterapia della Gestalt. Partendo da una puntualizzazione
sul ruolo del terapeuta e dalla necessità di definire
domanda e contratto, vengono poi presentati gli strumenti metodologici
utilizzati.
La seconda parte dellarticolo contiene una riflessione
sui cambiamenti delle forme del disagio di coppia a partire
dai mutamenti del contesto sociale, utilizzando i concetti di
identità personale e identità del legame
Abstract
Between us
The text introduces the work on couple therapy following Gestalt
therapeutic clinical approach. Starting from a definition of
the therapists role and from the need of defining request
and contract, methodological tools are introduced.
The second part of the article is a consideration on changing
forms of the couples disorders starting from social context,
using the concepts of personal and couples identity.
... bisogna aprire allignoto,
bisogna che lignoto entri,
e disturbi.
M. Duras, La vita materiale
Premessa
Il mio lavoro consiste nel passare ore ad ascoltare storie. Sono venticinque
anni che lo faccio e non sono ancora stanca. E' di certo il mio modo per contemplare
il mistero della vita. Il dolore, le rabbie, lo sconforto, le paure e le rinascite
a cui mi espongo finiscono per svegliare in me una commozione che mi fa sentire
vicina al cuore delle cose.
E lì, incontro una pace.
Non è sempre stato così. Per anni paladina, ho cercato di mettere
io la pace nei cuori altrui. Poi col tempo, addomesticato il mio orgoglio, ho
imparato a tollerare la fragilità e a fidarmi dello smarrimento. Nellascolto,
a donarmi. Ho imparato sulla pelle che dove cè ordine cè
dolore. Così le vite ragionevoli hanno smesso di interessarmi e il caos
di farmi paura.
E' stato a questo punto che ho osato avventurarmi nel lavoro con le coppie.
Qui, forse, più che in ogni altra forma di terapia, la temperatura dei
sentimenti raggiunge i massimi gradi e il disordine può dare le vertigini.
Per questa ragione è anche difficile parlarne, ma scrivo per altri come
me che aiutano altre vite ad avere meno paura della loro follia: in questo consiste,
in fondo, il lavoro di cura.
Di quello che sono in grado di fare e dire oggi, sono debitrice a molti maestri
che mi hanno fatto dono della loro esperienza e del coraggio di vivere senza
tutte le risposte.
La terapia con le coppie di cui parlo in questo scritto è condotta secondo
lorientamento della psicoterapia della Gestalt che non descrivo nel dettaglio
e per il cui approfondimento rimando alla vasta letteratura esistente.
Tra i tanti gestaltisti che hanno messo a punto questo lavoro terapeutico, faccio
riferimento in particolare al gruppo di Cleveland, a Joseph Zinker e Sonia Nevis
che hanno dato un contributo da tutti riconosciuto fondamentale in questo campo.
Oltre che ai loro scritti, il mio lavoro si ispira agli indimenticabili incontri
con Zinker. Il suo insegnamento appassionato e rispettoso ha permesso che a
mia volta maturassi una personale ispirazione di cui qui do conto.
Uno più uno fa cinque
Una coppia non è la somma di due individui. Il pensiero sistemico ci
ha ormai abituato a vedere, in ogni unione affettiva, una fondazione creativa
originale che non coincide con la somma delle persone che la compongono. E'
un corpo sociale tenuto da un patto, un insieme con una fisionomia propria e
una propria identità.
Il processo dinamico, il manifestarsi della vita di questo collettivo a due,
genera infatti un nuovo soggetto, il noi e attiva un particolare
campo dazione dato dallinterdipendenza, dalle interazioni, dalle
forme di contatto e di scambio, nonché dalle correnti di emozioni e pensieri
circolanti e dai sogni reciproci che definiscono la forma stessa
del legame e cementano la sua tenuta.
In tal modo, due persone che formano una coppia, pur mantenendo la loro fisionomia
di soggetti distinti, io/tu, costruiscono un insieme che si nutre allo stesso
modo delle due individualità e dei reciproci sogni, cioè di quello
che ciascuno dei due diventa nella mente dellaltro. In ogni legame si
attua una sorta di contaminazione dei confini delle due soggettività
che rappresenta al tempo stesso il potenziale creativo e il limite per ciascuno.
Nei confronti di questa metamorfosi dei confini propri, abitualmente le persone
che stabiliscono un legame sono ben disposte poiché essa costituisce
il terreno dellinfluenza consapevolmente o inconsapevolmente desiderata,
quel di più o diverso che vogliamo e che sentiamo di essere stando con
laltro.
Coscienza del legame, tensione tra il rispetto di sé e disponibilità
a farsi sconvolgere dallaltro, sono gli elementi propulsivi
del legame stesso. La capacità di sognare laltro, il dreaming up,
e di lasciarsi sognare dallaltro, non riducibile a mero gioco di reciproche
proiezioni, va anchessa considerata una componente creativa della coppia.
Conoscenza reciproca, attese, sogni e utopie, idealizzazioni, illusioni e speranze
costituiscono pertanto gli ingredienti di ogni relazione affettiva, più,
naturalmente, qualcosaltro di misterioso, su cui non so e non voglio dire
nulla di originale e che comunemente sperimentiamo come amore, attrazione, elezione,
passione, desiderio di convivere e condividere.
Piccoli mali e grandi mali
Non farò dunque lautopsia del mistero. Dichiaro anzi che lo rispetto
e che non voglio capirlo meglio per spiegarlo. Il giocattolo è attraente
perché è vivo e si muove e quandanche lo smontassimo, le
rotelle che lo compongono non sarebbero in grado di rivelarci il come e il perché
di questo movimento così stupefacente.
Siamo interessati a riflettere sui processi di coppia perché interpellati
dal dolore. A volte, infatti, il miracolo non tiene più, il sogno si
fa incubo, il campo dazione si trasforma da spazio creativo a luogo di
pianto, di insoddisfazione e di distruzione. Il dolore di una crisi di coppia
può essere devastante per le persone che lo vivono, con ripercussioni
su una porzione di ambiente circostante molto ampia.
Mentre le piccole crisi, il disagio ordinario può essere digerito e superato
dalla coppia che si impegna al chiarimento, altre crisi debordano ogni buona
intenzione. I due avvertono che i loro sforzi e il loro desiderio di stare meglio
non bastano, che i tentativi di capirsi naufragano e che non ce la fanno a uscire
dallimpasse. Come animali in trappola, più si muovono e più
si avviluppano nei loro lacci. Il parlare diventa inutile perché ogni
discorso, invece di procurare schiarite di senso e nuove comprensioni, sembra
trafiggere il cuore e inchiodare a un dolore insopportabile che comincia a nutrirsi
di odio e risentimento.
Qui, chi non va oltre si separa. Qualcuno è capace di raschiare dal fondo
lultimo residuo di speranza e si dispone a domandare un aiuto esterno.
E' a questo punto che incontro le coppie in consultazione.
Il terzo non coinvolto
La psicoterapia di coppia è il ricorso a un terzo esterno non coinvolto
e imparziale, perché aiuti i partner a superare una crisi. In alcuni
casi la coppia riconosce unanimemente la presenza di un malessere e di un conflitto
insolubile, è in grado di descriverlo, vuole capire meglio che cosa stia
succedendo, vuole chiarirsi le idee, risolvere il problema.
Può essere presente in partenza, da parte dei due, lidea che entrambi
abbiano una sorta di corresponsabilità nel generare la crisi e nellintrattenerla,
avendo ciascuno un punto di vista valido, benché opposto allaltro.
Malgrado questo modo maturo di vedere le cose e le intenzioni costruttive che
possono animare i partner, essi si sentono bloccati nella ripetizione di litigi
senza via duscita, sentono la vita di coppia priva di creatività,
si sentono sempre più estranei e incapaci di comprendersi anche quando
sono capaci di riconoscere, almeno teoricamente, la buona fede e le buone intenzioni
dellaltro.
Il terapeuta giudice
In altri casi la richiesta di un terapeuta imparziale nasce dallesigenza
di stabilire chi dei due abbia ragione. Lo scontro è frontale con accuse
e rivendicazioni. La domanda che la coppia porta è di fatto diretta a
un giudice più che a un mediatore. Ci si aspetta che, attraverso
lascolto, questi sia in grado di dipanare torto e ragione e decretare
così il vincitore e il perdente della contesa.
Si tratta in questi casi di coppie che rivelano una certa dose di immaturità
e dipendenza da una figura autorevole, con unalta propensione a idealizzare
la figura del terapeuta investendola di grande potere. Sotteso a questo atteggiamento
cè pure lidea, comune a un diffuso modo di pensare, che ci
siano dei fatti reali su cui va espresso un giudizio, che i fatti
siano delle verità inconfutabili e non anche il risultato di vissuti
personali, di letture, di interpretazioni. In questo caso il conflitto nascerebbe
perché uno di due mente in buona o in mala fede, mentre laltro
dice il vero. La posizione ragionevole che la verità sta in mezzo
e che ognuno ha i suoi torti e le sue ragioni è solo apparentemente più
equilibrata. Nella sostanza è una variante intelligente della posizione
descritta che non ne modifica la logica, non esce dal paradigma del giudizio/colpa,
anche se introduce un punto di vista salomonico e più equilibrato.
In questi casi, allinizio della terapia, sarà dedicato tutto il
tempo necessario per modificare il più possibile questo punto di vista.
Per fare un buon contratto terapeutico la coppia dovrà rinunciare ad
avere una terapia-processo e una soluzione del conflitto basata su un verdetto
di ragione/colpa.
Il terapeuta deve in ogni caso mettere in discussione tale mandato e rilanciare
lipotesi di lavoro su altre basi. In mancanza di questa puntualizzazione,
la terapia è destinata al fallimento e il terapeuta a essere dilaniato
dalle manovre manipolatorie delluno o dellaltro e dalle aspettative
della sentenza.
Figura e sfondo
Anche le coppie del primo tipo, cioè quelle che si presentano con una
buona domanda centrata sul bisogno di chiarimento e di crescita, mentre esplicitano
un ragionevole desiderio di confronto e comprensione dei diversi punti di vista,
inevitabilmente portano anche, benché non esplicita, una domanda di processo/giudizio
e attendono una sentenza. Ciò avviene a causa di unalta dose di
ambivalenza, tensione emotiva, rabbia e rivalsa che non tarda a prendere forma.
La disponibilità a negoziare che viene dichiarata può essere più
il frutto di intenzioni che di profonda convinzione oppure il risultato di sincera
convinzione, accompagnata da un alto tasso di emozioni distruttive che i due
tendono a negare.
Per esperienza, questa condizione, benché ambigua e apparentemente problematica,
è, in un certo senso, la più giusta proprio in quanto
fa spazio allambivalenza. Quando questa è presente, comunque, le
intenzioni dichiarate di ricerca del dialogo non vanno mai trattate come falsa
coscienza, falso sé o copertura della verità. Come
in un gioco di figura e sfondo, ciò che viene posto davanti, le intenzioni
dichiarate, non esclude i colori lividi della collera che vengono sentiti ma
tenuti sullo sfondo. Le istanze emotive ambivalenti creano una Gestalt composita
che non impedisce alle persone di assumere la responsabilità, attraverso
il poter dire di volere ciò che dicono di volere.
Diffido di quelle coppie composte, a tutti i costi generose e fin troppo civili,
che intraprendono un percorso senza crepe e dialogano senza compiere passi falsi
come in un balletto ben studiato. Lanimo umano ha mille facce e niente
come il fallimento dei legami damore è in grado di rivelarle. Se
accade di trovare tanta pulizia, poiché rara è la saggezza, facilmente
saremo in presenza di negazioni, scissioni o di anestesia dei sentimenti. Questi
meccanismi di difesa attengono non alla maturità, ma alla rigidità
e sono tipici di persone fragili che male tollerano il dolore del disordine.
Negazione scissione e anestesia sono i più grandi ostacoli alla presa
di coscienza e producono soluzioni fittizie, sbrigative e superficiali. Le ricadute
sono poi inevitabili.
Cambiar di forma
Se il compito del terapeuta non è quello di sentenziare sui torti e le
ragioni, come svolge il suo mandato? In che modo potrà aiutare una coppia
a superare il suo impasse? E quali procedure metterà in atto per sostenere
questo processo di cambiamento?
Partiamo dal presupposto costruttivista che non esistano solo dei fatti reali
da accertare, ma mondi e sensibilità da mettere a confronto. La questione
che si pone, pertanto, non sarà mai quella di giungere a una verità.
Il compito del terapeuta è di aiutare la coppia a comprendere il significato
evolutivo di ciò che sta vivendo, di liquidare un assetto esistenziale
e relazionale che ha esaurito il suo potenziale creativo e a ricostituirne uno
più attuale, conforme alle nuove domande di ciascuno e alle istanze emotive
emergenti nella coppia.
La terapia è dunque un momento creativo che parte dal disagio esistente,
non lo elude ma lo attraversa, lo rielabora per aiutare i due a reinventarsi
attorno a una nuova utopia.
Tutte le dimensioni temporali vi sono implicate. Il presente col dramma del
conflitto in atto, il passato come una storia di alleanza di coppia che ha esaurito
il suo potenziale e il futuro come nuovo sogno condiviso, radicato nelle competenze
apprese.
Ciò che emerge è comunque proiettato verso lignoto e implica
pertanto anche la costruzione di una capacità di tollerare lincertezza,
attraverso un rilancio della fiducia reciproca e della speranza.
Distacchi
La psicoterapia risolve sempre il conflitto della coppia? Uno dei miei maestri
diceva che, quando una coppia viene in consultazione, dobbiamo capire subito
se sono due che non ce la fanno a stare insieme oppure se sono due che non ce
la fanno a separarsi.
Al di là della battuta, quello che possiamo dire è che, dal momento
in cui la separazione fa parte dello scenario delle possibilità socialmente
percorribili, essa diventa uno dei modi di risolvere la crisi, dunque anche
una conclusione possibile della psicoterapia.
Nella mia esperienza, la situazione che ha maggiori possibilità di andare
in questa direzione è quella che chiamerei asimmetria della crisi.
Per asimmetria della crisi intendo quelle situazioni in cui è solo uno
dei partner a vivere il disagio, a mettere in discussione il rapporto; mentre
laltro, benché accetti di venire in terapia, è appagato
dallassetto attuale e non vede nessun problema nel come stanno andando
le cose. Se la coppia non assume il fatto che cè un dolore nel
legame, anche quando è solo uno dei due a dargli voce, ci troviamo in
una situazione in cui cè un rifiuto di responsabilità. Porsi
fuori dal legame e affermare che «è un suo problema» equivale
a negare il legame stesso. Perché una coppia sia in crisi è sufficiente
che uno dei due sia insoddisfatto e il noi è il soggetto
del dolore e della cura. Diversamente, succede qui quello che avviene nei casi
di disturbi psicosomatici: chi ha lulcera chiede al terapeuta di guarirla
e, interpellato su come vanno le cose nella sua vita, dice che va tutto bene
e che «a parte questo sono felice». Analogamente, quando incontriamo
situazioni in cui uno dei due afferma che «se non fosse per lui/per lei
che si lamenta, che è insoddisfatto/a, andrebbe tutto bene» oppure
«non sarei qui se fosse per me», ci troviamo di fronte a potenti
barriere di negazione.
Queste dichiarazioni rivelano già la rottura dellunità relazionale
e ciò avviene dove cè incapacità di ascolto e di
comprensione empatica. Si tratta del tentativo di scissione del collettivo a
due da parte di chi nega il malessere, nellestremo tentativo di salvarsi,
di non mettersi in discussione, di rifiutare il dolore. Leliminazione
del noi è, in questo caso, già il problema. Se non
si riesce a creare il contatto (il suo male è inevitabilmente il nostro
male), la terapia di coppia non ha possibilità di avviare un proficuo
processo di chiarificazione. Potrà proseguire solo come lavoro individuale
della persona che soffre e in questo caso sarà il suo cambiamento ad
avere ripercussioni sulla vita dei due. Viceversa, se il contratto di aiuto
si interrompe (o in coppia o niente), lesito è segnato. Potrà
avvenire prima o poi una separazione oppure, da parte di chi soffre, la rassegnata
accettazione del disagio, attraverso il sacrificio di sé, lautosvalutazione
e, a volte, il diniego del proprio punto di vista. In questo caso, se la coppia
non si separa, lalleanza resta malata e questo fatto manifesterà
le sue insidie più in là nel tempo o nello spazio. Nel tempo significa
che ci sarà presto un altro crollo, nello spazio vuol dire che il male
si potrà manifestare in un luogo diverso dalla coppia. Potrà
trattarsi del corpo sotto forma di malattia, oppure di un altro familiare, un
figlio, per esempio, che comincerà a manifestare la sofferenza attraverso
un disagio fisico o comportamentale, dando forma in tal modo al dolore negato
presente nel campo relazionale dei genitori.
Prognosi riservata
Ci sono poi coppie che esprimono attraverso la crisi un vizio congenito,
un difetto di nascita del rapporto, che emerge sotto forma di sofferenza quando
le contingenze sono favorevoli al suo manifestarsi. Si tratta di legami superficiali,
poco pensati e a fragile tenuta, come, per esempio, matrimoni precoci costruiti
sullimmaturità, sulla mancanza di esperienza, sulla leggerezza,
oppure coppie nate senza amore. La tenuta del legame in questi casi si è
basata, nel tempo, prevalentemente su motivazioni narcisistiche. Con lesaurirsi
di queste istanze superficiali o immature, lenergia del legame si consuma
e lincapacità dei due a rifondare il proprio patto fa emergere
aspetti di logorio e rivela presto scarsa dedizione e mancanza di sano attaccamento.
In questi casi ci troviamo, fin dal primo momento della consultazione, di fronte
a una palpabile vacuità della motivazione a restare nella coppia e allesaurimento
della speranza che qualcosa di bello possa fiorire tra i due. Spesso il corollario
a questo stato di disperazione è la convinzione che altrove, con altri,
la possibilità di un sentimento profondo esista, che lamore sia
possibile. A volte, è la presenza reale di unaltra relazione intrapresa
da uno dei due a far precipitare la consapevolezza non solo della fine del rapporto,
ma del fatto che il rapporto non sia mai esistito. Se i tentativi del terapeuta
di rilanciare il contatto non vengono colti o vengono sabotati, la terapia finirà
col portare alla luce un esplicito desiderio di separazione unilaterale o consensuale.
Si può aiutare allora le persone ad affrontare questo passaggio, a salutarsi
con rispetto e dignità. Un buon dolore può comunque far crescere
e insegna sempre qualcosa. I sentimenti distruttivi, viceversa, seminano la
devastazione affettiva che, al di là dei due, può perdurare per
generazioni e trasmettere odio, sfiducia e cinismo nella discendenza.
Quando cè da parte dei due il desiderio di percorrere la crisi,
lesito della terapia è aperto.
Il nostro problema
Con una coppia entriamo nel vivo della questione quando affrontiamo la definizione
del problema attuale. La descrizione del disagio è un momento di massima
importanza. Le coppie di solito arrivano in consultazione dopo un lungo travaglio,
a volte dopo anni di crisi in cui hanno parlato tanto, tentato già molte
soluzioni e vissuto ripetuti fallimenti. Sono stanchi, esauriti, sfiduciati,
spesso molto arrabbiati, delusi di sé, dellaltro e di non avercela
fatta da soli. Tutto questo li mette in una condizione di grande fragilità
che va subito sostenuta attraverso unaccoglienza benevola, disponibilità
e ascolto paziente. Il fatto che siano lì, non mostra solo che sono due
che non ce la fanno, ma che sono due che vogliono farcela. Aver pensato e deciso
di chiedere aiuto ed essersi trovati daccordo sulla domanda di terapia,
esprime la presenza di valori costruttivi e dedizione alla coppia.
Questi aspetti vanno rimarcati esplicitamente e restituiti alla coppia in modo
non formale. Riconoscere ai due il merito dellimpresa che si accingono
a compiere li mette immediatamente in una disposizione costruttiva, spesso li
pacifica, nutre il loro sano narcisismo, li unisce e fa emergere le energie
necessarie a lavorare insieme.
Giungere a una definizione del problema è una tappa fondamentale della
terapia perché su questa diventa possibile fondare il contratto di aiuto.
La definizione del problema permette di individuare degli obiettivi, orienta
il lavoro comune, consente al terapeuta di focalizzare il proprio ascolto organizzando
un sistema di priorità. Gli obiettivi di partenza saranno, comunque,
sempre rivedibili e rinegoziabili.
La vita non è un problem solving
Il fatto di individuare il problema, di nominarlo e di orientarsi a un obiettivo,
permette la costruzione di un terzo attorno a cui muoversi ed è
la condizione necessaria ma non sufficiente per intraprendere il percorso. Può
bastare quando ci troviamo di fronte a una coppia matura, capace
di apprendere dallesperienza e in grado di integrare gli elementi di consapevolezza
comune che emergono dal lavoro. In questi casi, anche quando la posta è
alta, avremo persone empatiche e fondamentalmente interessate al punto di vista
dellaltro. Più spesso, però, la crisi di coppia si focalizza
attorno a forti resistenze da parte di ciascuno e non tardiamo ad accorgerci
che i due sono impegnati in altro da ciò che dicono, non apprendono,
resistono nel dolore, sono in collusione per intrattenere la crisi. In questi
casi è necessario vedere che il problema che portano è in effetti
la soluzione che i due hanno trovato per tenere la loro energia lontano da una
fonte di angoscia che non sanno, non vogliono o non possono trattare. Continuare
a stare male insieme è ciò che permette alla coppia di mantener
in vita unimmagine di sé a cui non possono rinunciare. Ciò
accade quando il legame è fondato sulla complicità a compiere
una missione impossibile, come per esempio realizzare una vita perfetta
e senza errori, che può essere un atto dimostrativo nei confronti, per
esempio, di una famiglia di origine deludente o problematica.
In questi casi, per uscire dallimpasse, sarà necessario esplorare
a fondo un territorio relazionale più ampio della coppia stessa e guardare
il contesto intergenerazionale. Distaccarsi dallimpegno irrealistico assunto
allinterno del legame irrisolto con i propri genitori sarà, in
questo caso, la condizione per risolvere la crisi.
Contenuto, processo e senso
Quando una coppia descrive il problema che sta vivendo, ci troviamo di fronte
a questioni che possono riguardare lorganizzazione della vita quotidiana,
le incomprensioni reciproche, la sessualità, la gestione della vita materiale,
le scelte, i rapporti coi figli e così via. Il problema che la coppia
ci racconta ha una forma abbagliante. Si impone alla nostra attenzione con una
intensa carica emozionale e domanda una soluzione puntuale. Il modo per risolvere
il problema non consiste, però, nel focalizzarsi solo sul contenuto proposto.
Sarà necessario individuare un percorso di contatto innovativo, diverso
cioè da quello che la coppia pratica e che, per forza di cose, è
un percorso inadatto, ripetitivo, sintomatico. Il terapeuta, pur assumendo lobiettivo
proposto, deve decentrarsi dal contenuto e cogliere i nodi del processo relazionale.
Mentre la forma attuale del problema, il che cosa non va, riguarda
il contenuto e dice intorno a quali questioni si concentra il disagio, il modo
in cui le persone si bloccano nel loro contatto, ovvero come fanno
a non risolvere il loro problema, riguarda il processo.
Lavorare sul processo significa, per esempio, far emergere la qualità
e lintensità delle rispettive emozioni, gli evitamenti, i giochi
delle parti, i ruoli fissi che i due tendono ad assumere luno nei confronti
dellaltro, le modalità con cui si rendono complici del loro blocco,
i modi in cui ciascuno manipola laltro, le forme del potere, le deleghe
di responsabilità, i modi in cui disperdono la loro energia motivazionale
per allontanarsi dagli obiettivi che dicono di perseguire, ecc.
A questo livello, gli elementi di consapevolezza che la coppia acquisisce e
le trasformazioni che ne derivano, diventano risorse che permettono, in modo
analogico, di aprire spiragli su diverse aree problematiche e pervenire a nuovi
assetti relazionali.
Contenuto e processo sono due elementi inestricabili della nostra esperienza:
il primo visibile perché convogliato dal linguaggio che descrive i fatti;
il secondo suggiacente, perché inerente i modi del contatto, i blocchi
della relazione, gli evitamenti.
Contenuti e processo abitano il campo relazionale che rende ragione
del senso.
Il campo relazionale della coppia
Per aiutare una coppia dobbiamo collocare il nostro intervento nellambito
della condizione esistenziale dei due. Una questione non ha lo stesso peso se
viene portata da una giovane coppia o dopo trentanni di matrimonio. Questo
non significa ignorare i fatti manifesti per andare alla ricerca di un movente
occulto e non significa neppure che esista una verità nascosta
dietro i fatti di cui si parla. Si tratta piuttosto di situare il
problema attuale in un contesto di senso più ampio che permetta di comprendere
perché quel fatto o quellevento si manifesta ora, in questo particolare
momento, perché costituisce un problema e perché i due non vi
trovano una soluzione.
Situare il problema significa tracciare i confini del campo relazionale
e permette di disegnare una mappa che orienta i movimenti della
coppia e del terapeuta nel corso della psicoterapia. Il senso non
riguarda le cause ma riguarda le motivazioni, il significato psicoaffettivo,
cognitivo e morale che la coppia dà alla propria vita comune.
La psicoterapia si muove tra contenuti, processi e senso, mettendosi in atteggiamento
di ascolto polifonico, ovvero percorrendo a rete la trama tridimensionale
disegnata da tutte queste dimensioni, utilizzando di volta in volta specifici
strumenti.
Larte del rammendo
Per procedere, abbiamo a disposizione una serie di strumenti che useremo di
volta in volta a seconda del tipo di coppia.
E' difficile applicare lo schema fisso in ununica procedura perché
innumerevoli sono le variabili in gioco. Dovremo tener conto delletà
dei due e della durata del rapporto, dellambiente sociale e culturale
in cui vivono che segna il linguaggio e i codici espressivi. Dovremo conoscere
i loro valori di riferimento, valori umani e religiosi. Dovremo inoltre conoscere
il contesto affettivo allargato, ovvero la presenza di figli, la loro età
e la posizione che le famiglie dorigine tengono ed hanno tenuto rispetto
alla coppia; dovremo comprendere leventuale pressione affettiva, morale
o materiale che queste esercitano eventualmente ancor oggi su di loro.
Tutte queste informazioni ci permetteranno di equilibrare gli interventi sui
contenuti, sui processi di contatto e sullambiente. Verranno raccolte
durante i primi colloqui, attraverso conversazioni aperte e orientate a fare
conoscenza. Le questioni che vengono spontaneamente eluse potranno essere richiamate
attraverso domande precise, volte a chiarire il punto.
Utensili
Il lavoro terapeutico con le coppie si avvale di strumenti metodologici che
sono come la cassetta degli utensili nelle mani dellartigiano. A seconda
del caso e del momento sarà più utile luno o laltro
di questi arnesi. La sequenza e lopportunità di usare certi strumenti
invece di altri varia e la stessa manovra, che può essere risolutiva
in certe circostanze, può rivelarsi dannosa o non abbastanza utile in
altre.
Il terapeuta, con la sua esperienza e sensibilità, sarà in grado
di determinare di volta in volta la cosa giusta da fare, restando in ascolto
e tenendo sempre presente che le persone che aiuta sono esperte di se stesse
e che solo loro sono in grado di aiutarci ad aiutarle. Nella pratica clinica
siamo comunque sempre nel regno dei pezzi unici e sarà perciò
necessario, oltre allesperienza, sempre una grande cautela, rispetto e
la disponibilità da parte del terapeuta a procedere per tentativi ed
errori, con la consapevolezza di intraprendere unavventura fatta di incognite
e di incertezze.
Gli strumenti a disposizione per facilitare la comunicazione nella coppia sono
tanti e altri se ne possono creare dalla situazione stessa. Non ci deve essere
da parte del terapeuta attaccamento nei confronti della tecnica, ma disponibilità
ad aprirsi allinvenzione dei mezzi, confidando nella propria creatività
e appoggiandosi sulla propria esperienza.
A titolo indicativo, elenco una serie di procedure orientate a facilitare il
percorso di consapevolezza, precisando che non si tratta di una sequenza di
interventi, ma di un repertorio di possibilità che attualmente utilizzo
nella mia pratica.
- Diventare consapevoli del processo di contatto
I due vengono posti di fronte con la consegna di conversare tra loro sul problema
che portano. Si dirà loro che possono interrompere il dialogo quando
sentono che hanno bisogno di aiuto e che il terapeuta si inserirà quando
osserva nel loro modo di comunicare qualcosa di utile alla loro consapevolezza.
Gli interventi, mai interpretativi sul contenuto e mai valutativi, riguarderanno
aspetti fenomenologici dellinterazione come, per esempio, il fatto che
solo uno dei due fa domande allaltro, che dirottano la loro energia cambiando
argomento sempre a un certo punto, che smettono di guardarsi in coincidenza
del sopraggiungere di sentimenti difficili, che i ruoli sono fissi, per esempio
uno dei due dà consigli mentre laltro porta dubbi o incertezza,
ecc. Queste osservazioni vengono condivise, discusse, ricollocate allinterno
di un sistema di sentimenti presenti e di evitamenti e, se i due si riconoscono
e sono interessati al cambiamento, la fase successiva sarà quella di
mettere in atto esperimenti volti a modificare quel tale aspetto
del contatto fisso e ripetitivo. La presa di coscienza, infatti, è condizione
necessaria ma non sufficiente per cambiare e dovrà essere incorporata,
resa nuova esperienza, affinché il cambiamento desiderato si produca.
- Narrare la storia di coppia
Per vivere il presente abbiamo bisogno di una storia. Ogni individuo ne ha una,
ogni coppia ne ha una. Narrare la propria storia di coppia significa percorrere
i fatti salienti della vita comune, descriverne i mutamenti nel tempo, i sentimenti
provati, ricordare le difficoltà superate insieme, le incomprensioni
colmate, i malintesi, i sospesi attuali. Significa riavvicinarsi alle proprie
risorse, parlare anche delle proprie capacità. E' importante sostenere
il potenziale di una coppia, sottolineandone continuamente le competenze. Lo
scopo del narrare non è guardare al passato per distogliere energie al
presente, per entrare nella nostalgia, nel rimpianto e nella recriminazione.
Meno che mai significa andare alla ricerca delle cause remote dei mali presenti.
Attraverso la narrazione si celebra un rito di autoriconoscimento e di appropriazione
della propria identità. La narrazione della storia comune è il
momento epistemologico della terapia: narrando i fatti, i due comunicano su
come costruiscono la conoscenza di sé e dellaltro, sulle loro similitudini
e delle differenze e su come accumulano lesperienza del noi, dando fisionomia
al mondo condiviso.
- Genogramma e storia personale
Luso del genogramma, che è la ricostruzione della mappa familiare
su più generazioni, è uno strumento utilissimo. Ancora una volta
non siamo in cerca di cause remote del disagio, ma di vettori di senso. Dal
dialogo tra le mappe di ciascuno, i due apprendono molte cose. Le
storie di famiglia fanno luce sul campo esperienziale, sulle culture familiari,
sugli apprendimenti, sui vincoli affettivi, sulla complementarietà che
lega i due, su quelle che sono state definite le missioni segrete
o impossibili, sui sistemi di riproduzione dei pattern relazionali delle famiglie
di origine. Diventa un momento terapeutico perché si arriva a scoprire
in che misura si vive la propria storia o la storia di qualcun altro, se si
sta insieme per dimostrare qualcosa a qualcuno o se si è nella libertà
di una avventura personale anche se problematica. Il lavoro sul genogramma rivela
il grado di libertà dei singoli e la loro possibilità di differenziarsi
dalla storia pregressa per vivere creativamente il proprio presente e un futuro
aperto, non già scritto.
- Lavoro individuale col terapeuta in presenza del partner
Il lavoro con le coppie non deve essere trasformato in una terapia dei singoli,
ma può essere utile al percorso comune comprendere meglio alcuni aspetti
individuali di ciascuno per far luce sulle difficoltà presenti. A partire
dalla richiesta di uno dei due, o qualora il terapeuta ne ravvisi lutilità,
possiamo perciò dedicare del tempo al lavoro individuale di uno in presenza
dellaltro. La consegna, per questultimo, è di rimanere in
ascolto e non intervenire e, per chi dialoga col terapeuta, di prendere la responsabilità
di aprirsi solo nella misura della propria disponibilità. In tal modo
emergeranno esperienze personali taciute, la cui condivisione può essere
determinante per lintesa di coppia. Abbiamo avuto esempi clamorosi dellutilità
di questa procedura allorché, trattando di gravi disagi dellintesa
sessuale di una coppia, è emerso da parte della moglie un inconfessato
passato di violenze subite nellambito della propria famiglia dorigine.
La donna grazie alla possibilità di parlare al terapeuta mentre il marito
stava in ascolto, ha preso il coraggio di raccontare per la prima volta il dramma
del suo passato, mettendo nuova luce anche sul problema presente.
- Colloqui separati
Nel corso di una terapia di coppia non è indicato avere colloqui separati
e in nessun caso questo può avvenire con uno dei due allinsaputa
dellaltro. Talvolta però è possibile avere incontri individuali
e non sempre questo fatto costituisce motivo per non accogliere la domanda della
coppia. Se succede, per esempio, che nella fase preliminare uno dei due richieda
un primo colloquio per esplorare la possibilità di avviare una terapia
comune, lo si invita a parlarne col partner e, qualora si proceda in questa
direzione, nellincontro di coppia si farà esplicito riferimento
al colloquio individuale avvenuto.
Appare subito evidente che questa modalità che da un lato permette al
singolo una maggiore libertà di esprimere un suo punto di vista, dallaltro
si presta inevitabilmente a essere utilizzata per creare alleanze e complicità
col terapeuta. Per questa ragione, la posizione del terapeuta è più
delicata e questi dovrà essere in grado di rifiutare ogni tentativo di
manipolazione, riposizionandosi di volta in volta nel suo ruolo di mediatore,
riservando comunque a entrambi la stessa possibilità.
- Segreti
Può accadere che il terapeuta riceva, da parte di uno dei due, informazioni
accompagnate dalla richiesta che queste non vengano condivise con il partner.
Ciò si può verificare nel corso dei colloqui separati oppure attraverso
comunicazioni telefoniche laterali alle sedute di coppia. In questi casi il
terapeuta viene a trovarsi in una situazione imbarazzante. Nessuna mediazione
può realizzarsi sulla base di una complicità, ma non sempre la
scelta giusta è quella di interrompere la terapia. Dal momento che è
impossibile rifiutare o ignorare il messaggio dopo che è stato dato,
una possibilità di riequilibrare i giochi è quella di andare
nel senso del sintomo. Il terapeuta potrà offrire, anche ex post,
esplicitamente e a entrambi, la possibilità di avere comunicazioni
riservate da parte di ciascuno separatamente, con limpegno di non
utilizzarle nel lavoro comune. Se i due accettano, si attua una ridefinizione
del campo in cui ciascuno ha identiche possibilità e sa che laltro
potrebbe avere comunicato al terapeuta un proprio segreto.
Questa procedura richiede comunque una certa maestria terapeutica al fine di
controllare le interferenze, evitare giudizi e schieramenti e rende a volte
necessaria, per il terapeuta, la supervisione di un collega.
Lobiettivo resta, comunque, quello di poter trasformare immediatamente
un atto potenzialmente manipolativo in un gesto orientato a consolidare la fiducia
nei confronti del percorso intrapreso.
- Altri linguaggi
Il lavoro sul processo di contatto, la narrazione della storia di coppia, il
genogramma, il lavoro individuale in presenza dellaltro vengono realizzati
utilizzando gli strumenti classici della psicoterapia della Gestalt, a cui si
rimanda per una conoscenza più approfondita. Sono centrali il lavoro
sul contatto emotivo e sul ciclo dellesperienza, il lavoro sulle polarità,
il costante uso dellesperimento e il riferimento al sentire del corpo.
E' previsto inoltre lutilizzo dellampia gamma di modalità
comunicative meno convenzionali del linguaggio verbale, come per esempio far
redigere unautopresentazione, oppure utilizzare materiale fotografico
scelto dai due negli album di famiglia, a supporto del racconto e della descrizione
di sé. Sempre secondo la tradizione gestaltica, si potrà far uso
di disegni o rappresentazioni grafiche per descrivere un problema o uno stato
danimo, scriversi delle lettere che verranno lette durante le sedute.
Tra i linguaggi alternativi alla parola, un posto importante è occupato
da situazioni in cui è richiesto il coinvolgimento del corpo. Possono
essere proposti esercizi di contatto non verbale per amplificare le percezioni,
cogliere i sentimenti del momento, come per esempio: stare di fronte a occhi
chiusi, sentire dentro di sé e sentire laltro, cercare il proprio
ritmo di respiro, guardarsi contemporaneamente o in modo alternato, camminare
cercando un ritmo comune, fidarsi e affidarsi facendosi sostenere fisicamente
o guidare dallaltro, ecc.
Il lavoro corporeo amplifica e integra quanto viene espresso verbalmente, rettifica
le intellettualizzazioni, fa emergere sentimenti inconsapevoli negati od evitati
permettendone lesperienza diretta e facilitandone lintegrazione.
In cerca di identità
Nellesperienza terapeutica oggi incontriamo forme di disagio diverse dal
passato. Le tematiche tradizionali legate al conflitto, tipiche di contesti
sociali normativi, hanno lasciato il posto ai problemi legati alla ricerca di
identità. Il tema centrale della crescita ruota oggi attorno alla ricerca
del senso di sé e a un desiderio profondo, mai placato, di unità
e di coerenza. Ciò produce negli individui una condizione di incertezza
e smarrimento che è in stretta relazione coi mutamenti del contesto sociale.
Con lapertura a più vaste libertà di azione, si impongono
nuovi rischi e agli individui si richiede maggiore responsabilità nellassumere
più complessi sistemi di rappresentazione del sé personale, dei
rapporti con gli altri e della vita a due.
Le grandi trasformazioni avvenute, infatti, hanno modificato le nostre esperienze
soggettive e ridefinito la posizione relativa dellindividuo rispetto al
collettivo. E' cambiato lo stile di vita, il lavoro, il rapporto col tempo e
con lo spazio, col corpo, sono cambiate le regole, i rapporti sociali e familiari.
Un tempo, il fatto di appartenere a una certa famiglia o a un certo ceto, come
pure nascere uomo o donna, definiva preliminarmente il percorso di vita. Nella
società tradizionale il collettivo decideva per lindividuo e il
gruppo di appartenenza diceva chi eri, che cosa dovevi fare nella vita, in che
cosa dovevi credere, come ti dovevi comportare. Le scelte erano limitate, lesperienza
era coesa e poco diversificata. I margini di libertà erano minimi e poteva
accadere di essere fortemente penalizzati per la propria originalità.
Ma in un modo o nellaltro il controllo, mentre limita, produce certezze.
Liberi di volersi
Anche le scelte di coppia erano in qualche modo segnate. Il matrimonio era fortemente
influenzato dalle famiglie dorigine ed era considerato una necessità
sociale, nonché il punto di arrivo della maturità. Come tale,
costituiva la definizione ultima del sé.
In questo contesto si pensava alla coppia come allunione di due metà
complementari e si dava molto valore al fatto di essere necessari uno allaltro.
Questo sistema di vincoli psicologici, sociali e morali produceva legami marcati
dallattaccamento e dalla necessità affettiva e materiale: si stava
insieme perché non si poteva stare soli e si stava con quella persona
lì, perché solo lui o lei era lunico altro possibile.
Oggi, nelle mutate condizioni di vita, ogni persona ha più libertà
di definirsi, di decidere che cosa vuole fare della propria vita, chi essere,
come essere e con chi vivere. Si persegue lobiettivo di diventare soggetti
completi e consapevoli del proprio potenziale, col desiderio di scoprire il
proprio posto nella vita. Ogni individuo vuole essere capace di provare emozioni,
pensare, esprimersi, agire a nome proprio. Il valore dellautonomia psicologica
e materiale diventa dominante e, in conseguenza di ciò, si crea una diversa
rappresentazione della convivenza e del matrimonio.
Vivere con unaltra persona diventa una libera scelta e perde il carattere
di necessità. La solitudine, infatti, non è più né
temuta né socialmente penalizzata. Gli uomini e le donne sanno che potrebbero
anche vivere soli e non per questo sentirsi delle mezze persone.
La relazione di coppia acquista una valenza totalmente elettiva. Due persone
decidono di stare insieme con meno condizionamenti; lunione è basata
sullamore, sul desiderio reciproco, sullintesa interpersonale e
sulla responsabilità, piuttosto che su moventi esterni di convenienza
e di approvazione sociale.
Caduti i vincoli esterni, la qualità del legame e il sentimento che la
coppia possa continuare a essere un luogo di realizzazione personale per ciascuno
dei due, diventano elementi essenziali per la tenuta del rapporto. Ma dove cè
più libertà cresce lincertezza.
Il paradosso dellautorealizzazione
Il processo di individuazione, dunque, non termina con il raggiungimento della
maturità biologica e sconfina nel tempo adulto, tocca la vita di coppia
e impone ai due un nuovo compito: quello di conciliare lo sviluppo di se stessi
col bisogno dellaltro, col desiderio di intimità, di stabilità
e di appartenenza. Cè una tensione tra queste due istanze, unoscillazione
continua che viene sperimentata come bisogno di essere sufficientemente vicini
e lontani contemporaneamente. Dove è potente il desiderio di condividere
tutto per creare intimità, vive anche il bisogno di mantenere uno scarto:
aree di silenzio e di autonomia personale per poter continuare a crescere come
individui.
Ogni processo di costruzione dellidentità va, necessariamente,
nel senso della differenziazione. Cercando se stessi si va incontro alla propria
particolarità, alla propria originalità, ai tempi e ai ritmi personali;
ma due persone sempre più complete non faranno poi, in quanto tali, una
coppia più unita. La vita insieme che porta questa tensione alla crescita
di ciascuno, si espone pertanto a un alto potenziale centrifugo. Il legame,
ancorché fondato sulle affinità e le vicinanze, sperimenterà
necessariamente ampie aree di separatezza, differenze sempre più sensibili
e di difficile governo.
Essere se stessi, essere con laltro
Se io sono una persona intera e completa e dunque non cerco più una metà-complementare,
che cosa cerco nellaltro? Perché dovrei stare con lui, con lei?
A che scopo? Come? E ancora: la coppia non è forse un vincolo in più
che metto alla mia libertà? La presenza dellaltro fa fiorire o
impedisce il mio processo di crescita? E se la ricerca di me stesso mi porta
lontano invece che più vicino allaltro, come posso conciliare lesigenza
di essere fedele a me stesso ed essere fedele alla relazione? Che cosa motiva
oggi una vita di coppia?
Non possiamo aiutare le coppie a risolvere le tensioni del loro legame senza
riferirci a questa nuova cornice sociale e culturale, senza cioè nominare
e comprendere questi grandi cambiamenti, esterni e interni, del mondo e delle
nostre menti.
La cornice terapeutica tradizionale, che legge la crisi di una coppia nel viluppo
irrisolto con le famiglie di origine, è ormai angusta. Il cambiamento
del contesto è di una tale potenza da imporci lonere di una revisione
dei presupposti teorici, dei metodi e delle tecniche dellaiuto.
Nuove coppie, nuovi disagi
Viviamo molte vite contemporaneamente: apparteniamo a gruppi diversi, assumiamo
molti ruoli, abitiamo molti mondi, ognuno dei quali ha regole proprie, linguaggi,
riti e codici comportamentali. Nella maggior parte dei casi questi mondi non
sono tra loro collegati. Più spesso sono separati e distanti, ragione
per cui, a volte, abbiamo la sensazione di essere noi stessi divisi al nostro
interno. Spesso ci chiediamo qual è il nostro vero Io poiché facciamo
esperienza di essere presenti solo parzialmente in ciò che facciamo nelluno
o nellaltro di questi mondi. Abbiamo la necessità di costruire
un collegamento che vuol dire sentire che cè ununità,
una sintesi forse, un me stesso sempre presente che transita da
un ambito allaltro della nostra vita, in modo tale che anche se ci manifestiamo
parzialmente, non per questo siamo meno veri.
Lincertezza, la dispersione e la frammentazione dellesperienza contamina
la relazione che spesso viene investita dellaspettativa di essere luogo
di pace e ricomposizione.
E' significativo il fatto che molte coppie chiedono aiuto dopo che uno dei due
ha intrapreso una terapia individuale, quando cioè, il percorso di crescita
divarica la relazione e i due hanno limpressione di perdere irrimediabilmente
il contatto, di non comprendersi più.
In questi casi i problemi della coppia, benché emergano in forma di conflitto,
hanno a che fare col senso. Il più delle volte si tratta
di buone relazioni allinterno delle quali si insinua il sentimento
rassegnato di una impossibilità di tenuta. Spesso la terapia viene richiesta
proprio nel momento in cui i due sentono la necessità di una ridefinizione
della loro alleanza, infragilita non dalla mancanza di amore, ma dallirrompere
di nuove e desiderate differenze.
Il legame come ancoraggio dellidentità
Da adulti, esattamente come avveniva nellinfanzia, il senso della nostra
coesione è legato a una sorta di sufficiente corrispondenza
tra ciò che diciamo o sentiamo di essere e il riconoscimento esterno:
come laltro ci vede, cosa laltro dice che noi siamo. Inizialmente
questi altri sono stati i genitori, ma nel corso del tempo sono diventati via
via importanti gli insegnanti, gli amici, gli adulti significativi, i maestri
di vita e, naturalmente, gli amori: le donne e gli uomini con cui stabiliamo
relazioni di intimità.
Le relazioni damore sono luoghi privilegiati di questa alchimia e contengono
sempre laspettativa di un giusto rispecchiamento. Quando funziona
è perché si realizza nella coppia un alto tasso di corrispondenza
tra ciò che ciascuno sente di essere e ciò che laltro vede
e pensa di lui/lei. La coppia diventa perciò il luogo in cui avviene
la magia della ricomposizione per vite disperse e impegnate in continui, difficili
adattamenti. Con la persona amata cè una forte aspettativa a vivere
questa integrazione: la coppia è dove possiamo essere tutto, un luogo
di sintesi dei nostri ruoli esterni, dei sentimenti diversi, delle nostre parti
diverse. E' dove possiamo portare lincertezza della nostra vita mai risolta
e trovare accolta la nostra paura dellignoto.
Divergenze del senso
Spesso la vita di coppia si inserisce sul venir meno di questo reciproco riconoscimento,
quando laltro, incapace di seguire la nostra trasformazione, comincia
a privarci del suo ascolto. Non ci riconosciamo e non ci sentiamo contenuti
dalla sua parola su di noi; le nuove convinzioni che andiamo maturando su noi
stessi non vengono colte né confermate. Laltro ci toglie quel supporto
di integrazione di cui abbiamo costantemente bisogno. Qui si apre lo spazio
del malinteso, della delusione, della catastrofe del contatto.
E' sempre più frequente che nella terapia venga portato, da uno o entrambi,
il tema dellestraneità. Per quanti sforzi vengano fatti, i due
hanno la sensazione di parlare lingue diverse e di appartenere a mondi distanti.
Lesigenza di dialogo qui invocata, non è riconducibile a bisogni
di attenzione immaturi o a infanzie irrisolte. Esprime invece la necessità
di una tutela della relazione che si realizza attraverso quel comprendersi reciproco
e sentire di essere nella mente dellaltro in un modo sufficientemente
aderente a come si sa di essere. Quando i sogni reciproci deviano e perdono
la corrispondenza, si apre lo spazio della crisi.
Tra i cambiamenti esterni, quello che certamente ha terremotato la cultura della
coppia è stato il mutamento del ruolo della donna, sempre più
simmetrico nella relazione e meno riparativo verso il legame. La diversa posizione
che la donna assume portando nella coppia istanze di maggiore autonomia rivela
che la ricerca di autorealizzazione di due persone impegnate in un legame è
potenzialmente in rotta di collisione col vincolo amoroso, col patto di vicinanza
e di fedeltà reciproca, in quanto chiede a ciascuno fedeltà a
se stesso.
In mancanza di una responsabilità comune a intrattenere la trama della
vicinanza, la coppia può diventare un mondo parziale assieme ad altri
mondi parziali, un luogo di mediazioni continue ed estenuanti in cui vengono
recuperate, riconosciute e accettate quelle parti di sé che le persone
via via vanno scoprendo. I partner di una coppia si imbattono così in
una progressiva distanza che non sanno più colmare, perdono di motivazione
e non comprendono più in nome di chi o di che cosa debbano fare tanta
fatica.
Egoismi
Limperativo culturale dellidentità rischia a volte di essere
declinato ad autosufficienza; diventa egoismo, distanza, diffidenza per laltro,
rimozione del proprio limite e della propria parzialità: negazione dellinterdipendenza.
Nella nostra società, sempre più negoziale e meno affettiva, si
insinua una tendenza a perdere le dimensioni della lealtà relazionale,
della gratuità, del dono. Ci si orienta verso un rifiuto dei legami,
cogliendo di essi prioritariamente la dimensione di vincolo, gli obblighi, i
doveri, laspetto frustrante e sacrificale che essi portano con sé.
La tematica più ricorrente nella terapia con le coppie ruota infatti
attorno alla polarità libertà individuale/bisogno di sicurezza,
estremi inconciliabili di una tensione che porta da un lato a cercare laltro
e, subito, a patirne la vicinanza, non appena il legame si fa troppo stretto.
La persona impegnata a cercare se stessa mal sopporta il compromesso,
la rinuncia e la mediazione. Sente il fastidio ad avere altri tra i piedi e
il desiderio di vivere senza rendere conto a nessuno. I rapporti di coppia tendono
perciò a diventare rapporti damore con riserva: benché desiderosi
di vivere emozioni, sentimenti forti e passioni durevoli, i partner mettono
le loro energie in patti a termine, diventano cinici, perdono il senso della
gratuità, la motivazione alla cura dellaltro e delle cose comuni.
Ciò che scorre tra noi
A questo punto il problema psicologico sconfina nelletica. Nessun vincolo
esterno mette la coppia nella necessità di perdurare e nessun terapeuta
potrà scovare un motivo sufficientemente forte e ragionevole perché
due persone stiano insieme.
Da un certo punto in poi la libertà è totale e dà le vertigini.
Oggi un matrimonio fonda in sé la sua necessità, che coincide
con la libera scelta dei due di farlo vivere. Quanto al suo movente, può
solo servire a crescere, avendo ciascuno assunto laltro, elettivamente,
a propria compagnia e a proprio limite. Le forme del contatto diventano necessariamente
più sofisticate, e debbono saper conciliare vicinanza e giusta distanza,
dialoghi e amorevoli silenzi. Il dono di sé allaltro non può
che essere preliminare e senza condizioni. Andiamo verso un tempo nel quale
il legame di coppia può solo diventare una via di consapevolezza, allinsegna
del reciproco rispetto. Diversamente, non ha ragione di esistere.
Per mantenere il legame bisogna imparare allora a costruire nuove forme di contatto
per far dialogare le due diversità. La costruzione dellidentità
dei singoli allinterno di un legame damore deve diventare tuttuno
con la responsabilità della costruzione di questo dialogo.
La psicoterapia di coppia può essere uno dei modi che abbiamo a disposizione
per apprendere o ri-apprendere a parlarci e ad ascoltarci.
Potremmo dire, per usare una metafora, che la competenza al dialogo diventa
per il legame come un ponte tra due solidi piloni capaci entrambi di reggersi
sulle proprie fondamenta. Il ponte è la trama del contatto, è
ciò che ci si scambia, ciò che i due sono capaci di far scorrere
tra loro.
Alla domanda: Perché mai dovremmo fare tanta fatica? non
possiamo che rispondere: Non si deve, ma si può, se si vuole.
E forse, perché è bello quando riesce.
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