Riassunto
L'autrice ripercorre alcuni progetti di intervento significativi realizzati dal Centro di Psicologia e Analisi Transazionale e dalla Cooperativa Sociale Terrenuove di Milano in partnership con enti pubblici e privati negli ultimi quindici anni. Questi progetti sono legati dal filo rosso dell'attenzione a quelle zone della marginalità sociale dove l'attaccamento è reso più problematico per le esperienze di legami interrotti, progetti migratori complessi, identità frantumate, dipendenza da sostanze. Finalità comune ad ogni progetto è stata quella di aprire nuove, possibili, esperienze di attaccamento.
Attraverso la presentazione puntuale di alcune ricerche - intervento degli ultimi 15 anni, l'autrice porta esempi di un approccio intersoggettivo realizzato con una metodologia di lavoro attenta a rispondere ai bisogni psicologici e sociali incontrando l'altro "là dove l'altro è" ri-costituendo una rete di cura e di legame tra i curanti: persone, servizi e operatori con diverse professionalità.
Abstract
INTERVENTIONS ON THE BORDER. EMARGINATION, INTER-SUBJECTIVITY AND SOCIAL SKILLS
The author revises some meaningful intervention projects implemented by Centro di Psicologia e Analisi Transazionale and by Cooperativa Sociale Terrenuove of Milan in collaboration with some public and private agenzie during the last fifteen years. These projects are connected by the common element of the attention to social marginality areas where attachment is made more difficult due to the experiences of broken bonds, complex migration processes, broken identities, substance addiction. The common goal of these projects was opening new possible attachment experiences. Carefully introducing some research/interventions of the last 15 years, the authors provides some examples of an inter-subjective approach implemented by a work method meant to respond to psychological and social
needs meeting the other "where the other is" and recreating a care and bond network among the caregivers: people, services and operators with different skills.
"... Sempre più oggi assistiamo a situazioni, spesso, di forte emarginazione in cui sembra che le radici, gli attaccamenti, i legami sono andati perduti, si siano frantumati per strada. Ci colpiscono situazioni di profondo isolamento sociale, culturale, personale, dove, apparentemente, non emergono punti di riferimento significativi, dove l'individuo si è come disperso: non sa chi è, e chi è per qualcun altro" così Anna Rotondo affermava nell'editoriale della rivista PSS del 1 marzo 2001 che raccoglie i materiali di una giornata di studio promossa dal Centro di Psicologia e Analisi Transazionale e da Terrenuove svoltasi nel dicembre 2000 dal titolo La relazione a legame debole: nuovi setting di intervento.
I luoghi della marginalità, i luoghi dell'incertezza, della solitudine, sono luoghi diffusi e quotidiani in questa nostra società complessa, competitiva, in rapido e continuo cambiamento; sono i luoghi di confine, di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, da un lavoro sicuro ad un futuro incerto, di migrazione da un paese, da una cultura, ad un altro mondo sconosciuto.
Da allora ad oggi al Centro di Psicologia e Analisi Transazionale ed alla Cooperativa Terrenuove abbiamo continuato la riflessione su queste situazioni "estreme"di isolamento, di perdita di legami, di frantumazione dei rapporti nella ricerca di nuovi strumenti che ci consentano di ampliare la terapeuticità dei nostri gesti di aiuto, di progettare interventi per ristrutturare significati, costruire legami indispensabili per il benessere e la sopravvivenza di ogni essere umano.
In questi anni sempre più ci è parso necessario, quali professionisti della salute, connettere il lavoro individuale psicoterapeutico e consulenziale con le problematiche sociali che attraversano il nostro vivere in questo momento storico; in tal senso le aree della marginalità sono state il campo della nostra ricerca e della nostra sperimentazione operativa.
Questo cammino nell'area della marginalità, ci ha portato a confrontarci con la difficoltà di costruire legami nelle relazioni d'aiuto, con la resistenza a costruire relazioni di attaccamento, in assenza di una base sicura a cui riferirsi e in presenza di sradicamenti dolorosi e definitivi; ci ha spinto ad interrogarci sui nostri modelli diagnostici, sulle nostre "strutturate " modalità di intervento per andare oltre setting e prassi consolidate.
Un elemento comune, un filo rosso connota queste sperimentazioni: l'approccio intersoggettivo, teso a rendere significativo ogni incontro sia esso con l'utente diretto sia con gli operatori, intersoggettività come relazione tra due o più soggetti che hanno la caratteristica di essere insieme nel riconoscimento di sé e dell'altro come persona. Berne scrive:
vedere l'altra persona diventarne coscienti come fenomeno, esistere per lei ed essere pronti al suo esistere per noi (Berne 1979).
Nell'approccio teorico e nella pratica dell'Analisi Transazionale il presupposto dell'okness sostiene e giustifica la relazione intersoggettiva, la contrattualità sottolinea "l'adeguatezza di ciascuno ad essere quello che è, la sua competenza a farsi carico della sua vita, a prendere decisioni rispetto a sé" (Rotondo, 1991) la bilateralità del rapporto contrattuale presume la presenza di due soggetti nel qui ed ora della relazione analitica.
Intersoggettività per attivare uno scambio reciproco e favorire la costruzione di una esperienza comune, per sollecitare legami di attaccamento e sostenere una fiducia di base; relazione intersoggettiva come esperienza correttiva per sviluppare competenze sociali e relazionali; per consentire lo strutturarsi di nuovi comportamenti relazionali.
Attaccamento e sviluppo di competenze sociali
Esperienze di attaccamento primarie sicure permettono alla persona di sviluppare fiducia di base e comportamenti sociali e relazionali che rinforzano la propria identità e consentono di tessere relazioni positive con altri esseri umani per mantenere una immagine di sé positiva ed andare sufficientemente protetti per il mondo.
Attaccamenti insicuri mettono in discussione lo sviluppo di competenze sociali e impoveriscono la qualità delle relazioni sociali, impediscono l'utilizzo positivo ed efficace di sostegni sociali (Mallinckrodt, 2000)
Nelle relazioni di cura esperienze significative rendono possibile favorire nuovi legami di attaccamento e promuovere un senso di sicurezza, un riconoscimento di sé, del proprio esistere; relazioni significative costituiscono una base sicura per sviluppare competenze sociali che consentono alla persona di usufruire positivamente delle reti di scambio e di aiuto in cui è inserita e di utilizzare al meglio per sé anche i sostegni socio-assistenziali.
In diverse situazioni di lavoro nelle aree di "confine", nelle unità di strada con i tossicodipendenti, con i senza fissa dimora, negli interventi di educativa di strada, di reinserimento sociale, di riabilitazione rispetto al disagio psicosociale, nei servizi di accompagnamento all'integrazione dei migranti, dei rifugiati, l'offerta di supporti di tipo assistenziale, economico, sanitario, farmacologico spesso risultano inefficaci ed anzi rischiano di garantire una modalità di sopravvivenza che nel tempo risulta cronicizzante; è necessario accompagnare l'intervento socio-assistenziale con una relazione di cura psicologica volta ad affrontare la situazione di sofferenza, una relazione di cura che riconosca l'altro come soggetto, come persona nei suoi limiti e nelle sue risorse, una relazione che consenta all'altro di definirsi o ridefinirsi in una propria identità individuale.
L'esperienza di una relazione tra due soggetti, una relazione intersoggettiva può costituire la sperimentazione di una base sicura, che consente alla persona di contenere la minaccia costante di instabilità, di elaborare la propria confusione, il proprio disorientamento, la propria insicurezza e di ritrovare un'immagine di sé meno incerta, di pensare ad un futuro per sé, di sviluppare nuove competenze ed utilizzare positivamente i servizi socio-assistenziali di accompagnamento.
L'alleanza di lavoro che si stabilisce nella relazione di cura diviene stimolo per percorsi di cambiamento, di elaborazione delle esperienze passate, consente di superare la difficoltà a costruire nuovi legami e di sperimentare nel "qui ed ora" processi positivi di attaccamento, in una parola consente di sviluppare competenze sociali e comportamenti relazionali adeguati all'attuale contesto di vita.
Relazioni d'aiuto in setting destrutturati, frammentati, occasionali, così come spazi di formazione, di consulenza, di supervisione con operatori coinvolti in queste aree di grave emarginazione e sofferenza sono occasioni di ascolto reciproco, di relazioni intersoggettive che confermano l'immagine di sé, il vissuto identitario.
Intersoggettività significa relazione tra soggetti che si riconoscono reciprocamente con competenze adeguate e diverse; relazione tra soggetti, persone intere che esprimono le proprie esigenze di star bene, di decidere della propria vita, ed esigenze di capire, di aiutare, mettendosi in gioco con i propri pensieri e sentimenti; la relazione intersoggettiva garantisce ad utenti ed operatori la base sicura per confermare la propria identità e sviluppare competenze sociali e professionali.
Le tecniche di base di Berne, Tipi di operazioni terapeutiche (1986), bene illustrano l'alternarsi di ascolto e restituzione nella relazione intersoggettiva: interrogazione, specificazione, confronto, spiegazione, illustrazione, conferma, testimoniano un ascolto attivo, partecipante, rispettoso dell'altro, che sollecita la sua competenza, la sua autonomia, la sua descrizione della realtà e la confronta, la integra attraverso l'interpretazione e la cristallizzazione, in un processo di costruzione di significati con la visione del mondo dell'operatore; tecniche, in termini transazionali, di decontaminazione dell'Adulto, finalizzate a costruire un legame, un'alleanza ed a promuovere competenze.
Alcune esperienze di lavoro
In questi ultimi venti anni le esperienze di lavoro del Centro di Psicologia e Analisi Transazionale e successivamente di Terrenuove, rivolte sia ad utenti che ad operatori impegnati in aree di confine, sono state molteplici; tutti questi progetti si situano in una modalità di sperimentazione "intermedia" tra l'approccio clinico e l'intervento sociale, in una zona di confine appunto che integra l'attenzione al singolo, alla sua storia e il rapporto con il contesto, il territorio di vita, le relazioni interpersonali; sperimentazione "intermedia" in quanto attivata in stretta integrazione con altri servizi in un lavoro di rete, non formale, istituzionale, ma che si concretizza nella presenza di una equipe multiprofessionale ed interistituzionale efficace e produttiva di pensiero e di scelte operative, frutto di un lavoro di gruppo.
In tale quadro di riferimento intendo descrivere in particolare tre esperienze significative che si sono susseguite in questi anni.
Servizio intermedio per la prevenzione nel campo della salute mentale
Il Centro di Psicologia e Analisi Transazionale, in collaborazione con l'Istituto per la Ricerca Sociale (IRS) ha svolto negli anni 1991-92 una ricerca, finanziata dalla Regione Lombardia finalizzata a verificare "la fattibilità e la riproducibilità di un servizio diurno di prevenzione nel campo della salute mentale, rispetto a rischi di aggravamento e di ricovero" attraverso l'analisi delle esperienze di alcuni Centri Diurni (C. D.) operanti nel territorio lombardo.
La ricerca intendeva verificare modalità di organizzazione e funzionamento dei C. D. ed individuare quali possibili risorse costituissero questi servizi per la prevenzione primaria e secondaria nel campo della salute mentale.
La ricerca ha coinvolto sette C.D. i più significativi tra quelli operanti nel Comune e nella provincia di Milano. Dalla elaborazione dei dati di questa ricognizione è nato il Progetto di sperimentazione di un Servizio intermedio di prevenzione nel campo della salute mentale che il Centro ha presentato al Servizio Psichiatrico dell'Assessorato al Coordinamento della Regione Lombardia nel dicembre 1992, ottenendo un finanziamento per una sperimentazione biennale, successivamente prolungata per un altro anno.
Il Progetto di un servizio intermedio di prevenzione intendeva rivolgersi ad una specifica fascia di utenza che, a nostro parere, non poteva trovare nell'offerta dei servizi esistenti una adeguata risposta alle proprie esigenze di cura e di riabilitazione sociale.
L'interesse a proporre e realizzare questo progetto si colloca nell'interesse ad attivare iniziative di "psichiatria sociale", rispetto alla quale già Eric Berne si era impegnato, ed a proporre un Progetto di tutela e promozione della salute mentale orientato non solo all'intervento rispetto al singolo paziente, ma ad attivare sevizi per la salute mentale rispetto a fasce specifiche di utenza.
Dall'esperienza del Servizio di Primi Colloqui organizzato per l'accesso alla consulenza ed alla psicoterapia presso il Centro di Psicologia e Analisi Transazionale emergeva la presenza di una fascia di utenti, "giovani adulti" con specifiche caratteristiche e bisogni di aiuto, cui il sistema dei servizi attualmente operanti non sembrava essere in grado di rispondere.
La fascia di utenza da noi individuata riguardava:
- persone in età dai 20 ai 35 anni mai ospedalizzate o con esperienze molto limitate di ricoveri brevi;
- che posseggono una capacità di adattamento sociale rispetto al lavoro o allo studio che consente loro di mantenere un aspetto di "normalità";
- che presentano invece gravi difficoltà nei rapporti interpersonali, soprattutto quelli che implicano intimità ed investimento affettivo; trascorrono molto del loro tempo da soli; è un tempo vuoto di stimoli, invaso da fantasmi del passato, da pensieri ricorrenti e ripetitivi;
- non hanno una vita sessuale di relazione, o è molto limitata;
- le relazioni familiari sono difficili: spesso sono invischiati in un legame stretto e totalizzante, a volte invece prevalgono lontananza e rifiuto.
Per questa fascia di utenza, per queste persone è parsa insufficiente la risposta che un centro privato, come il nostro, poteva offrire, cioè una terapia individuale con una o più sedute settimanali.
Una relazione duale con un terapeuta è senz'altro indispensabile, affinché queste persone possano sperimentare, probabilmente per la prima volta nella vita, una relazione di affidamento e di presa in carico rispettosa della loro autonomia. All'interno di questo rapporto a due essi hanno la possibilità di esplorare il proprio mondo interno in primo luogo per separarlo da quello esterno e successivamente per elaborare gli aspetti più arcaici relativi all'immagine di sé, dell'altro e della relazione.
La relazione con il terapeuta, pur indispensabile, rischia di essere una scelta che da un lato può indurre regressione, dall'altro non risponde né alla loro esigenza di essere aiutati a strutturare il proprio tempo libero in relazioni significative, né a quella di riapprendere in tempi ragionevoli delle abilità comunicative sane con l'altro, di cui queste persone hanno urgente bisogno.
I Centri Diurni in funzione presso le Unità Operative Psichiatriche, rispetto ai quali avevamo svolto l'attività di analisi e di ricerca, sono parsi anch'essi inadeguati per questa fascia di utenza. Infatti i C. D. che intendono sostenere ed integrare approcci psicoterapeutici e/o farmacologici offrono un servizio che copre un arco di tempo molto ampio, sono rivolti a pazienti psicotici cronici, attraverso un progetto terapeutico complessivo. Il tipo di organizzazione risponde ai bisogni di una fascia di utenza molto varia per età e che richiede una grande strutturazione del tempo nell'arco della giornata. Questi pazienti, nella maggior parte dei casi, hanno gravi disturbi del pensiero e dell'affettività che impediscono loro di mantenere una attività lavorativa o di studio, una anche minima vita di relazione e sono spesso deteriorate anche le loro competenze sociali di base legate alla cura della propria persona e dell'ambiente in cui abitano, alla possibilità di muoversi autonomamente sul territorio.
Il Centro Diurno per la fascia di utenza a cui intendevamo rivolgerci, risultava inadeguato "per eccesso" di struttura ed anche per la qualità delle relazioni in esso possibili, e poteva risultare un'esperienza regressiva per questi pazienti.
Infatti queste persone non presentano disturbi del pensiero così massicci ed interferenti con la vita sociale, come gli utenti psicotici dei C. D. Esse anzi mantengono intatte o quasi le capacità intellettive, riescono a sostenere un'attività lavorativa o di studio, e sono capaci di una vita di relazione se pur mantenuta a livelli di grande superficialità di contatto.
In tal senso abbiamo pensato che per questa fascia di utenza fosse necessario un Servizio intermedio in cui le persone potessero trovare quella "qualità" e "quantità" di strutturazione del tempo e di stimoli all'apprendimento della capacità relazionale a loro necessaria.
Il Servizio intermedio per la prevenzione nell'area della salute mentale, da noi progettato ed attivato per uno specifico target di giovani adulti a rischio di aggravamento, si proponeva quindi come servizio intermedio tra l'ambulatorio del pubblico o del privato che offre psicoterapia e trattamento farmacologico ed i Centri Diurni presenti nel territorio.
La sperimentazione ha coinvolto una decina di giovani adulti e prevedeva:
- una psicoterapia individuale presso il servizio che già aveva in carico la persona, in genere il Centro Psico Sociale; la relazione psicoterapeutica duale intendeva rispondere al bisogno di essere visti e riconosciuti nella propria sofferenza e quindi essere presi in carico con un aiuto psicologico di sostegno, che favorisse una esperienza di attaccamento sicuro.
- una significativa "esperienza in gruppo" rispetto alle esigenze di socialità e di superamento della situazione di grande isolamento affettivo e sociale.
Accogliere queste esigenze voleva dire aiutare queste persone:
- ad apprendere a "stare con", a vivere il sociale come un dato legato alla quotidianità, non come evento singolare ed allarmante;
- a distinguere e a riconoscere i propri confini da quelli altrui sia nel pensiero, che nei vissuti, che nella corporeità;
- a consolidare una propria competenza relazionale attraverso lo sviluppo di conoscenze sulla comunicazione e di esperienze di confronto e di scambio tra sé e gli altri in situazioni attuali e protette;
- a imparare a "vedere" sé, le proprie emozioni, il proprio corpo e ad esprimere e a discutere di ciò con altri.
Lo strumento attraverso cui abbiamo lavorato per rispondere a queste esigenze è stato appunto il gruppo. Abbiamo infatti attivato due tipi di gruppo con obiettivi e funzioni integrate, ma specifiche:
a) gruppo di apprendimento alla relazione (due incontri settimanali di circa due ore e mezza ciascuno) una" palestra"di esperienze di scambio ed anche di stimoli tecnici relativi alla comunicazione;
b) laboratorio sociale (un incontro settimanale di 2/3 ore circa) spazio di accoglienza, meno strutturato, spazio informale di comunicazione, finalizzato al riapprendimento a relazionarsi nella quotidianità, un tempo per incontrarsi, per scambiarsi pensieri e proposte, per progettare a volte qualche attività da fare "insieme".
Inoltre erano previsti e sono stati attivati anche incontri con le famiglie: lavorare con i familiari è parso importante per confrontare, esplicitare i reciproci vissuti e favorire una relazione sana.
Il progetto di sperimentazione ha coinvolto diverse figure professionali: psicoterapeuti e psichiatri del servizio pubblico (CPS) a cui gli utenti erano in carico, psicologi e psicoterapeuti conduttori dei gruppi, esperti di consulenza familiare; tutti costoro hanno costituito un'equipe di lavoro che ha sempre usufruito di uno spazio di supervisione, di confronto sulle scelte intraprese verso i singoli e nei gruppi e di elaborazione dei propri vissuti. Questa equipe integrata, multiprofessionale con operatori del pubblico e del Centro di Psicologia e Analisi Transazionale ha gestito e accompagnato tutto il progetto, monitorando via via il percorso ed i risultati sia rispetto ai singoli soggetti, sia rispetto alla vita dei gruppi.
Programmi di Unità di Strada della Regione Lombardia
Gli interventi delle Unità di strada si connotano nel loro nascere, per la specificità della loro funzione, prevenzione dell'emergenza Hiv e per il target a cui si rivolge, popolazione tossicodipendente attiva, "il sommerso" non raggiunto dai servizi esistenti del pubblico e del privato.
Gli interventi "di strada" al di là del contenere i rischi dell'infezione Hiv propongono anche un diverso modo di intendere l'assistenza, la prevenzione, la cura della salute nell'ambito più ampio del contesto sociale.
Anzitutto la filosofia della Riduzione del danno (RDD) e gli interventi di strada, espressione più immediata di tale approccio, sottolineano il compito e la responsabilità del soggetto pubblico, istituzionale di tutela della salute di tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro scelte di vita, con interventi capaci di prevenire, curare, mantenere il benessere; compito del soggetto pubblico è attivare un sistema di protezione sociale rivolto a tutti i cittadini, in particolare ai più deboli e marginali, attraverso strategie e strumenti di intervento adeguati ed efficaci.
La filosofia della RDD e gli interventi di strada sottolineano la centralità della persona, di ogni persona, nella sua diversità rispetto al suo credo, alle sue scelte comportamentali, alle sue scelte attuali di "sopravvivenza", e propone modalità di intervento e strategie relazionali finalizzate a riconoscere ciascuno con le sue specifiche risorse e competenze.
Tale approccio alle problematiche della tossicodipendenza ha trovato chiara rispondenza con la teoria dell'okness e l'intervento contrattuale proprio dell'Analisi Transazionale ed inoltre sottintendeva un'attenzione a situazioni diffuse di emarginazione sociale, che richiedevano l'impegno dei servizi pubblici e del privato sociale.
I primi progetti di unità di strada (UdS) sono stati progettati e gestiti dal privato sociale negli anni 1992-93, dall'agosto 1994 la Regione Lombardia, sulla spinta della diffusione dell'Hiv e dalle molteplici morti per overdose ha coinvolto in progetti di intervento specifico i Sert, servizi della Aziende Sanitarie Locali impegnati nell'area delle tossicodipendenze; infine nel 1995 ha messo a punto un Programma Regionale di interventi di strada, rivolti ai tossicodipendenti attivi, con l'obiettivo prioritario di prevenzione dall'Hiv, richiedendo a vari Sert di progettare interventi di UdS, tenendo conto della tipologia di utenza del proprio territorio.
Tale programmazione ha coinvolto in progetti finanziati a livello regionale i Sert di sei ex-Ussl, Varese, Brescia, Mantova, Cremona, Monza, oltre tre Sert della periferia milanese per otto anni dal 1995 al 2003.
Il Centro di Psicologia e Analisi Transazionale è stato individuato come referente significativo e coinvolto in tali percorsi progettuali fin dall'inizio, sia nella messa a punto delle linee progettuali generali, nella precisazione degli obiettivi, dell'assetto organizzativo, nella definizione dei profili professionali, sia nella formazione di base ed in itinere degli operatori, operatori di strada e operatori dei Sert, e nella supervisione continuativa delle nove equipe delle diverse Unità di Strada.
La partecipazione del Centro di Psicologia e Analisi Transazionale ai programmi regionali di UdS si è svolta continuativamente dal 1994 fino al 2003, quando non è più stato rinnovato il programma regionale ed i relativi finanziamenti.
Nell'accompagnamento a tale progetto il nostro contributo si è articolato in più livelli di intervento:
- è stato avviato e sostenuto, un processo di "progettazione partecipata" che ha permesso il diffondersi di una cultura innovativa nell'area della tossicodipendenza, ed ha consentito il protagonismo di soggetti diversi, istituzioni, servizi del pubblico e del privato, responsabili di servizio ed operatori, operatori di strada e utenti, in un'ottica di scambio paritario finalizzato a ricercare ipotesi, approcci, strumenti e modalità di lavoro innovativi.
Sono stati attivati, a diversi livelli, relazioni contrattuali e intersoggettive che hanno consentito nelle diverse situazioni di riconoscere nell'altro ente, istituzione, cooperativa sociale, responsabile, semplice operatore, un interlocutore competente rispetto a sé con una specifica visione del mondo con cui confrontarsi, interagire, integrarsi in una sintesi innovativa. In tale contesto di contrattazione a più mani, di spazio di ascolto reciproco è stato possibile anche riconoscere gli utenti in strada come soggetti competenti da ascoltare rispetto alle loro scelte di sopravvivenza ed alle proprie esigenze.
é stato possibile in una situazione di ricerca e di sperimentazione, in assenza di modelli collaudati praticare una relazione intersoggettiva riproducendo tale modalità relazionale a più livelli, con partner diversi, con "processi paralleli" fino a coinvolgere anche l'utente finale sulla strada.
- è stato proposto uno specifico punto di vista sull'uso di sostanze in strati sociali diversi della popolazione giovanile, coinvolti in una medesima condizione esistenziale.
L'uso delle sostanze costituisce una risposta possibile alla difficoltà di proiettarsi nel futuro, in quanto aiuta a vivere il presente assolutizzato come unica realtà; l'uso, l'abuso delle sostanze può essere letto come una "scelta di sopravvivenza", la scelta oggi più disponibile sul mercato.
Tossicodipendenza, dunque, come "sintomo", ma anche come ricerca di "un modo possibile di essere nel mondo", il proprio modo ricercato e sofferto da ciascuna persona in questo momento della sua vita.
- è stato messa a punto e diffusa una modalità specifica di relazione d'aiuto, approfondendo ed elaborando la filosofia e le strategie proprie della Riduzione del danno, nate sulle problematiche emergenti della diffusione dell'Hiv, una relazione d'aiuto che prevede il riconoscimento dell'altro, come soggetto, come persona nella sua totalità. La relazione in strada ha le caratteristiche di una relazione a legame debole; è occasionale, non prevede alcuna continuità, alcun patto terapeutico, è un'opportunità che può essere utilizzata o ignorata. L'utente assume il ruolo di soggetto attivo, definisce se stesso, cercando il contatto in strada, afferma la propria esistenza; analogamente l'operatore propone se stesso.
La relazione d'aiuto nell'incontro in strada si connota come occasione di sperimentare una relazione intersoggettiva attorno ad un focus limitato e specifico: evitare rischi (buco pulito, sesso sicuro, overdose) prendersi cura della propria salute, cioè della propria vita. L'incontro in strada, breve apparentemente povero e riduttivo, costituisce un'esperienza relazionale forte di riconoscimento dell'altro, una esperienza relazionale "correttiva" rispetto ad esperienze precedenti "di dipendenza" di adattamento o ribellione, esperienze a volte antiche, a volte recenti e ripetitive con i servizi e le istituzioni. Nel frammento relazionale, breve su contenuti concreti, entrambi i soggetti mettono in gioco la totalità della loro persona; l'altro, il tossicodipendente è riconosciuto come persona rispetto alle sue esigenze; la relazione d'aiuto si connota come un atteggiamento contrattuale che non impone scelte o modelli, ma è finalizzata a sviluppare consapevolezza, a riconoscere e potenziare risorse e competenze, a promuovere autonomia.
Il Centro di Psicologia e Analisi Transazionale ha attivato anno per anno per gli operatori delle nove equipe di strada percorsi di formazione finalizzati ad acquisire competenze comunicative e relazionali di ascolto, di restituzione, di verifica dei risultati come momento di consapevolezza per gestire incontri in strada difficili, spesso molto coinvolgenti; ha promosso spazi di supervisione per rivisitare in itinere l'esperienza di lavoro in strada, spazi di condivisione dei vissuti di ansia, di incertezza, di frustrazione, ma anche spazi di riflessione e di pensiero, di sviluppo di competenze professionali. I percorsi formativi di accompagnamento hanno favorito la diffusione di una cultura della relazione d'aiuto come incontro significativo nell'ottica precedentemente ricordata.
Servizio di consulenza psicologica ed etnopsichiatrica per immigrati: singoli, coppie, famiglie. Cooperativa Terrenuove
TERRENUOVE è una cooperativa sociale nata nel 1998 su iniziativa di un gruppo di professionisti, alcuni provenienti dal Centro di Psicologia e Analisi Transazionale di Milano, altri da diverse esperienze, conoscenze, formazioni; è costituita da una quindicina di professionisti, psicologi, medici, psicoterapeuti, counsellor, che hanno messo la loro esperienza di professionisti della "relazione d'aiuto" a disposizione dei Servizi attivati dalla cooperativa.
Caratteristica comune ai componenti del gruppo è di essere inseriti da tempo nel contesto sociale e professionale milanese con un'attenzione particolare alle dinamiche del territorio, a situazioni di emergenza sia culturale che sociale.
La cooperativa Terrenuove ha inteso essere uno spazio di elaborazione di conoscenza, di condivisione, di confronto fra approcci e saperi diversi, per contribuire a costruire un movimento culturale su alcune problematiche emergenti.
Contemporaneamente si è proposto come luogo di servizio, di pratiche operative rivolte soprattutto a fasce di emarginazione specifiche ed in specifico ai migranti.
L'attenzione alla relazione, alla tessitura di relazioni di scambio intersoggettivo, alla "democraticità" delle relazioni fra soggetti, istituzioni, popolazioni è elemento fondante nella cultura di Terrenuove, sia nell'approccio alle problematiche sociali, sia nell'operatività dei servizi della cooperativa; è qualcosa di intrinseco alla teoria dell'okness propria dell'Analisi Transazionale e al modo di operare dell'Etnopsichiatria presso il Centro Devereux di Parigi, entrambi riferimenti di base per il gruppo di professionisti dell'equipe di lavoro di Terrenuove.
Il Servizio di consulenza psicologica ed etnopsichiatrica per immigrati nasce con un obiettivo molto preciso: accompagnare i percorsi di accoglienza e di intervento socio assistenziale con un approccio specialistico, dove questo risultava necessario.
Di fronte alle molteplici strutture di accoglienza del pubblico e del privato che hanno messo a disposizione risorse, motivazioni e competenze svariate, è sembrato necessario pensare ad un servizio che in modo "specialistico" potesse accogliere il disagio mentale, la sofferenza psicologica che può insorgere nel passaggio da una società ad un'altra, in una situazione di sradicamento dalla cultura originaria, sradicamento consapevolmente agito oppure traumaticamente imposto da eventi esterni: guerre, persecuzioni politiche, pulizie etniche.
In queste situazioni, le persone vivono una dispersione dei legami, una violenza, un trauma, una frattura, vissuta spesso come insanabile, della propria storia personale e della propria appartenenza e identità profonda. A queste situazioni di sofferenza, il Servizio di consulenza psicologica di Terrenuove ha inteso proporre e offrire l'opportunità di un intervento specialistico in stretta sintonia anche temporale con un più ampio ed indispensabile intervento socio assistenziale (finalizzato a garantire la sopravvivenza, a sostenere percorsi legali, informativi, formativi: apprendimento della lingua italiana, formazione professionale, inserimenti lavorativi).
Il Servizio di consulenza psicologica ed etnopsichiatrica per immigrati di Terrenuove si costituisce dunque in stretto rapporto con i servizi sociali, sanitari e assistenziali dell'ente pubblico deputato all'accoglienza delle persone immigrate ed a tutte le realtà del privato coinvolte in questo difficile processo di inserimento, integrazione/confronto degli stranieri nella nostra società.
Terrenuove ha attivato questo progetto avvalendosi di un finanziamento della Regione Lombardia - Fondo nazionale per interventi a sostegno delle politiche migratorie Legge 40/98 e di una Convenzione, rinnovata di anno in anno, con il Comune di Milano - Settore Servizi Sociali e per gli anni successivi attraverso una convenzione con l'Azienda Sanitaria Locale - Città di Milano.
Gli utenti e gli invianti: alcuni dati
Il Servizio è attivo ormai da otto anni; è un Servizio gratuito, aperto alle persone immigrate: singoli, coppie, famiglie, minori e adolescenti.
Le richieste dall'avvio del servizio ad oggi, sono andate aumentando con ritmo crescente. A tutto oggi hanno avuto accesso al Servizio di Terrenuove più di 400 persone provenienti da 50 Paesi diversi, la maggior parte dall'America Latina (Perù, Ecuador, Columbia), dall'Africa (Marocco, Eritrea, Congo, Ghana, Togo) e dall'Est Europa (ex - Iugoslavia e più recentemente da Romania, Moldavia, Cecenia).
Gli utenti del Servizio sono adulti, uomini e donne, coppie e famiglie, richiedenti asilo e rifugiati, vittime di traumi specifici e di torture;
adulti uomini e donne in difficoltà rispetto al proprio primitivo progetto migratorio; adolescenti non accompagnati, affidati ai Servizi sociali, adolescenti con percorsi penali in corso; adolescenti e famiglie coinvolti in progetti di ricongiungimento familiare attesi, ma spesso difficili e dolorosi.
Gli adolescenti, i giovani adulti sono circa il 30% dell'intera popolazione che ha frequentato o frequenta Terrenuove. L'accesso al servizio dei richiedenti asilo politico, ammonta a circa un terzo dei casi incontrati.
La costruzione ed il mantenimento della rete con i servizi impegnati nell'area dell'accoglienza e dell'assistenza agli immigrati costituisce un impegno continuativo ed in tal senso l'area dei servizi invianti si è via via allargata: dal Servizio Sociale dell'Ufficio Stranieri ai Servizi Sociali di zona, ai Servizi della famiglia, al Pronto Intervento per minori (sempre del Comune di Milano), al Servizio Sociale per minori del Ministero della Giustizia, ai servizi sanitari: i Consultori, i Centri di salute mentale, le UONPIA per l'area minori, adolescenti.
Contemporaneamente si sono avviate collaborazioni e integrazioni con le strutture ospitanti: i Centri di prima e seconda accoglienza per i rifugiati, e richiedenti asilo della Caritas, della CRI, le Comunità per minori: Martinitt, Casa del giovane, Asilo Mariuccia, e molte altre del privato sociale, Comunità per madri, comunità per donne coinvolte nella tratta sempre della Caritas, del Centro Come ed altre.
Si sono costruite reti e ricevuti invii direttamente dalle strutture educative: dalle Scuole elementari e medie alle Scuole Professionali, ai Centri per la formazione degli adulti.
L'organizzazione del Servizio è suddivisa attualmente in tre aree di intervento che facilitano la costituzione delle diverse equipe di lavoro e l'acquisizione di competenze specifiche:
- Area adulti
- Area minori e famiglie
- Area adolescenti non accompagnati e in ricongiungimento familiare
Ad ogni area, al di là di una comune impostazione di base, corrisponde uno specifico setting pensato per offrire la risposta più adeguata alle richieste emerse nei primi colloqui.
Fondamentale è il lavoro in equipe; in incontri periodici si discute il caso e si valuta, se necessario, il ricorso a incontri di supervisione esterna, in ambiti programmati per tutti gli operatori del Servizio.
Rispetto all'Area adolescenti Terrenuove ha costituito una equipe di psicoterapeuti, di psicologi ed educatori, esperti nel lavoro con adolescenti e ha messo a punto una metodologia innovativa che integra l'approccio clinico ed educativo.
Il percorso con l'adolescente è finalizzato a ripercorrere la propria storia per connettere, dare senso agli eventi vissuti per ritrovarsi, riconoscersi come "persona", attraverso l'uso di tecniche e strumenti diversi secondo le esigenze di ciascun ragazzo. Tali percorsi individualizzati presuppongono una stretta integrazione con il progetto educativo complessivo perseguito dai servizi che hanno in carico l'adolescente.
L'approccio teorico e metodologico
L'approccio etnopsichiatrico a Terrenuove è stato coniugato con la formazione clinica di base della maggioranza dei terapeuti. La teoria dell'okness, la contrattualità, l'attenzione alla comunicazione, elementi base dell'Analisi Transazionale di Eric Berne (Berne, 1966), la radice fenomenologica dell'esperienza (Binswanger, 1990), le riflessioni nate dagli interventi nel sociale attorno alla "relazione a legame debole" (Ranci, 2001), conducono a valorizzare l'incontro con l'altro competente nella sua diversità e a riconoscerne il "modo di essere nel mondo", definendo le modalità di relazione nell'incontro con i nuovi pazienti. Il terapeuta è attento all'ascolto dell'altro competente di sé e della sua storia; ascolto non per definire il disagio e la storia clinica del paziente in schemi predefiniti, ma per restituire ciò che soggettivamente viene compreso. Restituire significa costruire un "oggetto condiviso", cioè costruire un legame con il paziente, la sua cultura, la sua sofferenza, creare uno "spazio intermedio", trovare un ponte. Restituire è offrire la possibilità di un racconto, una narrazione che possa ri-costruire significati all'esperienza.
Integrando questi presupposti e tenendo conto del contesto territoriale e delle risorse disponibili, il Servizio di Terrenuove ha messo a punto e sperimentato la collaborazione e l'integrazione terapeutica con i servizi sociali e sanitari e con gli altri enti operanti sul territorio.
Tutti coloro che, a diverso titolo, sono coinvolti nella relazione con l'utente migrante sono preziosi "coterapeuti"; rappresentanti titolati di sistemi di cura e di intervento, quindi soggetti indispensabili per contestualizzare nel "qui ed ora" il processo di cura.
Il coordinamento, l'integrazione con la rete di servizi sociali, sanitari, assistenziali ed educativi coinvolti a diverso titolo nell'accompagnamento dei soggetti migranti si attua concretamente in spazi previsti e ricercati di lavoro "in gruppo" con il migrante.
Il gruppo nella pratica del Servizio di Terrenuove consente di rileggere il disagio emerso con diverse ottiche professionali, multidisciplinari e multiculturali con apporti soggettivi diversificati che garantiscono un ascolto ed una restituzione potente e diversificata.
I percorsi consulenziali prevedono un numero di incontri contenuti; propongono interventi focalizzati, legati ai disagi emergenti in quel momento, finalizzati a sbloccare una situazione di stallo, di depressione, di passività, a rimarginare una ferita ancora aperta; interventi dunque che intendono consentire un passaggio, riaprire una possibilità progettuale, alimentare una speranza per il futuro.
Il Servizio di Terrenuove si presenta attualmente con una sua specifica esperienza sia di pensiero che di tecniche di intervento; un Servizio intermedio tra approcci professionali diversi, un luogo ponte tra culture diverse, un aiuto per compiere un viaggio, sostenere un passaggio verso nuove identità. Il processo di elaborazione teorico e pratico rende il Servizio riconoscibile nelle sue caratteristiche di base, ancorato alla situazione territoriale, verificabile nei percorsi attivati e riproducibile in alcune linee fondamentali.
Alcune riflessioni conclusive
Ho ricordato alcuni elementi fondanti della nostra pratica, per rendere esplicite le origini, le radici dei nostri riferimenti a livello teorico e metodologico e condividere alcune esperienze, interventi significativi promossi in questi ultimi anni di vita dal Centro di Psicologia e Analisi Transazionale e da Terrenuove.
Ogni progetto, ogni esperienza ha costituito un capitolo, una tappa nella costruzione della nostra identità, della nostra cultura; è un percorso che abbiamo vissuto e condiviso sempre con altri, utenti ed operatori, nell'ottica del confronto, dell'integrazione, dello sviluppo di competenze per intervenire nel sociale, nel territorio del nostro vivere In tutti i progetti realizzati, in specifico nelle tre esperienze di lavoro descritte, la relazione d'aiuto e l'intervento formativo rivolto agli operatori impegnati in queste aree di confine si sono sviluppati in stretto legame; due livelli di intervento strettamente connessi e coinvolti in processi analoghi, in "processi paralleli".
Il leit motiv, il filo rosso che attraversa queste esperienze e la nostra storia, costituisce il messaggio che proponiamo anche attualmente attraverso le diverse attività di intervento e di formazione. Intendiamo individuare e costruire nuove opportunità per diffondere una cultura dell'intersoggettività, del dialogo, del confronto tra diverse visioni del mondo; una cultura dell'interconnessione tra approcci diversi, tra approccio clinico ed intervento sociale, una cultura della " progettazione partecipata" che riconosce nel lavoro di rete una risorsa fondamentale per massimizzare le risorse, realizzare scelte innovative, sviluppare competenze professionali e personali in ciascuno di noi, utenti ed operatori della salute.
Bibliografia
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BERNE E., (1972), trad. it. Ciao...e poi?La psicologia del destino umano, Bompiani, Milano 1979
BINSWANGER L., (1955), Per un'antropologia fenomenologica, Feltrinelli, Milano 2007
MALLINCKRODT B., (2000), trad. it. Attaccamento, competenze sociali, supporto sociale e processi interpersonali in psicoterapia, in «Quaderni di Psicologia, Analisi Transazionale e Scienze Umane», n. 34, 2001
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Dela Ranci, psicoterapeuta e didatta in formazione dell'EATA (European Association for Transactional Analysis) e ITAA (International Transactional Analysis Association), dirige la Scuola di Counselling del Centro di Psicologia e Analisi Transazionale ed è responsabile del Servizio di consulenza psicologica ed etnopsichiatrica di Terrenuove (e-mail: at.mi@centropsi.it).
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