A distanza di quattro anni dalla pubblicazione del «Quaderno» n. 43, Dedicato ai sogni un altro numero sullo stesso tema, testimonianza di quanto e come il sogno continui ad esercitare un vivo interesse proprio perché è un elemento "in divenire" che compendia continuità e cambiamento.
Fino a che esisteranno i sogni continueremo a dialogare con essi e, come dice Marie Louise von Franz, "si tratta di un dialogo vivo: se ascoltiamo i sogni noi cambiamo e quando i sogni vengono seguiti cambiano".
Intorno a questi due termini, continuità e cambiamento, si modula questo «Quaderno» ed è possibile confermarne il senso, tanto nelle riflessioni degli autori dei vari articoli quanto negli aspetti più marginali ma non secondari quali la scelta di alcuni "sogni celebri" desunti dalla letteratura che costituiscono diverse spaziature nella narrazione.
Il "divenire del sogno" rende impossibile un'unica privilegiata lettura aprendosi a diversi vertici di osservazione e di ermeneusi ed altrettante modalità di lavorare con esso.
Comprensibile in tal senso il dolore ed il peso dell'assenza per la scomparsa di tre grandi "cantori" del sogno, appartenenti a diverse scuole di pensiero: Barrie Simons, Pio Scilligo e Mauro Mancia, che vengono in queste pagine richiamati a vario titolo.
Il primo un gestaltista, non uno come afferma Anna Rotondo nel suo articolo Amo la compagnia dei miei sogni che usa la gestalt. Non si può conoscere Barrie né apprezzarlo a sufficienza attraverso i suoi pochi scritti che pure hanno il dono dell'efficacia, della chiarezza priva di orpelli, ma ammorbidita dall'arguzia e dal paradosso. Vederlo lavorare, per me che ho avuto questa fortuna, comunicava forti emozioni, per l'energia che profondeva nell'incontro che si traduceva nell'incalzare dell'interagente finché questi non avesse raggiunto quel punto di contatto che Fritz Perls diceva essere "un piccolo satori", un'illuminazione e la percezione diretta di una dimensione profonda.
Pio Scilligo, analista transazionale, univa al rigore e all'onestà intellettuale di chi vive e sente la propria professione come una missione, il gusto della ricerca, di cui ci offre un saggio in queste pagine sull'utilizzo dei sogni, che considerava elemento imprescindibile nella formazione di ogni terapeuta
"Credo che sia urgente preparare analisti transazionali che facciano ricerca creativamente, che si abituino a osservare e creare significato di quanto osservano, a pensare e leggere criticamente ed a navigare liberamente nel passato, nel presente e nel futuro senza gettare l'ancora definitivamente in nessuno dei tre porti dell'esperienza umana".
Mauro Mancia, neurofisiologo e psicoanalista, il raffinato e profondo "aedo" dei sogni, grande esploratore dell'anima dove la consapevolezza "del viaggio" lo ha portato a non sentirsi pago della sola strumentazione acquisita attraverso gli studi della neurofisiologia ma di integrarla con la conoscenza psicoanalitica, nutrita sempre dall'arte, musica, filosofia. Questa visione così aperta, perché riferita alla complessità dell'uomo, lo ha stimolato a spingere il sogno nell'aerea "muta" della memoria implicita affinché la stessa potesse "articolare parola".
Proprio la memoria implicita segnala il primo grande cambiamento rispetto alla tradizionale lettura dei sogni di tipo Freudiano.
Si tratta di quella memoria affettivo-emozionale della quale non si ha ricordo, relativa alle prime relazioni che il bambino stabilisce con la madre e l'ambiente familiare e che costituisce il nucleo sommerso del sé non rimosso. L'accesso ad esso è possibile attraverso il sogno che con le sue caratteristiche simbolo-poietiche determina il passaggio dal presimbolico al simbolico e, rendendosi pensabile, dal preverbale al verbale. Ci permette dunque di ricostruire il valore presimbolico di qualcosa, ad esempio di traumatico, che appare simbolizzato nel sogno. Scrive Mancia (Il sogno e la sua storia, 2004): "è importante rendersi conto che la Teoria della Mente fondata sull'Edipo e sulla
rimozione, deve lasciare posto alla non rimozione ed alla relazione". Ciò permette un percorso costruttivo e ricostruttivo in cui non è centrale il rimosso ma il non rimosso e la valorizzazione del "qui ed ora" della relazione terapeutica.
Il che determina uno iato tra il modello pulsionale del sogno che necessitava di censura a favore di quello relazionale ed in tal modo diventa evanescente il significato latente nei confronti di quello manifesto.
Così come oggi viene rivalutato il sogno manifesto viene altresì esaltata la sinergia tra processo primario e processo secondario. Le immagini manifeste del sogno hanno valore di per sé e non esprimono qualcos'altro, rappresentano soltanto un modo di elaborare le informazioni direttamente ed uno specifico funzionamento cerebrale. Si stabilisce dunque una sorta di convivialità e consonanza tra
il discorso della veglia e quello del sogno con differenti espressioni, afferma Renato De Polo (2000) nel suo saggio A proposito dello scritto di Freud: il Sogno, più linguistico-narrativo quello della veglia, più iconico-rappresentativo quello del sogno con una precisa spartizione del territorio nell'ambito di una sostanziale complementarietà dialettica.
Inevitabile in tal senso il richiamo a James L. Fosshage di cui abbiamo sentito l'urgenza di rieditare il suo ampio articolo La funzione organizzativa dell'attività mentale del sogno, presente nel precedente numero sui sogni, ormai esaurito, perché rappresenta una sintesi completa ed articolata sul sogno.
L'articolo è preceduto da una introduzione di Paolo Migone psicoanalista, direttore della rivista «Psicoterapia e Scienze umane», che sollecita la nostra attenzione ad una lettura dotta e piacevole ad un tempo in cui alla esperienza della funzione organizzativa dei sogni si accompagnano alcune regole tecniche per capire e lavorare con essi. Per Fosshage le funzioni del sogno sono adattive, di crescita, riparative, di problem solving, di ristrutturazione e riorganizzazione dei pensieri al fine di favorire un migliore adattamento e funzionamento mentale. Tutto ciò secondo i dettami della Psicologia del Sé, area di appartenenza dell'autore per la quale il Sé ha un naturale programma di sviluppo in sintonia con il mondo esterno. Tali idee riecheggiano concetti propri della psicologia umanistica quali il self-actualization di Rogers ed il self-state dream di Kohut nel quale si offre l'esempio dello sforzo onirico di fronte alla minaccia di autoframmentazione o disgregazione per ripristinare il senso del Sé positivo e
coeso.
Questo obiettivo di integrazione tra sogno e realtà con il relativo ampliamento dei significati consci ed inconsci che la persona possiede è presente anche in Pio Scilligo che nel suo articolo Lavorare sui sogni mettendo a fuoco la creatività del sognatore valorizza il significato che il sognatore attribuisce al
proprio sogno, seguendo una narrazione a tre stadi: narrazione espositiva, narrazione identificativa, narrazione correlativa. Dapprima il sognatore prova a rivivere il sogno al presente, di poi drammatizza le parti del sogno come parti sé rendendosi cosciente di nuove creazioni dedotte dal suo patrimonio di conoscenze anche inconsce e di memorie, ed infine attraverso nuove contestualizzazioni diviene consapevole delle sue scelte.
Questa pratica di riportare i sogni nella esperienza attuale del sognatore e la consuetudine di trovare una conclusione ai propri sogni con l'aiuto del gruppo di appartenenza è antica e conosciuta dal popolo dei Senoi. Agire i propri sogni attiva un processo di assimilazione per cui il sogno è legato al sognatore
e l'esperienza del sogno viene riportata nell'esistenza di chi ha sognato. Tutto questo favorisce l'integrazione e rinforza il senso di appartenenza sociale.
I Senoi sono presenti nell'articolo di Hèlene Ghiringhelli, analista transazionale PTSA, pubblicato in «Actualitè», n.115, Luglio 2005, tradotto in italiano e ripubblicato con il titolo Il sogno specchio dell'inconscio.
L'autrice stabilisce un'analisi storico-comparativa sulla modalità di funzionamento dei sogni richiamandosi ai Senoi ed accostando Freud, Jung, Gestalt e Analisi Transazionale, alla ricerca di punti di convergenza.
In un'ottica puramente analitico-transazionale, i cui concetti costituiscono un "sistema", utilizza il sogno nel lavoro ridecisionale di Thomson unitamente al contributo di Crespelle all'interno del lavoro di gruppo per vedere gli ancoraggi possibili tra il sogno e gli elementi costitutivi del "sistema" con particolare attenzione al rapporto tra i sogni ed inconscio di gruppo, e tra sogno e transfert.
Questo lavoro pare essere il preludio all'articolo di Anna Rotondo e Giuseppe Bertolini sull'esperienza del Social Dreaming, sognare sociale, condotto da Claudio Neri presso il Servizio di consulenza psicologica ed etnopsichiatria per immigrati di Terrenuove. L'articolo è preceduto da una intervista che lo stesso Bertolini, fruitore dell'esperienza, ha fatto a Claudio Neri, psicoanalista, collega ed amico di Gordon Lawrence, ideatore di questa tecnica, fornendo una cornice introduttiva che aumenta la chiarezza dei contenuti esposti. Il Social Dreaming (SD), nella definizione che ne dà lo stesso Claudio Neri (2002) "è una tecnica di lavoro di gruppo che valorizza il contributo che i sogni
possono offrire alla comprensione non del mondo interno dei sognatori, ma della realtà sociale ed istituzionale in cui vivono. Gordon Lawrence, che ha scoperto questa tecnica, afferma che i sogni contengono informazioni fondamentali sulla situazione in cui le persone stanno vivendo nel momento in cui sognano. Il SD non vuole sfidare il grande valore dell'approccio dei sogni della psicoanalisi
classica, ma mette in rilievo la loro dimensione sociale".
Il sogno quindi si "dilata", non è più soltanto il sensore tra l'intrapsichico e l'intersoggettivo relazionale in cui analista e paziente compongono un sistema di relazioni e reciproche influenze che si
riverberano nei sogni, ma ora il sogno diventa "sociale" in quanto è la "dimensione dell'organizzazione" che viene sognata.
Anche in questa dimensione ritroviamo il valore maieutico-comunicativo del sogno poiché consente di rendere esplicito ed evidente ciò che esiste ma che è in ombra, proprio perché, nella complessa articolazione a più livelli delle organizzazioni e realtà sociali, quello più profondo è meno accessibile ed inconsapevole.
L'obiettivo del consulente non è tanto indicare le azioni da "fare", perseguendo lo "standard" dell'operatorietà, ma quello di sollecitare le "domande" profonde presenti nelle istituzioni, consentendo alle persone di elaborarle. Viene in tal modo favorito l'accesso e disvelata quella parte in ombra della
"esperienza non formulata" di Donnel Stern, del "conosciuto non pensato" di Bollas così presente nella nostra quotidianità.
Secondo Claudio Neri, "è come se le persone che sognano fossero capaci di cogliere evidenze che chi è sveglio non può o non vuole vedere. Gli occhi di chi sogna, probabilmente, sono sottratti alla costrizione del gruppo sociale e possono vedere quindi fatti, forze, tensioni che gli occhi di chi è sveglio non possono riconoscere" (2002).
In un momento storico-sociale difficile la sfida è trovare una forma di convivenza più sana e meno patologizzata, ed il "sogno ed il sognare" possono rappresentare il portolano che ci traghetta da "città invisibili" a "città vivibili".
Sempre in tema di continuità e cambiamento, ritroviamo l'utilizzo della "interpretazione" nell'originale articolo di Giampaolo Lai, Psicoanalista e Conversazionalista, L'opacità dei sogni e la trasparenza dell'interpretazione.
Con la consueta raffinatezza concettuale e argomentativa, l'autore offre un saggio di grande interesse e fascinazione in cui sottolinea che il testo del sogno è opaco, l'interpretazione trasparente e grazie ad essa il testo diventa trasparente. Convergono in questo lavoro il Conversazionalismo, per
l'individuazione delle figure opache e trasparenti, la Poetica di Aristotile per l'azione catartica legata alla mimesi e narrazioni delle azioni drammatiche comuni al sogno ed alla favola, ed infine l'utilizzo della quarta causa finale-teleologica tratta dalla Fisica di Aristotile in cui il fine del sogno si identifica con la stessa causa in uno slittamento cronologico che fa sì che il "testo venga preso dalla coda".
Concludo questo editoriale con la "voce" di Anna Rotondo dove nel suo intenso articolo Amo la compagnia dei miei sogni il sogno pare trovare una collocazione intima, colloquiale che ne rivela ad un tempo l'indispensabilità e la preziosità del suo esistere: "Sono grata ai miei sogni, anche quando non capisco niente e continuo a rigirarmeli per vederli, per dargli una parola che li illumini e li inserisca nella mia esperienza. I sogni per me sono importanti anche quando sono costituiti da un frammento, da qualche ricordo sconnesso ed apparentemente inutile".
Non c'è solo l'amore per i sogni ma l'amore per la vita che ci è dato di vivere e che il sogno telescopicamente ci rimanda. In questo narrarsi Anna Rotondo ritrova volti noti, presenze significative che hanno illuminato il suo iter professionale, ma soprattutto si sente l'esigenza di creare un percorso
che si spinge sempre più lontano fino alle origini della vita nelle connessioni tra protocollo di Copione e Copione, dove il sogno adempie ad un tempo la sua funzione comunicativo-narrativa di stili relazionali copionali ripetitivi ma anche riparativi e propositivi, divenendo il codice interpretativo di quell'arcaica e indecifrabile "decisione di sopravvivenza".
Chiudono questo «Quaderno» con un "cambio di registro" la recensione del libro a firma di Neda Lapertosa sul Libro dei sogni di Federico Fellini pubblicato nel 2008 e la consueta rubrica "Linee di tendenza" in cui Andrea Dondi, Maurizio Martucci, Cristina Capoferri, Milly De Micheli e Neda Lapertosa ci informano di alcuni significativi eventi culturali, due dei quali "giocati in casa" perché
organizzati dal Centro di Psicologia ed Analisi Transazionale di Milano: Rispondere al Trauma e la giornata di studio e ricerca con Colwyn Trevarthen Alle origini delle emozioni.
(1) Neda Lapertosa, psicoterapeuta PTSTA, analista transazionale didatta in formazione, lavora al Centro di Psicologia e
Analisi Transazionale di Milano. (e-mail: neda.lapertosa@libero.it)
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