IL SOGGETTO CONTEMPORANEO E LA SUA FOLLIA. RIFLESSIONI SULLA CLINICA
CONTEMPORANEA
Roma, 26 novembre 2010
Sommario
1. Soggetto e temporalità
2. Un secondo assunto di Lacan: l’Altro preliminare al soggetto
3. Un nuovo ordine simbolico?
4. Discorso capitalista e discorso del padrone
5. Trasformazioni e invarianti
6. Comandatuba
7. La pratica psicoanalitica oggi
7.1. Declino del prestigio dello psicoanalista e poteri della parola
7. 2. Costruzione del sintomo
7. 3. Un oggetto diviso
7. 4. Verso il fantasma e oltre
8. La scabrosa questione del padre
9. Freud: sintomo e diagnosi differenziale
10. Clinica classica di Lacan
11. L’ultimo insegnamento di Lacan
11.1. Clinica della lettera
11.2. Cenno alle applicazioni cliniche - L’inconscio è il sociale
1. Soggetto e temporalità
Parlare di soggetto contemporaneo, in psicoanalisi, comporta due opzioni precise:
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La psicoanalisi si occupa essenzialmente del soggetto, non dell’Io o del Sé. Per Lacan, ad esempio, il soggetto vero è il soggetto dell’inconscio che si contrappone all’Io cosciente.
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Il soggetto è un’istanza storica, dipendente dal tempo. Per cui, nella contemporaneità, si dà un soggetto con caratteri specifici e problemi specifici, tali da distinguerlo dal soggetto che si è presentato in altre epoche.
Un primo assunto di base di Lacan è il legame antideterminista tra soggetto e temporalità. Il soggetto trascende la sua localizzazione spazio-temporale, non è un oggetto tra gli oggetti del mondo, “un tavolo o una sedia”. Se la vita umana si svolge dal passato verso il futuro, non così l’esistenza del soggetto. Compito dell’analisi è riscrivere la storia del soggetto, come storia della parola rivolta all’Altro: il peso schiacciante del passato può essere alleggerito, le sue conseguenze non sono irreversibili, si può dare un nuovo senso a ciò che è già stato, la propria vita si può riscrivere come un testo inedito. Lacan parla di assunzione della propria storia: l’analisi è un processo di soggettivazione che trasforma le tracce del passato e ne fa qualcosa di diverso e di vitale. È palese l’ispirazione esistenzialista: la famosa tesi di Sartre, l’uomo è ciò che si fa di ciò che gli altri hanno fatto di lui, potrebbe essere sottoscritta da Lacan.
2. Un secondo assunto di Lacan: l’Altro preliminare al soggetto
Un secondo assunto di Lacan è la dimensione transindividuale, sociale del soggetto. Il soggetto per Lacan nasce nel campo dell’Altro. Che vuol dire? Vuol dire che parla la lingua dell’Altro, si nutre del cibo dell’Altro, acquisisce abitudini e tradizioni che lo precedono. Insomma il soggetto è immediatamente sociale, la sua realtà non è definibile al di fuori del contesto umano nel quale nasce.
La natura sociale del soggetto è un presupposto già in Freud, nel problema del simbolismo ad esempio, come nelle diverse versioni che mano a mano declina dell’Io e delle istanze che lo compongono, Io ideale, Ideale dell’Io e Super-io. La determinazione del soggetto umano è fin nelle viscere culturale e sociale: non a caso Freud distingue accuratamente istintualità di tipo animale dalla pulsione, la cui dinamica e le cui peripezie sovvertono ogni schema prefissato.
Così Lacan può affermare già nel 1946, sette anni prima dell’inizio del suo insegnamento, nel suo Tempo logico, che “il collettivo è il soggetto dell’individuale”. Lacan si oppone alla riduzione della psicoanalisi a una psicologia individuale, a una visione meccanicistica e monadica del soggetto. Si rifà piuttosto alla grande tradizione della sociologia francese, per asserire che il simbolico è la struttura sottostante al sociale, che la natura dell’uomo è immediatamente sociale e simbolica.
Il simbolico è la struttura che determina il soggetto. È una delle affermazioni più note di Lacan: “l’inconscio è strutturato, come un linguaggio”. L’inconscio di Freud è strutturato come un linguaggio dei grandi linguisti a cui si rivolge Lacan, da de Saussure a Jakobson. C’è un filo che parte dalla polemica tra Freud e Jung sul simbolismo e arriva allo strutturalismo di Lacan via linguistica (Saussure e Jakobson) e antropologia (Durkheim, Mauss, Lévi-Strauss). Quel concetto di struttura nasce in ambito matematico e lo si deve al gruppo Bourbaki.
3. Un nuovo ordine simbolico?
Ecco perché pensare i cambiamenti del sociale come cambiamenti dell’ordine simbolico.
Cosa vuol dire allora parlare di nuovo ordine simbolico nella nostra epoca? I cambiamenti sopravvenuti nella contemporaneità, così vistosi a livello sociale e registrati con tanto acume da sociologi e filosofi, penso a Lyotard, a Bauman, a Lipovetsky, cosa hanno modificato dell’ordine simbolico? Siamo oggi veramente di fronte a una trasformazione epocale oppure siamo noi stessi perplessi, smarriti, inquieti di fronte all’avvenire e quindi catturati da una nostalgia del passato che ci fa leggere come cruciali dei mutamenti che di fatto sono fisiologici e appartengono a tutte le epoche storiche?
C’è una convinzione condivisa, sempre sospetta diceva un Lacan entusiasta nel 1953, che in pochi decenni saremmo passati da una società ancora autoritaria malgrado le vesti democratiche, alla spinta alla trasgressione, per arrivare infine alla società postmoderna, ipermoderna. L’oggetto di godimento prevarrebbe sull’ideale. La tirannia dell’oggetto di consumo, dell’oggetto plusgodere, si impone al soggetto desoggettivandolo, lasciandolo senza storia, senza ‘mito individuale’ o grande racconto che lo accoglie, senza scopi, nell’erranza di fronte alla perdita di tradizione e di trasmissione simbolica, in un mondo senza riferimenti credibili, senza una legge riconosciuta e fondante. Chi si spinge più in là in questa disamina parla di una sorta di forclusione generalizzata che costringe a rivedere le categoria sociologiche e cliniche.
4. Discorso capitalista e discorso del padrone
Al disorientamento, alla dispersione, alla mancanza di riferimenti tipici della società contemporanea le istituzioni preposte rispondono con la ricerca di tecniche sempre più rigorose di controllo e di meccanizzazione del soggetto, che con le miglior intenzioni vorrebbero ricondurre a una pretesa normalità gaussiana la particolarità sintomatica. Come se le democrazie occidentali avessero semplicemente civilizzato, attenuato, l’impulso di classificare, regolare, gestire, prevedere, manipolare il soggetto umano, che aveva trovato nell’ordine di ferro dei totalitarismi del XX secolo l’espressione tragica compiuta.
5. Trasformazioni e invarianti
L’idea che Lacan ci ha lasciato del simbolico che avvolge l’essere umano non ha nulla a che vedere con una calcolabilità senza residui. Non è questo l’inconscio con cui ha a che fare la psicoanalisi. Sin dal 1953 Lacan fa del simbolico il toro del linguaggio, il cui centro è il buco e che è addirittura doppiamente bucato. Il buco, la mancanza, il vuoto del soggetto non sono l’indice di un disturbo da trattare ma piuttosto la speranza di un’apertura, di un’invenzione, di una creazione. Se prendiamo sul serio questa concezione ‘topologica’ del simbolico possiamo pensare i mutamenti della contemporaneità come riconfigurazioni dell’ordine simbolico che mantiene intatta la sua struttura formale, la sua dinamica interna. In questa ipotesi la contemporaneità non è una degradazione di epoche precedenti ma semmai il disvelamento dell’effettivo funzionamento del simbolico. Il declino di certe figure, vedi il padre è allora lo svelamento del loro essere posticcio. Senza entrare in dettagli tecnici, la teoria dei discorsi di Lacan può guidare questa lettura.i
6. Comandatuba
In un intervento del 2004 a Comandatuba, che ha innescato un importante dibattito, Jacques-Alain Miller ha affrontato il tema del soggetto della contemporaneità in relazione al diffondersi della psicoanalisi. Il soggetto contemporaneo, postmoderno, dell’epoca della fine della grandi narrazioni, ipermoderno nel senso di Lipoveski, eccessivo e sregolato, postedipico, disinibito, smarrito, disorientato, cinico, avrebbe perso la bussola anche a causa della psicoanalisi. La psicoanalisi, figlia degenere della rivoluzione tecnica e scientifica, nella sua azione di svelamento dei “segreti di famiglia” avrebbe una responsabilità nella dissoluzione della morale civile. Ora, se la psicoanalisi ha contribuito alla dissoluzione della morale civile, in che modo potrebbe operare di fronte a un fenomeno da essa stessa causato? Jacques-Alain Miller vede tre posizioni della psicoanalisi di fronte alla contemporaneità e ne propone una quarta, lacaniana.
In sintesi, la prima, che definisce reazionaria, vorrebbe restaurare gli antichi valori, la tradizione. Ipotesi forse suggestiva, certo impraticabile. La seconda pratica, che chiama passatista, vede l’inconscio indipendente dai cambiamenti sociali. Tutto è cambiato, nulla è cambiato. La terza pratica, più avanzata, progressista, sarebbe quella che si ispira al cognitivismo e cerca di ricondurre la psicoanalisi alla biologia, alle neuroscienze. È con la pratica progressista che Miller ritiene più fecondo il dialogo, malgrado le differenze con la pratica lacaniana: sono nate entrambe dalla crisi della metapsicologia freudiana.
La pratica lacaniana, ispirata dall’ultimo Lacan, contesterebbe alla radice le altre perché mette in questione ogni principio di riuscita, di prestazione, di successo, che siano in qualche modo predeterminati. Non ci sono criteri generici di normalità sui quali fondare la valutazione e il controllo dei risultati: il lavoro psicoanalitico è una pratica singolare, il suo esito è impredicibile. Di qui un enunciato provocatorio che va compreso: la pratica lacaniana fallisce.
7. La pratica psicoanalitica oggi
Quali sono allora le condizioni di operatività della psicoanalisi oggi? Una volta garantito lo spazio del setting lo psicoanalista avrebbe di fronte l’inconscio di sempre, da accostare secondo canoni prestabiliti? In realtà l’esperienza del movimento psicoanalitico registra cambiamenti sensibili nella psicopatologia. C’è un consenso diffuso sulla 'docilità' del sintomo psichico, le cui variazioni sembrano riflettere i cambiamenti socio-culturali. In fondo tutte le componenti postfreudiane, lacaniani compresi, testimoniano di questi mutamenti: un ampliamento del campo delle psicosi, una correlativa riduzione di quello delle nevrosi, la proposta di categorie intermedie: borderline, psicosi bianche, fredde, stati limite, patologie narcisistiche, e in ambito lacaniano, la cosiddetta psicosi ordinaria. A cui si aggiungono i cosiddetti nuovi sintomi specifici dell’ipermodernità.
Avanzo qualche suggestione.
7.1. Declino del prestigio dello psicoanalista e poteri della parola
Un tempo lo psicoanalista doveva subito sottrarsi a un frequente e massiccio transfert immaginario, favorire la destituzione di un’immagine magica, da psicopompo, per permettere all’analizzante il confronto, solitario, con il proprio inconscio, vero soggetto-supposto-sapere. Oggi in fondo è destituito sin dall’inizio, il suo prestigio ha pagato il processo di disincanto, spesso cinico, postmoderno. Si tratta allora di ricostituire nel lavoro preliminare uno spazio all’imprevisto, alla sorpresa, all’incontro, misurando di volta in volta gli interventi. Senza rinunciare all’ipotesi dell’inconscio freudiano ma leggendolo, con Lacan, come una virtualità che può sembrare eclissarsi per poi riaprirsi in modo inatteso. Il che implica un delicato maneggiamento del transfert e un dosaggio dell’interpretazione, degli effetti della parola. Se nella nevrosi classica il malinteso è fecondo, spesso nei soggetti sofferenti di oggi può favorire l’incontro con il trauma del linguaggio. Come se la debolezza di riferimenti sociali potesse rendere la parola a volte inconsistente ed altre dirompente. Una volta scosso un cinismo di facciata, i soggetti postmoderni possono incontrare nell’analisi, in modo inatteso, il peso e i limiti della parola.
7. 2. Costruzione del sintomo
Oggi spesso il primo passaggio in analisi è la messa in forma, la costruzione del sintomo, anche prima della formulazione di una domanda. E un lavoro preliminare che viene svolto in modi diversi, nello studio come in istituzione. È un lavoro supplementare. Di per sé l’interrogazione sul senso del sintomo è la base della domanda, che da richiesta d’aiuto diventa domanda di sapere e credenza di una qualche responsabilità propria nella sofferenza. Il lavoro psicoanalitico permette di aprire il sintomo e di coglierne il valore di messaggio all’Altro, fino ad arrivare al godimento pulsionale compreso nel sintomo. Formazione di compromesso tra soddisfacimento pulsionale e istanza censoria, il sintomo rivela di non essere solo “messaggio la cui parola deve essere liberata” ma soprattutto un modo di imbrigliare il godimento in eccesso.
In molti disturbi contemporanei, per esempio negli attacchi di panico, incontriamo delle crisi senza storia, senza racconto. Nelle compulsioni additive, alimentari e tossicomaniache, con il loro insensato ciclo di ripetizioni, si mette in mostra un godimento mortifero, acefalo, mai pago di ripetersi. Addirittura nelle esperienze di perdita il lavoro del lutto sembra cedere il passo all’imperativo di una sostituzione fulminea, lo stesso che governa il consumo. In tutti questi casi, quando qualcosa si destabilizza, il sintomo può costituire un appoggio, un inizio di narrazione, che può abbozzare una soggettivazione.
7. 3. Un oggetto diviso
Un terzo punto, che mostra l’attualità di Lacan, è la sua teoria dell’oggetto: sin dal seminario L’angoscia, Lacan mostra la differenza tra oggetto causa del desiderio, interno, che funziona da motore del soggetto e una pluralità di oggetti di consumo, oggetti mira, che prendono forma di gadget, di oggetti alla moda. La ricerca ansiosa degli oggetti di godimento solo temporaneamente placa l’angoscia, è un rimedio ben più aleatorio di un sintomo classico.
Le identità rigide dei nuovi sintomi, tipiche delle neosegregazioni contemporanee, sono insegne friabili, divise portate male, e l’analista deve accompagnarne la vacillazione, se possibile, fino alla disidentificazione: spesso il lavoro preliminare è una sorta di estrazione del soggetto dall’etichetta: “sono anoressica”, “sono un duro” ecc. Nel contempo l’analisi deve permettere al soggetto produrre quei significanti sintomatici - le fissazioni freudiane - che ne costellano la storia e che racchiudono il suo nucleo di godimento. Sono recuperando i suoi significanti padroni, quegli S1 che vincolano la sua vita, il soggetto potrà trovare una sua soluzione nel simbolico di fronte al reale, “impossibile” da governare.
7. 4. Verso il fantasma e oltre
Di fronte ai sistemi di godimento costrittivi, alienanti, desoggettivanti, che procedano da un oggetto preso come plusgodere o da una prassi alienante o da un ideale tirannico, l’analisi dovrà ritrovare il piccolo dettaglio che costituisce la particolarità di ciascuno, senza pregiudizi, per quanto illuminati. Aprire la via all’invenzione del soggetto creandone le condizioni, per quanto possibile senza fornire soluzioni, affinché ciascuno possa trovare la sua propria, di soluzione. La direzione del lavoro, è solo un cenno, va verso l’oggetto causa, mentre vengono analizzate le condizioni che determinano il posto del soggetto nel mondo.
8. La scabrosa questione del padre
Da molti anni si sente parlare della crisi della figura del padre, del declino del suo prestigio, della sua autorità e della sua funzione nella famiglia. Così è stata enfatizzata un’espressione icastica di Lacan del 1968, “evaporazione del padre”. In effetti in un brevissimo intervento orale, una paginettaii Lacan collega l’evaporazione del padre alle segregazioni contemporanee, di cui sarebbero la cicatrice, nei tempi della globalizzazione. Sono gli anni gli anni della ribellione giovanile, della “rivolta contro il padre” e Lacan preconizza che prenderanno il posto della figura paterna, come identificazione fondativa, una pluralità di identificazioni immaginarie, locali, per certi versi regressive, simili al branco, all’orda, alla massa di cui Freud parla in Psicologia delle masse.
In realtà Lacan continua le sue riflessioni sull’Edipo, che segnano tutto il suo insegnamento. Sin dall’inizio Lacan si è sforzato di demitologizzare il tema del padre, di sottrarlo a derive suggestive, immaginarie, e declinarlo soprattutto in termini di logica. Nell’enfasi freudiana sul padre ha visto il limite della psicoanalisi, segnato dal desiderio di Freud. Già nel 1938, ne I complessi familiari,iii Lacan legge il complesso di Edipo in chiave storico-sociale, per spiegare il declino sociale dell'Imago paterna. La famiglia moderna per il Lacan del 1938 della contrazione dell’istituzione familiare, ipotesi di Durkheim. Il legame familiare si modifica, si allenta, mentre si degrada la figura paterna, si indebolisce l’autorità simbolica del padre edipico, il Nome-del-Padre. È il grande tema del padre umiliato, degradato, che ritroverà ne L’uomo dei topi di Freud. Declino del padre vuol dire instabilità, vacillazione del patto simbolico, del legame sociale, della famiglia patriarcale, insomma del complesso di Edipo. E vuol dire modificazione delle forme del sintomo.
Ricondurre la figura familiare e sociale del padre all’ordine simbolico, vuol dire svuotarlo da ogni retorica e vederne un elemento operatorio formale, nel linguaggio lacaniano un operatore di connessione tra registri, tra sembiante e reale, che regge la realtà umana. Il passaggio essenziale della sua ricerca è stato coniugare il mito immortale dell’Edipo, tramandato da Sofocle, con il mito darwiniano di Freud, il padre dell'orda di Totem e tabù. Il padre rispettabile, il padre che garantisce la trasmissione dei valori, il padre che garantisce la maturazione del desiderio coniugandolo con la legge,iv è l’orrendo padre dell’orda che uccide i propri figli e il cui assassinio è la condizione di esistenza di una comunità umana. È questo il lato indecente del simbolico, della legge, velato dal concetto di ambivalenza. Da una parte la perdita di godimento, la rinuncia all’incesto, con il padre pacificatore che autorizza il desiderio e apre alla sublimazione, dall’altra l’orda che continua ad abitare l’organizzazione sociale. La struttura si riveste del padre, ‘simbolizza’, tiene insieme i due aspetti inconciliabili, il padre interdittore che è anche il padre che permette, e il padre feroce dell’orda, che è anche il padre morto.
Negli anni 70 inizia l’ultimo insegnamento di Lacan, la psicoanalisi aldilà dell'Edipo, la psicoanalisi che fa a meno del desiderio di Freud. Lacan mantiene l’ispirazione freudiana. L’etica della psicoanalisi, deve favorire il desiderio del soggetto a inventare la sua soluzione singolare, respingendo la nostalgia del padre ideale e le soluzioni comode del godimento autistico dell’oggetto.
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Cade l’illusione di una psicoanalisi dialettica che evolva verso un naturale punto di arrivo, che caratterizza quello che Jacques-Alain Miller ha chiamato primo paradigma del godimento.v
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Cade la pretesa, di fatto meccanicista, di una simbolizzazione del reale senza residui – è il secondo paradigma del godimento.
E’ una svolta decisiva del pensiero di Lacan: il confronto con il reale del godimento non si può avvalere di principi trascendentali, l’operazione analitica non è garantita, anzi è avvolta da precarietà, contingenza, instabilità. Dobbiamo operare senza garanzie di verità, guidati da principi di ordine etico anch’essi da ripensare, leggere le peripezie umane senza dover ricorrere all'ombrello del padre edipico, senza sovrainterpretare l’esistenza con categorie preconfezionate.
9. Freud: sintomo e diagnosi differenziale
Il problema della diagnosi è per Freud prioritario sin dall’inizio della sua pratica: l’osservazione è necessaria ma non sufficiente e non si accontenta dell’individuazione di un sintomo per elicitare un quadro clinico. Freud cerca il senso del sintomo. Nella sua esperienza vediamo consolidarsi una clinica dell’ascolto, diversa dalla classica clinica medica dello sguardo, di impronta fenomenologica. Il sintomo con cui Freud si misura non è il segno di una lesione, di un processo morboso, ma è un messaggio da decifrare, contiene in sé un interlocutore privilegiato, un Altro a cui si rivolge, apre lo spazio della psicoanalisi, libera il posto dell’analista.
Il sintomo deve essere inserito in una struttura soggettiva che distingue come nevrosi, psicosi o perversione, a seconda della posizione che il soggetto ha assunto, nel complesso di Edipo, riguardo alla castrazione; rimozione, forclusione o diniego. Una causalità psichica, non biologica, anzi eminentemente familiare e quindi sociale, è alla base della “scelta della nevrosi”. Se leggiamo i grandi casi freudiani vediamo come mentre Freud si ritrova a suo agio con l’isteria di Dora o con la nevrosi ossessiva dell’Uomo dei topi, non si raccapezza con L’uomo dei lupi, i cui sintomi ossessivi non trovano una chiara corrispondenza con la posizione del soggetto nell’Edipo e che ne fanno il primo caso borderline della psicoanalisi.
Il sintomo nella nevrosi è metafora del soggetto e messaggio da decifrare: Lacan costruisce un piccolo (simil) algoritmo, la metafora paterna, che vuole dare una veste logica rigorosa all’Edipo e alla castrazione freudiani. La metafora paterna è una sostituzione significante operata dal padre simbolico, il Nome-del-Padre: l’istanza enigmatica per il bambino del desiderio della madre trova una delimitazione pacificante, la significazione fallica. Il Nome-del-Padre localizza il godimento, gli dà una realizzazione sociale sostenibile. Con il concetto di fallo Lacan dà una chiave significante della libido, dell’amore e del desiderio. Diciamo che nel caso di nevrosi - e di perversioni, con delle precise differenze - la metafora paterna è operativa. Nelle psicosi c’è scacco della metafora paterna, forclusione del Nome-del-Padre.
Il sintomo nella psicosi non è una metafora del soggetto e non valore di messaggio all’Altro. Nell’esperienza clinica è refrattario a spostarsi, non si mette in catena significante. Mantiene però una funzione essenziale per il soggetto, di difesa dal reale pulsionale, di equilibrio, di stabilizzazione.
Come altri psicoanalisti Lacan ritiene che non si diano entità clinica intermedie, di tipo borderline; posizione opposta a quella di Kenberg che non considera il borderline come il reparto delle malattie inclassificabili ma un'entità clinica ben definita. Diciamo che Lacan si mantiene strettamente nel paradigma freudiano delle tre possibili riposte del soggetto alla questione edipica. Nella pratica clinica è frequente rilevare in uno stesso soggetto sintomatologie miste, che renderebbero difficile una diagnosi puramente fenomenologica: è un fenomeno comune con le prepsicosi, le psicosi non scatenate. Sono comuni manifestazioni di tipo ossessivo nello psicotico e tratti di perversione nella nevrosi e nella psicosi.
10. Clinica classica di Lacan
Lacan nel suo primo insegnamento riprende la tripartizione di Freud: ci sono tre porte di entrata differenti nell’esistenza, per tre possibili posizioni soggettive, nevrosi, perversione o psicosi, ed esclude la possibilità, a livello strutturale, di soluzioni di continuità o di mescolanza tra la nevrosi, la psicosi e la perversione. Con una precisazione importante e quanto mai attuale: l’isteria d’angoscia, la fobia di Freud è per Lacan è una sorta di prenevrosi, una nevrosi il cui sintomo non ha ancora preso forma.
Le tre posizioni soggettive sono tre possibili risposte all'Altro, tre modi di negazione della castrazione, a partire dal tipo di difesa rispetto al reale pulsionale. Di fronte alla castrazione, nell’ambito dell’Edipo, il soggetto sceglie tra le tre possibilità già indicate da Freud. Nevrosi, psicosi e perversione sono tre modi diversi di essere del soggetto nel campo dell'Altro. Nel Discorso sulla causalità psichica del 1946, Lacan parla di “insondabile decisione dell’essere” (pag. 171).
Il sintomo nella nevrosi è metafora del soggetto e messaggio da decifrare: Lacan costruisce un piccolo (simil) algoritmo, la metafora paterna, che vuole dare una veste logica rigorosa all’Edipo e alla castrazione freudiani. La metafora paterna è una sostituzione significante operata dal padre simbolico, il Nome-del-Padre: l’istanza enigmatica per il bambino del desiderio della madre trova una delimitazione pacificante, la significazione fallica. Il Nome-del-Padre localizza il godimento, gli dà una realizzazione sociale sostenibile. Con il concetto di fallo Lacan dà una chiave significante della libido, dell’amore e del desiderio. Diciamo che nel caso di nevrosi - e di perversioni, con delle precise differenze - la metafora paterna è operativa. Nelle psicosi c’è scacco della metafora paterna, forclusione del Nome-del-Padre.
Il sintomo nella psicosi non è una metafora del soggetto e non valore di messaggio all’Altro. Nell’esperienza clinica è refrattario a spostarsi, non si mette in catena significante. Mantiene però una funzione essenziale per il soggetto, di difesa dal reale pulsionale, di equilibrio, di stabilizzazione.
Come altri psicoanalisti Lacan ritiene che non si diano entità clinica intermedie, di tipo borderline; posizione opposta a quella di Kenberg che non considera il borderline come il reparto delle malattie inclassificabili ma un'entità clinica ben definita. Diciamo che Lacan si mantiene strettamente nel paradigma freudiano delle tre possibili riposte del soggetto alla questione edipica. Nella pratica clinica è frequente rilevare in uno stesso soggetto sintomatologie miste, che renderebbero difficile una diagnosi puramente fenomenologica: è un fenomeno comune con le prepsicosi, le psicosi non scatenate. Sono comuni manifestazioni di tipo ossessivo nello psicotico e tratti di perversione nella nevrosi e nella psicosi
11. L’ultimo insegnamento di Lacan
Sono molte le ragioni che hanno portato Lacan, nel suo ultimo insegnamento, a prendere le distanze dalla clinica psicoanalitica classica: come era già successo a Freud l’ottimismo addirittura entusiasta che accompagnava il suo lavoro, anche nella maturità, sembra smorzarsi a favore di un approccio più disincantato nei confronti del troumain, dell’essere umano figlio del trauma. Il suo ultimo approccio continua a ispirare la pratica psicoanalitica trenta anni dopo la sua morte, in un contesto sociale e psicopatologico nuovo. Sta di fatto che a un certo punto Lacan accelera nel suo uso un po’ barocco della topologia e della logica matematica e arriva ad usare degli oggetti di tipo matematico, i nodi borromei, anche in anticipo rispetto allo sviluppo successivo che ha avuto in topologia la teoria dei nodi.
C’è nell’ultimo Lacan una lotta titanica, uno sforzo inesausto di sottrarsi alla presa del senso comune, compreso il senso comune psicoanalitico, compreso il senso comune psicoanalitico lacaniano. Lacan lottava contro l’erosione delle scoperte psicoanalitiche “in un uso di routine”, contro il riassorbimento del loro valore di verità. La Cosa psicoanalitica gli è apparsa sempre più vicina alla Cosa matematica, restia al senso, all’immaginario: in fondo il senso è sempre delirante, dirà Lacan in quegli anni.
Di qui il rivolgimento, rispetto a Freud: se per questi era la nevrosi il paradigma della psicoanalisi, per Lacan sarà sempre di più la psicosi. Non la psicosi come disordine, disturbo grave, aberrazione, deficit, croce di psicoanalisti e psichiatri, ma la psicosi come punto di osservazione della realtà umana, come verità della condizione degli esseri parlanti, naturalmente discordanti. Per tutti gli esseri umani si tratta di trovare un buon aggiustamento dei tre registri, R, S, I, e la soluzione della nevrosi, è in fondo la più banale, con il mito salvatore del padre freudiano. Ripeto: l’amore del padre, il suo sforzo di salvarlo è per Lacan il peccato originale della psicoanalisi, il peccato originale del desiderio di Freud.
11.1. Clinica della lettera
Il passaggio dalla clinica dello sguardo, di derivazione medica, alla clinica dell’ascolto, è di Freud e del primo Lacan. Nell’ultimo insegnamento un altro punto di svolta: dalla clinica dell’ascolto alla clinica della lettera, una lettera che si lascia leggere senza promettere alcun senso. Siamo nell’ambito di una rivoluzione concettuale che effettivamente riapre la questione diagnostica e permette di ripensare sia le strutture freudiane che i casi cosiddetti inclassificabili, noti già prima di Freud. Il punto che mi interessa qui sottolineare è il trattamento che Lacan impone alla figura del padre, ridotto a significante paterno e con rovesciamento tipico di Lacan, pura funzione del significante. È il significante in quanto tale ad essere paterno, è il significante che permette al soggetto di esistere nel campo dell'Altro. La trasmissione può essere esercitata da altri.
Negli anni novanta, proprio seguendo le indicazioni dell’ultimo insegnamento di Lacan, è stata introdotta nel Campo freudiano una clinica ‘continuista’ delle nevrosi e delle psicosi. Resta in piedi la discontinuità strutturale freudiana: da una parte nevrosi e perversioni, dall’altra psicosi, il concetto di borderline è valido solo a livello fenomenologico. Con la clinica continuista si cerca piuttosto una migliore collocazione alle psicosi non scatenate, che vengono riprese nel concetto di psicosi ordinaria.
Nella clinica continuista il problema è il tipo di annodamento dei registri che permette a un essere umano di vivere. Il caso più semplice è quello delle nevrosi, stabilizzate dal padre simbolico, il Nome-del-Padre. Non è necessariamente il caso più diffuso. Anzi, con la clinica continuista è possibile oggi classificare nelle psicosi dei casi non manifesti (psicosi ordinaria) nell’ipotesi che un annodamento sistematico possa reggere senza l’appoggio del Nome-del-Padre. Non solo: molto spesso il sintomo assolve la stessa funzione stabilizzatrice del Nome-del-Padre. Ultimo passo: lo stesso Nome-del-Padre, garante di normalità e di socializzazione civile, è un sintomo tra gli altri. È qui il cardine della clinica borromea.
11.2. Cenno alle applicazioni cliniche - L’inconscio è il sociale
Se l’equilibrio di ogni essere umano è dato dal modo di concatenarsi dei tre registri, delle tre dimensioni che lo determinano, molti fenomeni clinici possono essere letti in termini di scollegamenti – crisi d’angoscia, scatenamenti, esordi psicotici – e ricollegamenti: stabilizzazioni, pacificazioni, spesso di tipo sintomatico.
L’evaporazione del padre, in chiave borromea, è l’indice di uno scollegamento che socialmente si manifesta come precarietà simbolica, isolamento, disinserimento. Non c’è bisogno della psicoanalisi per capire quanto sia importante per ognuno essere parte di una comunità, fosse anche sintomatica, pur caratterizzata da identificazioni deboli e rigide. Perdere l’appartenenza, aldilà della convenienza o del prestigio, tocca il nostro essere di godimento, può avere effetti disastrosi. Qui può operare il desiderio dell’analista per favorire il disinserimento da una forma di godimento regressivo e il collegamento all’Altro sociale, per ripristinare il legame sociale.
Un tempo l’inserimento sociale veniva realizzato fondamentalmente tramite l’identificazione simbolica; quando questa risultava troppo costrittiva la psicoanalisi sembrava operare nella direzione della liberazione del desiderio, del soddisfacimento pulsionale. Nell’epoca contemporanea non è più questione di soggezione alla legge e di liberazione del desiderio, ma di imperativo paradossale all’eccesso di godimento. I soggetti si inseriscono attraverso il consumo, che appaga non solo come godimento pulsionale ma come soddisfacimento sociale: godere di un oggetto alla moda è poterlo avere per primi, a costo di pagarlo molto di più. L’inclinazione alle dipendenze è conseguente: nel consumo frenetico dei plusgodere che la tecnologia moltiplica e mette sul mercato a ritmo sempre più rapido, c’è uno sforzo disperato per soddisfare un godimento paradossale: autistico nel consumo, e alla ricerca di un riconoscimento da parte di una comunità che ne condivide la pratica.
Concludo con la dimensione pragmatica che la clinica continuista impone: previa una diagnosi di struttura, siamo oggi obbligati a valutare con cura le piccole variazioni, le pressioni, le esigenze, i gradi di sollievo, i benefici o gli inconvenienti del sintomo, in funzione del significante che si introduce. Una volta dialettizzati disinserimento e isolamento si apre lo spazio a una scelta del soggetto irriducibile alle costrizioni sociali o familiari.
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Freud, S. :
- (1892-1895) Studi sull’isteria, in Opere, vol. I.
- (1893) Meccanismo psichico dei fenomeni isterici, in Opere, vol. II, 1968.
- (1894) Le neuropsicosi da difesa, in Opere, vol. II, 1968.
- (1895) Progetto di una psicologia, in Opere, vol. II, 1968.
- (1899) L’interpretazione dei sogni, in Opere, vol. III, 1966.
- (1901) Il caso di Dora, in Opere, vol. IV, 1970.
- (1911) Seduta del 18 ottobre della Società psicoanalitica di Vienna, in Les premiers psychanalystes, Vol. III, Gallimard, Paris, 1979.
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- (1915) Metapsicologia, in Opere, vol. VIII, 1976; 1914-1918;
- (1916-1917) Introduzione alla psicoanalisi, in Opere, vol. VIII, 1976.
- (1920) Aldilà del principio di realtà, in Opere, vol. IX, 1977.
- (1926) Inibizione, sintomo e angoscia, in Opere, vol. X, 1978.
- (1934-1938) L’uomo Mosè e la religione monoteista, in Opere, vol. 11, 1979.
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Note
Ecco le ragioni della corrispondenza tra l’ultimo insegnamento di Lacan e una clinica che nasce anni dopo la sua morte.
iv Cfr. “Il terzo tempo dell’Edipo”, in J. Lacan (1957-1958).
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