E' uscito in Francia nel marzo 2000 un numero monografico della rivista Adolescence di Dominique Agostini dal titolo Après Melanie Klein.
E' una raccolta di casi clinici scritti con puntualità, finezza e ricchezza che danno modo di pensare a vari vissuti che lo sviluppo puberale attiva in un continuum dal corpo alla mente. I casi trattati riguardanti l'anoressia, le allucinazioni, il problema dell'identità sessuale, hanno un impianto e una lettura che evidenzia la partenza dai bisogni profondi del paziente piuttosto che dall'applicazione di teorie e in questo senso evidenziano anche come vari modelli, molto bene descritti, siano più funzionali di altri a determinate situazioni o livelli del paziente .
La cosa che accomuna i vari casi clinici è una attenta e profonda lettura delle origini lontane del problema con cui il paziente si trova ad aver a che fare, cioè con i suoi rapporti primari, con l'ambiente e in modo particolare con i genitori. Lo sviluppo puberale rivela in questa linea, con l'incapacità sempre più chiara dell'ambiente di assecondarlo e sostenerlo, il collasso esistente nella coppia, spesso non costituita da due persone sufficientemente adulte, ma da due patologie funzionali alla sopravvivenza dei due, incapaci però di creare uno spazio al terzo.
La composizione identitaria specifico-adolescenziale diviene l'evidenziatore del fallimento familiare e il fallimento familiare l'evidenziatore dell'origine dell'impossibile composizione identitaria. In questo senso è un po' difficile trovare una continuità con il titolo: perché après Melanie Klein e non après Ferenczi o après Winnicott?
Moltissimi altri aspetti andrebbero segnalati per questo numero monografico che vale la pena di leggere. In particolare sottolineo lo studio accurato che si intravede nei casi rispetto all'essere o maschio o femmina, data l'espulsione sperimentata nella coppia dei genitori di una delle due funzioni; e ancora l'uso dell'allucinazione non come sistema difensivo, ma come organizzatore psichico tutelante dall'adolescenza.
Mi rimane solo un dubbio: come mai i casi presentati, tranne uno di 17 anni, sono di 19, 20, 24 anni? Non c'è nessun caso più vicino al momento dello sviluppo pubertario che forse potrebbe dar notizia anche di una tecnica specifica e di una modalità particolare di pensarsi dell'adolescente e di comunicare.
Carla Busato Barbaglio
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